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Andrea Anastasi “L’Italia è da medaglia. Gli equilibri nelle squadre li cambiano i grandi giocatori”

Di Redazione

Amici da una vita, Andrea Anastasi e Julio Velasco, hanno un trascorso sulla panchina della Nazionale Maschile italiana importante. Due coach che hanno portato in alto l’Italia e che ora si ritroveranno uno di fronte all’altro nella gara di esordio dei Mondiali nel girone di Firenze. Rispetto e stima tra i due allenatori come lo stesso Anastasi ha dichiarato nell’intervista rilasciata al “Corriere dello Sport”.

Andrea Anastasi è stato l’ultimo ct azzurro che ha avuto l’opportunità di vivere l’avventura di un Mondiale giocato in casa. E con Julio Velasco divide anche il fatto di aver disputato due edizioni dei Mondiali sulla panchina dell’Italia, dopo aver partecipato in campo, da giocatore, a quel primo trionfo iridato, nell’ormai lontano 1990, al Maracanazinho. «Ma Giulio è stato più bravo: lui ha vinto i due Mondiali, io sono arrivato quinto in Argentina nel 2002 e quarto a Roma nel 2010»

Un rapporto speciale c’è tra Andrea e Julio, nato quando uno giocava e l’altro allenava e proseguito successivamente quando l’allievo ha raggiunto a sua volta lo status di grande tecnico. Un legame fatto di stima e affetto. Curiosamente, ora che Velasco guida l’Argentina e Anastasi il Belgio, apriranno il Mondiale martedì a Firenze, affrontandosi in una partita fondamentale per entrambi. «Per me ogni volta che affronto Giulio è sempre un momento che vivo con grande rispetto reverenziale. È stata una persona importante della mia vita sportiva e a lui sono profondamente legato. È un onore poterlo sfidare nella prima partita del Mondiale, decisiva per entrambi, per cercare di entrare tra le prime dodici Il rispetto è così grande che ogni volta che ci siamo affrontati in campo, non sono nemmeno riuscito ad avere troppe emozioni. È sempre stato un piacere, Velasco ha fatto troppo per il volley italiano, per me giocatore e allenatore e nutro solo tanta stima e rispetto».

Come si passa da un rapporto giocatore-allenatore a collega? «Giulio è stato un allenatore non geloso dei propri giocatori. Mi ha sempre spinto ad allenare. Capitava di fermarci la sera al bar negli alberghi dove stavamo. Io lo tempestavo di domande: ho conservato tutto scritto, le mie domande, le sue risposte. E’ stato il primo a spingermi a diventare allenatore. Me lo diceva: Andrea, tu devi allenare. E quando cominciai la mia prima stagione in panchina, a Brescia, lui era in collegiale con la Nazionale a Montichiari. Beh, alla prima amichevole della mia squadra venne a vedere il primo set per farmi gli auguri Un attestato di stima e amicizia che porto nel cuore».

La riconoscenza si dice non sia di questo mondo, ma Anastasi è uomo di testa e di cuore, oltre che di attributi come ricordò in modo pittoresco alla sua Spagna portandola a trionfare agli Europei di Mosca 2007, battendo la Russia nella più incredibile delle finali. E ancora oggi tiene a ringraziare un altro grande allenatore italiano. «E’ Silvano Prandi. Quando ero un giovane tecnico gli parlavo, manifestavo i miei dubbi. Silvano è sempre stato disponibile, mi ha sempre dato risposte semplici e precise. Ha fatto tanto per me e tutto questo mi ha indotto poi a comportarmi allo stesso modo, cercando di dare consigli ai giovani quando me li chiedono».

Con l’Italia ha vissuto i giorni migliori vincendo gli Europei del ‘99 e salendo sul podio olimpico a Sydney 2000. Poi ha allenato altre tre nazionali: Spagna, Polonia e ora il Belgio. «In tutti i Paesi in cui ho lavorato, ho cercato di calarmi nella realtà del luogo, di capire usi e costumi, mentalità ed esigenze, situazioni storiche, politiche. Perché ogni Paese richiede situazioni distinte. In Polonia i pallavolisti sono delle star c’è un impatto mediatico incredibile. In Belgio c’è tutta un’altra situazione, tengono moltissimo ad avere attenzione per il sociale. Per un allenatore è importante avere un mercato più ampio e non solo nella pallavolo. La mia esperienza qui col Belgio non va ad aggiungere qualcosa a livello di medaglie, ma mi arricchisce dal punto di vista tecnico e umano, sono consapevole che non siamo da medaglia».

L’Italia che Mondiale può giocare? «Secondo me è una Nazionale da medaglia. La vedo stabile ed equilibrata, con Lanza rivalutato dalla struttura della squadra. ltalia-Belgio agli Europei dello scorso anno la vidi e me la ricordo. Gli equilibri nelle squadre li cambiano i grandi giocatori. Come si poteva pensare di fare gli stessi risultati senza Zaytsev e Juantorena?. Ci sono almeno sei, sette squadre che puntano alla Final Six: Usa, Brasile, Francia, Russia, Italia, Serbia e Polonia Ma Slovenia e Canada possono sorprendere. Dipenderà anche dal recupero di big infortunati La formula? A me piace, avvantaggia le squadre migliori, c’è poco spazio per le sorprese».


Fonte: http://www.volleynews.it/feed/


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