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    Il 2023 di Tsitsipas, senza vittorie su top10

    Stefanos Tsitsipas

    Stefanos Tsitsipas è uscito mestamente di scena negli ottavi del 1000 di Cincinnati, battuto in modo secco da Hubert Hurkacz. Perdere dal polacco sul veloce ci sta, quando il buon “Hubi” prende ritmo col servizio ed è poco falloso col diritto, è un avversario molto pericoloso. Il greco viene dal recente successo al 250 di Los Cabos, suo primo trofeo in stagione. Si pensava che una volta sbloccato, potesse fare molto bene nei due Masters 1000 nord americani, invece è incappato in una sconfitta sorprendente in Canada, battuto dal redivivo Monfils, e quindi un terzo turno a Cincy. Insomma, non proprio risultati da n.4 del mondo. 
    Criticare il 2023 di Tsitsipas, finalista agli Australian Open e a Barcellona, semifinalista a Roma e quarti a Roland Garros, potrebbe apparire ingeneroso. Tuttavia approfondendo i risultati della sua annata, è corretto esprimere alcune valutazioni. Nel 2021 e 2022 aveva vinto a Monte Carlo, due 1000, e ha disputato anche la finale a Roland Garros, a Roma, e lo scorso anno anche a Cincinnati. Quest’anno ha disputato un’annata discretamente solida, ma spicca un dato terribilmente negativo: non è ancora riuscito a sconfiggere un top10. Dato piuttosto grave, perché indica una netta difficoltà nel superare i migliori che, evidentemente, hanno capito assai bene come metterlo in crisi in campo.
    A Melbourne lo scorso gennaio, nel miglior torneo stagionale, il giocatore con classifica più alta battuto da Tsitsipas nella sua strada verso la finale è stato Jannik Sinner, allora n.16 al mondo, seguito da Karen Khachanov in semifinale (20). A Barcellona ha sconfitto altri due top20, De Minaur (19) e Musetti (2o), prima di cedere nettamente ad Alcaraz in finale. Altri due successi su top20 a Roma: di nuovo Musetti (19) e quindi Coric (16). Il film si è ripetuto a Los Cabos, con vittorie su Coric e De Minaur, altri due top20. Sipario. Un po’ poco per un giocatore così forte, ex n.3 ATP e potenzialmente numero uno, posizione che avrebbe potuto raggiungere nel recente passato se si fossero verificati alcuni incastri in un paio di settimane. L’ultimo top10 battuto dal greco è Medvedev, alle Finals 2022 di Torino, mentre in un torneo senza Round Robin è stato Rublev ad Astana, lo scorso ottobre.
    Stefanos ha ripreso a lavorare con Mark Philippoussis, “panchinando” papà Apostolos per provare nuove vie. È evidente che il suo tennis sia fermo da troppo tempo e lui ne sia ormai più che consapevole. Intanto la prossima settimana scivolerà al n.7, con la perdita dei punti pesanti della finale a Cincinnati, passato sia da Sinner che Rune, oltre che Ruud. Senza un salto in avanti, delle novità concrete che possano di nuovo alzare l’asticella del suo gioco, la strada per il greco sembra piuttosto in salita. A lui rilanciare, e sorprenderci.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Max Purcell, l’underdog che non ti aspetti (oggi sfida Alcaraz a Cincinnati)

    Max Purcell (foto Getty Images)

