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    Marco Novello, Cantù ha pescato un altro bomber: “Sono felice, qui si lavora bene”

    Kristian Gamba. Matheus Motzo. Marco Novello. La classifica dei tre migliori realizzatori della Serie A2 ha una caratteristica in comune: tutti e tre giocatori hanno gravitato negli ultimi anni nell’orbita della Campi Reali Cantù. Non è un caso, laddove nelle società che come Cantù non scelgono di fare squadra con gli album di figurine e i budget da capogiro, bensì con le idee si crea il cosiddetto laboratorio di volley. Società che investono più nell’ambiente, nello spogliatoio, nella serenità e nelle squadre che si ritrovano ogni anno non tanto a lottare, verbo che a casa Campi Reali non piace, ma a giocarsi senza pressioni la serie. 

    Anche Marco Novello archivia il girone di andata con pacatezza ed apre a un girone di ritorno dove Cantù cercherà di non lasciarsi sfuggire nemmeno una sfida:

    “A Cantù sono arrivato innanzitutto per compiere la mia prima esperienza in A2. L’obiettivo era fare il salto di categoria dalla A3, traguardo a cui avevo puntato anche lo scorso anno con la Gabbiano Mantova, ma che purtroppo non ci ha visto ottenere un successo storico. Il Presidente Molteni ci ha parlato da subito della durezza del campionato di quest’anno, fatto da tante squadre ambiziose e da parecchi atleti scesi anche dalla Superlega per risalire subito nella massima serie. Vogliamo salvarci e cercheremo di arrivarci disputando un buon girone di ritorno”.

    Novello dalla A3 all’affermazione in A2. Terzo realizzatore dopo il girone di andata. Una bella soddisfazione.

    “Non posso non essere soddisfatto. Essere tra i primi tre e condividere questo risultato con giocatori come Motzo e Gamba non può che farmi piacere. Ad agosto non mi sarei mai aspettato di arrivare fino a qui. Avevo parlato col mio procuratore della possibilità di salire di categoria per iniziare a capire dove avrei potuto spingermi. La trattativa con Cantù si è conclusa subito perché tutti mi avevano parlato molto bene di questa società e di quanto si stia bene qui. Lo confermo. Ho poi cominciato a lavorare con Mattiroli e la squadra e i risultati a livello individuale, passo dopo passo, sono cominciati ad arrivare”.

    Foto Lega Volley Maschile

    Dicevamo, primi tre giocatori tutti gravitati da Cantù. Non è un caso.

    “No, intanto perché è una società che sceglie i giocatori in maniera oculata, puntando su ragazzi, parlo di Gamba o Motzo che hanno un bel potenziale e poi vengono messi nella condizione di dare il massimo. Hanno trasformato delle scommesse in scommesse vinte. Penso al percorso di Motzo che poi è andato a Civitanova ad esempio e ha fatto un bell’anno anche lì”.

    Parlando di lei, che cosa considera un supporto per esprimersi come sta facendo quest’anno? 

    “Sicuramente il clima di serenità, giocare senza pressioni eccessive e preoccupazioni aiuta molto. Era così anche a Mantova, io credo che cominciare le stagioni senza caricarsi eccessivamente di aspettative sia da considerarsi un plus. Non puoi pensare che già ad agosto si possa delineare quello che sarà un campionato lunghissimo e pieno di insidie. Devi avere anche il tempo di trovare il clima giusto, di creare le giuste alchimie, di progredire con la squadra e lo staff”.

    Lei e la Superlega. Sogno, pensiero, ambizione. Metta lei la parola corretta.

    “Un pensiero nel quale ogni tanto ci metto la testa. Da quando gioco in B mi piacerebbe anche solo per una stagione poter giocare un campionato così. Chissà se ci arriverò, il livello tecnico con gli anni si alza sempre di più. Sarebbe bello!”.

    Studia sempre Scienze Ambientali?

    “Ingegneria Gestionale. Ho cambiato per riuscire ad adattarmi agli spostamenti perché non riuscivo più a frequentare in presenza o spostarmi troppo per gli esami. Però il progetto di laurearsi resta sempre concreto”.

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    Aimone Alletti, l’oro di Taranto: l’umanità, lo spessore, la leadership, l’amore per la famiglia

    Diciotto stagioni, ci scherziamo su. Quasi una maggiore età pallavolistica con la lettera A davanti. Ma è questo il quantitativo di annate che emergono dal curriculum di una delle certezze della Superlega, ovvero Aimone Alletti. La percentuale delle stagioni che Alletti ha trascorso in quel di Taranto, alla Gioiella Prisma, supportano la riflessione legata al fatto che la Puglia è senza dubbio la sua storia professionale più lunga, certamente quella in cui Aimone ha avuto modo di utilizzare tutto ciò che si è sedimentato in anni di grande e lungimirante formazione.

