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Open Court: US Open, sarà uno sprint tra Nole e Rafa? (di Marco Mazzoni)

Mancano pochi giorni all’avvio di US Open, quarto ed ultimo Slam stagionale. Sarà un torneo assai interessante, come sempre a NY. Ma in particolare quest’anno, visto che gli altri tre Majors sono stati vinti dai tre tennisti più forti degli ultimi lustri: Federer, Nadal, Djokovic. Se uno di loro tre riuscirà ad alzare la coppa nella “grande mela”, si candiderà di diritto a miglior giocatore in stagione.

Una stagione che è andata a strappi, qualche sorpresa in mezzo ad altri “classici”. Roger ha iniziato alla grande down under, confermandosi campione a Melbourne; dopo esser tornato n.1 per alcune settimane, si è fermato preparandosi all’erba per difendere Wimbledon, ma non è riuscito nell’impresa. Nadal come al solito è tornato in grande spolvero sulla terra battuta, ha dominato in primavera ed è stato ad un passo dalla finale dei Championships, stoppato da… Djokovic. Già, SuperNole. Molti, incluso lo scrivente, lo vedevano in disarmo, quasi alla deriva. Bravo lui a smentire tutti, lavorare e rientrare da campione. Ha sorpreso il mondo del tennis vincendo per la quarta volta sui prati londinesi, ed ha confermato la scorsa settimana a Cincinnati di essere tornato. Forse non ancora quello imbattibile ammirato a cavallo tra 2014 e prima metà del 2016 (dove, lo ricordiamo, ha completato il Grande Slam, anche se a cavallo tra due anni, impresa epocale), ma in una versione molto tosta, ed in crescita costante.

Cosa aspettarsi quindi da US Open? Chi dei tre campionissimi parte favorito? Potrebbe scapparci la sorpresa? Le previsioni sono sempre un azzardo, ma i tornei sul duro americano qualcosa ci hanno raccontato. Proviamo a procedere con ordine, per “lanciare” l’ultimo Slam del 2018.

Dei tre big, Roger sembra quello messo peggio. Di sicuro ha accusato mentalmente la brutta sconfitta a Wimbledon, rimontato dal bravissimo Anderson dopo aver sprecato match point. A Cincinnati è parso abbastanza veloce e preparato sul piano fisico, ma ha lasciato perplessi la sua “rabbia”. Stranamente nervoso, anche in momenti tranquilli delle partite. Contro Wawrinka a tratti ha prodotto grande tennis, veri “Federer moments”, ma di fronte aveva un rivale tanto forte quanto indietro di condizione, ed infatti nel terzo set è crollato. Contro Djokovic, avversario assai più tosto e preparato, tutti nodi sono venuti al pettine. In sintesi, il Roger della scorsa settimana mi è parso molto vicino a quello del 2015: un buon Federer, ma lontano da quello quasi perfetto ammirato per tutto il 2017. Ha reali difficoltà nel gestire gli scambi lunghi quando viene messo in difesa. Il rovescio è tornato instabile, non trova più quegli impatti in totale anticipo che gli permettevano (nel 2017) di annullare lo storico gap vs. i picchiatori di ritmo con palle arrotate. Soprattutto ha perso totalmente la miglior risposta, quella grazie a cui soverchiava Nadal e tutti gli altri, togliendo immediatamente tempo di gioco. Quel Roger era quasi “irreale”: velocissimo, preciso, offensivo. Non ti faceva giocare. Oggi Roger gioca un buon tennis, ma sbaglia, è meno reattivo, non entra nella palla con quella velocità e precisione. Tanto che si tiene a galla quando la prima di servizio veleggia sopra al 60%, può vincere contro i migliori quando è vicina (o superiore) al 70%; ma senza la miglior efficacia alla risposta e nello scambio, diventa quasi impossibile battere Rafael e Novak sulla lunga distanza. Perché ci riesca, deve crescere moltissimo durante il torneo, e provare ritrovare risposta e tempo ideale sul rovescio. Probabilmente ha perso un minimo di velocità nel cercare la palla, anche se a dire il vero non è parso così lento. Sarà quindi molto importante per lui vedere il sorteggio: se per caso Djokovic sarà nella parte alta, vs. Nadal, chissà che non possa aver il tempo per crescere; ma lo ritengo non più del terzo favorito, o forse anche di meno, dietro ad un Del Potro ad esempio.

