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    Molti giocatori criticano la debole presa di posizione dell’ATP sul caso Peng

    Peng nella telefonata al CIO

    “Debole”. “Inadeguato”. “Troppo poco”. Queste alcune delle reazioni di giocatori ed ex campioni al comunicato dell’ATP firmato dal Presidente Andrea Gaudenzi al merito alla delicata questione di Shuai Peng. Il mondo della racchetta si è stretto intorno alla forte giocatrice cinese, che dopo la sua esternazione contro uno dei personaggi politici più illustri del suo paese è prima scomparsa nel nulla, e poi riapparsa ma sotto un’evidente stato di coercizione. Mentre il boss della WTA ha preso la situazione di petto, cancellando ogni evento del tour femminile in Cina (con una perdita economica notevolissima), l’ATP sta tenendo una posizione molto più fumosa. Per questo tantissimi giocatori hanno tuonato contro Gaudenzi ed il suo comunicato, ritenuto debole e senza coraggio. Riportiamo una serie di Tweet di giocatori, per mostrare il loro disappunto sulla situazione. Tra i più duri, Andy Roddick che afferma “Ecco come dire un sacco di parole senza dire niente”.

    How to say a lot of words and say nothing https://t.co/EKXMTYgvZP
    — andyroddick (@andyroddick) December 2, 2021

    Are we to understand that the @ATP would have made the same statement had the player been a male? An atp tour pro?!? Somehow I think not.#embarassing https://t.co/eokSqwXQbu
    — Martina Navratilova (@Martina) December 2, 2021

    Im Sure The Statement 2day Would Have Been A Lot Different If #Kermode Was Still Around… #JusThinkinOutLoud
    — Dustin Brown (@DreddyTennis) December 2, 2021

    Forte il sarcasmo di Opelka, uno che non le manda mai a dire…

    POWERFUL https://t.co/bgWbYcG3ji
    — Reilly Opelka (@ReillyOpelka) December 2, 2021

    It’s important to understand that we as the players are completely handcuffed in our ability to act as a collective, and our leadership from the @atptour is complete dumpster https://t.co/TpX7cUwUNM
    — Tennys Sandgren (@TennysSandgren) December 2, 2021

    Anche il Capitano di Davis USA Mardy Fish si unisce al coro dello sdegno

    That’s a statement? https://t.co/mUwiQ1l1FV
    — Mardy Fish (@MardyFish) December 2, 2021

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    Medvedev fuori dal coro sul caso Peng: “Giochiamo anche in altri paesi con problemi politici e sociali”

    Daniil Medvedev

    Dopo esser stato critico con se stesso nella sua prestazione in Davis (“9 doppi falli sono troppi per una partita come questa, devo assolutamente alzare il mio livello”), Daniil Medvedev è tornato sul caso Peng e sulla forte decisione della WTA di non disputare tornei in Cina finché non sarà accertato che la tennista cinese sta bene ed è libera di parlare e muoversi. Il punto di vista del campione 2021 di US Open è diverso da quello esternato dalla maggior parte dei suoi colleghi. Ecco il passaggio della conferenza stampa in cui parla della faccenda.
    “Quello che tutti vogliamo sapere  è che lei sia al sicuro, cosa che non sappiamo ancora al 100%. Quello che ha fatto la WTA (rifiutando disputare tornei in Cina) è molto forte perché dietro ci sono molti interessi economici. Sento che ci possono essere opinioni diverse su cosa fare, non ho intenzione di criticare l’ATP per quello che fa o non fa, tutto può essere visto da diversi punti di vista. È evidente che quel che ha fatto Steve Simon è molto audace perché dietro ci sono molti interessi”.
    Chiedono a Medvedev se andrebbe a giocare serenamente in Cina nelle attuali circostanze. “Il punto è che i prossimi tornei in Cina sono tra quasi un anno, quindi suppongo che tutto si evolverà nel tempo e conosceremo a fondo cosa sta succedendo con Shuai. Suppongo che questo brutto problema verrà risolto Ovviamente se dovessi giocare lì la prossima settimana sarebbe scomodo, ma bisogna vedere come evolve tutto. Non ci dobbiamo dimenticare che giochiamo in tanti paesi che hanno problemi politici e sociali, non solo la Cina, ma ci giochiamo tornei. Questo è giusto sottolinearlo”.
    Un punto di vista particolare, detto da un tennista altrettanto particolare, che non ha mai paura di affermare pensieri anche scomodi o contro corrente. Affermazioni che fanno riflettere e di sicuro faranno discutere.
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    ItalDavis, una sconfitta sofferta in “sei mosse”

