in

Mancano i giovani: i dolori comuni di Roberto Mancini e Romeo Sacchetti finiscono qui

Mancano i giovani: i dolori comuni di Roberto Mancini e Romeo Sacchetti finiscono qui

Mal comune mezzo gaudio? Venerdì sera Italia-Polonia di calcio 1-1, Italia-Rep. Ceca di pallacanestro 80-87. Questi giovani non ingranano, le stelle (per motivi diversi, ovviamente, stante le differenze tra calcio e basket) se ci sono latitano o hanno fatto il loro tempo. Nulla da godere per nessuno: il football non riesce a tornare ai livelli del 2006, la palla a spicchi è assente dai Mondiali dallo stesso anno, in cui però rimediò appena il nono posto.

Entrambi gli sport, gli unici da mettere in paragone perché i soli sport di squadra professionistici in Italia, lamentano le stesse cose: troppi stranieri e vivai che non producono talenti. Buoni giocatori, si, ma che non crescono perché chiusi troppo spesso da giocatori stranieri nel ruolo. Addirittura tragico, il calcio, nel commento del Corriere dello Sport domenicale: “Sono 15 anni che in Italia non si produce un campione”. L’Italbasket si riscatta invece il sabato sera contro la Germania, gara che mette ancora una volta in risalto un Nicolò Melli che sarà il prossimo italiano nella NBA, previsione facile.

Ora, non volendo fare i tuttologi e anche gli esperti del pallone con i piedi, concentriamo la nostra attenzione su ferro e retina. Per oltre un anno gli espertoni che avevano fatto spallucce indifferenti sul nuovo calendario mondiale che la FIBA aveva varato nel 2014 (neanche una osservazione per quattro anni!) hanno tentato infine di raccontarci che si doveva concentrare l’attività delle Nazionali in estate. Oggi, in vista della finestra di qualificazioni alla World Cup 2019 di settembre, registriamo che NBA ed EuroLeague hanno negato i giocatori anche per l’estate – la stagione che volevano liberare, appunto. Con l’aggravante che la fuga eversiva dell’ECA ha dato maggiore ragione alla pretesa della Lega Nordamericana per fare muso duro e voce grossa con i fatti: le stelle mondiali della NBA non raggiungono le rispettive Nazionali.

Questo significa che senza la nascita della Basketball Champions League e senza le finestre del nuovo sistema di qualificazione – che ha costretto anche gli USA ad allestire una squadra per l’occasione – oggi parleremmo davvero di una attività delle squadre nazionali assolutamente irrilevante. Al contrario le finestre precedenti, anche senza gli assi superpagati, hanno avuto un successo di pubblico enorme in tutto il mondo e il torneo continentale europeo sta crescendo occupando spazi sempre più importanti e con numeri sui social media che fanno impallidire EuroLeague. 

“Il calcio è strano, Beppe”: recita la famosa citazione di Fabio Caressa rivolta a Beppe Bergomi. Il Real Madrid prima e la Juventus ora non trovano nulla di strano concedere Cristiano Ronaldo, la super pagatissima star, alla Nazionale portoghese anche se gli versano uno stipendio incredibile. Né il Barcellona a concedere Lionel Messi all’Argentina. Così per tutti gli altri protagonisti del calcio mondiale. Questa è una delle componenti del successo planetario del football che a qualcuno non piace possa essere anche della pallacanestro. Eppure nella storia del nostro sport qual’è lo spartiacque tra un certo modo di interpretare il nostro sport e il suo rinnovamento ed esplosione al più alto livello? La nascita del Dream Team nel 1992. Un avvenimento che ha avuto l’attenzione mediatica di tutto il mondo, e di cui hanno beneficiato la FIBA, la NBA e l’ECA che da allora non hanno fatto che crescere a livello mediatico ed economico.

Ci vorrebbe il coraggio di sedersi a un tavolo e discutere: gli interessi di bottega, è dimostrato, hanno sempre avuto un effetto negativo nella storia economica del mondo. Fermare l’occupazione manu militari di ogni data possibile sul calendario, altrimenti per fermarsi occorrerà una riforma che aggiunga giorni o addirittura un mese!. Finiti i training camp della NBA vi daremo conto del numero di giocatori, americani e non, che vanno in campo regolarmente senza un periodo di ferie autentico. Luigi Datome, per fare un esempio illustre e senza volerlo colpevolizzare di alcunché, pur non rispondendo alla chiamata in Nazionale nel periodo autunno-inverno non ha saltato una partita di calendario se non qualcuna del campionato turco per problema di turnover. Si gioca troppo? Si. Si tenta di aumentare il numero delle partite in programma per alzare il valore dei contratti pubblicitari, è questo il punto. Ma su questa strada siamo già arrivati alla saturazione. E con 213 squadre nazionali a disposizione è ovvio che la FIBA metterà in campo sempre più partite di una EuroLeague a 16, 18, 20 o 24 squadre che si voglia immaginare.

Fonte: http://feeds.pianetabasket.com/rss/


Tagcloud:

A1 F – Napoli: Isabelle Harrison è il nuovo centro

Haiti, Giappone e Florida: che storia Naomi Osaka