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    Iga Swiatek: “Le Olimpiadi sono diverse da ogni altro torneo”

    Iga Świątek a Tokyo

    La polacca Iga Swiatek ha debuttato con un successo ai Giochi Olimpici, grazie alla vittoria su Mona Barthel. Ha rilasciato alcune parole dopo la partita, in cui racconta l’emozione per questa nuova, bella esperienza.
    “È stata una sensazione incredibile. Non mi aspettavo affatto di poter debuttare in questo modo. Hanno cambiato gli orari e mi hanno messo sul campo centrale al posto di Osaka. È stato molto speciale poter giocare su questo campo. So adesso cosa significa vivere i Giochi Olimpici”.
    I racconti del padre sulle Olimpiadi sono stati parte della sua crescita sportiva: “Quel che so delle Olimpiadi è grazie a mio padre che mi ha raccontato molte storie sulle Olimpiadi. Non riuscivo ad immaginare come sarebbe stato viverle in prima persona ma sapevo che sarebbe stato un evento speciale. È molto diverso da qualsiasi altro torneo del nostro circuito WTA, ma sto cercando di abituarmi al contesto molto diverso e di concentrarmi soprattutto sul gioco. Spero di poter fare un buon lavoro e arrivare il più lontano possibile nel torneo. Ottenere una medaglia per il mio paese è uno dei miei obiettivi”.
    Anche Iga conferma che le condizioni di Tokyo sono difficilissime per il mix estremo di calore ed umidità: “Fa un caldo terribile ed è anche molto umido. Non sono abituata a giocare in queste condizioni, è difficile per tutti i tennisti. Il mio clima perfetto? Quello che c’è costantemente in Gran Bretagna o forse il clima che ho avuto quando sono riuscita a vincere il Roland Garros nel 2020, assai più fresco. È difficile abituarsi a queste condizioni, ma almeno ho vinto la prima partita quindi è un inizio positivo. Siamo venuti a Takasaki prima di andare al Villaggio Olimpico in modo da poterci adattare alle condizioni, al jetlag, all’umidità. Anche così, quando arriva lo stress ad incidere sugli altri fattori, il gioco è completamente diverso. Credo che sarà un torneo durissimo. Sono felice per la vittoria e per la possibilità di vivere questa esperienza che mi sta arricchendo moltissimo”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Ivan Ljubicic lancia la sua tennis academy in Croazia

    Ivan Ljubicic, ex n.3 del ranking ATP

    Arrivano altre interessanti novità da Ivan Ljubicic. Il croato dopo aver avviato l’attività di management sportivo (Matteo Berrettini tra i suoi atleti di punta) lancia ora anche la sua nuova Academy, un luogo dove far crescere giovani talenti ed ospitare tennisti già formati per migliorare le proprie performance.
    È lo stesso “Ljubo” a darne notizia attraverso un post su Instagram. “Vivo e respiro il tennis da più di 30 anni. Aveva perfettamente senso come mio prossimo passo sviluppare un’accademia di tennis. Voglio restituire e condividere la mia preziosa esperienza, aiutare i giocatori giovani e professionisti a essere il meglio che possono essere, come persone e giocatori. Quando si è presentata l’opportunità di avviare un’accademia d’élite sull’isola di Lošinj in collaborazione con @losinjhotels, sapevo che sarebbe stata perfetta per quello che avevo immaginato. Dopo tutti questi anni nello sport, so che per il successo dei progetti di sviluppo dei giocatori è fondamentale una squadra forte e abbiamo selezionato personalmente i migliori. Abbiamo fissato gli obiettivi più alti e @ljubicic_tennis_academy è dove il nostro duro lavoro prende vita”.
    L’Accademia si trova nell’isola di Lošinj (o Lussino), in Croazia nell’alto Adriatico, luogo splendido nel verde popolato da circa ottomila abitanti e ben collegato con le altre isole dell’arcipelago attraverso una serie di ponti e da collegamenti diretti via mare con Venezia, Pula e Zara.
    Molti i commenti all’iniziativa, anche da parte dei nostri azzurri, che scherzano con Ljubicic. Andy Seppi scrive “Come ci si arriva, a nuoto?”, risponde Ivan “Per te aereo privato”. Matteo Berrettini invece chiede “Mi inviterai?” e Ivan “Te lo dovrai meritare”.
    Conoscendo il talento, la “testa” e la meticolosità di Ljubicic, tutto lascia pensare che la Ljubicic Tennis Academy sarà ben presto un centro tennistico per l’allenamento di alto livello tra i migliori.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Niente “bolla” al prossimo US Open, regole più severe in Canada

