More stories

  • in

    Il ruolo dei genitori nella crescita tennistica di Jannik Sinner

    Jannik Sinner – Foto Getty Images

    Jannik Sinner ha appena compiuto un’impresa storica, vincendo il suo primo titolo Slam, eppure sembra che la vera notizia che divide l’Italia sia se il tennista nativo di San Candido abbia fatto bene o male a declinare l’invito al festival di Sanremo.Al termine della sua straordinaria rimonta nei confronti di Medvedev, durante il suo discorso post-match, Sinner ha sottolineato l’importanza del ruolo dei genitori nel suo percorso di crescita.
    Genitori che, come da lui sottolineato, non hanno mai imposto una scelta sulla sua carriera, anche quando in lui crescevano i dubbi su quale fosse lo sport da prediligere, tra il tennis e lo sci, lasciandolo libero di decidere e appoggiandolo qualunque fosse la scelta.Ora che ha raggiunto una grande notorietà, le pressioni aumentano, e con esse la possibilità che le sue scelte possano scontentare qualcuno.
    D’altronde è qualcosa che già abbiamo avuto modo di verificare in seguito alla decisione “scomoda” di cambiare il suo allenatore storico, o di non partecipare alle Olimpiadi del 2021, o ancora per la mancata partecipazione alle fasi iniziali della coppa Davis a Bologna. Jannik non ha mai tremato, nonostante gli inevitabili polveroni che puntualmente si sollevavano in seguito alle sue prese di posizione.Decisioni che a volte potevano sembrare impopolari, ma che avevano tra loro un filo conduttore piuttosto chiaro: la crescita come tennista.
    Ed è probabile che il riconoscimento di Jannik sul ruolo supportivo dei suoi genitori, sia proprio l’elemento in grado di farci comprendere meglio la sua capacità di prendere decisioni che si rivelano proficue nel lungo periodo, nonostante in passato abbiano fatto spesso storcere il naso a qualcuno.Durante la conferenza di Roma, subito dopo il suo ritorno dall’Australia, Jannik ha evidenziato come il suo discorso post vittoria del suo primo Slam volesse essere anche un suggerimento per quei genitori che tendono ad avere un atteggiamento troppo pressante nei confronti dei figli.
    Lo stesso presidente della Repubblica Mattarella, durante l’incontro con la Nazionale italiana maschile di Tennis vincitrice della Coppa Davis 2023, ha sottolineato l’importanza di evitare pressioni, soprattutto quando le aspettative nei confronti di un giocatore crescono sensibilmente.In letteratura si trovano numerosi esempi che confermano l’importanza che ricopre un genitore supportivo rispetto a un genitore percepito come pressante.
    Secondo alcune ricerche, la capacità dei genitori di fornire un sostegno tangibile ai propri figli, può aumentare le sensazioni di divertimento, competenza, motivazione e perseveranza (Dunn, Dorsch, King e Rothlisberger, 2016).Al contrario, i genitori focalizzati sulla vittoria durante le competizioni, che tendevano a fornire feedback critici, potevano indurre nei figli la percezione di scarsa competenza, diminuendone il senso di autoefficacia, e aumentando al contempo l’ansia (Drummond, 2017) e la paura di fallire (Sagar & Lavallee, 2010).E non è inusuale che i maestri di tennis all’interno dei circoli, possano trovarsi in difficoltà di fronte alle ingerenze dei genitori, e della loro tendenza a fornire consigli tecnici pur non avendone le competenze, venendo dunque percepiti più come un problema da gestire che una risorsa a disposizione.Saper riconoscere il ruolo del maestro, e fornire un supporto non solo economico e di tempo, ma anche e soprattutto emotivo al proprio figlio o la propria figlia durante il suo percorso di crescita sembrano dunque gli ingredienti indispensabili per lo sviluppo di un atleta.
    Non a caso, la Fitp da qualche tempo ha cominciato una collaborazione con gli psicologi per la formazione e l’inserimento della figura del preparatore mentale all’interno delle scuole di tennis, che tra i vari compiti ha anche quello di fornire supporto e mediazione tra genitori, maestri e atleti/e.Lo stesso allenatore di Sinner, Simone Vagnozzi, ha sottolineato come i genitori di Jannik non abbiano mai interferito nel lavoro del team: “Sono meravigliosi”, ha affermato, aggiungendo: “Quando vengono ai tornei, non parlano di tennis: se la godono e basta. E non è facile trovare una famiglia così.”“Qualunque sia la tua decisione, noi siamo dalla tua parte”; questa sembrerebbe la vocina dei genitori che risuona nella mente di Jannik quando si trova di fronte a una scelta importante.E il tennis, a quanto pare, rimane la priorità. Sanremo può attendere.
    Marco CaocciPsicologo, preparatore mentale Fitp. LEGGI TUTTO