    Crederci sempre, focalizzando finalmente l’attenzione al 100% sulla carriera, con meno party e zero nottate perse in compagnia dello smartphone. Crederci, anche quando ti dicono che resterai nel limbo, un bel “doppista” semmai. Del resto, con quel gioco discretamente retrò, un po’ leggero e con quei tagli continui anche sul diritto, in un mondo di power-tennis dove pensi di andare… Non ci gira più intorno Max Purcell, quel limbo se l’è scrollato di dosso. Ora l’australiano ci crede eccome, con obiettivi sempre più alti e ambiziosi, perché ha capito che la sua diversità è un punto di forza, e che di qualità ne ha molte più di quelle che tanti gli hanno mai riconosciuto. Il 25enne di Sydney è certamente uno dei personaggi del Masters 1000 di Cincinnati, sbarcato per la prima volta in carriera nei quarti di finale di un torneo così importante in singolare, pronto a sfidare sua maestà Carlos Alcaraz nel pomeriggio degli States. Ma questo splendido e meritato risultato non è un exploit isolato, figlio della classica settimana in cui sportivamente cammini sulle acque e tutto ti riesce. Tutt’altro. Purcell sta vivendo un 2023 clamoroso, passato assolutamente sotto traccia, ma continuando così l’australiano già si candida a premio come giocatore rivelazione della stagione e/o più migliorato.
    Purcell è da anni un buon doppista sul tour, e ancora continua la sua carriera affiancato spesso ai connazionali Jordan Thompson o Marc Polemans (quest’anno ha vinto il 250 di Houston proprio con Thompson), ma nel 2023 è letteralmente esploso in singolare, passando in classifica dal n.220 all’attuale n.70, ma è già sicuro anche in caso di sconfitta contro Alcaraz di attestarsi al n.47, per la prima volta tra i migliori 50 al mondo. Una scalata splendida, iniziata dopo aver passato le “quali” agli Australian Open (nelle quale ha estromesso Cecchinato e Arnaldi), con una decisione importante già maturata nella off-season 2022: punterò sui Challenger in India e mi darò qualche mese per spingere a tutta in singolare, e vediamo come andrà. Beh… è andata oltre le più rosee aspettative! Tre tornei giocati, tre titoli consecutivi a Chennai, Bengaluru (battendo tra gli altri Nardi) e Pune, dove in finale si è ripetuto battendo di nuovo Nardi. Un filotto splendido, ottenuto giocando alla grande, dominando il campo a furia di attacchi, serve and volley, tagli continui anche col back di diritto che hanno mandato completamente fuori ritmo gli avversari. Il suo marchio di fabbrica quello di non darti punti di riferimento, pochissimo ritmo, attaccare all’improvviso. Con questa fantastica tripletta è entrato nella top100 al n,99, e non si è fermato lì. Ha raggiunto la semifinale al Challenger di Las Franqueses de Valles e quindi finale a Lille, con un altro best ranking di n.86. Prima di sbarcare a Roland Garros, altre due finali CH, in Corea.
    Col suo gioco così offensivo, ci si aspettava qualcosa in più sull’erba, ma è stato subito battuto al 250 di Maiorca (da Feliciano Lopez, all’ultimo ballo in carriera) e poi ai Wimbledon ha pescato male, Rublev al primo turno. Quindi è volato negli Stati Uniti, per entrare sul tour maggiore con forza. Difficile l’avvio, out subito a Newport, Atlanta e Washington, con qualche commento che già lo bollava come tennista “da Challenger”. Li ha zittiti subito con la doppietta dei 1000 nord americani. Ha passato le quali a Toronto, battendo l’idolo di casa Auger-Aliassime e lottando tre set contro Murray, fino al miglior torneo della sua vita a Cincy, dove ha passato le quali e quindi ha sconfitto Harris, Ruud (testa di serie n.5, miglior scalpo in carriera) e ieri Wawrinka. Non vittorie di “Pirro”, ha giocato assai bene Purcell, se l’è davvero meritate.

    Maxing out @MaxPurcell98 at #CincyTennis:
    Reaches maiden Masters QF in second Masters appearance ✅
    Earns maiden Top-10 win over No.7 Ruud ✅
    Next: Alcaraz or Paul! pic.twitter.com/NIA1ntNbdQ
    — Tennis TV (@TennisTV) August 17, 2023