    “La carriera me la sono costruita da solo. Quando ho incominciato a sedimentare l’esperienza in serie A non avevo pretese diverse da quelle di ritagliarmi il mio spazio e avere il mio posto, senza alcuna falsa promessa da parte delle società. Non volevo nulla se non avere la possibilità di giocare e di mettermi alla prova. Anche a Taranto è successo così. È stato un arrivo molto particolare, lo ricordo come fosse ieri. Arrivavo da un piccolo problema di salute legato al cuore e il Presidente e la società furono tra i pochi a darmi quella fiducia e a presentarmi un progetto che potesse stimolarmi in un anno in cui volevo davvero rimettermi in gioco e da lì è partita un’avventura che in cinque anni mi ha sempre convinto a rinnovare l’impegno preso. Ecco perché Taranto la considero un po’ una seconda casa”.

    Foto Walter Nobile

    Ho sempre pensato che lei fosse un erede naturale di Birarelli e Tencati.

    “Beh, ricevere questo complimento non può che farmi piacere. Sono stati compagni di squadra, e di Birarelli riconosco le sue doti morali e caratteriali e mi ci rivedo abbastanza. Di Tencati le posso parlare anche dell’aspetto mentale che era in grado di fare la differenza e aver appreso tanto da loro, anche a livello umano, già appena maggiorenne è stato importante. Ma non sono i soli”.

    Vada avanti lei.

    “Mi piace ricordare anche Finazzi, con cui ho avuto piacere di lavorare a Crema, così come ho avuto la fortuna di lavorare con Vujevic a Perugia nei suoi ultimi anni di carriera. Lui era capace di fare qualcosa come la finta rincorsa della pipe e il palleggio alla sua età, che all’epoca forse vedevi fare da due o tre persone e lo faceva con una naturalezza disarmante. Posso dirle anche Kazyiski, o Papi, che adesso è il mio secondo a Taranto e mi fa sempre specie pensare a quando giocavamo dalla stessa parte del campo. Poi non posso non avere un pensiero per Cazzaniga”.

    So che anche lei, come Elia, come Rosso, è stato molto toccato dalla vicenda umana che lo ha riguardato. Perché?

    “Perché l’ho vissuto in prima persona, perché con questa persona che per anni lo ha circuito con una storia completamente fasulla, io ci ho parlato varie volte. Quando però sei così accanto ad una persona e vedi la felicità nei suoi occhi, vai al di là di ogni sospetto e lasci correre per non rovinare tutto. Una volta che la situazione è però degenerata, abbiamo capito che l’unico modo per fargli aprire gli occhi era dargli uno scossone e andare pubblicamente in fondo alla cosa. Adesso lo vedo meglio, ci siamo rivisti per un caffè perché anche lui gioca in B qui in Puglia e la situazione è migliorata parecchio”.

    Foto di Lega

    Si capisce che per lei è un anno particolare.

    “Mia figlia ha cominciato le elementari a La Spezia e quindi non ho mia moglie e le mie figlie con me. Cominciano ad essere grandi, le distanze iniziano ad essere un tema e io non posso più pensare di non dare una stabilità alla famiglia, quindi è un anno in cui inevitabilmente le riflessioni le cominci a fare. Poi è la diciottesima stagione, quindi anno di bilanci, e anno in cui ti rendi conto che contro alcuni giovanissimi non puoi pensare di esprimerti al massimo la domenica in Superlega per tutta una gara. Dall’altro lato però, quando entro in campo e sul 2-0 riusciamo a recuperare il risultato e a portare a casa un punto come contro Grottazzolina, con me in campo, allora lì mi rendo conto che esserci e affrontare l’avversario è una grande emozione e mi inorgoglisco parecchio. Oltre a divertirmi”.

    Le partite uno come Alletti le può ancora cambiare, questo lo dico io. Cosa porta dentro il campo in quei frangenti?

    “L’esperienza, il carattere che formi quando sei diciottenne, nei luoghi in cui hai imparato a vivere tante situazioni nelle quali maturi una grande consapevolezza di te e dei tuoi mezzi. Magari ti rendi conto che negli anni della maturità non apporti grossi benefici tecnici perché i nuovi che volano in confronto a te, sono fisicamente superiori, ma alle volte non serve solo quello. Metto tranquillità, forse ci sono per qualche consiglio o per dare uno stimolo in più. Mi piace pensarla così”.

    foto Lega Volley

    Facciamo anche un bilancio di questi cinque anni. Di cosa si sente più orgoglioso?

    “Di essere sceso di categoria qualche anno fa e di averci messo il cuore per costruire questa storia. Sento molta riconoscenza da parte di tutte le persone che hanno vissuto con me questa parte della carriera e di chi ha fatto parte e fa parte della società. Essere ancora qui e cercare di difendere la categoria dopo tutto questo tempo per me è stato importantissimo”.

    Lei ci crede nella salvezza?

    “Assolutamente sì, penso che lo abbiamo dimostrato anche nell’ultima gara. Siamo un gruppo affiatato di persone perbene e credo che lo meritiamo”.

    Poi cosa c’è dopo quest’anno?

    “Non sono ancora in grado di rispondere. Sento il richiamo della mia vita da papà, questo si può dire”.

    Foto Instagram Aimone Alletti

    Non ci lasci senza l’Alletti leader in campo. Questa deve essere una promessa.

    “Ci penseremo più avanti!”.

    È felice della carriera fatta?

    “Molto”.

    Che cosa è stato importante? Lei ad esempio non ha mai vinto uno scudetto. Lo vive come un minus?

    “No, perché sono state importanti le emozioni provate in alcuni anni e in alcuni momenti della mia vita pallavolistica. Posso dirle di averle provate dentro il campo. Questo è più importante di riuscire a cucirsi uno scudetto senza lottare, ad esempio. È un mio parere, ma ho sempre preferito costruire io ciò che poi ho avuto modo di provare con la pallavolo e con il mio lavoro”.

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    Mattia Bottolo si racconta: “La scorsa stagione mi ha insegnato molto. Mi ha fortificato”

    Il periodo che ha intervallato un Natale in campo, come da tradizione, ad una celebrazione di capodanno in cui Mattia Bottolo chiude un anno sicuramente pieno di qualsiasi colore e di qualsiasi emozione, è stato il momento più propizio in cui cercare di aprire lo scrigno dei sogni, delle aspirazioni, dei traguardi e delle delusioni di uno dei giocatori più interessanti della nostra pallavolo. 

    Conobbi Bottolo nei suoi primi anni padovani, quando il suo talento esplodeva settimana dopo settimana e le sue quotazioni per il passaggio alle squadre di testa erano già molto alte. 

    Mattia mi colpì per la pacatezza con cui affrontava il momento, spinto più dall’impegno per la Padova di allora che dall’ambizione per vestire maglie che poi ha indossato comunque. Aveva le idee chiare, già appena compiuta la maggiore età, ma viveva tutto con la giusta misura e quella stessa misura lo ha portato alla Lube, nella quale dopo tre stagioni oltre ad essere un volto noto, è divenuto un punto fisso della squadra marchigiana. Questa stagione è una di quelle che definirei sperimentale, con delle bellissime novità (pensiamo solo a Boninfante), nella quale Mattia cerca di alzare l’asticella come fa ormai da anni:

    “La stagione scorsa mi ha insegnato molto. Sono anni in cui incominci a porre le fondamenta per la carriera, e proprio per questo risultano essere i momenti più complessi. In un certo senso mi ha fortificato, nell’altro ci sono i soliti alti e bassi con cui combatti ogni giorno in palestra.Io sono molto proiettivo e vedo di fronte ancora margini e per questo ho tanta voglia di migliorarmi”.

    L’evoluzione più concreta che ha compiuto in questi anni?

    “Ad esempio gestisco meglio le partite da subentrato. È capitato anche in azzurro e credo di riuscire a guidare me stesso meglio in certe fasi”.

    Si è posto dei limiti?

    “No, non sono ancora in grado di pormi dei limiti”.

    Con la Lube quest’anno dove vuole arrivare?

    “All’inizio c’erano molte incognite visti i cambiamenti attuati all’interno della squadra. Sulla carta sapevamo ci fosse la possibilità di incontrare delle difficoltà in avvio di campionato, ma credo siano state affrontate abbastanza bene. Abbiamo affrontato dei periodi altalenanti fuori casa, ma alla fine dell’andata siamo riusciti a chiudere al terzo posto. Non penso di esagerare se dico che per un risultato così all’inizio della stagione ci avremmo messo la firma”.

    Foto Lega Volley Maschile

    Certamente ciò che è venuto fuori è un gruppo affiatato. Dopo tre stagioni con chi ha legato di più?

    “Trascorsi tre anni, posso dire che ad esempio con Chinenyeze e Balaso abbiamo passato il natale assieme, ma anche con lo stesso Nikolov. In generale è vero, non è scontato che si crei un gruppo affiatato e qui lo è. Siamo un insieme di caratteri che insieme sta bene e un gruppo nel quale la fiducia si è costruita e sedimentata col tempo”.

    Parliamo proprio di lei, Balaso e Bart. Quanto è stato difficile vivere il dopo Italia-Francia di Parigi?

    “Eh, lì per lì il dispiacere per la sconfitta contro la Francia è stato tanto. Hanno fatto una partita per cui hanno meritato di andare avanti, giocando una pallavolo incredibile. A fine gara io e Fabio siamo andati a salutarlo e gli abbiamo augurato di vincere l’oro. Bart ci ha detto a sua volta che avrebbe tifato per noi contro gli Stati Uniti. L’amicizia poi cancella il rammarico del momento, anche se lo sfottò in allenamento e negli spogliatoi lo metti in conto e ci sta, anche perché è una gara sentita sempre da entrambe le parti. Credo che l’atmosfera che si respira prima di ogni confronto tra noi e la Francia è sempre particolare. La vivi di più ed è inevitabile”.

    Lei poi ha sentito il bisogno di staccare, da quello che so.

    “Sì, io e Sanguinetti siamo partiti in Giappone e mi ha fatto molto piacere che lui abbia voluto partire e stare con me qualche giorno. Poi è dovuto tornare prima in Italia e io ho proseguito da solo, ma era un viaggio che ho sentito molto e di cui avevo un gran bisogno. È stato l’anno giusto per fare un’esperienza simile”.

    Foto Instagram @mattia_bottolo

    Sentirà come molti il richiamo del campionato straniero prima o poi?