  • in

    Il mito della freddezza

    L’indimenticata Jana Novotna nella foto

    Quando guardiamo una partita di tennis, e il giocatore o la giocatrice per cui facciamo il tifo non chiude a suo favore un punto delicato, può venire quasi naturale cercare le cause che l’hanno portato/a a perdere il punto nel controllo delle emozioni, il cosiddetto “braccino”, e richiamare alla mente atleti o atlete che nelle situazioni topiche di un match davano invece la sensazione di avere tutto sotto controllo, anche negli scambi più complessi, o addirittura di sentirsi ancora più a loro agio con quel tipo di tensione.
    E questo potrebbe portarci a pensare al mito della freddezza, dell’atleta emotivamente glaciale e imperturbabile. Se paragoniamo tra loro giocatori come Fognini, Kyrgios o Nadal, ci troviamo di fronte stili di gestione delle emozioni differenti. Perdere un punto in una fase delicata di un match, mentalmente parlando, può essere paragonato allo stare nel bel mezzo di un ingorgo che ci farà arrivare in ritardo a lavoro. Come reagireste in questa situazione? Contro voi stessi, contro gli altri, o manterreste la lucidità? E cosa differenzia queste diverse reazioni?Possiamo provare a cercare la risposta a questo quesito nel concetto di autoefficacia, che può essere descritto come il senso di fiducia nelle proprie abilità, tale da fornirci la percezione di poter affrontare un determinato compito con successo.
    Tuttavia, se una determinata situazione viene codificata come pericolosa, significa che una zona del nostro cervello, l’amigdala, il centro di controllo delle nostre emozioni, ha riconosciuto, nel confronto tra l’esperienza corrente e quelle passate, un segnale per il quale è meglio metterci in guardia, e per fare questo ci offre tre soluzioni immediate e biologicamente adattive: attacco, fuga, freezing. Quando allora osserviamo giocatori come Paire, Fognini, o Kyrgios perdere il controllo durante un momento delicato del match, probabilmente ciò che sta accadendo è che le risorse disponibili per un problem solving più “raffinato” non siano più sufficienti per evitare l’attivazione del nostro sistema limbico: la reazione “ruba” il posto all’azione, il senso di pericolo supera la percezione di autoefficacia, e ci si ritrova ostaggi del cosiddetto sequestro emotivo. Quello che nel trading ti può far perdere soldi, nella vita può logorare le relazioni, nel tennis può far perdere le partite.Quando il carico cognitivo è tale da rendere inefficace la gestione della frustrazione, con reazioni a volte rabbiose contro sé stessi o contro gli altri, le cause possono essere molteplici, e non sempre vanno ricercate all’interno di un singolo incontro, o un singolo punto. Ad esempio, possiamo avere ridotte risorse cognitive a disposizione perché abbiamo dormito poco e male, perché abbiamo litigato con la nostra compagna o il nostro compagno, perché non vinciamo una partita da tanto e tendiamo a pensare eccessivamente durante tutto l’incontro, o semplicemente perché sentiamo di non esserci allenati abbastanza.È come se la memoria RAM di un telefonino fosse sovraccarica per l’eccessivo numero di applicazioni aperte in contemporanea.
    In sintesi, quella che chiamiamo in gergo freddezza non è altro che la capacità del tennista e della tennista di far fronte agli eventi stressanti di un match attraverso risposte cognitive e di gestione emotiva adeguate alla situazione.
    Non tutti gli atleti hanno imparato ad affrontare questo tipo di eventi in autonomia nel migliore dei modi, e molto può dipendere dal mix di variabili biologico-ambientali che hanno influenzato la crescita di quel singolo individuo. Tuttavia, pur trovandoci di fronte a comportamenti o attitudini non irreversibili o prive di margini di miglioramento, la falsa credenza che lo psicologo si occupi esclusivamente di “disturbi mentali” ha per lungo tempo tenuto lontano questa figura dal mondo dello sport, facendoci percepire come normale la frustrazione che si manifesta durante un match, con i suoi monologhi infiniti, le racchette distrutte o le accuse all’avversario, all’arbitro o al tifo troppo rumoroso, come se fossero aspetti del gioco sul quale si può fare poco o niente, perché semplicemente quel giocatore è troppo emotivo, troppo impulsivo, o senza carattere.Per questo la notizia di Lorenzo Musetti, che avrebbe potuto scegliere di non condividere pubblicamente, di richiedere il supporto di uno psicologo, assume particolare significato, in quanto potrà dare coraggio a tutti quegli atleti, che ancora oggi, hanno paura di appoggiarsi a un professionista, per timore di essere a sproposito etichettati come deboli, strani, o senza speranza, e far comprendere a chi ancora nutre dei dubbi, che l’intervento dello psicologo nello sport è possibile, utile, e forse necessario.