    Max è un tennista ancora poco conosciuto al grande pubblico, ma è anche un tizio divertente da vedere in campo, perché è diverso dal classico picchiatore col diritto, modello predominante sul tour. Dotato di un ottimo fisico, compatto ed esplosivo, riesce a coprire molto bene il campo, e con l’esperienza maturata in doppio ha nel servizio e nella risposta una base molto solida da cui impostare il suo gioco. Rivali molto potenti e che impongono un gran ritmo riescono a sbaragliarlo, ma Purcell ha nel cilindro l’antidoto ideale se non riesci a farlo correre in difesa facendogli perdere campo. Si chiama variazione, intelligenza tattica e visione del momento. Con i suoi tagli “sgonfia” le palle degli avversari, li porta a colpire senza ritmo e spesso da posizioni strane, angolate in avanti, forzandoli a chiudere o venire a rete. Inoltre quel back di diritto che spesso usa non te l’aspetti proprio e se non sei veloce nell’aggredirlo diventa poi difficile da tirare su e rigiocare profondo, ed ecco che il “canguro” fa un passo avanti e via spara un’accelerazione improvvisa o ti viene a rete, dove riesce a chiudere con ottima sicurezza. Insomma, è una discreta gatta da pelare…
    Purcell è la dimostrazione che al piano di sotto di talento ce n’è davvero tanto. La differenza viene da piccole grandi cose, come la testa, il focus, crederci e lavorare con obiettivi ambiziosi per spingerti oltre quelli che pensi – erroneamente – siano i tuoi limiti. L’ha descritto molto bene in un’intervista rilasciata al sito ATP qualche mese fa, dopo l’esplosione nei Challenger, nel quale si racconta e spiega come sia riuscito a fare il salto di qualità.
    “Come sono riuscito a vincere 15 match di fila nei Challenger? Ho scelto di smettere con le distrazioni fuori dal campo”, spiega Purcell. “Soprattutto in quelle settimane in India, volevo stare il più lontano possibile dal mio telefono. Volevo assicurarmi di avere più tempo tranquillo e assicurarmi solo di non portare nient’altro in campo durante le mie partite. Nessuna emozione extra o qualcosa del genere. Volevo solo essere il più calmo possibile e concentrarmi sulla mia missione, giocare al massimo in campo. Direi che ha funzionato davvero bene, e non voglio più cadere negli errori del passato. Anche quando stavo cercando di ridurre i tempi in cui mi distraevo l’anno scorso, mi ritrovavo comunque a parlare con gli amici su FaceTime, mi consumava la giornata e consumava energia perché passavo troppo lì incollato. Se dovevo uscire a cena con più tennisti, di nuovo era la stessa cosa. Ho cercato di limitare le distrazioni il più possibile, mi dicevo ‘Ora basta, stacca il telefono, resta in camera e rilassati che domani c’è una partita, c’è da lavorare”. 
    Nel 2022 Murray aveva fatto complimenti pubblici a Purcell per il suo modo di giocare così particolare. Max ringrazia e va avanti: “Murray è stato molto gentile, ma in effetti non vedo nessuno colpire i dritti tagliati come faccio io”, continua Purcell. “Non penso che ci sia una sola persona che gioca come me, quindi penso che sia piuttosto unico e questo può diventare un punto di forza perché non sei abituato ad affrontare uno come me. Sono cresciuto a Sydney, avevamo molti campi in erba sintetica, quindi ho usato molto lo slice quando ero giovane. Sapevo di poter sempre colpire con il diritto slice, ma gli allenatori mi dicevano continuamente che non era efficace. L’anno scorso sono stato senza allenatore per un po’, quindi ero tipo ‘Fanculo’, non mi interessa cosa pensano gli allenatori… inizierò a farlo. Ci ho creduto davvero e l’ho usato ottenendo buoni risultati. Quindi, perché snaturare il mio modo di essere?”.
    Quindi d’ora in poi, solo singolare? No, ma lo schedule non sarà facile, è un’altra sfida. “L’anno scorso mi sono bruciato… Non posso combinare totalmente due programmi separati, singolo e doppio. Nel 2022 ho partecipato a un torneo per sette mesi e mezzo, ogni singola settimana. A ripensarci sento ancora quella fatica nelle gambe e nella testa. Sicuramente negli Slam e magari qualche 1000 farò ancora singolo e doppio, ma vediamo, le cose cambiano rapidamente”. 
    Già, in meno di 8 mesi Purcell è passato dall’essere uno dei tanti che sgomitano a top50. Quanto conta nel tennis la testa, il focus, gli obiettivi.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Medvedev a 360°: “Le palle quest’anno sono lente in ogni torneo. Il segreto di Alcaraz? Può farti il punto da ogni posizione”