    “Per ora sono sotto contratto con la Lube e qui sto molto bene. Detto questo, tra un bel po’ di anni, lo stimolo di vedere un campionato estero come alcuni compagni stranieri lo vivono da noi potrebbe essere un pensiero che farò. Leggo che il Giappone e l’America stanno potenziando i loro campionati e provare un’esperienza del genere perché no!”.

    Chiudiamo con un buon proposito per il 2025. La laurea.

    “Mi mancano due esami più il tirocinio per concludere Biologia. Spero di finire nell’anno, anzi, ci riuscirò certamente!”.

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    Felice Sette: “Ho puntato di più sul volley. Il beach resta un’immensa passione”

    La famigerata parola percorsi anche oggi è protagonista dei nostri corsi e ricorsi storici alla Giambattista Vico. Ma è inevitabile non creare l’abbinamento con la carriera di Felice Sette, che quest’anno dopo un biennio a Porto Viro si ritrova magicamente ad essere protagonista della MA Acqua S.Bernardo Cuneo, squadra che non si può non amare quando al suo interno trovi gente come Pinali, Cavaccini, Sottile o Volpato.

    In questi anni Sette ho assistito all’affermarsi di una dottrina Sette, per la quale Felice si è donato con passione ad uno sport come il volley che per lui era importante, ma non era il centro di tutto. Maturata questa consapevolezza è sbocciato come uno dei posti quattro più interessanti della serie A2 ed ora quasi al giro di boa del primo round della stagione, traccia un bilancio soddisfacente della sua seppur breve storia con il club piemontese:

    “Ammetto di essere stato lusingato dalle telefonate ricevute in estate. Avevo delle buone squadre alla finestra e la scelta di Cuneo è stata dettata da tanti fattori, in primis un tecnico come Battocchio che conoscevo e con cui ho lavorato molto bene. Cuneo è inoltre una piazza storica, che quest’anno vede la maschile alternarsi a un bel movimento di A1 femminile e questo porre la pallavolo al centro in una città così, inevitabilmente ti trasmette belle sensazioni. Sono passati pochi mesi dall’inizio di questa nuova storia per me, ma se devo tracciare un bilancio direi che è andata esattamente come pensavo”.

    Foto Lega Volley Maschile

    A Cuneo quest’anno non si parla di obiettivo Superlega. Non sentire questa pressione in un luogo così storico aiuta a vivere la pallavolo in maniera più serena?

    “Sicuramente la società all’inizio della stagione non ci ha caricato di pressioni, ma ci ha lasciato iniziare a lavorare con grande serenità. A noi forse questo ha dato maggiore tranquillità. Ciò detto, anche con chi si è espresso in maniera più netta, parlo delle favorite, siamo riusciti a dire la nostra e vincere”.

    Sette quindi lancia una volata classifica? 

    “(ride n.d.r.) Se noi ci crediamo e se capiamo come poter esprimere il nostro gioco migliore, riuscendo a mantenere sempre attiva l’attenzione e la concentrazione, oltre al livello di gioco, possiamo arrivare fino in fondo. Il carattere dico che Cuneo ce lo ha”.

    Arriva da due anni importanti a Porto Viro. Cosa si è portato dietro da un’esperienza così?

    “Bellissimi ricordi innanzitutto. È stata un’esperienza fatta in una città in cui si gioca e si vive benissimo la pallavolo. Porto Viro vive di quello ed è riuscita a creare un ambiente fantastico del quale mi restano anche tantissimi amici con cui mi sento quotidianamente”.

    Foto Delta Group Porto Viro

    Diciamo che è stata un’esperienza funzionale all’arrivo a Cuneo. Si riconosce sul fatto che la sua carriera sia un costante crescendo? Lei mi sembra l’uomo delle scelte giuste.

    “Sono andato in crescendo, è vero. Sono andato avanti cercando di migliorare anno dopo anno il mio rendimento e il mio approdo a Cuneo è stato fatto nel momento migliore. Mi rendo conto che quest’anno sarà un anno fondamentale per me, per tutta una serie di motivi”.

    Il suo rendimento in crescendo coincide con l’aver scelto di dare più centricità alla pallavolo rispetto al beach. È d’accordo con questa affermazione?

    “Ho puntato di più sul volley, è vero. Il beach resta un’immensa passione, ma la fiducia che mi è stata data dalle ultime società nelle quali ho militato e anche le telefonate ricevute in estate sono state un motivo in più per capire che centrarmi di più sulla pallavolo è stata un’ottima scelta”.

    Sette in Superlega. Sogno o obiettivo?

    “Penso sia il sogno di tutti i pallavolisti, e per me non è un’ossessione. Se arriverà bene, viceversa sono felice così”.

    Foto Instagram @felicesette7

    Nel mondo del beach quando tornerà la coppia Sette-Di Silvestre?

    “Il prossimo anno sicuramente. Ci piacerebbe metterci di nuovo in competizione e vorremo lavorare per fare qualcosina di più nel 2025”.

