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    Gauff positiva al Covid, addio Olimpiadi 2021

    Dopo la “tegola” in casa Italia per l’infortunio di Matteo Berrettini e l’addio al sogno Olimpico, stanotte una pessima notizia arriva dagli USA. La giovane Cori Gauff è risultata positiva al test Covid prima di partire per Tokyo, quindi è stata costretta ad isolarsi e rinunciare ai Giochi Olimpici. È stata lei stessa a darne […] LEGGI TUTTO

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    Schwartzman: “Sogno una medaglia olimpica, mai dubitato di andare a Tokyo”

    Diego Schwartzman

    Mentre moltissimi tennisti si stanno cancellando dai Giochi Olimpici di Tokyo, l’argentino Diego Schwartzman conferma la propria presenza e rilancia, affermando di sognare questa partecipazione da sempre e di ambire ad una medaglia.
    “Non ho mai dubitato se andare o meno” dichiara Diego al media del suo paese TyC Sports, “Sono felice di partecipare alla mia prima Olimpiade e voglio davvero fare bene. Ogni volta che ho la possibilità di giocare per l’Argentina è bellissimo, è qualcosa di importante perché mi piace e mi diverte. Voglio essere sempre presente per rappresentare il mio paese”.
    Schwartzman non viene da un buon periodo, ma resta fiducioso sulle proprie possibilità: “Due mesi fa ero entrato in una fase calante, mi era difficile competere al massimo livello, tanto che guardavo avanti con parecchi dubbi. Fortunatamente al Roland Garros e a Wimbledon il mio livello e la mia energia in campo sono migliorati molto, il che mi ha fatto tornare in fiducia. Ho buone aspettative perché a Tokyo ho giocato molto bene quando sono andato al torneo ATP. So che devo adattarmi al cambio del tempo, tutte le condizioni che saranno molto diverse, ma è qualcosa che mi piace. Con tutte le rinunce che ci sono state e se riesco ad entrare in una buona zona di tabellone spero di poter andare parecchio avanti. Il mio sogno è portare a casa una medaglia“.
    Per Diego il cemento non è la sua miglior superficie, ma lo aiuta a riprendere ritmo nei periodi “no”: “Quando non gioco bene, il cemento mi aiuta a tornare ad essere regolare. Infatti ormai ho quasi lo stesso numero di vittorie tra terra e sintetico outdoor nell’ultimo periodo. Non è un problema per me giocare sul duro, anzi, a volte mi aiuta proprio”.
    Schwartzman sarà in corsa per una medaglia anche in doppio, in coppia con Facundo Bagnis: “Giochiamo insieme in diversi Challenger, possiamo fare bene anche a Tokyo”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Berrettini sarà presente alla Laver Cup 2021

    Matteo Berrettini

    Il canale Twitter ufficiale della Laver Cup ha appena annunciato che Matteo Berrettini sarà in campo al TD Garden di Boston dal 24 al 26 settembre con il team Europe.
    “Matteo ha fatto una corsa incredibile, non solo sull’erba quest’estate, ma proprio dall’inizio dell’anno, quando ha aiutato l’Italia a raggiungere la finale di ATP Cup a Melbourne e poi ha raggiunto il quarto turno degli Australian Open e i quarti di finale al Roland Garros” dichiara il capitano del team europeo, Bjorn Borg, “È una grande aggiunta alla nostra squadra e non ho dubbi che apprezzerà l’esperienza unica offerta dalla Laver Cup”.
    Ecco le parole di Berrettini: “Sono davvero entusiasta di far parte della Laver Cup quest’anno. Ho sentito così tanto parlare negli spogliatoi da parte dei ragazzi che ci hanno già giocato su quanto sia bello l’evento. Giocare al TD Garden, avere Bjorn Borg come mio capitano ed essere nella stessa squadra di uno dei miei idoli d’infanzia, Roger Federer, sarà un’esperienza davvero speciale“.
    Oltre a Roger Federer, il team Europe della Laver Cup avrà come alfiere anche Dominic Thiem, attualmente impegnato nel recupero da un brutto infortunio.
    Marco Mazzoni

    Laver Cup 2021 player announcement: @MattBerrettini to represent #TeamEurope at @tdgarden this September. Read more: https://t.co/FD5OI9zO32 pic.twitter.com/u8EbsEhH1u
    — Laver Cup (@LaverCup) July 16, 2021 LEGGI TUTTO