Restando ai protagonisti della finale di “Cincy”, Djokovic ha impressionato. Non è stato ancora perfetto, devastante, ingiocabile come nelle sue migliori versioni, ma da Wimbledon è evidente che stia ritrovando, pezzo dopo pezzo, il suo miglior gioco. Questo non lo si valuta dalle vittorie – comunque assolutamente importanti – ma soprattutto da come sia tornato a soffrire, a reggere anche nelle difese più estreme, ed a governare i momenti del match. Novak nella finale in Ohio ha alzato il livello nei momenti clou del match: per compiere l’allungo, quindi al servizio, scappando via e non concedendo praticamente niente. Vero che Federer era pessimo in ribattuta, ma Nole non ha sbagliato niente sul piano tattico. La lucidità ed intensità con cui è stato in campo, scegliendo i momenti in cui dare tutto, sono gli indizi più pesanti sul suo rientro al massimo livello. Era proprio grazie a quello che Djokovic divenne imbattibile: non sbagliava quasi mai, diventava un muro in difesa, controllava le operazioni in campo trovando i vincenti che spezzavano le gambe al rivale, proprio quando questo stava producendo il massimo sforzo. Ed una volta in vantaggio, anche non possedendo un servizio “alla Isner”, non lo brekkavi più. Vedremo a New York se riuscirà a tenere questi ritmi, questa qualità, e respingere la concorrenza, a partire da quello che pare il più preparato sul piano fisico ed agonistico: Rafa Nadal.

L’iberico infatti è quello che è piaciuto di più. Assai positivo al servizio, sembra stare molto bene fisicamente e nel suo tennis tutto pare funzionare a puntino. La intensità con cui ha giocato a Toronto è stata notevole, e se non ci fosse stata quella sbavatura ad un metro al traguardo in finale, potremmo parlare di un Nadal perfetto. Col rovescio trovava vincenti notevoli, ed anche in risposta era sempre aggressivo e preciso. Un ottimo Nadal insomma, pronto a difendere il titolo 2017 di Flushing. Dove deve stare attento? A non cadere in pause improvvise, per lui abbastanza rare ma non del tutto assenti. E riuscire a tenere oltre ad intensità, lunghezza nel palleggio. Quando Rafa tiene ritmo e lunghezza nello scambio, batterlo anche sul cemento diventa un’impresa vera.

Ad oggi quindi lo scenario più plausibile, a meno di “scherzi” del sorteggio, è quello di una finale tra Nole e Rafa, in cui vedrei il n.1 leggermente favorito. Leggermente, perché la storia dei loro head to head è lunga ed assai complessa. In generale le loro sfide non sempre sono state “belle” sul piano del puro spettacolo tecnico, diventando un braccio di ferro micidiale, all’ultimo allungo. Infatti più che l’aspetto tecnico, a farla da padrone è stata la condizione fisica. Sul duro, a parità di preparazione atletica, Djokovic ha qualcosa in più, se non altro perché fa meno fatica a costruirsi il punto e mediamente risponde meglio. Infatti la chiave tecnica dei loro confronti è nella risposta del serbo. Se Djokovic risponde come nei giorni migliori, riuscendo ad allontanare molto Nadal mettendolo in difesa, per l’iberico sarà dura. Tuttavia il dritto di Rafa, quando gira a tutta, può a sua volta allontanare il serbo dalla riga di fondo e creare quello spazio in cui entrare e fare la differenza. Infatti il miglior Nadal sul veloce è stato quello che governa col dritto e quindi entra a tutta col rovescio, ma è necessaria la massima aggressività e sicurezza. E’ comunque prematuro già ipotizzare una loro finale, il torneo sarà lungo.

Quali insidie? Ce ne potrebbero essere, anche se 3 su 5 per gli outsiders o emergenti è ancor più dura. Anderson ha dimostrato di nuovo di valere il ruolo di “primo dei secondi”, ma confermarsi, anche per lui, non sarà facile. Del Potro è uno che può far saltare il banco, ed ha vissuto un 2018 eccellente, trovando il suo best ranking, ma si conferma fragile sul piano atletico, ed in un torneo sfiancante come US Open è tutt’altro che un dettaglio. Wawrinka sembra sulla via del recupero, è un’ottima notizia ma difficile che sia già pronto. Dimitrov non sta mantenendo le promesse del 2017, paga alti e bassi e difficilmente batte uno dei big. Cilic ha già vinto questo torneo, ed ormai ha uno status di big assodato. Però contro Djokovic continua a fare molta fatica… se non lo trova sulla sua strada, magari potrebbe anche sognare una finale. Thiem pare addirittura regredito…

Tra i giovani non credo in Zverev: è ancora troppo altalenante 3 su 5, disperde molte energie fin dai primi turni. E’ necessario per lui uno scatto deciso sul piano atletico, che ancora non si intravede. Tsitsipas sarà uno degli osservati speciali, come Shapovalov e Tiafoe, ma li vedo al massimo da impresa in un singolo match, nient’altro. Gli azzurri? Fognini ha dimostrato di poter giocare grande tennis a New York, e nessuno lo considera come un outsider pericoloso. Scommettere su di lui è sempre un azzardo, ma in caso di un buon ingresso nel torneo (e vista la testa di serie alta, potrebbe capitare) chissà…

Marco Mazzoni

@marcomazz


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/


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