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    Tommaso Barotto e la questione ‘azzurrabilità’: “Continuo a tenere i piedi per terra”

    Questa è una conversazione che nasce da un’altra conversazione, ovvero quella con un caro collega con il quale lavoro, e della cui creatività linguistica ed espressiva si potrebbe scrivere un trattato. Per Tommaso Barotto l’amico Giuliano Bindoni ha coniato il termine “azzurrabile” (vorrei prendere la paternità del neologismo, ma ahimé non posso), alludendo alla candidabilità di Tommaso, opinione tra l’altro condivisa con il sottoscritto, alla maglia della nazionale seniores.Quanto sia azzurrabile Barotto lo dimostrano le scelte, fra cui l’approdo alla Powervolley Milano, nella quale è arrivato dopo una rapidissima e giustissima ascesa. Anche Tommaso è sbocciato in quel di Porto Viro, società che in questi anni è servita come apripista per molti giovani e meno giovani che nel club veneto hanno trovato una stabilità e una fonte di affermazione:“Porto Viro è stata una bellissima esperienza. Arrivavo da Milano in un paesone di 20.000 abitanti, nel quale mi sono sentito subito a casa, poiché è un luogo che vive di volley, e nel quale capitava di fermarsi per strada o al supermercato perché le persone notavano un giocatore alto e ricollegavano il volley e allora bastava un pretesto per parlarti della partita o per chiederti semplicemente a che ora si sarebbe giocato la domenica successiva. Rimane la passione, la tifoseria, davvero una bella parentesi”.Foto Lega Pallavolo Serie AQui a Milano ha trovato un altro simbolo della pallavolo, capace di catalizzare quell’attenzione da sempre. Si chiama Matteo Piano.“Lui è veramente una persona solare, capace di donarsi alla gente. Milano è certamente un contesto più grande, nel quale come in moltissime città, il calcio la fa da padrone. Ma anche alla Powervolley siamo riusciti a creare un bel microcosmo, con uno zoccolo duro di tifosi e con il palazzetto che si riempie sempre per venirci a vedere. Sono molto felice di essere arrivato”.Creare microcosmi come fa da sempre la società o lo stesso Matteo, aiuta secondo lei a perseguire determinati risultati?“Secondo me ti aiuta parecchio, perché il calore del pubblico, l’attenzione dei tifosi fa sempre bene. È uno stimolo perché capisci che sei lì certamente per te stesso, ma devi far bene anche per quelle centinaia di persone che ti seguono con passione e da te è come se volessero in cambio qualcosa, che poi non è altro che lo spettacolo o la grinta che siamo tenuti a servire per tutta la partita. Le persone anche a Milano sono in grado di spingerti, è un sogno comune, quello tra noi giocatori e loro sostenitori, e c’è una percentuale di supporto del pubblico che contribuisce a realizzarlo”.Barotto nuovo volto che piace anche agli addetti ai lavori. Lei si percepisce nella strada giusta per il successo?“Oddio, è una domanda difficile. Io so di avere scelto Milano perché so di avere degli obiettivi, il primo dei quali è crescere compiendo dei passi giusti nelle società giuste che in qualche modo contribuiscono alla mia affermazione”.Foto Powervolley MilanoLa sua carriera è stata rapidissima. Cosa ha saputo gestire meglio?“L’aver tenuto i piedi per terra e il continuare a tenerli”.Quando la definiamo azzurrabile lei cosa pensa?“Io non guardo molto all’azzurrabilità, come la chiama lei, o meglio cerco di non pensarci più di tanto. Ovviamente ognuno di noi si affaccia nel panorama della nazionale maggiore con il sogno di poterne fare parte. Sono molto focalizzato nel riuscire a far bene con la maglia di Milano e a vivere altrettanto il mio presente pallavolistico, e se ciò mi aiutasse ad arrivare un giorno ad indossare la maglia della seniores sarebbe davvero il massimo”.Foto Federazione Italiana PallavoloUna volta arrivato a casa sua a Stienta, si accorge di essere rimasto quel Tommaso degli anni dell’infanzia?“Consideri che sono andato via molto presto e sotto questo aspetto i miei genitori sono stati un supporto fondamentale, in primis perché mi hanno permesso di poter fare questa scelta. Li ringrazierò tutta la vita perché hanno fatto davvero tanti sacrifici per permettermi di diventare ciò che sono oggi. Stienta è un luogo in cui torno con grande piacere perché è casa, famiglia e perché sono rimasto molto legato a tutto e tutti”.So di una famiglia Barotto tifosissima.“Nonno sta diventando molto bravo anche a guardare le partite al pc, con l’ausilio della famiglia (ride n.d.r.). In generale sento il loro calore sempre”.Chiedo scherzosamente, li ha mai perdonati di averle fatto abbandonare il calcio per il volley?“Per me parlare del calcio è un argomento molto nostalgico, anche perché sono tifosissimo e sono uno juventino sfegatato. Ho avuto il pallone tra i piedi sin dalla nascita, e a 12 anni ho dovuto lasciare perché sono cresciuto troppo e non era lo sport più adatto per le mie altezze. Si immagini un ragazzino alle elementari alto 1.75 cm in mezzo a una pletora di bambini. Ho pianto molto, ero un difensore centrale e quando parlo di calcio mi si illuminano sempre gli occhi”.I miti assoluti?“Del Piero e Marco Reus”.Barotto, potrebbe giocarsi un secondo tempo della vita sportiva nel calcio. Ci ha mai pensato?“Non mi ci faccia pensare. Ho una maglia di Del Piero appesa in casa. Chissà che magari un giorno non riesca davvero, ma parlo di un tempo lontanissimo, a rigiocare ancora”.Cosa resta di quegli anni così spensierati?“Le stesse idee e la stessa voglia di vincere”.Di Roberto Zucca LEGGI TUTTO

