Vuole continuare la carriera in NBA e non sarà più San Antonio la sua casa dopo 17 lunghi anni irripetibili, perché una storia così non può accadere due volte allo stesso modo. Tocca a The Players’ Tribune ospitare la lettera con cui il solito straordinario Tony Parker saluta gli Spurs prima di arrivare a Charlotte per un nuovo capitolo di vita. La traduzione è di Overtime – Storie a Spicchi.
Ok, immaginate questo: hai un colloquio di lavoro importantissimo in arrivo. Hai lavorato tutta la tua vita in quel campo. E il colloquio è con quella compagnia che, wow.. questo lavoro, in questa compagnia? È uno dei posti migliori dove lavorare. Il colloquio è quasi dall’altra parte del mondo, ma a te non interessa. Te ne freghi. Prendi un aereo, attraversi l’oceano e incontri il capo della compagnia.
Sembra promettente, no?
Ecco, ora le cose cominciano ad andare male. Forse è il jet-leg, forse sono nervoso, ma qualsiasi cosa sia, quando inizia l’intervista non ti senti te stesso.
Ti fanno fare degli esercizi ed è.. frustrante. Non importa quanto duramente ti impegni, oggi proprio non vai. Sembri sopraffatto e non abbastanza qualificato per il lavoro. Dopo circa 10 minuti, il grande capo ti dice che ha visto quel che c’era da vedere. Ecco. Hai finito. Grazie di essere venuto.
Sembra un incubo, no?
Beh, come avete probabilmente indovinato, quella storia è la mia storia. Quello era il mio primo provino con una squadra NBA, per il pre-draft del 2001, e fu un disastro. Feci schifo. E quando finì, pensai che i miei sogni di NBA erano finiti anch’essi.
Ma anche se molti di voi hanno indovinato la storia, scommetto che molti non hanno indovinato per quale team della lega feci un provino da incubo.
Erano gli Spurs.
È vero, probabilmente ho giocato il peggior basket della mia vita, nel peggior momento possibile, proprio di fronte a Coach Pop e tutti gli altri. Pop e R.C, avevano portato questo ragazzo, Lance Blanks, ex giocatore NBA, per fare allenamento contro di me, e mi aveva dominato. Mi aveva fatto sembrare.. beh, mi aveva fatto sembrare l’adolescente che ero.
Penso che sto tirando fuori questa storia perché, sapete, un sacco di persone pensano a Coach Popovich come un uomo duro. Ma, vi dico, è divertente: sarei potuto non essere proprio nella lega se Pop non avesse deciso di darmi una seconda chance dopo la prima impressione che aveva avuto.
Mi ha invitato per un secondo workout, e io feci il possibile per non fare disastri. Giocai molto meglio contro Lance, questa volta. Me le diede ancora, ma ressi di più. E penso che mostrai alcune delle cose che potevo fare in campo. E, ragazzi, è folle. Perché la cosa dopo che so è che che sto guardando il draft e.. – With the 28th pick in the 2001 Draft, the San Antonio Spurs select Tony Parker, of Racing Club Paris, France.
In altre parole: avevo avuto il lavoro
E ora è 17 anni dopo, ma non è quasi non ci posso credere, sapete? Sono qui, lo stesso ragazzo di 19 anni. Solo che, tutto d’un tratto, sono un uomo di 36 anni. E sto lasciando quel lavoro per un altro lavoro, da un’altra parte.
Ma prima che io possa andare avanti verso la mia opportunità a Charlotte, spero vada bene per tutti se butto giù qualche riga.
Le persone parlano molto della “Spurs Culture”, così tanto che a volte penso tu possa quasi perdere l’idea di cosa veramente significhi. Ma, nonostante tutte queste chiacchiere, ci sono stati alcuni momenti della mia vita a San Antonio che si sono veramente distinti, e che mi hanno aiutato a capire qual è la differenza, e il grande privilegio, di entrare in questa Lega come uno Spur.