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    Vajda: “Djokovic domina a tal punto da rendere la gente gelosa della sua perfezione”

    Marian Vajda insieme a Novak Djokovic

    Marian Vajda, storico allenatore di Novak Djokovic, ha rilasciato al portale Tennis Majors un’intervista dopo il sesto titolo a Wimbledon del suo pupillo. Secondo Vajda, la perfezione raggiunta da Novak è talmente grande da aver scavato un solco enorme rispetto a tutti gli avversari e tanto da rendere il suo assistito poco amato al pubblico. Ecco alcuni passaggi del suo pensiero.
    “Reputo che nessuno nell’ultimo Wimbledon sia riuscito a far toccare a Djokovic il suo apice, ha sempre avuto del margine su ogni avversario. Per la finale ho detto alla mia famiglia che la partita si sarebbe decisa in quattro set e che ci sarebbe stato un tiebreak. Avevo assolutamente ragione. Novak gioca in modo molto intelligente sull’erba ed è uno dei tennisti attivi più esperti. Su questa superficie ha primeggiato per anni, il che è stato un bel vantaggio nella sua partita contro Berrettini. Per Matteo è stato davvero difficile. Era la sua prima finale del Grande Slam ed è stato abbastanza sfortunato nel ritrovarsi proprio Novak come avversario per la coppa”.
    Chiedono a Marian come è il suo lavoro insieme a Goran Ivanisevic, l’altro coach del serbo. Per Vajda tutto scorre molto bene: “Prima di tutto, come squadra, condividiamo ogni momento insieme e ci godiamo l’esperienza. Non solo ci divertiamo a prepararci per le partite o durante le analisi, condividiamo anche passione e momenti privati con le nostre famiglie. Novak è un ragazzo fantastico che porta sempre energia positiva. È una benedizione far parte della sua squadra. Durante i tornei del Grand Slam, io e Goran comunichiamo ogni giorno e analizziamo tutto prima della partita. L’allenatore che è presente in quel momento è quello che dà le ultime informazioni a Djokovic. Goran l’ha fatto a questo Wimbledon e io l’ho fatto al Roland Garros. Di solito ci alterniamo su quello”.
    Vajda rende merito a Ivanisevic sul netto miglioramento al servizio di Novak da quando il croato è entrato nel team: “Il contributo di Goran è stato fantastico. È il maestro in questo campo. Il servizio di “Nole” non è proprio lo stesso di Goran… ma le sue istruzioni sono state simili a quelle che il suo allenatore ha fatto con lui ai suoi tempi da professionista. Novak ora ha un servizio molto più veloce, più fluido e più potente. Se ti fermi ad analizzarlo, Novak sta facendo sempre più Ace e il suo servizio è più controllato. È stata una delle chiavi per raggiungere il livello che sta avendo oggi”. Ed in effetti, tutti restano ammaliati dalla velocità, controllo, recuperi di Djokovic, ma se andiamo a vedere i numeri, il serbo dal 2019 ha incrementato tutte le percentuali al servizio, serve mediamente più veloce di almeno 15 km/h, e soprattutto col servizio vince punti decisivi nei momenti chiave. Cosa che prima dell’inserimento di Goran nel suo team non accadeva.
    Il rapporto tra Djokovic ed il pubblico continua ad essere ricco di alti e bassi. Anche nel corso della finale di Wimbledon, la stragrande maggioranza del Centre Court era pro-Berrettini. Ok sostenrere lo sfavorito, ma… Per Vajda il livello di perfezione raggiunto dal suo assistito lo rende meno appetibile per gli spettatori. “Alla fine i media dicono quello che vogliono… A volte sono a senso unico e non vedono la complessità della personalità di Novak. È una persona molto simpatica e positiva, che porta molta energia a tutti, anche agli spettatori. A volte le persone tendono a tifare di più per i giocatori meno forti. Vedendo Novak così dominante, nessuno vuole vederlo vincere ogni torneo del Grande Slam. Il suo dominio è così importante che molte persone diventano gelose nel vedere tale perfezione. Invece io sento che Novak è un esempio straordinario per le giovani generazioni di atleti”.
    Ormai tutti parlano di Grande Slam o addirittura “Golden Slam”, ma Vajda preferisce tenere un profilo basso: “Cerchiamo di vivere al momento, perché proiettarsi nel futuro a lungo termine può diventare contro producente. Potrei dire che gli restano due, tre o quattro anni a questo livello, non lo so. Tutto quello che so è che non è vicino a fermarsi. Non voglio porgli limiti, lui vuole giocare pensando anno dopo anno perché la sua passione per il tennis è ancora lì“.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Intervista esclusiva a Filippo Volandri: “La finale a Wimbledon di Berrettini viene da lontano”

