Djokovic, Bryant e Ovechkin
Uno dei segreti del successo di Novak Djokovic è la sua continua voglia di imparare, l’attenzione al dettaglio, la ricerca della perfezione. Tutti i suoi vari coach l’hanno sempre confermato, Novak non si accontenta mai e guarda avanti pensando che si possa sempre migliorare in qualche aspetto. La sua storia lo conferma: probabilmente nessun campione dell’epoca moderna è riuscito ad evolvere così tanto migliorando in modo eccezionale colpi e tattica. Quando il serbo vinse il suo primo Slam in Australia nel 2008, il suo diritto era assai meno preciso ed efficace. Idem per il servizio, colpo su cui ha lavorato intensamente e con vari coach, riuscendo a trasformarlo in arma micidiale negli ultimi anni (decisivo per i suoi successi a Wimbledon, soprattutto nell’edizione leggendaria del 2019, quando nei tiebreak non concesse nulla ad un fortissimo Federer). Ha migliorato tantissimo la posizione sulla rete e il gioco di volo, come la capacità di cambiare ritmo.
Da persona estroversa e curiosa, Djokovic ha confermato di approfittare di ogni contatto con i migliori atleti di altri sport per trarre preziosi insegnamenti. Il confronto con i grandi dello sport è un momento di arricchimento personale, ma anche tecnico. Ne ha parlato a latere della Davis, parlando con la stampa nazionale. Riportiamo alcuni passaggi del suo pensiero in merito.
“Sono una persona che ascolta, mi piace il confronto, chiedere consigli. Naturalmente li accetto sempre dai miei più cari e vicini – la famiglia, gli amici e il team – mi conoscono meglio di chiunque altro e i loro consigli arrivano sempre nei momenti opportuni, è sempre proprio quello che ho bisogno di sentire”
“Vanja Grbic (ex campione di pallavolo, attivo anche in Italia tra Padova, Cuneo e Roma, ndr) è una persona che stimo molto, ho un rapporto molto piacevole con lui. È estremamente intelligente, uno sportivo di successo, un grande campione e una leggenda dello sport serbo. Ha condiviso con me la saggezza sia per lo sport che per la vita. È famoso per essere un impavido lottatore, alla massima intensità e devozione per il suo sport. Confrontarsi con lui è importante”.
I suoi colloqui vanno ben oltre i grandi sportivi del suo paese. “Ero vicino a Kobe Bryant, così come a Monica Seles, Andre Agassi e Boris Becker, che sono stati i miei allenatori, ma anche Pete Sampras. Ho parlato spesso con loro e ultimamente mi confronto di frequente con Tom Brady sui temi dell’allenamento e del recupero. È incredibile come resti al massimo alla sua età. Cerco di sfruttare l’opportunità di condividere qualcosa con tutti gli sportivi e le sportive, cose che mi hanno aiutato o ostacolato, e faccio domande, soprattutto a coloro che hanno raggiunto l’apice del loro sport“.
Djokovic intravede doti di se stesso in alcuni dei giovani più forti: “Riconosco in qualche modo parti di me in alcuni dei giovani più forti, alcune caratteristiche che avevo in gioventù: fiducia in me stesso, consapevolezza, tanta voglia di vincere, passione e devozione per lo sport. Chi? Li vedo in Alcaraz, così come in Sinner, e anche Zverev quando muoveva i primi passi importanti nei tornei”.
“Posso essere capriccioso ed emotivo in campo, quindi non mi dispiace quando qualcuno mostra le proprie emozioni, ma d’altra parte è decisivo riuscire a controllarsi e rimanere composto nei momenti che contano. Quell’abilità si acquisisce nel tempo: più partite si vivono sul grande palcoscenico, meglio ti comporterai la prossima volta che scendi in campo sottoposto alle stesse tensioni”.
In alcune interviste Djokovic ha dichiarato di voler giocare ancora altri anni al massimo livello, ma ha già chiaro in mente quel che sarà il suo futuro: investire nel suo Novak Tennis Centre in Serbia, sviluppare i giovani talenti e perché no accompagnarli anche sul tour Pro. Chissà come sarà il Djokovic coach…
Marco Mazzoni LEGGI TUTTO