Una delle cose a proposito dell’essere un giovane giocatore in una squadra di veterani, una squadra che ha già vinto un anello e ha come obiettivo di vincerne altri, è che non c’è lo stesso margine di errore che potresti avere fossi scelto da una squadra in lottery, dove potresti semplicemente sentirti dire “OK, non ti preoccupare di niente, vogliamo solo migliorare, quest’anno”.
E sì, è vero: con gli Spurs, siamo costruiti per vincere.
Vincere è la cosa più importante.
Ma quello che ricorderò per sempre, e di cui sarò sempre grato per tutti questi anni è come, nonostante queste priorità, il mio sviluppo e i miei miglioramenti non fossero mai messi in secondo piano.
I veterani mi hanno preso sotto le loro ali nel modo giusto. Hanno sempre lasciato abbastanza spazio per il mio apprendimento, certo non del tipo “ok, fermiamoci tutti e insegniamo al ragazzo francese il significato della vita”. Piccole cose: una lezione veloce qua, una breve conversazione là.
Con un ragazzo come David che, voglio dire, è fantastico da vedere. Hai questo Hall of Famer, ed è a metà di un’altra corsa al titolo, e nonostante questo non mi vedeva come una minaccia. Con David, e con gli altri veterani degli Spurs, mi sono sempre sentito come se le cose fossero molto naturali. Tutti hanno le proprie speranze di vincere campionati. Ma quando hanno anche altre responsabilità, che per loro sono molto importanti, tipo.. “lasciare il team in una forma migliore di come l’hanno trovato.” Questa, è la Spurs Culture, per me, sapete? Realizzare a pieno le tue aspettative, ma far spazio anche a queste grandi responsabilità verso “il tutto”.
Ovviamente, una buona ragione per cui la Spurs Culture esiste.. è abbastanza semplice, no? Abbiamo avuto uno dei migliori giocatori di tutti i tempi, per 19 stagioni, Tim. Ma, con Tim, il punto non è solo che era uno dei migliori giocatori di quegli anni. Era anche il miglior compagno di squadra. Forse è un clichè, ma non credo la gente realizzi davvero quanto della nostra cultura di squadra possa essere riferita a Tim, solo per il fatto che lui è Tim. Questa è la verità.
Ecco un esempio: la gente chiede sempre come mai i ragazzi nella nostra squadra sono così “allenabili”, come fosse possibile che sembra riuscivamo a tirar fuori quasi il meglio possibile da ogni giocatore che arrivava nella nostra organizzazione. E come, qualora un nuovo ragazzo dovesse arrivare, sembra che questo diventi immediatamente e magicamente migliore, o trasformi la propria etica del lavoro, si liberi di qualunque cosa bloccasse il suo gioco.
E, come dico sempre alle persone, non è magia. Dico alla gente che noi abbiamo sì, allenatori, preparatori, staff eccellenti. Dico che abbiamo ovviamente un fenomenale head coach in Pop. Ma volete sapere la cosa che ci tiene uniti in queste situazioni? Timmy, ragazzi. È davvero Timmy. Molto semplicemente.
Ecco la cosa con Tim Duncan: è stato il migliore di tutti i tempi? Non lo so, è stato il migliore con cui abbia mai giocato, dirò questo e lascerò che gli esperti parlino di qui in avanti della questione. Ma c’è una cosa che vi dico assolutamente: Timmy è stato il più allenabile grande giocatore di tutti i tempi.
È stata la nostra arma segreta, per me: tu vedi questo giocatore totale, questo All-NBA First Team, MVP delle Finals, MVP della lega, che si allena, che chiede di essere allenato come se stesse lottando per un posto in squadra. Era surreale. Credi che sia troppo passivo per essere una star? Non stai pensando al livello di Tim. Perché Tim sapeva la verità, che era di lasciarsi allenare in quel modo, vedi.. quello è il vero carisma, e quello è veramente figo. È come se lui stesse allenando ognuno di noi altri nella palestra. Il miglior giocatore della lega è in grado di mettere da parte il suo ego per il bene della squadra, e tu?
E quello era tutto, sapete? I ragazzi arrivavano, davano uno sguardo in giro, e poi facevano come faceva Tim.
Quella era la Spurs Culture.
E se Tim era la forza motrice del programma che avevamo in mente, devo dire che Pop era secondo, ma per poco.