    Dott. Marco Caocci LEGGI TUTTO

  • in

    Nella mente di Novak Djokovic

    Era il lontano 1969 quando Rod Laver riuscì a conquistare tutti i 4 tornei del Grande Slam in un’unica annata. Sono passati più di 50 anni da tale storica impresa, e ancora nessuno in campo maschile è riuscito ad eguagliare questo risultato. Novak Djokovic si è trovato a un passo dal traguardo, ma qualcosa, grazie […] LEGGI TUTTO

  • in

    La sfida di Camila

    Camila Giorgi nella foto

    Quando penso al gioco di Camila Giorgi spesso mi torna in mente il famoso slogan di una pubblicità di pneumatici: la potenza è nulla senza controllo.
    E osservando le partite della nostra tennista, non di rado accadeva che si percepisse la sensazione di un braccio di ferro esasperato con l’avversaria che irrimediabilmente portava a una serie di errori gratuiti e alla conseguente sconfitta.E così quel grande potenziale tecnico-atletico si disperdeva in risultati non all’altezza.Fino alla straordinaria vittoria del torneo di Montreal.Come ha sottolineato anche Marco Mazzoni nel suo articolo, la domanda che un po’ tutti ci facciamo è se questa vittoria rappresenti un episodio isolato o l’inizio di un periodo nuovo per Camila. Proviamo a capirlo da alcuni segnali.Chi ha seguito il match tra la Giorgi e la Sabalenka nei quarti di finale a Eastbourne, avrà notato una inconsueta tenuta mentale della giocatrice italiana soprattutto nei momenti salienti dell’incontro.Per chi non lo ricorda, dopo un primo set tiratissimo conquistato al tie-break, la tennista italiana subì un secco 60. Nel set decisivo, dopo aver conquistato il break nel game di apertura, arrivarono due break consecutivi che la portarono sotto 3-1. Poteva essere il colpo del ko, ma sorprendentemente, dopo una grande lotta e continui capovolgimenti, porta a casa l’ultimo set per 64. Dal mio punto di vista, questo match potrebbe rappresentare un primo segnale di cambiamento, soprattutto nella percezione di sé della giocatrice e nella capacità di gestire i momenti importanti. E che si consoliderà successivamente nelle recenti olimpiadi svolte a Tokyo.
    In un precedente articolo, ho parlato della flessibilità cognitiva e di come un cambio di contesto possa determinare l’abbandono di schemi routinari consolidati e favorirne la sperimentazione di nuovi.Se pensiamo al percorso della Giorgi, durante queste ultime olimpiadi, potrebbe essere avvenuto proprio questo: cambia la competizione, cambia la guida tecnica, e di conseguenza cambia il modo di giocare. Ed emerge la possibilità per l’atleta di poter lasciare da parte i propri condizionamenti per sperimentare soluzioni tattiche diverse. Se pensiamo alla vittoria del master 1000 canadese, sarà balzato agli occhi di tanti la capacità nuova di Camila di non forzare tutti i punti, di non giocare a tutto braccio sempre e comunque. Non sappiamo se questo nuovo schema, che consiste nell’inibire la tendenza a concludere lo scambio alla prima occasione, e che probabilmente ha contribuito alla vittoria del prestigioso master, si consoliderà ulteriormente. Dipenderà da diversi fattori, come ad esempio il rinforzo positivo derivante da ulteriori successi. Qualcuno obietterà che si è trattato solo di coincidenze fortunate, che la differenza l’ha fatta il servizio, o che non si ripeterà più un evento del genere. Staremo a vedere, intanto godiamoci questo successo.
    Dott. Marco CaocciPsicologo LEGGI TUTTO

  • in

    Naomi Osaka e Jannik Sinner, il valore delle scelte

    Qualche giorno fa, forse condizionato dal gran parlare che si è fatto di Naomi Osaka in questo periodo, ho deciso di guardare la miniserie documentaria che ripercorre alcuni eventi della vita e della carriera della tennista nipponica, e con un po’ di sorpresa, mi sono ritrovato a riflettere sui parallelismi che potrebbero riguardare, con le […] LEGGI TUTTO