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    Rinaldi tra presente e futuro: “Modena è stata, è e sarà la mia squadra”

    Non c’è una volta in cui non mi comporti con lui da padre orgoglioso che lo ha visto crescere. Sarà quel candore e quell’eterna aria adolescenziale che emana, sarà che la prima volta che l’ho visto in campo ricordo non solo la sua età, ovvero quindici anni, e lo stesso volto, ovvero la stessa espressione, gli stessi occhi, lo stesso sguardo esageratamente ambizioso e severo, ma Tommaso Rinaldi per me resta sempre quello che mi ha fatto pensare quanto la pallavolo possa essere vicina a Giambattista Vico e ai corsi e ricorsi storici. Vedi in Rinaldi non tanto suo padre, quanto gli anni ’90 e il Classicismo del volley, non il passato ingombrante, quanto la nostalgia per l’esecuzione, i gesti, la tecnica. 

    Oggi vedo Tommaso a Modena e penso quanto sia Panini, Las Daytona, Cimone. Quanto passato c’è dentro quel ragazzo moderno che oggi è diventato, a mio modestissimo parere, il simbolo della rinascita, del nuovo ciclo. Rinaldi come Totti, lui gongolerà, già lo so, ovvero colui che cresce e poi sposa non solo il progetto di una società e di una città ineguagliabile nel panorama del volley, quanto ne indossa le sembianze, ne veste la maglia e i valori con colori unici:

    “Il simbolo di questa Modena? È un onore sentire queste parole e mi prendo la responsabilità di esserlo per la squadra. Questa è la città, la società e il posto in cui ho scelto di crescere e Modena è stata, è e sarà la mia squadra”.

    La Modena di Rinaldi. Il cuore, la casa, l’anima della sua vita.

    “Qui ho i miei amici, la mia famiglia, la mia vita. Questo è il luogo in cui amo stare bene”.

    foto Modena Volley

    Non vedevo questo Rinaldi da tanto tempo.

    “Lei dice?”

    Sembra aver preso una squadra sulle spalle perché si è liberato le spalle da un recente passato impegnativo.

    “È stato un anno molto difficile a livello mentale, perché arrivavo da una ruota che non smetteva mai di girare. Ho trascorso cinque mesi in nazionale, non ho fatto pause e poi la scorsa stagione non è stata la nostra migliore stagione. Abbiamo avuto l’esonero dell’allenatore e il nostro pubblico che è una forza che guida tutto, non ci dava più l’energia di cui si sente bisogno al Palapanini”.

    Arriva l’esclusione da Parigi. 

    “Ho staccato completamente e riavvolto il nastro dopo il primo mese e mezzo di nazionale. Ho resettato, ho rivisto il film dei miei ultimi sei anni. Sono tornato in palestra con una carica incredibile. Abbiamo lavorato al massimo, la preparazione con Modena è stata ottimale, perché ci siamo presi il tempo di preparare questo campionato”.

    Foto di Fipav

    In fondo, se consideriamo globalmente la carriera, lei ha vinto sempre negli ultimi anni.

    “Sì, a parte quest’anno, ho vinto qualcosa ogni anno. Quando ho ripercorso questo ultimo periodo della mia vita, mi sono chiesto a quanti capiti una fortuna del genere e la risposta è che non capita a tanti. Capirlo ti regala la serenità con cui affronto questo momento a Modena”.

    Che Modena è quella di Rinaldi, Sanguinetti, De Cecco, Anzani?

    “Una squadra con un livello veramente alto che ha avuto un pochino di sfortuna all’inizio e che semplicemente doveva prendere le misure con tutto. Il risultato è stato quello di lasciare qualche punticino qua e là, ma di aver già incrociato tutte le squadre di vertice, quindi ora il focus è solo rivolto alla crescita sotto tutti i punti di vista”.

    Qualche incontro speciale nelle prime partite? So che è molto legato a tanti compagni di nazionale.

    “Con Michieletto nella gara contro Trento ci siamo scambiati sorrisi per tutta la partita. Siamo avversari, quando siamo in campo cerchiamo di dare il massimo come facciamo in azzurro, ma resta la persona con cui sono cresciuto nelle giovanili e a cui riconosco degli anni e dei progressi incredibili. Stesso discorso con Yuri Romanò nella gara contro Piacenza. Non vedevo l’ora di riabbracciare forte lui, Marta, sua figlia. Ero in camera con Yuri il giorno in cui Marta gli ha comunicato di essere in dolce attesa. Io sono una persona che se ti vuol bene, te ne vorrò sempre al 100%. Romanò è uno di quei compagni e amici che si meritano questa versione di Tommaso”.

    Anche lei ha una compagna. Dove è arrivato il suo percorso personale sotto questo punto di vista.