È difficile spiegare come Pop sia un leader speciale. Certo, ci sono le cose che sapete: è un comunicatore geniale, un motivatore brillante, una bravissima persona tutto tondo. Ma io credo che quel che lo rende unico come allenatore NBA siano i suoi principi: il modo in cui lui li ha stabiliti fin dall’inizio e poi li ha rispettati. A volte questi principi erano in tuo favore, ed è tutto quello che vuoi sentire.
Quando ho avuto il secondo workout pre-draft, anche se pensavo ancora al primo.. c’era Pop che rispettava i suoi principi. Lui aveva visto un buon giocatore in me, unto. E non importava che io avessi avuto un brutto workout, lui voleva darmi un’altra chance, e poi mi ha scelto al draft. Ed è stata la stessa cosa quando, nel mio anno da rookie, Pop ha cominciato a darmi sempre più spazio nei momenti più importanti, fino al punto in cui io ero secondo nel minutaggio dietro a Tim nella serie contro i Lakers, con quasi 40 minuti a partita. Ed è stata la stessa cosa quando, circa cinque anni dopo, Pop mi ha dato il via libera per cominciare a guidare l’attacco a modo mio un poco di più, fino al punto in cui nel 2006 ero il top scorer della squadra e dopo, nel 2007, ho anche vinto l’MVP delle Finals.
Ma c’è anche l’altro lato della medaglia, quando si parla dei principi di Pop. A volte quelle stesse idee non sono in tuo favore… e questo può essere molto duro da ascoltare. È successo nei playoff del 2003. Per tutta la stagione ero partito in quintetto come PG. Ma, durante i playoff, quando ho cominciato ad avere qualche problema, Pop ha cominciato a far partire Speedy e Steve al posto mio nei finali di gara. È accaduto anche più tardi, la stessa estate, quando, dopo che avevo aiutato la squadra per il suo secondo titolo (era il mio primo) come PG 21-enne, le chiacchiere sulla Free Agency diventarono tutte su come saremmo andati a cercare di prendere Jason Kidd, una star, una PG veterana. Un altro punto difficile della mia esperienza come giovane giocatore è stato nelle Finals del 2005, quando abbiamo vinto il terzo titolo (il mio secondo), ma Pop decise di dare alcune delle mie responsabilità durante la serie a Manu.
Capite cosa sto dicendo?
Ecco cos’è, con tutte queste esperienze, sia le buone che le cattive: mi hanno reso un giocatore migliore, e una persona migliore. E questo è Pop. Questo è quello che lo rende speciale. Non sono stronzate quando ti incoraggia, e non sono stronzate quando ti critica. Quando ti fa partire titolare, quando ti mette in panchina, quando ti dà le chiavi dell’attacco o anche quando cerca di vedere se può ottenere qualcun altro dalla Free agency, tu hai davanti sempre lo stesso Pop, che opera seguendo sempre gli stessi principi, ogni volta. E quel principio è: tutto ciò che accade sotto la sua supervisione, accade per una ragione ed una ragione soltanto. Il bene degli Spurs.
Come puoi non rispettarlo?
E la verità è, prima di tutto, tu non è che “semplicemente” lo rispetti, ma impari da questo.
Questo è perché la gente vede gli Spurs, come organizzazione, così fenomenale nel saper giostrare tutti questi grandi nomi, questi grandi giocatori, tutti insieme. Perché chiunque sia la persona, il ragazzo, non importa. La domanda non cambia mai. È sempre la stessa domanda, per Pop: Quel che accadrà è per il bene degli Spurs?
Se Timmy sta dominando le finali del 2003, io e Manu abbiamo i più grossi sorrisi sui nostri volti.
Se Manu coi suoi capelli – Manu perché hai cambiato i tuoi capelli? Eri fortissimo con quei capelli – stà dominando le finali del 2005, siamo io e Timmy ad avere i sorrisi sui volti.
Se le cose mi vanno bene nelle finali del 2007, e sono anche in the zone, Manu e Timmy sorridono.