    Filippo Volandri

    Difficile togliersi dagli occhi il torneo straordinario di Matteo Berrettini a Wimbledon. Ci ha divertito, ci ha regalato un sogno che consideravamo quasi proibito, irrealizzabile. Invece abbiamo avuto la conferma che l’azzurro è a tutti gli effetti un Top Player, pronto a giocarsela alla pari contro i big nei grandi tornei, Slam inclusi. Abbiamo avuto la conferma che il sistema Italia è forte e che “l’ondata” è appena all’inizio.
    Ne abbiamo parlato con Filippo Volandri, Direttore tecnico del settore maschile della Federtennis e Capitano di Davis azzurro. Il risultato di Matteo, e anche quello di Lorenzo Sonego (ottimo il piazzamento agli ottavi dei Championships), non viene per caso, è il frutto di un lavoro partito da lontano, perseguito con determinazione, capacità e programmazione. È il frutto di una sinergia e unione di forze che rende i giocatori parte di un sistema che funziona, che sostiene il tennista a 360° e gli permette di tirar fuori il meglio.

    Filippo, il bilancio degli italiani a Wimbledon 2021 è straordinario. Due azzurri negli ottavi (non dimentichiamoci di Lorenzo Sonego) e l’impresa pazzesca di Matteo Berrettini. Prima del torneo avevamo buone aspettative, il campo ci ha fatto letteralmente sognare. Un risultato complessivo impensabile qualche anno fa, ma analizzando bene la situazione attuale, non ci siamo arrivati per caso.
    “Assolutamente, nessun caso. Abbiamo ottenuto questo splendido risultato grazie ad una “valanga” di lavoro dietro e grazie alla forza ed agli sforzi di tutti. In primis la forza di Vincenzo Santopadre, di Stefano Massari, di Roberto Squadrone nel suo ruolo importante di preparatore atletico, era presente a Wimbledon, e non dimentico Francesco Bientinesi che lavora con Matteo nelle altre settimane. Torno al punto iniziale, è merito di Matteo e di tutto il gruppo di lavoro, che include anche il supporto di consulenti come Umberto Rianna, che segue Matteo in molti tornei in stagione, e Craig O’Shannessy che dopo ogni partita di Berrettini invia dei dati super interessanti, che ci permettono di riflettere e lavorare. La vera forza di Matteo è il suo talento e il saper gestire tutte queste risorse, che vengono ovviamente filtrate, ma non è da tutti riuscire a sfruttare così tanti input e trarne il meglio per il suo gioco, lui ci riesce alla grande”.

    Sinceramente, ti aspettavi di vederlo in finale?
    “No, sinceramente non pensavamo alla finale, e nemmeno lui, ma l’obiettivo del lavoro di tutti era esattamente quello, arrivare fino in fondo. Ripensando al torneo, va detto che lui di fatto è sceso in campo da favorito nei primi dieci giorni. Questo è un elemento che è stato poco sottolineato, è una gestione totalmente diversa in un torneo così importante. Ha vissuto una esperienza “a la Djokovic”, “a la Nadal”, quelli che ogni volta che scendono in campo “devono” vincere. Berrettini c’è riuscito alla grande. Ha perso da Djokovic perché quando il punto è davvero importante, in qualche modo lo vince sempre Novak. L’ha dimostrato mille volte in carriera e nel torneo contro Shapovalov… gli ha concesso tante palle break, ma alla fine… tre set a zero per lui. In finale contro Matteo, Djokovic ha sofferto una piccola flessione a metà del primo set, l’ha pagata con Berrettini bravissimo ad approfittarne, ma dall’avvio del secondo set c’è stata un’altra partita, Novak non ha sbagliato più nulla. Berrettini è stato bravissimo, ha giocato alla pari sino alla fine e ha costretto Djokovic ad alzare il livello. Matteo ha confermato come gli basti “una sola prima volta”: dopo aver vissuto un’esperienza nuova e importante, impara subito e all’occasione successiva la gestisce benissimo. Infatti in tutto il torneo ed in finale è stato in campo alla grande”.