    Il team azzurro a Torino

    L’eco del doloroso k.o. del team azzurro in Davis a Torino non accenna a spegnersi. Brucia la sconfitta nel cuore degli appassionati, segno di quanto sia cresciuta l’attenzione per il nostro sport, grazie agli eccezionali risultati raggiunti negli ultimi anni dai nostri ragazzi. Un crescendo wagneriano che ci faceva sperare di poter riportare a casa la cara vecchia, anacronistica ma amatissima Coppa Davis.A gettare benzina sul fuoco anche le secche dichiarazioni dell’ex CT Barazzutti, che non commentiamo oltre. Quello che invece ci preme commentare, perché forse non è stato così ben approfondito e compreso dalla stragrande maggioranza degli appassionati, è la situazione a dir poco particolare (e discretamente sfortunata) che la nostra squadra di Davis ha affrontato contro la Croazia, finendo per perdere l’incontro e la chance di volare a Madrid per giocarsi il titolo 2021.
    Ecco i nostri 6 punti, non una “difesa” del team italiano e di capitan Volandri, ma solo un tentativo di spiegare i motivi che hanno portato alla sconfitta. I nostri azzurri se lo meritano.Infortunio di BerrettiniL’infortunio del proprio miglior giocatore è il peggior scenario possibile. Basta chiedere agli spagnoli, che orfani di Nadal e poi pure del rampollo Alcaraz sono usciti di scena mestamente. Il k.o. di Berrettini non ci voleva, è stato sportivamente devastante. Per lo sfortunatissimo Matteo, che ha dovuto rinunciare sia alle Finals (dopo aver giocato un primo set stupendo vs. Zverev) che a giocare con la maglia azzurra davanti al suo pubblico; ma anche per tutta la squadra, che in lui ha un leader, carismatico e trascinatore. L’abbiamo visto in ATP Cup, dove siamo arrivati in finale contro i fortissimi russi trascinati proprio dalla potenza di Matteo. Il romano è un top 10 vero, affermato, solido. Nel 2021 ha raggiunto – primo italiano nella storia – la finale di Wimbledon, e negli Slam ha perso “solo” da un certo Djokovic… a conferma del suo status di campione. Se vogliamo essere ambiziosi, non possiamo permetterci di fare senza di lui, nessuno può rinunciare al proprio miglior tennista. Purtroppo Matteo è giocatore straordinario ma assai fragile. Gli slanci impressionanti del suo gioco sottopongono il suo fisico a tensioni estreme, come era accaduto già agli Australian Open. Non averlo avuto a disposizione, è stato un enorme problema, con lui in campo molto probabilmente le cose sarebbero andate diversamente.K.O. Sonego, ma…Lorenzo ha deluso, inutile girarci intorno, ma il più afflitto è proprio lui, perché ha perso in casa e la sua sconfitta si è rivelata decisiva. Con il format attuale, non puoi permetterti un passo falso, soprattutto in singolare se non hai nel doppio un punto forte. Sonego ha perso, perso male. Aveva esaltato tutti nel primo scontro, quando ha demolito il bombardiere Opelka, e poi ha rimontato Mejia, portando un punto importante. Contro Gojo le cose erano partite bene, poi… si è spento. Aveva dato tutto, tanto che nemmeno il pubblico della sua città è riuscito a rianimarlo. Ha sbagliato, troppo, non era più lucido, ma ha lottato fino in fondo, fino all’ultima palla, come ha sempre fatto e continuerà a fare. Non è giusto considerarlo “il colpevole”. Spiace, ma è un patrimonio del nostro tennis, esempio di dedizione e voglia di vincere. Questa sconfitta è già un fardello micidiale, non ha senso mettergli la croce addosso.Doppio, non c’era alternativa in quel momentoQualcuno ha parlato di scelta sbagliata nel doppio, sconfitta rivelatasi decisiva. Ma… chi avrebbe dovuto giocare? Sinner è tornato in campo pochi minuti dopo aver rimontato Cilic, ed ha fatto anche una prestazione discreta. Sonego era svuotato e distrutto dalla brutta sconfitta. Purtroppo non tutti hanno compreso che Bolelli si era fatto male e che nemmeno Fognini era in condizione ottimale, anzi, era parecchio dolorante. Ne scriviamo nei due punti seguenti. Musetti? Farlo esordire in quel momento, match decisivo con una pressione assoluta, era un rischio terribile, soprattutto per Lorenzo. Purtroppo il nostro CT era con le spalle al muro, non c’erano alternative a