    Daniil Medvedev

    Daniiel Medvedev è sbarcato a Toronto carico di grandi aspettative. Dopo il suo ottimo Wimbledon (mai era giunto in semifinale nel più storico degli Slam, con modesti risultati su erba), inizia adesso la parte di stagione a lui più congeniale, dove ha spiccato il volo nel 2019 e dove ha alzato il suo unico Slam in carriera, a US Open, interrompendo ad un passo il clamoroso sogno “Grande Slam” di Djokovic nel 2021. Lui è consapevole di dover “monetizzare” le prossime settimane con il suo miglior tennis, e per questo ha scelto come compagno di allenamenti per presentarsi al massimo all’Open del Canada proprio il n.1 Alcaraz. Ne ha parlato nella press conference pre torneo, nella quale ha spaziato anche su altri temi. A suo dire per esempio, quest’anno le palle sono lente in ogni evento, un netto peggioramento della velocità rispetto alla scorsa edizione.
    “Non so se sono solo io a percepirlo, e non credo, ma ho notato dall’inizio dell’anno che le palle sono più lente in tutti i tornei che giochiamo, e qui succede la stessa cosa” commenta il russo. “La palla diventa rapidamente grande e pesante. Non è qualcosa che mi avvantaggia, ma devi adattarti e, fortunatamente, il campo invece è veloce e quello sì penso che si adatti bene al mio stile di gioco”.
    “Sono molto felice che questa fase della stagione sia arrivata. Finalmente posso giocare su quella che è la mia superficie preferita e dove il mio tennis scorre facilmente. Inoltre, mi sento davvero bene fisicamente e su questi campi il mio corpo non soffre quanto sulla terra battuta o sull’erba. Questo non significa che devo vincere ogni partita, tutt’altro. Sono consapevole che sono gara bravi giocatori in grado di battermi, ma certo anche del livello di gioco che posso raggiungere in questo periodo dell’anno. Adoro questo torneo, ma ovviamente sento una certa pressione a sentirmi candidato alla vittoria perché il fatto di aver ottenuto ottimi risultati in questi eventi mi spinge a dover sfruttare quest’opportunità. Non conta quel che ho fatto finora, 1uesto è un nuovo inizio, tutto può cambiare velocemente e devo essere pronto ad affrontare ogni situazione”.
    Ecco il suo pensiero su Alcaraz: “È stato molto interessante potermi allenare con lui, spero che potremo farlo anche più avanti, vorrebbe dire che sono ancora in corsa nel torneo! Cosa mi impressiona del suo gioco? La potenza dei suoi colpi, senza dubbio. Ogni volta che tira una palla, può essere un vincente. Sono abituato a difendere e neutralizzare gli attacchi dei miei avversari, rimettere loro una palla molto incisiva, inchiodarli in un lungo scambio per poi cambiare passo. Ma lui è diverso, può colpire un vincente da qualsiasi posizione e questo è il suo segreto, quel che lo distingue. Sono convinto che se facessimo il test per misurare l’uno il colpo più potente dell’altro, il suo sarebbe di circa 25 km/h più veloce del mio”.
    Carlos e Daniil sono le prime due teste di serie del torneo canadese, quindi un loro scontro potrebbe avvenire solo in finale. Sarebbe una finale da sogno, ma i potenziali avversari sono molti. E agguerriti.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Alcaraz “Re Mida” anche sui social: più 700mila follower Instagram il giorno della vittoria a Wimbledon. E i guadagni volano

    Carlos Alcaraz (foto Getty Images)

    “Re Mida” del tennis, tutto quel che tocca diventa oro. Così Lorenzo Musetti aveva definito Carlos Alcaraz nell’intervista che abbiamo riportato ieri. C’è assolutamente del vero in questa simpatica considerazione del nostro azzurro. Gli incredibili successi ottenuti dal più giovane n.1 ATP della storia fruttano enorme popolarità e, di conseguenza, enormi guadagni. Sponsor ovviamente, ma anche attraverso i social network. Ormai i social non sono più solo un mezzo per stare in contatto con i fans, ma anche fondamentale veicolo di promozione della propria immagine e di prodotti, con un valore economico tutt’altro che irrilevante. Basta un semplice dato dei giorni scorsi per fare due conti.
    Alcaraz con il suo trionfo a Wimbledon ha registrato un aumento straordinario dei follower su Instagram: ha guadagnato poco più di 700.000 nuovi follower in un solo giorno, quello della finale, ulteriore soddisfazione dopo aver vinto il primo titolo ai Championships sconfiggendo Djokovic in una finale che resterà agli annali come una delle più interessanti e storicamente significative. Prima della finale, Alcaraz aveva 2,8 milioni di follower sul più popolare dei social network; il giorno successivo, lunedì 17 luglio, è passato a 3,5 milioni di follower. Oggi il conto complessivo dei suoi seguaci è 3,9 milioni.
    Tutto questo ha un potenziale economico non indifferente: secondo le stime di esperti di social media britannici, il valore della sua presenza su Instagram può fruttargli un potenziale di guadagno di 42.600 dollari per post Instagram sponsorizzato, 21.300 $ per ogni storia Instagram e 55.300 $ per ogni “reel” Instagram. In pratica, ogni suo “reel” Instagram vale quanto sbarcare nei quarti di finale dell’ATP 500 di Washington in corso questa settimana (51.055 $, per l’esattezza, l’assegno per arriva tra i migliori otto del torneo). Niente male…
    Dopo la vittoria a Wimbledon, Alcaraz ha accumulato un Prize money complessivo in carriera di 19.644.057 dollari, con 7.814.414 dollari solo in questa prima parte del 2023. Se non è Re Mida lui…
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    Tsitsipas: “Cambierei una vittoria Slam col diventare n.1 in classifica”

