Ci sono alcune gare che travalicano i limiti della pista e si collocano in un ambito ben più ampio che nel mero risultato sportivo della domenica; gare che abbracciano, simbolicamente, le storie di alcuni degli uomini più importanti di questo sport e non solo.
Una di queste è sicuramente il GP Italia F1 1988, solamente il secondo dalla scomparsa di Enzo Ferrari, poco meno di un mese prima. Dal punto di vista agonistico, la pista di Monza offre il solito monologo di una McLaren imbattibile, con Ayrton Senna ed Alain Prost a monopolizzare le qualifiche del sabato, davanti alle due Ferrari di Gerhard Berger e Michele Alboreto che, però, sembrano più vicine; o, per meglio dire, meno lontane.
L’atmosfera alla domenica è particolare, si respira un’aria pesante per via della scomparsa del Drake ma si percepisce che qualcosa di bello possa accadere da un momento all’altro. E accadrà…
La corsa parte sotto un bel sole di fine estate che scalda i cuori dei tanti tifosi accorsi all’autodromo: l’inizio rispetta il copione, con le due McLaren che fanno l’andatura con Senna davanti a Prost e le due Ferrari che cercano in tutti i modi di non patire troppo distacco dai due fuggitivi. Questa è la situazione per più di metà gara, fino al 35° giro, quando c’è il primo colpo di scena, con Prost che è costretto al ritiro per un problema al suo affidabilissimo motore Honda. Le Rosse sono entrambe virtualmente sul podio per la gioia dei tifosi che vedono questo risultato come una vittoria. Il colpo di scena più inaspettato e clamoroso arriva, però, al giro 49, quando ne mancano solo tre al termine: Senna arriva alla prima variante per doppiare la Williams di Jean Louis Schlesser, chiamato dalla casa di Enstone per sostituire l’infortunato Nigel Mansell.
Il brasiliano pensa di averlo ormai passato nella prima curva verso sinistra ma il “vecchio” francese colpisce il retrotreno della McLaren, rompendo una sospensione e costringendo Senna al ritiro quando aveva la gara in pugno. Tutto questo tra il tripudio totale del pubblico che vede così il trionfo di Berger davanti ad Alboreto, in una domenica piena di emozioni contrastanti. Quella di Monza è stata l’unica vittoria non McLaren della stagione, l’unico sigillo della Ferrari di quell’anno; come se ci fosse stato qualcuno lassù a stravolgere i piani del destino, come se il Drake si fosse reincarnato, per un momento, nel semi sconosciuto Schlesser per dare un’immensa gioia alla gente che più amava. L’ultima della sua vita.