    Con questo splendido risultato Berrettini è n.3 della Race 2021, ma soprattutto possiamo considerarlo a tutti gli effetti un Top Player. Impressiona come riesce a gestirsi dando una sensazione di controllo, esprime una consapevolezza notevole.
    “Ha consolidato dentro di sé una consapevolezza altissima. Il successo al Queen’s gli ha dato un’enorme fiducia, gli ha dimostrato che se esprime al massimo il suo gioco gli altri non gli stanno dietro… Sono in pochissimi quelli che ci riescono, Djokovic, Nadal, Medvedev, Zverev, Tsistipas, di fatto i migliori, una manciata di rivali e non 20 o 30. Berrettini è consapevole che dipende da lui, da come va in campo, da come si allena. Ha la testa giusta ed il team giusto per fare benissimo. Matteo è un ragazzo riflessivo, attento, molto autocritico, invece Vincenzo Santopadre ha un altro carattere e approccio, riesce a smorzare questa parte critica rendendo il tutto più leggero. Umberto Rianna invece è più “quadrato” e lo supporta con la sua concretezza nelle occasioni in cui è in torneo con lui. Nella squadra ci sono gli incastri giusti e si compensano a vicenda. Questo è uno dei segreti dei grandi risultati”.

    Valutando l’ascesa di Matteo, personalmente tra le tantissime cose in cui è cresciuto mi impressiona quanto sia migliorato nella velocità e reattività, considerando la sua stazza, ma anche nell’aspetto mentale.
    “Sì, perché ci lavora! Sono aspetti fondamentali sui quali è necessario lavorare quasi quanto su diritto e rovescio. Concentra molti sforzi ogni settimana parlando con Stefano Massari, e con Lorenzo Beltrame sempre a disposizione. L’attitudine è quella giusta, ma è necessario dedicarci tempo e sforzi. Lui lo fa e i risultati si vedono, con la giusta attitudine e atteggiamento. Le due cose vanno di pari passo, l’attitudine ce l’ha innata, l’atteggiamento lo costruisci col lavoro”.

    Tornando al tennis azzurro su erba, abbiamo vissuto una crescita impressionante. Nel 2019 abbiamo vinto con Sonego e Berrettini, quest’anno abbiamo riscritto la storia, con Matteo dietro solo a Djokovic e Federer come punti guadagnati…
    “È un passo in avanti clamoroso. Se chiedevi prima a Matteo quale fosse la sua superficie preferita, ti avrebbe detto terra o cemento, sarebbe stato indeciso tra queste due. Oggi inserisce anche l’erba. Riflettendo oltre Berrettini, in poco tempo è cambiato tutto. Fino alla mia generazione di fatto non avevamo giocatori da erba, sui prati si cercava di adattarsi. Adesso non è più così, non si può dire che il tennista italiano non è buono per giocare su erba, l’italiano può giocare bene, anzi molto bene, su ogni superficie. Sonego è un altro esempio: vince su erba, vince su terra, gioca benissimo e vince partite importanti sul cemento e indoor. Cosa è cambiato? Mentalità, partendo dal modo in cui vengono allenati i ragazzi. Li portiamo prima possibile a fare esperienze su tutti i campi, soprattutto quelli rapidi dove vengono assegnati il 70% dei punti nell’annata tennistica, mentre prima tendevano a restare molto più sulla terra battuta, visto che anche a livello Challenger la stragrande maggioranza dei tornei si giocano sul rosso. Ora li spingiamo a fare esperienze nuove, a provare, a rischiare, e loro sono ben disposti, così si alimenta il tutto e c’è una crescita dell’intero sistema. Quando i ragazzi si fidano, si fanno consigliare nel modo giusto, arrivano anche cose inaspettate, che in realtà sono il frutto di una visione e di una volontà di far crescere tutto il sistema ed il movimento”.

