Galeotto sarà il Memorial Pajetta grazie al quale prima di cominciare il nuovo campionato Alessandro Ramagli, con la sua Pistoia, incrocerà le armi in amichevole con la sua ex squadra Virtus Bologna. E per cui è stato intervistato da Luca Muleo su Stadio. Ecco un estratto delle sue parole.
Il nostro è un lavoro che ti mette sempre di fronte al tuo passato, soprattutto se hai allenato tanto. Di solito, se si ha buoni ricordi, ci si ritrova con piacere, Bologna non fa eccezione, anzi. Sarà bello rivedere persone con cui ho condiviso due anni importanti.
La sera di Reggio Emilia… Lo avevo detto mesi prima: il mio percorso non sarebbe stato determinato dal raggiungimento dei playoff. Sono convinto sarebbe stato così anche fossimo arrivati ottavi, mai pensato che quella gara fosse uno spartiacque. Erano già state fatte valutazioni, era giusto che in Virtus arrivasse qualcuno con un profilo diverso, si ricostruisse analizzando le esperienze vissute, quelle super positive come la promozione, quelle meno come il mancato playoff. Sono stati tutti spunti per far crescere la società e il club ha operato in questo senso. Se ripenso a Reggio non è stata certo una bella serata, però senza impatto decisionale.
La squadra è radicalmente cambiata, anche nella filosofia. L’estate scorsa c’era la formula italiana, perché si voleva che gli italiani rappresentassero il club. Ora si è andati su un gruppo europeo, per essere competitivi anche in Coppa, puntando su 6 stranieri. Di quel gruppo sono rimasti solo in 3, un cambiamento sostanziale, non di una sola persona.
Una parere sulla Virtus attuale? Non l’ho ancora vista giocare, è chiaro che dal punto di vista della costruzione sembra molto forte. Ha deciso di abbracciare a livello regolamentare le giuste norme per chi vuole stare in alto, sia in Italia che in Europa, con i 6 stranieri.
La cosa più bella rimasta da Bologna? Il rapporto con la città. Nonostante la “feroce” divisione cestistica, ho avuto rapporti stupendi con la gente che ha la Virtus nel cuore, ma anche con l’altra parte della luna. Ecco, mi sono sentito figlio di Bologna per due anni e continuo a sentirmi così, poi chiaro che sono virtussino.
Mai alla Fortitudo, quindi? Il mondo bianconero mi ha dato tantissimo, ed è chiaro che con quel mondo devi fare i conti. Poi però la risposta non ce l’ho. Di solito nei confronti di un coach che ha rappresentato qualcosa, e penso che qualcosa di importante sia rimasto, anche dall’altra parte sarebbe una valutazione scomoda. Insomma, penso che la risposta sia un po’ implicita.
Cose da cancellare? Il risultato sportivo del secondo anno, sarebbe stato il modo migliore sia per chi rimaneva sia per chi andava via. Mi lascia un rammarico, però non dev’essere un pensiero funesto, succede. Mi sarebbe piaciuto di più lasciarla con i playoff.
Cosa è mancato? La vita sportiva di un club vive tante fasi. Esaltante è stata quella della vittoria in A2, meno la serie A, complicata anche da cose di campo, tanti infortuni, partite importanti a cui siamo arrivati un po’ “impiccati”. Eppure è servito anche questo per programmare il futuro. Per uno con la V nera sul petto, conta più di tutto aver lasciato degli spunti che hanno consentito alla società di mettere insieme le valutazioni necessarie a crescere.
Che obiettivi potrà avere questa Virtus? Non faccio proclami per gli altri, né pronostici, che fanno del male, e a me interessa il bene della Virtus. Dico solo che sarà uno dei primi risultati che andrò a guardare.