La notizia era nell’aria, ma ieri sera è arrivata l’ufficialità. I quattro tornei dello Slam, riuniti lo scorso 6 settembre a New York nel “Grand Slam Board”, hanno deciso di accantonare la proposta di ridurre a 16 le teste di serie nei tabelloni dal 2019. Ecco la nota ufficiale:
“Come sempre, abbiamo valutato varie proposte e modifiche regolamentari per la stagione 2019. Nello specifico, il Gran Slam Board ha rivisitato l’idea iniziale di riconvertire i tabelloni a 16 teste di serie dal 2019. Seguendo un’intera annata di match nei tornei dello Slam con tutti i feedback ed analisi, soprattutto da parte dei giocatori e dei broadcast partners degli eventi, i tornei dello Slam hanno deciso che non ci sono motivazioni convincenti per reintrodurre le 16 teste di serie.
Pertanto tutti i tornei dello Slam 2019 avranno tabelloni con 32 teste di serie in singolare”.
Sulla questione i pareri sono, da sempre, assai diversificati. I tabelloni a 32 teste di serie hanno obiettivamente vantaggi e svantaggi. Dipende da che parte si guarda la questione.
Intanto, perché furono introdotti? Le motivazioni sono principalmente due:
1) “Proteggere” i giocatori più forti – in base alla loro classifica ATP – da primi turni “pericolosi” contro giocatori ben classificati (es: la prima testa di serie poteva affrontare all’esordio il n.17 del mondo, qualora tutti i migliori in classifica fossero al via di uno Slam)
2) “Garantire” un accesso relativamente comodo in uno Slam ai favoriti e quindi aumentare la probabilità che questi possano disputare più match nel torneo, venendo incontro alle richieste del pubblico (e tv) che chiede soprattutto di vedere più incontri possibili dei campioni più amati e seguiti.
Due motivazioni comprensibili, e condivisibili. Tuttavia il mondo del tennis, soprattutto nel maschile, attraversa da anni una certa “stasi”. Solo in epoca assai recente alcuni giovani si stanno finalmente imponendo, garantendo un inizio di ricambio generazionale; e siamo in una fase discretamente embrionale… con i giovani ancora piuttosto indietro (top20 o top30) eccetto pochissime eccezioni (Sasha Zverev, per dirne uno). Per anni il gruppo dei tennisti immediatamente a ridosso dei migliori è stato più o meno sempre lo stesso, con spostamenti “interni” a questo gruppo (grosso modo dalla parte bassa della top10 al n.40) ma con la presenza dei soliti, buoni giocatori. Questo cosa comportava? Match spesso visti e rivisti, purtroppo scontati sia nell’esito che nel suo svolgimento. Tutto derivava in parte da un problema generazionale, una certa mancanza di talento nell’ultima generazione rispetto a quella precedente; ma soprattutto dal sistema attuale di classifica e di assegnazione dei punti e quindi ingresso ai tornei. Una volta raggiunto un certo status con buoni risultati, è sufficiente riuscire a difendere anno dopo anno quei punti per mantenerlo, creando di fatto una sorta di “barriera dall’ingresso” per chi sta sotto, per chi naviga nei tornei minori (ATP 250 o Challenger). Per questo, da sempre, nel mio piccolo difendevo e sponsorizzo i vecchi “bonus point” o un sistema di classifica differente, magari più complesso ma più meritocratico e che possa creare maggior movimento.
Alla fine, tutto è relativo a quel che si “desidera” e considera come più attraente. Col sistema delle 32 teste di serie, la prima settimana degli Slam è diventata più standard, forse fin troppo. I primi turni dei big diventano molto spesso match scontati, a meno che in tabellone non siano presenti giocatori potenzialmente molto forti ma con bassa classifica: uno appena rientrato da infortunio, un giovane che sta esplodendo, o magari lo specialista in un certo contesto, come il giocatore da erba a Wimbledon o terraiolo doc a Parigi. Però fino al terzo turno spesso è difficile trovare un bel match con uno dei migliori in campo. E se ci pensiamo, diventa anche più difficile per un giocatori forte, tipo top20, farsi davvero strada in uno Slam perché è certo di affrontare uno dei big al terzo turno. Con le 16 teste di serie, uno di questi rischia un primo turno difficilissimo, ma potrebbe anche trovare un “buco” in tabellone, che gli consente di fare un grandissimo torneo. Situazioni che con le 32 tds diventano più rare, serve appunto una sorpresa, un big che cade improvvisamente. Nel 2018 talvolta è accaduto, ma sono eventi sporadici, in tabelloni che scorrono lisci fino al sabato della prima settimana. Inoltre i campioni non sempre sono “a posto” come sensazioni nel primo turno, tanto che affrontarli immediatamente per un top30 può essere più allettante che al terzo turno, quando hanno già due match alle spalle… Per uno specialista dell’erba meglio sfidare Nadal subito che dopo due match; idem per un terraiolo vs un Federer a Parigi…
Non è un caso che da quando ci sono le 32 teste di serie, molti appassionati vanno a caccia dei biglietti per gli ottavi di finale, quando il torneo generalmente entra nel vivo e si assistono ad i primi grandi match. Tanto che nei primi turni l’aspetto più intrigante è quello di andare alla scoperta di giocatori più giovani o comunque novità, piuttosto che seguire un banale 6-2 6-3 6-2 del Nadal o Djokovic di turno contro un avversario modesto.
Dall’altro lato, il sistema delle 32 teste di serie consente ai campioni un accesso più soft alle condizioni del torneo, di crescere match dopo match e quindi presentarsi alla seconda settimana più rodati, più in forma, più pronti a giocarsi al meglio le proprie chance. La storia degli Slam è piena di tennisti arrivati a Wimbledon, Parigi, NY o Melbourne in condizioni incerte, ma capaci di trovare il giusto feeling e la forma nel torneo, finendo per vincerlo o giocare molto bene le sue fasi finali. E quando uno Slam propone diversi match tra i big al loro meglio, beh, lo spettacolo è il migliore possibile.
Ricapitolando, cosa è meglio per il tennis nei suoi quattro massimi appuntamenti? Proteggere i big, in modo che possano esprimersi al massimo nella seconda settimana? Oppure creare più movimento nella prima settimana, dare più chance agli outsider ed ai giovani, per avere ogni giorno qualche sorpresa? Non è una risposta facile. Personalmente amo le sorprese, amo vedere match diversi. Amo scoprire giovani e dar loro spazio. Preferisco che un big possa cadere subito, che “scortarlo” verso la parte finale del torneo. Tuttavia, più che sulle teste di serie, sarebbe corretto intervenire sulle condizioni di gioco, per renderle meno omologate e creare naturalmente – e tutto l’anno – sorprese; ed anche sul sistema di assegnazione dei punti/classifica, per far sì che Slam dopo Slam i giocatori al via abbiamo classifica diversa e quindi si possano creare abbinamenti differenti.
Voi che ne pensate?
Marco Mazzoni
@marcomazz