L’Europa stringe, l’Italia allarga ma punisce i “ricchi” e purtroppo non solo quelli. Il rimedio forse peggio della misura originaria. Mentre l’Unione Europea concorda politicamente (ma decideranno Consiglio e Europarlamento) la “mazzata” sulle restrizioni alle emissioni di CO2 – -37,5% nel decennio 2021-2030, partendo dal tetto già stabilito di 95gr/km del 2021: morale si arriverà a 55,5 gr/km! -, l’Italia della politica e dei compromessi, con la sua odiata ecotassa, “salva” le utilitarie e punisce, cioè tassa le macchine di grossa cilindrata fino a 2.500 euro, fissando il nuovo tetto di partenza delle emissioni dal quale scatta il prelievo a 160 gr/km.
Partiamo dal difficoltoso parto, figlio del braccio di ferro Lega-M5S, che si conclude con qualcosa che somiglia al superbollo di Monti e anche se incastrato in un contesto generale di incentivi va a penalizzare non solo i possessori di Suv e di vetture di grossa ciliondrata ma moliti, troppi italiani. Il sottosegretario Dell’Orco, via tweet ha infatti annunciato di aver riformulato e inviato corretto al Senato, l’emendamento presentato due settimane fa alla commissione della Camera inserito nella Legge di Bilancio. Di fatto confermato l’ecosconto da 1.500 a 6.000 euro per l’acquisito di auto elettriche, ibride e a metano (più 5 milioni per la realizzazione di colonnine di ricarica). Ma il contributo pieno, di 6000 euro, andrà solo per chi rottama l’auto e compra un’elettrica nella fascia di emissioni 0-20 gr/km di Co2. Per la fascia di 21-70 gr/km di Co2, si scende a 2500 euro. Senza rottamazione, si avranno 4mila euro nella prima fascia e 1.500 nella seconda. Tremila euro invece sono a disposizione per l’acquisto di un motorino elettrico o ibrido. Il contributo, fino al 30%, è previsto per chi rottami una moto di cilindrata inferiore o superiore ai 50 cc per comprare un veicolo non inquinante della stessa categoria. La copertura arriverà a 60 milioni per il 2019, a 70 per 2020 e 2021.
Dall’ecobonus/sconto all’ecotassa, il passo è breve e pesante: innalzata la soglia delle emissioni dalla quale scatta il prelievo, cioè appunto 160 gr/km di CO2. Mentre la tassa varierà da un minimo di 1.100 a un massimo di 2.500 euro: tanto dovrà sborsare chi dal primo marzo 2019 chi comprerà un’auto “inquinante”. Quattro le soglie previste, che toccano anche macchine non di lusso: per i veicoli che emettono da 161 a 175 CO2 gr/km, l’imposta è di 1.100 euro; che sale a 1.600 euro per la fascia 176-200 CO2 rg/km, a 2.000 euro per la fascia 201-250 CO2 gr/km fino ad arrivare ai 2.500 euro per i veicoli che superano i 250 CO2 g/km. Nella fascia di veicoli rtassati, dovrebbero rientrare anche i modelli Qubo, Doblo’ e la 500 L Cross della Fiat, alcuni modelli Alfa Romeo, tra cui la Giulietta, e molto modelli Bmw, Jaguar e Ford.
Pesante la reazione di Case, operatori e concessionari tramite comunicato congiunto di Anfia, Federauto e Unrae. “Le analisi della misura nella sua nuova riformulazione, evidenziano come ad essere colpite dal malus, non saranno solo le autovetture di lusso o di grossa cilindrata, peraltro già assoggettate ad una gravosa imposta quale il superbollo, ma anche moltissimi modelli ampiamente diffusi sul mercato, molti con una fascia media di costo sul quale l’aggravio di una tassa di 1.100 euro appare veramente irragionevole. Gli impatti della misura considerata dimostrano che il malus è di gran lunga superiore rispetto alla necessità di copertura del bonus. Una misura così strutturata, appare pertanto socialmente iniqua, poiché richiede a un’ampia fascia di cittadini un importante sforzo economico per finanziare l’acquisto di pochi veicoli. Riteniamo al contrario di fondamentale importanza lo stanziamento previsto a supporto delle infrastrutture di ricarica, a nostro avviso il primo necessario passo che il Paese deve fare per creare le condizioni abilitanti per lo sviluppo della mobilità elettrica”.
Passando all’Europa e all’accordo – dopo 9 ore di trattative – sul taglio delle emissioni, al netto dell’approvazione finale, sembra davvero oneroso l’obiettivo posto alle Case automobilistiche per abbassare le emissioni in 10 anni dai 95 gr/km fino a 55,5. Risultato di quel -37,5% da raggiungere – un taglio a metà strada tra la proposta dell’Europarlamento, 40%, e quella della Commissione europea 30%), che prevede peraltro, un passaggio intermedio con un taglio del 15% al 2025. Per furgoni e pulmini il taglio per il 2025 è lo stesso (15%), mentre è fissato al 31% entro il 2030.
Anche l’Europa include la possibilità di attivare incentivi per la produzione di veicoli a basse emissioni e a emissioni zero. Giovedì i ministri dell’ambiente Ue faranno il punto su un altro regolamento del pacchetto mobilità pulita, quello sulla riduzione delle emissioni dei veicoli pesanti. E se le reazioni dell’associazione dei consumatori, come dei partiti ambientalisti europei e dello stesso Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, sono “state positive (“L’accordo chiuso al 37,5% – ha detto Costa – è merito dell’Italia che è stata leader a costruire un blocco nei confronti di Paesi che non volevano andare oltre un taglio del 20%), diversa è la posizione dell’Acea, l’associazione dei costruttori. Che ha espresso: “seria preoccupazione, perché i nuovi obiettivi avranno l’effetto di un terremoto” sull’occupazione in tutto il settore auto motive, che oggi impiega oltre 13 milioni di persone. I costruttori europei sono ovviamente impegnati a ridurre le emissioni di CO2 – ha dichiarato il segretario generale di Acea Erik Jonnaert – ma questi obiettivi saranno estremamente impegnativi per l’industria automobilistica e richiederanno un assorbimento del mercato di veicoli elettrici e di altri veicoli molto più forte di quanto attualmente possibile”.