    “Non sono ancora pronto per avere un figlio. Ora ci siamo laureati, io in economia aziendale e lei in ingegneria gestionale. Siamo focalizzati entrambi sul nostro rapporto, ma anche sulla costruzione di un futuro lavorativo, lei completa la magistrale e io sono concentrato sulla pallavolo. Per me questo è un punto importante e dolente, nel senso che avendo vissuto la separazione dei miei, è importante sentirsi davvero pronti per costruire un progetto di vita con i tempi e i luoghi giusti”.

    Foto Instagram @tommaso_rinaldi90

    La famiglia cosa è per lei Tommaso?

    “Un pensiero bellissimo”.

    Il futuro lavorativo?

    “Mi piacerebbe restare nell’ambiente, anche se è davvero precoce parlarne. Però il pensiero di essere un giorno il DG di una squadra di volley non mi dispiacerebbe. Ovviamente è davvero un futuro lontano”.

    Di Roberto Zucca LEGGI TUTTO

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    Davide Cester, Acqui e… sapone: “Alla carriera ho anteposto il rispetto per me stesso”

    Capita ad entrambi, da ormai due anni, che quando chiudiamo la conversazione, poi finiamo col pensare dove fossero le domande e quali fossero soprattutto le risposte. Mi capita perché con Davide Cester mi confronto, non domando, creando una sorta di flusso di coscienza mia e suo che ci porta poi a parlare di pallavolo, di vita, di noi.

    C’è tutto quello che desidero in Davide, c’è tutto ciò che spero nel Cester attuale: le origini in una scuola di vita, il successo, la caduta, la rinascita, la redenzione. Non posso non essere un sostenitore di un ragazzo come lui che non gioca nelle squadre che magari supporto per motivi logistici e geografici, ma che ho la fortuna di vedere dal vivo fare un percorso che lo ha portato a vivere una montagna russa importante e impegnativa.

    Una delle ultime domeniche, Davide ha totalizzato 20 punti contro la blasonata Belluno, giocando una partita che non colloca né lui né Acqui Terme in serie A3. Cester in particolare ha scelto delle soluzioni d’attacco da veterano, e ha concluso il suo personale con la soddisfazione di chi sta ritornando ad essere ciò che voleva essere e ciò che vorrebbe fosse questa nuova Acqui.

    “Sono contento della prestazione della squadra contro Belluno. Badi bene, non parlo della mia prestazione, ma di quella di tutti noi. Mi è piaciuta molto una cosa, ossia la reazione avuta dopo la trasferta contro Sarroch, nella quale nonostante ci fossimo allenati bene, non siamo riusciti ad esprimerci come volevamo. Questa può essere una cosa molto frustrante, quindi una volta tornati ad Acqui con Totire abbiamo lavorato su ciò che non era andato e nella gara contro Belluno abbiamo dimostrato ad esempio di essere anche noi una formazione d’attacco”.

    Diciamo anche che ad Acqui sono arrivati Iacopo Botto e Michal Petras. Sente la competizione del reparto?

    “No, assolutamente. Penso sia giusto che ci spartiamo i palloni e che un regista faccia le sue scelte in base al gioco su cui lavoriamo in settimana. Io ci sono, lavoro molto con Bellanova da questo punto di vista e cerchiamo di capire sempre come poter dare sempre il nostro massimo. Devo anche spezzare una lancia per i nostri centrali che stanno facendo un ottimo lavoro. La squadra è in generale un progetto in cui personalmente credo molto”.

    Cosa è cambiato rispetto alla scorsa stagione?

    “Penso che sia cresciuto il senso del professionismo. Con elementi che hanno conosciuto altri ambienti e livelli di gioco diversi, ci siamo subito trovati molto bene. Trovo forse una coralità migliore nel percepirsi squadra. Ognuno lavora per il bene del gruppo, senza individualismi”.

    Terzo anno ad Acqui. Sembra che il centro della vita di Cester si sia spostato dall’amato Veneto.

    “Sono arrivato qui quando Acqui Terme si affacciava con ambizione nel campionato di B. Sono sceso dalla A3 perché volevo ricominciare a credere nella serietà di un progetto, senza considerare altri aspetti come ad esempio il prestigio della serie in cui giocavo. Se ho rinnovato anno dopo anno, è perché credo ancora nella bontà di questo impegno e nel successo di questa società. Poi la vita può portarti anche altrove, la nostra carriera è fatta di spostamenti. Io non ho mai avuto l’ossessione di tornare in Veneto ad esempio”.

    Al canto delle sirene quindi, lei non risponde?

    “(ride n.d.r.) Capiterà di rigiocare nella mia terra per qualche squadra vicino a casa, anche se realtà come Treviso o Motta non sono più in serie A. Per ora sto molto bene qui”.

    Cester è un soldato della serie A3.

    “Io lavoro per prendermi sempre ciò che mi spetta. Qui ad Acqui vedo che il pubblico e la società percepiscono quando un atleta si esprime con impegno e garantendo una buona qualità del proprio lavoro. So quello che posso dare e cerco di farlo ogni giorno in palestra”.

    Una delle persone a cui si è più legato è Alessandro Graziani. Mi dica se sbaglio.

    “Non sbaglia, è un amico a cui sono molto legato”.

    Lei e Graziani in questi anni siete sembrati desiderosi di rivalsa. 