    Al prossimo US Open (30 agosto – 12 settembre) i tennisti potranno tornare a muoversi senza le dure restrizioni della “bolla” sanitaria anti-covid. Lo riporta il quotidiano iberico Marca, che ha anticipato quelli che dovrebbero essere i protocolli di sicurezza dello Slam statunitense.
    L’organizzazione proporrà ai giocatori e membri del team due hotel ufficiali, l’Intercontinental Barclay e il Lexington Autograph, entrambi situati a Manhattan. I giocatori saranno liberi di soggiornare in altri hotel o case private, ma la transportation ufficiale del torneo sarà gratuita ed operativa soltanto da e per i due hotel ufficiali. Chi volesse soggiornare altrove, avrà libertà di farlo ma tutto sarà a proprie spese.
    Il torneo informa che tutti i partecipanti hanno avuto la possibilità di essere vaccinati nei rispettivi paesi o anche in alcuni tornei  (Charleston) e non avrà un hub dedicato alla vaccinazione, o almeno non è stato comunicato. Sia l’Intercontinental Barclay che il Lexington Autograph avranno un’area designata per i pasti, la palestra, la fisioterapia e una lounge per il relax.
    La direzione sconsiglia di condividere una stanza con qualcuno che non è vaccinato: qualora risultasse positivo, sarà costretto a rimanere in quarantena a stretto controllo medico e, ovviamente, sarà estromesso dagli US Open.
    Non ci sarà alcuna PCR obbligatoria per i tennisti vaccinati e i loro accompagnatori. Se non sono vaccinati, allora sarà obbligatorio un test Covid-19 all’arrivo e, successivamente, entro un periodo di tre o quattro giorni. I controlli verranno effettuati esclusivamente presso l’Intercontinental Barclay.
    Queste dovrebbero essere le regole per NY. Situazione differente invece in Canada, dove andranno in scena i due classici Masters 1000 e Premier WTA.  A differenza degli Stati Uniti, i due eventi canadesi hanno deciso di mantenere un regime più stringente, con i giocatori costretti a rimanere nella “bolla” sanitaria, che consentirà loro solo di spostarsi dall’hotel ai campi da gioco – allenamento e viceversa. Solo le persone direttamente coinvolte ai tornei rimarranno presso la residenza ufficiale.
    Allo stesso modo, all’inizio del tour americano sarà necessario passare una PCR all’ingresso nel Paese, anche se si è vaccinati. L’organizzazione metterà a disposizione un jet privato per coloro che arriveranno in semifinale, in modo da potersi trasferire velocemente a Cincinnati, sede del torneo seguente prima di US Open.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Ion Tiriac fa causa all’ATP, non rispettati gli accordi sul 1000 di Madrid

    Ion Tiriac, vulcanico patron del Masters 1000 di Madrid, ha deciso di fare causa all’ATP. Secondo il potente uomo d’affari rumeno, l’ATP ha violato diverse clausole del contratto sottoscritto per il suo Masters 1000 di Madrid, nello specifico quelle relative al montepremi e alla partecipazione obbligatoria dei big. L’azione legale è stata promossa dalla Super […] LEGGI TUTTO

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    Zverev: “Posso vincere una medaglia per la Germania e provare sconfiggere Djokovic”

    Alexander Zverev sbarca a Tokyo con chiare ambizioni di ben figurare nel torneo olimpico. Sasha ai microfoni di SportSchau ha parlato senza mezzi termini di medaglia e anche della possibilità di sconfiggere il “tiranno” Novak Djokovic. “Sono arrivato Tokyo per poter competere per una medaglia per la Germania. Ciò non significa affatto che vincerò, ma è […] LEGGI TUTTO

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    Todd Woodbridge: “Coaching in campo? Sarebbe un errore”. Kyrgios: “Idea pessima”

    Todd Woodbridge

    Come prevedibile non è passato inosservato il tweet di Stefanos Tsitsipas che chiedeva senza mezzi termini l’introduzione del coaching in campo nel tennis maschile, “Su ogni punto” addirittura. Dopo moltissime reazioni (perlopiù contrarie) di centinaia di fans, ecco che arrivano anche quelle di colleghi e ex professionisti.
    Secca la risposta di Nick Kyrgios, che su Instagram ha scritto: “Di solito non me ne frega niente delle sue idee, ma questa è davvero pessima. Il bello del tennis è starsene lì fuori da soli. Alcune persone scelgono di non avere un allenatore, altri non possono permettersi un coach. Sul campo da tennis c’è parità di condizioni, uno contro l’altro da soli“.
    Più articolato ma interessante il parere di Todd Woodbridge, ex tennista australiano oggi commentatore per diversi media del suo paese. Todd ha rilasciato una lunga intervista a Wide World of Sport, in cui si dice contrario alla proposta di Tsitsipas, argomentando il suo pensiero. Ecco alcuni estratti.
    “Non sono affatto d’accordo con Tsitsipas. Posso capire da dove viene, ma l’individualità di questo sport è ciò che lo distingue.L’unicità di dover trovare da soli la propria via d’uscita da un problema è una delle chiavi del tennis. Sei là fuori da solo e dipende da quanto sei bravo a cambiare le sorti di un match per arrivare al risultato”.
    “Ovviamente dice questo perché sente di averne bisogno, il che per me è un po’ una sorpresa. Penso che Stefanos abbia un tennis completo, che sia in grado di riconoscere i punti di forza e di debolezza del suo avversario e abbia i mezzi per superarlo. Penso che trarrebbe beneficio dall’avere più fiducia nelle proprie capacità, piuttosto che avere qualcuno che glielo confermi”.
    Woodbridge cita anche la situazione in essere sul tour rosa per confermare la sua idea: “La WTA ha sperimentato il coaching e molto raramente l’ho visto a beneficio della giocatrice. È usato come un parafulmini il più delle volte… Forse alla fine di ogni set si potrebbe concedere un 30 secondi per un rapido colloquio, potrebbero esserci modi per vederlo, ma credo che non aggiungerebbe nulla al gioco, non porterebbe spettatori in più e nemmeno sarebbe uno spettacolo, finirebbe per far somigliare il tennis agli altri sport, non credo sarebbe positivo in definitiva”.
    Ecco secondo l’australiano il nocciolo della questione, un campione è in grado di restare lucido, analizzare il gioco, l’avversario e mettere in campo le contro mosse quando le cose vanno male. “Un campione o un tennista tattico ha la capacità di leggere cosa sta succedendo nella partita. Se dovessimo permettere il coaching tutto il tempo, il gioco svanirebbe nella sua essenza. Inoltre ai massimi livelli finirebbe solo per accrescere la disuguaglianza. Sono sicuro che se ci avesse pensato bene, Stefanos se ne sarebbe reso conto. I giocatori condividono gli allenatori in tournée. Se giocano allo stesso tempo, o giocano tra loro, l’allenatore non può essere in due posti contemporaneamente. Non funzionerebbe. Se sei un emergente, non puoi necessariamente permettertelo. I migliori giocatori hanno una grande squadra intorno a loro, quindi ne trarrebbero beneficio. In questo momento stiamo cercando di aiutare i giocatori classificati fuori dai primi 75 per poter competere allo stesso livello. Semplicemente non possono permettersi di avere un “pullman” che viaggia con loro ogni settimana…”
    Il suo giudizio viene anche dalla propria esperienza come Pro, di grande successo in doppio o in Davis, meno come singolarista. “Ero un giocatore che avrebbe sicuramente tratto beneficio dall’avere un allenatore seduto con me. Amavo comunicare in campo. Uno dei motivi per cui riuscivo così tanto nel doppio era perché avevo un’altra persona con me. Ma allo stesso tempo sapevo che il mio lavoro nel singolare era quello di risolvere i problemi da solo. Mi piaceva parlare di tennis durante i cambi con John Newcombe in Coppa Davis. Abbiamo parlato di cosa stava succedendo e di come avrei cercato di costruire qualcosa, per creare un’apertura nella forza del mio rivale. È bello, ma non credo che ogni partita dovrebbe essere così, è una delle cose che separa la Coppa Davis e ora la ATP Cup, dal resto della stagione. Avere un allenatore a bordo campo in un Grande Slam non rende lo sport migliore”.
    Il dibattito continuerà, con pareri molto diversi, e forse non si arriverà mai ad una svolta. Su di una cosa non possiamo che concordare: se il tennis è uno sport così affascinante, è anche per la sua unicità e differenza rispetto alle altre discipline. Siamo proprio sicuri che uniformarlo agli altri sport sia una svolta positiva?
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Tsitsipas: “È ora che il coaching sia ammesso nel tennis, in ogni punto”

    Stefanos Tsitsipas è solito esprimere senza paura le proprie opinioni, spesso fuori dal coro, talvolta anche scomode. Stavolta, attraverso il social Twitter, ha parlato senza mezzi termini della questione coaching, ossia sulla regola che attualmente (anzi, da sempre) vieta nel tennis maschile di poter interagire con il proprio coach o angolo. Sappiamo come nel tennis […] LEGGI TUTTO

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    Jabeur mette all’asta la racchetta di Wimbledon, 10500 euro raccolti contro il Covid in Tunisia

    Dopo tante “brutte” notizie di questi giorni, finalmente possiamo raccontare una bella storia di solidarietà grazie alla tunisina Ons Jabuer. La 26enne di Ksar Hellal ha infranto barriere storiche, diventando la prima giocatrice di origine araba a raggiungere i quarti a Wimbledon quest’anno, dopo esser stata la prima quarto finalista in assoluto in uno Slam […] LEGGI TUTTO