    Berrettini nella premiazione di Wimbledon ha forse detto la cosa più bella, “Questo è inizio della mia carriera”, non un punto d’arrivo nonostante abbia giocato la partita più importante che ci sia.
    “Matteo nel periodo del Covid, con la quarantena in atto, ha lavorato sul sentirsi “uno di loro”, uno dei big. Quando andò alle ATP Finals a fine 2019 si sentiva come uno che… sì, ce l’aveva fatta, era lì con i migliori, ma li guardava ancora da lontano. Nel 2020 ho parlato spesso con Matteo, e mi diceva che era cambiato qualcosa, che non li guardava più dal basso verso l’alto, ma sentiva di essere al loro livello, di poterli guardare negli occhi con convinzione. Il torneo di Wimbledon e la finale da lui disputata ne è l’esatta dimostrazione. Sul Centre Court con Federer nel 2019 aveva giocato in un certo modo, due anni dopo contro Hurkacz in semifinale ha dato una dimostrazione di forza incredibile, anzi ha pagato pure troppo in quel match, e domenica in finale contro il n.1 del mondo ha fatto partita pari. Rispetto al 2019 è totalmente un altro giocatore, ha fatto un salto di qualità personale enorme”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Gasquet: “Non ci sarà un altro Federer, resterà comunque il migliore, non contano solo i numeri”

    Il successo a Wimbledon di Djokovic, 20esimo Slam in carriera, ha alimentato nuovamente l’infinito dibattito sul GOAT, il migliore di sempre. Pur sottolineando che il nostro sport ha attraversato così tante epoche e cambiamenti che rendono a dir poco arbitrario un giudizio “definitivo”, appassionati, addetti ai lavori e gli stessi giocatori continuano ad esprimere molte […] LEGGI TUTTO

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    Wimbledon: la consacrazione di Berrettini, sconfitto da un “alieno” ma vero top player (di Marco Mazzoni)