    “Siamo due pallavolisti che hanno lottato per le proprie idee e hanno messo davanti alla propria carriera il rispetto per noi stessi. Ci siamo incontrati e qui ad Acqui Terme forse abbiamo cominciato a risalire la china. Sono contento di poter fare questo pezzetto di strada assieme a una persona come lui”.

    Si ha l’idea che quest’anno Acqui Terme potrebbe vincere più per la squadra che per gli ottimi singoli.

    “Non sbaglia. È una squadra molto unita”

    Da chi dovrete guardarvi le spalle.

    “Ci sono due o tre formazioni veramente forti, penso a Belluno, San Donà, ma anche Mantova che lo scorso anno ha fatto così bene, deve solo partire. Penso anche a tutte le altre, comprese Savigliano o Sarroch. Ci sarà da combattere con tutte. Sarà durissima”.

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    Ma come sta giocando Federico Crosato? “Sono testardo e voglio onorare questa maglia”

    La partenza è di quelle che lasciano il segno. Anche perché le manifestazioni di stima non arrivano solo dall’interno, bensì da allenatori titolati che quest’anno in particolare, esprimono (l’ultimo in ordine di tempo è Anastasi che parlando di Padova ha ammesso il fatto che giochi una bellissima pallavolo) giudizi lodevoli nei confronti nella nuova Sonepar, nelle cui fila ha cominciato ad intravedersi sempre con più insistenza un certo Federico Crosato.

    Non è un caso che proprio dopo quattro stagioni, Crosato sia definitivamente sbocciato e a soli 22 anni rappresenti una delle novità più interessanti della nostra Superlega. Il percorso è stato duro e costituito da un’importante gavetta che oggi lo fanno affacciare sulla scena con una serie di sicurezze mica da ridere e una maturità non scontata alla sua età.

    “Dopo tre anni di contratto con Padova, mi è stato proposto il rinnovo e ho accettato con entusiasmo perché ho creduto sin dal primo giorno al progetto di questa società. Il mio credo sia stato un percorso in crescendo, dove il primo e il secondo anno sono stati un po’ il periodo della crescita e della conoscenza del campionato e delle sue dinamiche, mentre lo scorso anno ho cercato di dimostrare quanto volessi giocarmi il posto in una squadra in cui mi sono sempre trovato bene. Sono testardo e ho voluto insistere nella speranza di proseguire con il mio percorso e in queste prime giornate devo dire che sono soddisfatto del mio rendimento personale e della resa della squadra”.

    Trovi lei una descrizione per l’inizio.

    “Suddividiamo le avversarie, così facciamo prima. Posso dire che con Grottazzolina e Taranto c’è davvero tanto da giocarsi, perché sono le dirette avversarie per la salvezza. Sono partite intensissime, io le chiamo partite di nervi, perché sono sempre messi alla prova. Spesso non sono partite bellissime dal punto di vista del gioco, ma per noi diventano fondamentali. Con Piacenza e Civitanova ci siamo tolti anche qualche soddisfazione”.

    foto Lega Volley

    Chi ha scritto che è la miglior partenza di Padova degli ultimi anni?

    “Non montiamoci la testa! Diciamo che non è stata male. Credo che nell’ambiente ci fosse il pregiudizio delle partenze che sono sempre state un po’ a due velocità, magari non perfette dal punto di vista iniziale. Sono felice di aver sfatato il mito che Padova sia una piazza dove ultimamente si facessero punti facili. Quest’anno, se qualcuno lo ha pensato, ha sbagliato, perché daremo il nostro meglio”.

    Cosa è cambiato rispetto ai suoi primi anni?

    “Rispetto al mio arrivo, sorrido per il fatto che sono l’unico ad essere rimasto! Per ciò che riguarda lo scorso anno invece, è rimasto un gruppo nutrito che ha costituito l’ossatura della nuova Padova e si è andato ad affiancare ai nuovi arrivi con i quali si è subito creata la giusta alchimia. Aggiungo che ovviamente i risultati arrivati nelle ultime settimane rendono il lavoro in palestra e durante la settimana più gratificante. Andare al palazzetto ed essere felice di ciò che stiamo affrontando è davvero una bella sensazione”.

    Si capisce che lei questa sensazione la stia vivendo anche in campo.

    “Padova mi ha dato una gran bella opportunità. Devo onorare questa maglia con tutto l’impegno. Sto dando tutto ciò che ho e i risultati mi stanno ripagando. È un dare e avere molto piacevole!”.

    foto Lega Volley

    Lei ha dato molto anche alla nazionale giovanile. Mi dica se il pensiero di rientrare nella seniores non la fa dormire la notte.

    “No, butto l’occhio, questo è vero, anche se sono consapevole del fatto che ci sono degli elementi fortissimi nel mio ruolo. I miei genitori e i miei nonni mi dicono in veneto tu fai che le cose prima o poi arrivano. Credo sia il motto che spiega il mio approccio al tema della nazionale e in generale della filosofia del mio lavoro”.

    Con chi le piacerebbe rigiocare tra gli amici delle giovanili?

    “Con Paolo Porro. È un amico e parte del percorso della nazionale lo abbiamo fatto sempre assieme. Con lui vorrei ritrovarmi in azzurro”.

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