Sinner/Fognini. Una delle priorità dal 2022 sarà di sicuro lavorare per costruire una coppia di doppio affidabile e forte (infortuni a parte). Se il format della Davis resterà questo, non potremo farne a meno.Fognini aveva problemi al gomitoFabio purtroppo non ha giocato una buona partita nel doppio decisivo, ma era in cattive condizioni. Ha accusato un problema, tanto da aver sofferto nell’allenamento alla domenica. La risonanza effettuata quel pomeriggio ha rilevato una epitrocleite, infiammazione del gomito. Impossibile intervenire in tempi così brevi. Fognini c’ha provato, ha giocato, ma il suo rendimento era compromesso, con la “sfortuna” di ritrovarsi davanti anche la miglior coppia di doppio al mondo del 2021.Infortunio di Bolelli, indisponibileMentre Fabio è andato in crisi per un’infiammazione, Bolelli è stato “abbattuto e affossato”. Incredibile ma vero, l’ultimo tassello di una fase finale di Davis 2021 in cui tutto quel che poteva andare male, è andato pure peggio… Simone in allenamento stava provando sulla rete il riflesso sulle volée al corpo, un allenamento classico, di routine, che ha fatto mille volte in carriera. Durante una schermaglia, Bolelli s’è girato d’istinto per evitare una palla molto veloce e questa l’ha colpito sul costato. Il dolore iniziale è diventato troppo intenso, tanto che faticava pure a respirare. Il responso dell’esame è stato una mazzata: infrazione di una costola. “Bole” k.o., non disponibile. Il suo apporto, in doppio, un doppio decisivo, sarebbe stato assolutamente fondamentale, per la sua esperienza e forza nella specialità. Invece niente, anche lui, come Berrettini e in parte Fognini, k.o. Se non è sfortuna questa.Non bruciare MusettiViste le varie criticità, in molti hanno parlato della opportunità di schierare Musetti come doppista al fianco di Sinner. Era una possibilità, certo, ma sarebbe stato come lanciarlo nella gabbia dei leoni senza alcuna difesa. Lorenzo è un grandissimo talento, ma sappiamo che nella seconda parte del 2021 ha accusato una flessione, soprattutto sul lato mentale e della convinzione. Crediamo che sia stato – giustamente – convocato più per far esperienza e maturare nel gruppo che per la reale intenzione di mandarlo in campo, tanto che Volandri l’ha fatto esordire in un contesto meno difficile (sul 2-0 a risultato acquisito contro gli USA). La pressione era massima sull’1-1 con la Croazia, caricare sulle spalle di Musetti, in questo momento un po’ fragili, le aspettative di un paese intero sarebbe stato un peso di tonnellate, impossibile da sopportare. Musetti è un ragazzo più emotivo rispetto a Sinner, ha bisogno di più tempo per crescere e maturare. In questi casi è più importante pensare al ragazzo, al suo futuro che alla contingenza della squadra. Ci sono molti esempi in passato di tennisti letteralmente bruciati da un esordio sbagliato in Davis o in uno Slam con una wild card affrettata. Concordiamo con la scelta di non averlo buttato in campo in un match decisivo.
    Aggiungiamo che anche la scomparsa del Dott. Parra, punto fermo del team italiano per tanti anni, ha contributo a rendere il tutto  ancor più doloroso.In conclusione, crediamo che il team azzurro al completo e in salute possa giocarsela con tutti, sarebbe tra i favoriti, con l’incognita del doppio sul quale Volandri e i nostri ragazzi devono assolutamente lavorare per avere un piano A ottimale e un piano B credibile, in caso di emergenze. Quale? Sinner è il migliore dei nostri in risposta, ma tenerlo solo per il singolare sarebbe forse la strada migliore. Berrettini il migliore al servizio, ma idem come sopra. Forse si potrebbe puntare su un Sonego-Musetti, far giocare loro i 4 Slam insieme, magari potrebbe giovare ad entrambi pure per la propria crescita in singolare (lavorerebbero sui tempi della risposta). Visto tutto quel che abbiamo sofferto, la sconfitta contro la Croazia resta dolorosissima. Si poteva evitare, ma è nell’ordine delle cose. Ancor più quando gli avversari giocano davvero bene e si meritano il successo.
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    Davis: Italia out, ma ora non cerchiamo colpevoli

    La corsa dell’Italia di ferma a Torino

    Inutile girarci intorno: sognavamo Madrid, sognavamo l’”insalatiera”, da riportare a Roma dopo 45 anni. Magari prendendoci la rivincita sulla Russia dopo l’ATP Cup dello scorso gennaio. Il risveglio in questo gelido – in tutti i sensi – martedì mattina è assai diverso. Il team italiano di Davis non ha superato la fasi a gironi di Torino, la sconfitta per 2-1 contro la Croazia ci ha condannato a una dolorosa eliminazione. Eppure avevamo uno “squadrone”, con tutto il mondo che ora ci guarda come paese di riferimento, con un movimento in salute, ricco di talento e giovani, destinato a darci grandi soddisfazioni negli anni a venire.
    Una sconfitta amara, amarissima. Inattesa, perché i croati erano una squadra tosta, ma battibile. Chiudiamo un 2021 straordinario con un passo falso, ma non per questo adesso dobbiamo metterci a cercare in modo spasmodico un capro espiatorio, i colpevoli. Perché? Risposta molto semplice: nello sport si vince e si perde, gli avversari possono esser migliori in quella giornata, in quella partita. È la prima legge di chi pratica e ama lo sport. Il rispetto dell’avversario, della prestazione – positiva o negativa che sia – accettando che si possa perdere. Serenamente, applaudendo i rivali. Ieri i croati sono stati complessivamente superiori.
    Gojo ha giocato meglio di Sonego, Cilic si è fatto rimontare da uno splendido Sinner ma ha giocato un match di altissimo livello, il doppio Mektic/Pavic è la miglior coppia al mondo del 2021. Questa formula della “nuova” competizione nazionale a squadre non ti lascia margine d’errore: basta giocar male un match, e sei OUT.
    Troppo facile sparare su Lorenzo Sonego. Non è giusto farlo. “Sonny” ha giocato un primo match nel girone positivo, ieri ha deluso. Lui lo sa per primo, e nessuno oggi sta male più di lui (e chissà per quanto ancora soffrirà questa pesante sconfitta). Lorenzo è un “animale” da battaglia, si nutre della lotta, della sfida, del pubblico. Ieri ha disputato una pessima partita, sotto tutti i punti di vista. Ha servito maluccio, non è riuscito ad avanzare con continuità verso la rete, finendo in trappola in uno scambio in cui non riusciva a sfondare il croato, sbagliando spesso per primo. Scelte sbagliate in molte fasi, non è soprattutto riuscito a far sentire il “peso” della sua miglior classifica e del fattore campo a Gojo, che sul finale del match ha concesso una chance per rientrare. Quello era il momento per “azzannare” la partita, aizzando il pubblico e facendo così tremare l’avversario. Non c’è riuscito. Chiaro che la sconfitta di Sonego sia risultata decisiva, ma Lorenzo resta un patrimonio del nostro sport, e sono sicurissimo che imparerà da questa battuta d’arresto e tornerà in futuro uomo-Davis importante. Buttargli ora la croce addosso sarebbe solo ammazzarlo sportivamente. Non se lo merita, non è utile, non va fatto.
    Sinner ha mostrato per primo a se stesso di essere anche un uomo-Davis. La sua rimonta in parte fortunata ma assolutamente meritata vs. Cilic ce lo consegnerà nel 2022 ancor più forte, consapevole e pronto alla pugna nei contesti più duri. Possiamo solo ringraziare lui, Piatti e tutto il team per il 2021 da sogno che c’ha regalato, convinti che il 2022 sarà un anno ancor più bello e profondo. Tutto a vivere insieme.
    Il doppio in Davis, anche in questa nuova formula, resta decisivo. Abbiamo pagato dazio ad una coppia troppo forte, non c’era molto da fare. Possiamo sicuramente lavorare nel 2022 per costruire un duo più forte, magari con qualche prova negli Slam. Ma su tutto non ci dimentichiamo l’assenza terribile di Matteo Berrettini. Con lui in campo, è molto probabile che non avremmo perso il primo singolare, e saremmo rimasti in corsa per volare a Madrid come una squadra davvero temibile. Con Matteo in piena efficienza potremo anche puntare ad un doppio più forte e consistente. Non siamo stati fortunati nella quindicina torinese, l’infortunio di Berrettini non ci voleva davvero, ma nello sport capitano anche queste cose.
    Dobbiamo accettarlo e guardare avanti. Con fiducia. Non è “buonismo”, è un’analisi corretta della realtà. Chiaro, era meglio vincere. Era meglio arrivare in Spagna e far tremare il mondo tennistico, tra le bordate di Matteo, il pressing di Jannik, la voglia di Lorenzo, l’esperienza di Fabio e la gioventù di “Muso”. Sarà per l’anno prossimo. Un team così giovane, forte, variegato non l’abbiamo avuto da oltre 40 anni, forse mai. Perdersi in una sterile caccia alle streghe non serve a nessuno. Meglio applaudire gli avversari, più bravi, e fare tesoro della sconfitta. Solo sbagliando, si impara e si cresce. 
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    Djokovic: “Chiedo sempre ai migliori dei vari sport consigli e opinioni. Mi rivedo in Alcaraz e Sinner”

    Djokovic, Bryant e Ovechkin

    Uno dei segreti del successo di Novak Djokovic è la sua continua voglia di imparare, l’attenzione al dettaglio, la ricerca della perfezione. Tutti i suoi vari coach l’hanno sempre confermato, Novak non si accontenta mai e guarda avanti pensando che si possa sempre migliorare in qualche aspetto. La sua storia lo conferma: probabilmente nessun campione dell’epoca moderna è riuscito ad evolvere così tanto migliorando in modo eccezionale colpi e tattica. Quando il serbo vinse il suo primo Slam in Australia nel 2008, il suo diritto era assai meno preciso ed efficace. Idem per il servizio, colpo su cui ha lavorato intensamente e con vari coach, riuscendo a trasformarlo in arma micidiale negli ultimi anni (decisivo per i suoi successi a Wimbledon, soprattutto nell’edizione leggendaria del 2019, quando nei tiebreak non concesse nulla ad un fortissimo Federer). Ha migliorato tantissimo la posizione sulla rete e il gioco di volo, come la capacità di cambiare ritmo.
    Da persona estroversa e curiosa, Djokovic ha confermato di approfittare di ogni contatto con i migliori atleti di altri sport per trarre preziosi insegnamenti. Il confronto con i grandi dello sport è un momento di arricchimento personale, ma anche tecnico. Ne ha parlato a latere della Davis, parlando con la stampa nazionale. Riportiamo alcuni passaggi del suo pensiero in merito.
    “Sono una persona che ascolta, mi piace il confronto, chiedere consigli. Naturalmente li accetto sempre dai miei più cari e vicini – la famiglia, gli amici e il team – mi conoscono meglio di chiunque altro e i loro consigli arrivano sempre nei momenti opportuni, è sempre proprio quello che ho bisogno di sentire”
    “Vanja Grbic (ex campione di pallavolo, attivo anche in Italia tra Padova, Cuneo e Roma, ndr) è una persona che stimo molto, ho un rapporto molto piacevole con lui. È estremamente intelligente, uno sportivo di successo, un grande campione e una leggenda dello sport serbo. Ha condiviso con me la saggezza sia per lo sport che per la vita. È famoso per essere un impavido lottatore, alla massima intensità e devozione per il suo sport. Confrontarsi con lui è importante”.
    I suoi colloqui vanno ben oltre i grandi sportivi del suo paese. “Ero vicino a Kobe Bryant, così come a Monica Seles, Andre Agassi e Boris Becker, che sono stati i miei allenatori, ma anche Pete Sampras. Ho parlato spesso con loro e ultimamente mi confronto di frequente con Tom Brady sui temi dell’allenamento e del recupero. È incredibile come resti al massimo alla sua età. Cerco di sfruttare l’opportunità di condividere qualcosa con tutti gli sportivi e le sportive, cose che mi hanno aiutato o ostacolato, e faccio domande, soprattutto a coloro che hanno raggiunto l’apice del loro sport“.
    Djokovic intravede doti di se stesso in alcuni dei giovani più forti: “Riconosco in qualche modo parti di me in alcuni dei giovani più forti, alcune caratteristiche che avevo in gioventù: fiducia in me stesso, consapevolezza, tanta voglia di vincere, passione e devozione per lo sport. Chi? Li vedo in Alcaraz, così come in Sinner, e anche Zverev quando muoveva i primi passi importanti nei tornei”.
    “Posso essere capriccioso ed emotivo in campo, quindi non mi dispiace quando qualcuno mostra le proprie emozioni, ma d’altra parte è decisivo riuscire a controllarsi e rimanere composto nei momenti che contano. Quell’abilità si acquisisce nel tempo: più partite si vivono sul grande palcoscenico, meglio ti comporterai la prossima volta che scendi in campo sottoposto alle stesse tensioni”.
    In alcune interviste Djokovic ha dichiarato di voler giocare ancora altri anni al massimo livello, ma ha già chiaro in mente quel che sarà il suo futuro: investire nel suo Novak Tennis Centre in Serbia, sviluppare i giovani talenti e perché no accompagnarli anche sul tour Pro. Chissà come sarà il Djokovic coach…
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    Djokovic: “Davis? Si cercano i soldi, la tradizione o un equilibrio tra i due?”

    Novak Djokovic

    Novak Djokovic ha parlato in merito alle voci – ben accreditate – che parlano con insistenza di un probabile spostamento della fase finale della Davis ad Abu Dhabi. La società Kosmos, che gestisce per l’ITF la storica competizione tennistica a squadre, è in difficoltà a far quadrare i conti dell’evento, per questo sta pensando di sbarcare nel ricco mercato degli Emiri. Ma le controindicazioni sportive hanno sollevato un coro assai consistente di sdegno e malumore in cui ancora crede nel valore della manifestazione nata nel 1900.
    Ecco il pensiero del serbo a proposito, che come sempre è molto netto nei suoi giudizi.
    “So che in Medio Oriente c’è un grande interesse per il tennis e le grandi competizioni. Quando il format è stato cambiato ci sono state reazioni negative per tutto ciò che implica la rivoluzione di un torneo tradizionale come questo, ma era chiaro che qualcosa doveva cambiare rispetto a prima. Secondo me l’ideale sarebbe raggiungere un punto intermedio, ero un fautore di un cambiamento, ma non mi è piaciuto quello che è successo due anni fa. Credo che ci debbano essere più sedi per dare a più paesi la possibilità di ospitare questa competizione, la Coppa Davis, dovrebbe contribuire allo sviluppo del tennis in molte nazioni. Sceglierei di avere sei sedi diverse”.
    Continua Novak: “La domanda che bisogna porsi è se stiamo perseguendo il denaro, preservando la tradizione o un equilibrio tra le due cose. C’è chi crede che dobbiamo evolverci e guardare al futuro, altri pensano che dobbiamo attenerci a ciò che la Coppa Davis è sempre, e io sono per una via di mezzo. Bisogna rispettare la tradizione e la storia, attenersi alle cose che rendono riconoscibile questo evento, oltre che andare avanti e trovare nuove formule di gara”.
    Tristezza per gli spalti vuoti a Innsbruck, per colpa della nuova ondata di contagi che ha portato l’Austria a misure molto severe: “L’ultima cosa che volevamo era ritrovarci di nuovo senza pubblico sugli spalti. Il pubblico è una parte essenziale di questo sport e abbiamo la responsabilità, come atleti professionisti, di dare spettacolo, ma ci sono cose molto più importanti di questa. La salute e la vita delle persone vengono sempre al primo posto, molte persone stanno lottando in situazioni difficili e prego che possiamo superare collettivamente tutto questo”.
    Tre Slam vinti in stagione, un Grande Slam quasi completato, ma per Djokovic la Davis resta un appuntamento importante del suo calendario stagionale: “Sono molto motivato a rappresentare il mio Paese. In uno sport individuale come il tennis, mi manca molto sentirmi così coinvolto in qualcosa come è il giocare per tutti i tuoi connazionali e insieme ai tuoi connazionali. Sarò sempre disponibile a partecipare a eventi come questo o l’ATP Cup, l’altra competizione che abbiamo adesso, anche se ovviamente la Davis resta la più importante per tradizione e storia. Oggi mi sentivo molto bene, Novak ha un gioco completo e mi ci è voluto un po’ per trovare il modo di imporre il mio ritmo. È stata una buona prestazione da parte mia”.
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    Becker: “Zverev può diventare n. 1 il prossimo anno”

    Boris Becker a Eurosport

    La vittoria alle ATP Finals di Torino ha alzato l’asticella di Alexander Zverev, prossimo obiettivo diventare n.1 della classifica nel 2022.  A dirlo il connazionale Boris Becker, rimasto assai impressionato dal torneo di Sascha, capace di superare tra semifinale e finale i primi due giocatori del ranking ATP dominandoli col servizio ed un tennis molto solido.
    In un’intervista rilasciata a Eurosport Germania, il più giovane campione della storia di Wimbledon si è detto sicuro di uno scatto di crescita del giovane connazionale, quello definitivo verso la definitiva consacrazione.
    “Il prossimo grande obiettivo per Sascha Zverev deve essere il numero uno” afferma Boris. “Può farcela l’anno prossimo a mio parere. Ma questo è possibile solo se vince uno o due tornei del Grande Slam. L’abbiamo visto quest’anno: il numero uno chiaro era [Novak] Djokovic con tre vittorie in tornei dello Slam, il numero due chiaro era Medvedev con una vittoria Slam e il numero tre era Sascha, ottimi risultati ma non una vittoria Slam”.
    “Certamente, un titolo ATP Finals è un momento clou assoluto nella propria carriera – lo ha vinto due volte – e la vittoria alle Olimpiadi è stata sicuramente unica, ma il prossimo grande trionfo deve essere una vittoria in un torneo del Grande Slam. Allora ti avvicini al tuo sogno, credo sia pronto per farcela”.
    Becker in carriera ha vinto 6 Slam e 49 tornei complessivi, oltre alla Davis. Attualmente Zverev è a 19 tornei e nessun major, ma secondo Boris l’attuale n. 3 del mondo potrebbe anche superare il suo palmares: “Vorrei che diventasse il tennista tedesco di maggior successo di tutti i tempi. Allora avremmo tutti molto da festeggiare e avremmo di nuovo un boom del tennis in Germania. Saremmo tutti vincitori. Sono il suo più grande fan e spero che possa farcela. Sono orgoglioso dei risultati che ho raggiunto ma quando un tuo connazionale ha talento e arrivasse a vincere anche più di me, sarei il primo ad applaudirlo”.
    Parole al miele per Zverev, che a 24 anni sembra aver raggiunto la piena maturità. Come afferma Becker, il prossimo passo deve essere vincere uno Slam. C’è andato molto vicino a US Open 2020 (due set avanti con Thiem, prima di essere rimontato dall’austriaco), vedremo se agli Australian Open – ancor più in caso di assenza del “tiranno del torneo” Djokovic – sarà pronto per alzare la sua prima coppa Slam.
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    La Davis potrebbe spostarsi per 5 anni ad Abu Dhabi. Ma che senso ha?

    Coppa Davis

    Scatta la fase finale della “nuova” Davis, e già si vocifera di ulteriori cambiamenti. Questo il destino della più antica competizione sportiva a squadre al mondo, o quel che ne è rimasto dopo che l’ITF l’ha di fatto “svenduta” alla ricca società Kosmos di Pique & C., cercando un rilancio che invece rischia di affossarla definitivamente.
    La considerazione è brutale, ma non tira buona aria per la cara vecchia anacronistica “insalatiera”. Nel 2020, “grazie” alla pandemia, non si è disputata. Pare alla Kosmos abbiano tirato un sospiro di sollievo, come hanno spifferato molti ben informati, visto che l’edizione sarebbe stata sicuramente in perdita dal punto di vista economico, e il non disputarla ha aiutato i nuovi padroni e non rimetterci altri soldi, dopo il bagno di sangue economico del 2019.
    Economico, perché in realtà in campo a Madrid si videro molte bellissime partite. Shapovalov vs. Nadal, per dirne una, ma tantissime altre. Il formato era rivedibile sotto molti punti di vista (orari folli in primis), ma la realtà dei fatti dice che quando i tennisti accettano di giocare e giocano per la propria nazione, spesso giocano partite enormi per qualità, orgoglio e spettacolo.
    Sta per scattare l’edizione 2021. Tre sedi nella fase inaugurale dei gironi. Ottimo per il pubblico italiano e spagnolo, non quello austriaco per colpa delle restrizioni covid; ma gli altri scontri tra nazioni ospiti? Si parla di pochissimi biglietti venduti, sia a Torino che a Madrid, per gli incontri che non vedono i paesi ospitanti in campo. Vedremo come andrà, sperando che sia un successo (ce lo auguriamo per tutti!) e che nostri azzurri ci possano regalare qualcosa di grande, nonostante la dolorosa assenza di Matteo Berrettini. Di sicuro per i nostri incontri avremo una bella cornice di pubblico, ma le altre sfide? Giocare in uno stadio pressoché vuoto è il peggior biglietto da visita per un evento. Meglio stadio piccolo ma pieno, recita sempre un vecchio adagio indiscutibile…
    Per questo la voce – ben accreditata – riportata dal quotidiano britannico The Telegraph è ancor più inquietante. Pare che la Kosmos, a disperata caccia di dollari per non incrementare altre perdite, abbia intenzione di spostare la Davis in un paese ricco, che possa assicurare cinque anni di conti in verde. Abu Dhabi pare la sede scelta. Lì finché traineremo l’economia del petrolio i $ non mancano davvero. Ma se la cosa andasse in porto, che ne sarebbe del valore affettivo e sociale dell’evento? Andrebbe totalmente perso. Spalti quasi sicuramente vuoti, o appannaggio di pochi ricconi che scelgono di unire un po’ di vacanza al tennis in queste nuove mete turistiche, per un evento che diventerebbe ancor più una sorta di ricchissima esibizione, per i giocatori e per chi organizza quest’evento, che a quel punto sarebbe totalmente svuotato del fattore casa e di quel senso di appartenenza che aveva trasformato la Davis in una leggenda, amatissima dal pubblico. 
    I giocatori probabilmente sarebbero stimolati a parteciparvi, grazie a ricchi assegni. Ma allora, quale sarebbe la differenza tra la tanto osteggiata Laver Cup e quel che ne resta di questa possibile Davis tra i cammelli ed emiri?
    La vecchia formula della Davis necessitava di una rinfrescata, era inevitabile. Ma tagliare un pelo incarnito con una motosega non è la cura migliore.
    Per rinvigorirla forse le strade migliori erano due:

    una ITF forte, che impone all’ATP un calendario che premia e aiuta a far diventare la Davis importante, dandole uno spazio migliore (per esempio: due finestre, una dove attualmente ci sono Indian Wells e Miami, e una in autunno, per almeno 6 settimane di Davis da giocarsi su tre turni, più la classica finale a fine anno
    oppure optare per una sorta di campionato del mondo, magari da farsi ogni 2 o 4 anni, con altre 4/6 settimane dedicate solo alle Davis. Sarebbe così attesa e probabilmente molto più interessante per gli stessi tennisti, che avrebbero modo di prepararla a dovere.

    Queste sono solo due proposte, tra le tante che si potevano provare ad attuare prima di sminuire così un patrimonio del nostro sport. Con tutti i limiti, problemi, difetti che volete, la Davis era un evento unico. Chi ha vissuto sulla propria pelle qualche lustro di tennis, ricorda perfettamente le emozioni pazzesche di tante sfide dell’Italdavis, anche quando non avevamo esattamente uno squadrone; come di altre finali o incontri tra varie nazioni giocate con una passione ed intensità uniche (la finale Francia – Svizzera, o quelle nei Balcani per esempio).
    La Davis è un torneo anomalo, ma è soprattutto per la gente. Togliere il fattore casa la trasforma in qualcos’altro che non potrà mai convincere. L’unico modo per valorizzare di nuovo questa competizione è darle il giusto peso, una collocazione buona nel calendario e magari, perché no, anche punti per il ranking per chi la gioca. Su questo se ne potrebbe parlare. I modi per rinvigorirla ci sarebbero. Basta volerlo, guardando oltre il portafoglio, perché la passione non si compra, la si vive.
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