    Matteo Berrettini

    Solo Applausi. Per Novak Djokovic, che vincendo il sesto titolo a Wimbledon e 20esimo Slam in carriera, si conferma tennista più forte dell’era moderna. Quasi imbattibile nei grandissimi appuntamenti. Solo applausi anche per Matteo Berrettini, che ha giocato con coraggio, qualità ed intensità dal punto all’ultimo 15 della sua prima finale Slam. Ha perso in quattro set, 6-7 6-4 6-4 6-3 lo score finale a favore del n.1, ma è uscito dal campo a testa altissima, tra applausi scroscianti e soprattutto con la consapevolezza di aver raggiunto un livello di gioco, fisico e mentale da top player.
    “Questo è l’inizio della mia carriera” ha dichiarato a caldo Matteo. Condivido totalmente. Questo straordinario e storico risultato non viene dal caso, non è un exploit irripetibile, frutto di chissà quali congiunzioni astrali favorevoli. Berrettini fin dall’ATP Cup 2021 ha giocato un tennis di altissimo livello. In Australia solo un problema muscolare l’ha stroppato, chissà cosa avrebbe potuto “combinare”. Ha perso due mesi di tornei, quindi ha giocato bene sul rosso e su erba si è inchinato solo al più forte dopo aver vinto al Queen’s. Il terzo posto nella Race 2021 è la conferma di come Berrettini sia un Top10 forte, molto forte, e su ogni superficie.
    L’ha dimostrato anche oggi, solo un Djokovic in formato “N.1” l’ha sconfitto. Era teso all’inizio Matteo, il suo braccio non scorreva veloce e potente, c’era da scuotersi, da reagire. La reazione è arrivata nel modo più importante: era sotto, ha rifiutato di fare da comparsa, da vittima sacrificale. È andato a prendersi il contro break ed ha vinto il tiebreak giocando da Campione vero. Il secondo set l’ha perso all’avvio, un minimo passaggio a vuoto che – da super-campione – Djokovic ha subito capitalizzato. Ma è piaciuto come Matteo non abbia mollato, si è preso un contro break ed è rientrato fisicamente in ritmo partita. Il terzo set… è stato decisivo. Chiuso 28 punti pari, a sottolineare il grande equilibrio. Il “Djoker” l’ha vinto perché è stato bravo a sfruttare la chance di break, ottenuta con una risposta di rovescio da “alieno”, ma anche grazie ad un tocco sciagurato di Berrettini.
    Proprio il “tocco” oggi, in una prestazione SONTUOSA dell’azzurro vista la tensione per la “prima volta”, voglio molto bonariamente rimproverare a Berrettini. Quando giochi contro un extra terreste, in un torneo che ha vinto 5 volte e con la prospettiva di fare addirittura il Grande Slam, non puoi permetterti niente, nessun errore. Devi riuscire a massimizzare ogni momento, ogni situazione, riuscire a capire che se qualcosa non va, è bene passare oltre e provare altro. Berrettini ha provato sotto rete svariate volte di chiudere il punto con un “tocco” di volo o in avanzamento… senza contare che al di là della rete c’è un mostro per velocità, capacità di sprintare e toccare la palla trovando in modo misterioso equilibrio. Proprio nella palla del terzo set che gli è costato alla fine il break, poteva chiudere sotto rete con il suo “martello”. Invece si è fatto “ingolosire” dal toccare la palla, e l’altro come un gatto c’è arrivato e si è preso il punto. Bravo Djokovic, straordinario, contro altri rivali Matteo avrebbe fatto il punto; ma… visto quanto Berrettini è stato lucido, presente, attento, tatticamente ineccepibile per tutta la partita, questi 3-4 errori cruciali poteva e doveva evitarli. Sono stati importanti.
    Ripeto, lungi da me puntare il dito contro Berrettini. Oggi è stato straordinario per intensità, qualità, tutto. Era prevedibile che potesse pagare in qualche modo lo scotto per la grandissima occasione. L’ha pagato davvero poco, perché è stato fantastico a rimontare nel primo set e giocare come un martello per tutto il match.
    Per vincere, avrebbe dovuto servire un po’ meglio, trovare una percentuale di prime più alta (almeno 2 prime su 3 in campo) e convertire più punti. Purtroppo, nella prima finale Slam, si è ritrovato di fronte la miglior risposta della storia moderna del gioco, e questo ha complicato “un tantino” il lavoro dell’azzurro…. Ma quante volte Matteo è stato splendido nel martellare col diritto, nel reggere anche nei contro piede, nel reggere sulla diagonale di rovescio. Un match come questo riesci a vincerlo se trovi contro mosse perfette nei dettagli, in cose piccole che diventano grandissime quando riesci a sommarle. In alcuni scambi importanti, magari Matteo poteva tagliare di più col back proponendo a “Nole” quella palla lunga e senza peso al centro che talvolta lui rigioca male col diritto. Qualche volta Berrettini è riuscito a fargliela giocare, ma spesso è stato stratorsferico Novak nel girarsi velocissimo, passo avanti e via in anticipo. Quante volte Novak ha risposto a pallate incredibili, costringendo Berrettini a prendersi l’ennesimo rischio in spinta. Quante volte Djokovic ha servito in modo chirurgico nei momenti chiave, palla esterna perfetta e via avanti a chiudere. L’apporto di Ivanisevic nel consolidare le qualità del serbo al servizio è sottostimato, ormai Novak vince moltissime partite con un ritmo nei game di battuta – soprattutto quando è in vantaggio – pazzesco.
    Ci sarebbero tanti altri aspetti che si potrebbero analizzare e che spiegano il risultato, come la necessità di Berrettini di migliorare in risposta, soprattutto quella bloccata in allungo. Ma in una giornata così speciale, nonostante la sconfitta, preferisco esaltare la qualità e forza di Novak, campione non così amato ma immenso, il migliore con buona pace degli altri. Se Djokovic oggi per vincere il suo sesto Wimbledon ha dovuto giocare al suo meglio, ha dovuto lottare e correre, rischiare e alzare l’asticella, è stato grazie al nostro bravissimo Matteo Berrettini. Arrivare a giocarsi una finale ai Championships era un sogno. Giocarsela così bene, con grinta, coraggio e qualità, è stata la consacrazione. Berrettini un tennista fortissimo, uno che nei prossimi grandi tornei scenderà in campo per vincere. Grazie Matteo per questa cavalcata, per le emozioni che abbiamo vissuto. Sognare di tornare a vincere uno Slam al maschile non è più una Chimera, ma un obiettivo.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO