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    Ciao, e grazie, grande Paolo Lorenzi (di Marco Mazzoni)

    Paolo Lorenzi, classe 1981

    “È stato il viaggio più bello della mia vita. Ogni volta in campo era un sogno diventato realtà”.
    Parole e musica di Paolo Lorenzi, che con la sconfitta nelle “quali” di US Open chiude la sua carriera da professionista.  A quasi 40 anni il senese (nato a Roma) esce di scena con la stessa classe, leggerezza e quel sorriso che ha accompagnato le più grandi vittorie e, ancor più importante, anche le peggiori sconfitte. Sì, perché saper perdere, saper imparare dai momenti difficili analizzando ogni partita con lucidità e umiltà, ed aver la forza di ricominciare con ancor più determinazione e convinzione di potercela fare è merce rara. È esattamente l’abisso che separa la grande persona e sportivo dai mediocri, da chi si lagna di non avercela fatta accampando scuse, non prendendosi responsabilità. Lorenzi è stato un Gigante in tutta la sua lunga carriera proprio per il modo in cui ha saputo viverla, superando montagne invalicabili e andando oltre i propri limiti. Ce l’ha fatta perché ha vissuto tutto questo sentendosi come uno che vive un sogno, uno che ha lottato con tutto se stesso per cavalcare quell’onda che lo attirava più di ogni altra cosa, ripagando la possibilità di vivere il proprio sogno con sudore e fatica. In una semplice parola: Lorenzi è stato un Esempio, per tutti.
    Paolo prima che un ottimo tennista è un grande uomo, l’ha dimostrato in campo e fuori mille volte. È un ragazzo umile, sincero, rispettatissimo da tutto l’ambiente del Tour e sempre benvoluto. Ho avuto il piacere di conoscerlo, bastano poche parole e qualche sguardo per aver la conferma di che razza di persona sia. Colto, arguto, è uno che pensa prima di parlare, pensa veloce e non ti dice mai cose banali. Non uno è che biascica “gioco dove vuole Mister”, no. Lorenzi ha sempre un pensiero interessante, che sia sul tennis o altro. Ogni sua partita è stata una piccola enciclopedia di acume tattico per massimizzare i propri mezzi e mettere in difficoltà l’avversario. In questo sta molta della sua grandezza, umana e sportiva, perché il buon Paolo è stato tutt’altro che baciato dal “talento” tecnico. Ma nonostante tutto possiamo affermare serenamente che ce l’ha fatta. Ha scalato montagne invalicabili, ha sputato sangue nei circuiti minori, diventando enorme in quello Challenger dove ha vinto 21 titoli. Ma è riuscito a dire la sua anche nel Tour maggiore, dove si è tolto l’enorme soddisfazione di vincere a Kitzbuhel e toccare un best ranking di n.33. Impensabile quando fece i primi passi sul tour.
    Non ricordo quando lo vidi giocare per la prima volta, ma avrà avuto già almeno 24 anni, in qualche Challenger in Italia. La prima impressione che ebbi fu a dir poco negativa sul piano tecnico. Col diritto la palla non gli andava proprio, l’apertura del gesto era spropositata, lo forzava a centrare la palla sempre in ritardo e mai con decisione lontanissimo dalla riga di fondo, con traiettorie lente e prevedibili. Per non parlare del servizio, una sorta di catapulta al contrario che lo costringeva a “mettere l’elmetto” per ripararsi dalla bordata in risposta del rivale. Ma lui con l’elmetto c’era nato, perché è sempre stato prontissimo alla pugna, a rimettere ogni palla oltre la rete ed in campo a costo di immolarsi. Questo mi aveva intrigato di lui, l’attitudine e la voglia di sprintare in ogni difesa, come di buttarsi avanti dopo aver sfiancato l’avversario. Era lucidissimo nel capire il momento per l’attacco e la posizione sulla rete era discreta, perché fisicamente pareva “una bestia”, resistente e fortissimo. Il rovescio spiccava, colpito bello pulito, sicuro nel cross e assai pericoloso quando si avventurava in un lungo linea improvviso. In quel lontano 2005 il tennis italiano viveva un bel momento di “stallo”, con i soli Volandri e Starace a tirare la carretta oltre la top 30. Che quel Lorenzi, posizionato oltre il n.250, con tutte quelle lacune tecniche, potesse diventare un “fattore” per il tennis azzurro sembrava ardito. Davvero nessuno si curava di lui.
    Non è importante oggi ripercorrere i tanti passi della sua lunga vita sul tour. È fondamentale invece sottolineare come passo dopo passo Lorenzi sia cresciuto in modo esponenziale, riuscendo a migliorare in modo clamoroso ogni aspetto del suo tennis. Mattone dopo mattone, da un piccolo fortino ha costruito un’Alhambra stupefacente, arrivando a meritarsi il diritto di giocare i grandi tornei, gli Slam, e pure di giocare parecchie partite alle pari contro i migliori. Una su tutte. Lo ricordo nitidamente a Roma contro Nadal sul Centrale. Rafa era “quello vero”, il tiranno del rosso. Paolo l’ha sfidato senza alcuna paura, reggendo in modo misterioso contro il suo diritto, riuscendo a neutralizzare per buona parte del match lo spin allora vigorosissimo del “Rey” e attaccandolo appena possibile. Lorenzi giocò una delle partite più “garibaldine” ed efficienti che io abbia mai visto nella mia vita, tanto che lo sguardo torvo di Rafa in diversi punti persi, e l’aver portato cotanto rivale a dover giocare al 100% per superarlo, vale quanto una grandissima vittoria. Lorenzi quel giorno Monumentale. Ma lo è stato in tantissime occasioni, anche su campi non coperti dalla tv o in Challenger in giro per il mondo.
    Lorenzi è stato come i migliori vini (da senese, poi…), è migliorato invecchiando. Ha preso sempre più fiducia dei propri mezzi, ha lavorato in modo incredibile per affinare corpo e testa, ha limato sino alla fine aspetti tecnici che parevano impossibili da stravolgere. Ha passato oltre 7 anni di fila nei top 100 ed ha raggiunto il best ranking il 15 luglio 2017 (raggiungendo poco dopo gli Ottavi a US Open, miglior piazzamento in uno Slam), a 35 anni “suonati”, se non è classe e testa questa non so cosa lo sia… È stato un esempio per l’intensità che è riuscito ad esprimere in campo, lottando contro avversari troppo più attrezzati sul piano tecnico o fisico, ma senza mai darsi per vinto, entrando sempre in partita con l’idea giusta per provare a vincere. Ha battuto tutto il mondo in lungo e in largo andando a giocare una quantità di tornei enorme, infaticabile, per racimolare punti preziosissimi ad entrare negli Slam e nei grandi tornei.
    Paolo Lorenzi è patrimonio del nostro tennis e del nostro sport. È un ragazzo che coltiva molti interessi, d’ora in avanti potrebbe fare mille cose e ha tutto quel che serve per farle benissimo. Ma mi auguro fortemente che resti nel mondo del tennis, che metta a servizio dei giovani la sua enorme esperienza e capacità di analisi, di lavoro, tattica e mentale. È una vera Treccani 2.0 di come si sopravvive nei mari agitatissimi del tennis Pro, trovando anche nelle peggiori tempeste la rotta migliore per scappare verso il sole. Il tennis azzurro sta vivendo un momento magico, ma proprio nei momenti magici si deve costruire il futuro. Non possiamo assolutamente permetterci di perdere un “ammiraglio” così capace, intelligente e lucido.
    Grazie di tutto Paolo, per la montagne di ore che ho passato ammirandoti in campo, sorprendendomi ogni volta.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    John McEnroe è sicuro: “Djokovic vincerà US Open”

    John McEnroe è sempre molto lucido e schietto nelle sue analisi. Con US Open alle porte, il talento newyorkese ha parlato ai microfoni di ESPN, esprimendo la ferma convinzione che il quarto Slam del 2021 sarà vinto da Novak Djokovic. Ecco un estratto delle parole di “Mac”. “Sono sicuro che Novak vincerà il torneo. Prima […] LEGGI TUTTO

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    On Running, “la scarpa” di Federer, sarà quotata a Wall Street. La società vale 6 miliardi di dollari

    Roger Federer per i noti problemi al ginocchio ha dovuto rinunciare alle Olimpiadi di Tokyo, ma in realtà, anche se in modo diverso, era “presente” con il team rossocrociato. La delegazione svizzera infatti ha sfilato nella cerimonia inaugurale con una linea di abbigliamento e scarpe della On Running, società fondata nel 2010 dall’ex atleta professionista Olivier […] LEGGI TUTTO

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    Gilbert Versier (medico del Tour de France): “Operazione al piede per Nadal? Sarebbe la fine della carriera”

    L’operazione al piede non è una opzione per risolvere i problemi di Rafa Nadal, anzi, in caso di intervento la sua carriera di fatto terminerebbe. Ad affermarlo Gilbert Versier, medico del Tour de France e chirurgo specializzato in ortopedia all’ospedale militare di Vincennes, in un’intervista al quotidiano francese L’Equipe. Il parere tranchant del luminare transalpino viene dalla sua […] LEGGI TUTTO

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    Viktor Galovic si racconta, da tennista a direttore del Challenger di Verona. “Sogno un ATP 250”

    Viktor Galovic a Verona

    Viktor Galovic è un nome assai noto agli appassionati italici della racchetta. Il croato da anni ha fatto base in Italia, navigando sul tour Pro con discreti risultati e vincendo a Recanati l’edizione 2017 del Challenger svolto nella città marchigiana. Il suo miglior risultato è del 2018, quarti a Gstaad, dove sconfisse tra gli altri Haase, allora n.38 del ranking. Risultati ottenuti in mezzo a tanti, troppi, problemi fisici.
    Lo scorso luglio Galovic è stato costretto al ritiro per il persistere di problemi alla schiena ed all’anca, ma dopo aver appeso la racchetta al chiodo si è subito immerso in una nuova avventura, diventando il direttore del nuovissimo Challenger presso l’Associazione Tennis Verona disputato la scorsa settimana. Viktor ha organizzato con successo questa prima edizione del torneo, facendo tornare il grande tennis nella città scaligera dopo oltre 30 anni (si disputò un Challenger dall’88 al 90), ed ora non ha intenzione di fermarsi. Con la “Vk Events” ha idea di organizzare altri eventi simili in Italia già dall’anno prossimo.
    Non è il solo ad aver fatto di recente questo passo. Arnaud Clement lavora al Challenger di Aix-en-Provence, Andres Gomez nella sua Guayaquil come Luis Horna a Lima, mentre Nicolas Escude dirige il torneo di Brest.
    Galovic ha rilasciato una interessante intervista al sito dell’ATP, in cui parla della sua nuova avventura, iniziando da come è passato, in poco tempo, da giocatore e direttore di torneo.
    “Negli ultimi anni stavo giocando un buon tennis sul tour, mi stavo divertendo, ma sono rimasto bloccato da un infortunio alla schiena e ho avuto ben quattro ernie, fino a dovermi operare all’anca. Ora ho quasi 31 anni, non voglio dover subire un altro intervento chirurgico, quindi ho deciso che era l’ora di fermarsi. Ho giocato il mio ultimo torneo a Todi lo scorso luglio. D’ora in avanti resterò nel mondo del tennis, ma in modo diverso, penso che finirò per divertirmi di più adesso rispetto a quando dovevo  allenarmi e sudare tutto il giorno! Il torneo a Verona? In realtà è iniziato quasi per scherzo. Pensavo che fosse pazzesco che un club come questo di Verona (dove Galovic risiede da tempo, ndr) non abbia un Challenger. Per gioco ci siamo detti con un amico ‘Dai, contattiamo l’ATP e facciamolo’. È così che tutto è iniziato. L’idea mi frullava in testa all’inizio dell’anno, abbiamo iniziato a fine aprile, quindi non abbiamo avuto molto tempo per organizzare il tutto. Alla fine credo che siamo riusciti a fare uno dei migliori Challenger in Europa, siamo molto soddisfatti”.
    L’impegno è stato importante, perché il tutto è nato letteralmente da zero. “Sono stato direttore del torneo, ma anche l’organizzatore. Con i miei tre colleghi abbiamo organizzato tutto dall’inizio, in pratica abbiamo fatto tutto questo dal niente. Abbiamo fatto un lavoro straordinario in pochi mesi. I campi sono completamente nuovi e abbiamo un ottimo hotel e ottimo cibo per i ragazzi. Avere una squadra che sa di cosa hanno bisogno i giocatori è importante per il risultato finale. Abbiamo coinvolto Elena Marchesini (co-fondatrice di MEF Tennis Events) per il player desk. Nei primi giorni abbiamo dovuto pensare a mille piccole cose, come spiegare ai ragazzi il corretto modo di pulire i campi, formare i raccattapalle e alcuni membri dello staff, ma non appena hanno saputo cosa fare, è andato tutto liscio, sono stati tutti bravissimi”.
    Galovic sottolinea come l’esser stato giocatore l’abbia aiutato moltissimo nel nuovo ruolo. “Essere un ex giocatore aiuta molto. Conosco tutto ciò di cui i giocatori hanno bisogno. Ero io a lamentarmi a volte in alcuni Challenger… quindi abbiamo fatto di tutto per i giocatori che sono arrivati a Verona. Ad esempio, avremmo potuto prendere un hotel meno costoso, ma volevamo optare per il Crowne Plaza per rendere il soggiorno più confortevole. Con il personale del ristorante abbiamo spinto affinché il cibo fosse ottimo. Abbiamo messo delle luci sul campo centrale per migliorare l’atmosfera per il pubblico. Non ci aspettavamo di avere così tanta gente, già al martedì eravamo al completo. Le persone presenti dovevano essere vaccinate o avere dietro un test covid negativo, tutto si è svolto in grande sicurezza. La settimana ci ha aiutato, molta gente era in vacanza a Verona, quindi sono stati liberi dal lavoro e hanno scelto di venire al torneo. Inoltre erano passati 31 anni dall’ultima volta che Verona aveva ospitato un Challenger, c’era curiosità, ha funzionato anche la scelta di non richiedere un biglietto per l’ingresso”.
    Proprio per attirare il pubblico, Viktor si è ispirato al 250 di Umag, un torneo che ogni sera diventa una sorta di “party”. “L’obiettivo principale era farlo sembrare simile al torneo ATP 250 di Umag. Abbiamo deciso che sarebbe stato un evento oltre al tennis, con ottimo cibo, musica e tennis. È un torneo di tennis, ma anche un grande evento per la città e la gente. Il campo centrale ha luci lampeggianti per creare l’ambiente da show, e dopo le partite abbiamo avuto feste nel club. Anche prima delle partite notturne abbiamo organizzato un’ora di aperitivo. Era interessante anche per coloro che sono venuti al torneo con la moglie e magari lei non era così interessata al tennis, ma in un contesto del genere ci si può divertire e restare per i concerti dopo che le partite sono finite”.
    Il croato parla della sua nuova società e dei programmi, ambiziosi, per il 2022: “La nuova società di gestione, VK Events, per ora è focalizzata solo tennis, l’anno prossimo abbiamo in programma di organizzare tre Challenger. La cosa principale per noi è creare un evento, un’esperienza di intrattenimento, un torneo ideale non solo per chi vuol andare a vedere delle partite. L’anno prossimo proveremo ad andare al Lido di Venezia, e l’altro che stiamo cercando di fare è a Murano. Vogliamo anche fare qualcosa che nessuno ha fatto a Verona, ovvero portare qui un ATP 250. Nell’arena? Sarebbe un sogno”.
    Galovic è molto coinvolto in questa nuova carriera, tanto che guarda avanti con fiducia, non rimpiangendo più di tanto gli anni da giocatore. “I miei ricordi sul tour? Non ho così tanti ricordi che mi vengono in mente dalle partite vinte. L’aspetto più bello della mia carriera Pro è che mi ha insegnato a gestire la pressione e a coinvolgere le persone per organizzare qualcosa. Mi ha insegnato molto perché il tennis è stressante. Viaggiare in aereo due volte a settimana è già uno stress e poi c’è lo stress in campo. Il tennis è una disciplina in cui risolvere i problemi è tutto, per questo mi ha aiutato molto a risolvere i problemi nell’organizzazione di un Challenger”.
    Un progetto chiaro, ambizioso, partito assai bene visto l’enorme successo del Challenger di Verona da poco concluso. Holger Rune, il giovanissimo vincitore, continua a fare passi da gigante verso il grande tennis. Galovic ha esordito con altrettanta qualità da dietro la scrivania. Viste le nuove date ATP nate in Italia tra 2020 e 2021, chissà che il suo sogno non possa diventare realtà molto presto…
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    US Open aumenta i prize money, più 22%. Ai vincitori 2,5 mln $, al primo turno 75mila

    Dopo il durissimo anno 2020, segnato dalla pandemia, US Open torna alla normalità, anzi, si supera. Gli organizzatori hanno annunciato i Prize money per il torneo che scatterà lunedì prossimo con i tabelloni principali, con un montepremi record per lo Slam della “grande mela”. US Open infatti distribuirà ben 57,5 ​​milioni di dollari, segnando un aumento del […] LEGGI TUTTO

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    Zverev: “Sto giocando bene, ma Djokovic è il favorito a New York”

    Sasha Zverev sta attraversando il miglior momento nella propria carriera. Quest’estate ha vinto l’Oro Olimpico a Tokyo, successo meritato grazie ad un ottimo livello di gioco e la splendida vittoria sul “tiranno” Djokovic in semifinale. Ieri il tedesco ha aggiunto anche il titolo al Masters 1000 di Cincinnati, letteralmente demolito Rublev in finale. Nel dopo […] LEGGI TUTTO

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    Archeo-Tennis: 22 agosto 2004, Massu vince l’oro Olimpico in singolare dopo averlo vinto in doppio

    Nicolas Massu alle Olimpiadi di Atene 2004

    22 agosto 2004, Atene. Sono in corso i Giochi della XXVIII Olimpiade, proprio in Grecia dove tutto è nato. Partecipano 201 nazioni per un totale di 10.625 atleti in gara in 28 sport diversi, 301 le competizioni. L’Italia chiuderà all’ottavo posto, con 10 ori, 11 argenti e 11 bronzi (32 medaglie). Stefano Baldini (Maratona), Andrea Benelli (Skeet), Paolo Bettini (Ciclismo su strada), Ivano Brugnetti (Marcia), Igor Cassina (Ginnastica), Marco Galiazzo (Tiro con l’arco), Aldo Montano (Scherma), Valentina Vezzali (Scherma), il Fioretto a squadre maschile ed il setterosa di pallanuoto gli Ori azzurri.
    Moltissimi i personaggi indimenticabili. Yelena Isinbayeva vince la gara del salto con l’asta, stabilendo anche il record del mondo (4,91), sarà l’unico segnato nell’atletica in tutta la kermesse. Il diciannovenne Michael Phelps esalta il mondo con ben 6 medaglie d’oro nel nuoto, ad un passo dal record assoluto di Mark Spitz. Indimenticabile il torneo di basket, con l’Argentina che supera gli USA e vince l’Oro in finale contro uno spettacolare team italiano, un argento pazzesco per i nostri.
    Anche se il nostro amato tennis non è tra gli sport più seguiti ai Giochi, l’edizione di Atene passa alla storia grazie all’impresa di Nicolas Massu e del suo Cile. Il 21 agosto Massu insieme al connazionale Fernando Gonzalez compie la prima storica impresa: i due giocano cinque set nella finale di doppio, salvando quattro match point consecutivi prima di trionfare contro i tedeschi Nicolas Kiefer e Rainer Schuettler (6-2, 4-6, 3-6, 7-6, 6-4). È il primo Oro olimpico in assoluto per il Cile ai Giochi Olimpici. Ma non finisce qua. Massu è in forma straordinaria, gioca il miglior tennis della propria carriera e si qualifica anche per la finale in singolare, in programma il 22 agosto.
    È una grande sorpresa, anche se Nicolas sta giocando dal 2003 il miglior tennis della propria carriera. In estate si è issato al n.11 del ranking mondiale, e poche settimane prima aveva vinto il torneo di Kitzbuhel (più importante del suo palmares) sconfiggendo in finale il campione di Roland Garros Gaston Gaudio. Ad aspettarlo in finale per l’Oro olimpico di singolare, lo statunitense Mardy Fish, anch’esso alla finale più importante in carriera. Due finalisti a sorpresa, per un torneo ricco di sorprese.
    I due favoriti del seeding, Federer e Roddick, vengono sconfitti nei primi turni, il torneo diventa apertissimo. Fish, in tabellone senza essere testa di serie, supera la testa di serie n. 5 Juan Carlos Ferrero nel secondo turno e gli si apre il tabellone. In semifinale supera Fernando Gonzalez (n.16), che aveva estromesso Roddick al terzo turno.
    Massu era entrato nel torneo come decima testa di serie, ma in stagione il suo rendimento sul cemento era stato orribile: otto match giocati e otto sconfitte. Nessuno si curava di lui ad Ateea, considerato un forte specialista del “rosso” e niente più. Invece Nicolas trova una forma clamorosa. All’esordio supera Gustavo Kuerten dopo una maratona durissima, quindi sorprende nei quarti di finale la serie n. 3, Carlos Moya. Facile il successo in semifinale, due set sul “bombardiere” Taylor Dent.
    Ricorda Massu su olympic.org: “Ho giocato la finale del doppio il giorno prima della finale di singolare. Poi ho dovuto fare il test antidoping a tarda notte. Quindi, ho fatto le analisi del sangue al mattino, ho dormito solo cinque ore prima della finale di singolare. Mardy Fish, il mio avversario, aspettava questa finale da due giorni. Avrei avuto un’ottima scusa in caso di sconfitta in finale, ero indubbiamente stanco e con al collo la prima medaglia d’oro nella storia per il mio paese, vinta in doppio con Fernando. Ma non mi bastava, avevo lottato tanto per arrivare fin lì, non volevo accontentarmi del secondo posto, volevo vincere”.
    La finale contro Fish è un’altra dura battaglia, lunga 5 set. Fish scende in campo molto teso, sente l’importanza dell’evento. Massu è più sciolto, vince il primo set 6-3. L’americano finalmente entra in partita col servizio, e tutto il suo tennis inizia a diventare pericoloso e preciso. Massu sembra via via sempre più stanco, Mardy si aggiudica secondo e terzo set (6-3 6-2). “Quando ho perso quel terzo set pensavo che avrei perso la partita perché non riuscivo quasi a muovermi” racconta Massu, “Ma incredibilmente ho ritrovato energia, come una seconda vita”. Massu ha ripreso nel quarto set a lottare su ogni punto, Fish è crollato nella lotta da fondo campo ed ha iniziato a sbagliare. Il match si decide al quinto set. La tensione divora entrambi i giocatori, break e contro break all’inizio del quinto, ma Massu riesce a tenere la palla in campo mentre Fish commette troppi errori gratuiti, soprattutto col diritto.
    A meno di 24 ore dall’Oro in doppio, Nicolas Massu chiude il quinto set per 6-4. In meno di 24 ore, aveva regalato al Cile le sue due prime medaglie d’oro olimpiche di sempre, diventando anche l’unico tennista nella storia capace di vincere l’Oro sia in singolare che in doppio nella stessa Olimpiade. “Davvero non so come ho fatto, sono i due giorni più belli della mia vita”, ricorda un commosso Massu. “È semplicemente troppo, due medaglie d’oro in due giorni. È incredibile per il mio paese e per me. Indimenticabile”.
    La storia delle Olimpiadi è fatta soprattutto dalle impresa e medaglie di altre discipline, che trovano nei Giochi la loro massima espressione. Ma per una volta ,il 22 agosto 2004, anche il tennis ha scritto una pagina davvero Storica.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO