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Giocatori italiani non pervenuti. Il cartello Legabasket-Giba ha fallito prima ancora di cominciare

Giocatori italiani non pervenuti. Il cartello Legabasket-Giba ha fallito prima ancora di cominciare

Le nuove regole sulla composizione dei roster delle squadre di pallacanestro in serie A si sono già rivelate un fallimento per il cartello Legabasket – Giba che tanto si era speso per approvarle, con l’abolizione della distinzione tra comunitari ed extracomunitari e la certezza del posto in squadra per cinque o sei indigeni. Avremmo voluto aspettare lunedì, dopo la prima giornata del 97esimo campionato, per fare due conti ma le scelte fatte sul campo dagli allenatori in questa preseason, comprese quelle delle gare di coppa di ieri sera oltre una interessante considerazione che Mirco Melloni fa stamattina su Il Secolo XIX edizione Savona (Il campionato di basket colonizzato dagli stranieri solo nove gli italiani titolari) ci raccontano che sarà proprio così: non ci saranno quasi italiani nei quintetti base – la controprova sabato tra Avellino e Cantù, prima delle gare in programma, dove Melloni si attende che “sulla prima palla a due ci saranno in campo dieci giocatori tutti stranieri.”

I giocatori italiani si dividono in due categorie, come più volte abbiamo spiegato per i settori giovanili. Quelli che giocano a prescindere dagli ostacoli che troveranno sul loro cammino e quelli che rimangono a fare panchina perché non hanno trovato niente di meglio a cui dedicarsi finita la trafila delle giovanili. Nel primo gruppo troviamo Belinelli e Gallinari, Datome, Melli e Hackett, Luca Vitali, Pietro Aradori, Diego Flaccadori e quel Michele Vitali che Brescia ha lasciato andare a fare il titolare ad Andorra e che si troverà di fronte il prossimo 10 ottobre in EuroCup proprio da titolare. ‘Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare’, come scriveva Manzoni nel manuale di vita dei Promessi Sposi che non ci hanno saputo insegnare. E che a Brescia non hanno avuto pensando di “sparagnare” sul giocatore italiota per investire su un “crack” americano.

Nel secondo gruppo ci sono tutti gli altri. I nomi? Basterà un’occhiata sui tabellini delle partite, prima della palla a due, quando verranno trascritti i nomi del quintetto base. Ovviamente scelti come obbligato riempitivo con attenzione al budget perché stando così le cose i dirigenti hanno preferito puntare su uno starting five più forte fatto di americani più costosi di quelli arrivati negli ultimi anni pensando anche di tirargli il collo per tutti i 40′. Pesaro e Cantù sono esempi eclatanti (su cui però non si deve puntare l’indice: al posto dei loro dirigenti avremmo fatto le stesse scelte!) L’avvisaglia era giunta dalla constatazione di quanti buoni giocatori hanno ricevuto migliori offerte per andare in A2 a fare i protagonisti e hanno declinato la serie A, che è andata incontro ad un preoccupante impoverimento tecnico complessivo.

Le nuove regole si sono rivoltate contro chi l’ha fatte immediatamente, come è giusto che sia, perché chi amministra una società deve fare il meglio per sè e il fattore convenienza è la molla principale del progresso umano. Invece i cartelli drogano il mercato e lo impoveriscono…

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