E anche se non è nessuno di noi, sapete? Se qualcuno che non sia uno dei Big Three originali, e tutto d’un tratto è questo ragazzo giovanissimo, Kawhi, che domina le finali del 2014, Timmy, Manu ed io, abbiamo dei sorrisi che voi forse non ci avevate mai visto, quando abbiamo sollevato quel trofeo.
Tutto quel che volevamo, alla fine, era vincere titoli insieme. Era tutto ciò che importava. Era la maniera di Pop, e quindi era anche la nostra maniera.
E, quindi, era la maniera degli Spurs.
L’ultima “decisione di Pop” della mia carriera, direi, dice molto, perché è come se una scarpa ora fosse nel piede sbagliato. Questa volta era Dejounte a giocare in quello che era il mio ruolo, come la giovane PG che portava qualche novità. Ed io stavolta era come se fosse Pop, e conducevo la conversazione.
Sono andato da Pop, un giorno, e gli dissi quali erano i miei pensieri: era tempo che Dejounte fosse la nosta PG titolare full-time. Non volevo fosse una cosa drammatica, o una cosa di ego, o che fosse una cosa da prime pagine dei giornali, ma volevo solo dirlo apertamente per il bene dello sviluppo di Dejounte e per il bene della squadra. Pop era d’accordo e mi ha ringraziato. Dopodichè ho avuto la stessa conversazione con Dejounte, che mi è stato molto grato.
È stato agrodolce? Beh, non voglio sembrare un robot o niente di tutto ciò, ma non lo è stato per davvero. È una cosa che riguarda la disciplina, credo. Riguarda il modo in cui sono stato cresciuto, come sono cresciuto da giocatore, sempre pensare al prossimo passo. Ovviamente, non credete: ogni tanto io, Manu e Tim andiamo fuori a cena.. e quando succede, di sicuro, c’è il tempo per un po’ di nostalgia. Non puoi farci niente, e noi abbiamo avuto questo grandissimo tempo insieme, condividendo tutti i grandi aneddoti. Ma durante la stagione? Quando sto lavorando? Quando stai lavorando in questo lega, credo, devi essere disciplinato: devi lasciare che il passato sia il passato ed il presente sia il presente.
E questo è come ho cercato di vivere quel momento. Volevo che Dejounte sapesse se lo fosse guadagnato, ma anche che la decisione cui ero arrivato, alla fine, era esattamente la stessa cosa che mi avevano insegnato tutto questo tempo a San Antonio: si fa per il bene degli Spurs.
E per la maggior parte, credo, è stato come ho voluto andasse quest’estate. Fra qualche anno da ora, quando mi ritirerò, ci sarà del tempo per la nostalgia. Ma, nel frattempo? Ho firmato un contratto di due anni con Charlotte, e sono veramente eccitato all’idea di giocare lì. Sarà un’esperienza completamente nuova per me, con un’organizzazione completamente nuova. E se state cercando una seconda squadra da tifare, ad Est, potete buttare un occhio su di noi. Io vi prometto che ce la metterò tutta.
Ma, più di tutto, voglio dire grazie.
Grazie all’organizzazione Spurs, da cima a fondo, per la più grande opportunità della mia vita e per questi 17 anni del più bel lavoro del mondo. Grazie ai fans degli Spurs, ovunque siate, per essere sempre stati presenti, aver sempre tifato a gran voce, e sempre, sempre, per avermi sostenuto. E grazie alla città di San Antonio, per essere quella cosa che io ora posso chiamare casa.
La verità è, so che non è possibile riassumere cosa abbia significato la mia vita con gli Spurs in una lettera del genere.
Ma penso sia il bello del basket, e della vita.
Come possa diventare meno una somma di cose, e molto più una collezione di momenti. In un certo senso tu diventi quei momenti, capite cosa voglio dire? Tutte queste relazioni, conversazioni, lezioni e decisioni. Tutte queste piccole cose che ti formano e che poi ti definiscono, se sei fortunato.
E anche se io non voglio provare a definire chi sono diventato in questi 17 anni in una singola lettera, posso dire questo per certo: ho da ringraziare gli Spurs e San Antonio per tutto questo.
E continuerò a farlo con orgoglio.
Tony Parker.