    Stefanos Tsitsipas a Los Cabos (foto El Universal)

    Stefanos Tsitsipas è la stella dell’ATP 250 di Los Cabos, torneo vinto in passato dal nostro Fabio Fognini e disputato in una località magica della Baja California. Il greco, attualmente n.5 al mondo, ha debuttato sul sintetico messicano battendo Isner, ed è adesso atteso nei quarti di finale da sfida interessante contro il cileno Jarry, tennista in grande ripresa quest’anno dopo molti problemi avuti in passato. Sarà il match di cartello, in prime time della serata in Messico. A latere del torneo, Stefanos è stato protagonista di varie iniziative promozionali dell’evento, e anche qualche intervista. Al quotidiano El Universal, ha parlato su alcuni temi di attualità, rivelando che la sua priorità, o meglio il suo vero obiettivo, è diventare n.1 al mondo, ancor più del vincere un torneo dello Slam.
    “Il mio obiettivo? Vincere un torneo dello Slam lo è assolutamente”, confessa Stefanos, “ma… alla fine, sai… lo scambierei senza indugio per essere il numero uno. È sicuramente qualcosa di speciale, è il segno che hai raggiunto il massimo nella tua carriera e mi piace quando riesci a massimizzare tutto quel che hai fatto negli anni. Così un giorno potrei dire con orgoglio ai miei nipotini di esser stato il migliore in quel che facevo”.
    Per arrivarci, è indispensabile giocare al meglio. Per questo Tstisipas pensa di voler spingere ancor più sul proprio gioco offensivo: “Mi sono impegnato molto nel mio gioco offensivo, perché il mio stile si basa su questo e sull’essere aggressivo. Inoltre, il mio servizio è una delle mie armi principali e sto lavorando sulla mia flessibilità per arrivare a colpire più risposte possibili in campo e di buona qualità“. In effetti, come abbiamo riportato nell’articolo di ieri, in risposta i numeri del greco non sono assolutamente al livello delle sue altre fasi di gioco, situazione che paga soprattutto contro i migliori.
    Per arrivare in vetta, servono anche i punti degli ATP 250: “Voglio scrivere il mio piccolo pezzo di storia su questo campo. È sicuramente un’ottima location per il tennis, il posto è bellissimo e il torneo funziona. Penso che la scelta di portare un evento in questa stagione dell’anno sia un’ottima idea” conclude Stefanos.
    Finora Tstistipas ha toccato come miglior ranking la terza posizione, il 9 agosto 2021, ma più volte è stato anche in lizza per issarsi in vetta alla classifica se avesse vinto uno Slam e con risultati non eccellenti dei rivali (Djokovic, Alcaraz) nel corso del torneo, situazione che non si è poi verificata.
    Tsitsipas è tornato ad allenarsi con Philippoussis dopo l’improvviso addio appena prima di Roland Garros. Dopo aver parlato apertamente della difficoltà nell’avere due coach (papà e l’australiano) e quindi dover mediare con idee non sempre univoche su come lavorare e comportarsi in campo, adesso Stefanos pare averci ripensato, forse anche dopo la sequela di risultati dell’ultimo periodo assolutamente al di sotto delle sue aspettative e potenziale. Dopo la finale agli Australian Open di gennaio infatti si pensava che “Stef” fosse pronto per vincere molti tornei, incluso i 1000 sul veloce e magari lo Slam che ancora gli manca. Purtroppo per lui la stagione su erba da poco conclusa è stata assai deludente (due sconfitte al primo turno, una al secondo e solo gli ottavi a Wimbledon, conquistati soffrendo terribilmente in ogni match); ma anche sull’amata terra rossa, nonostante risultati complessivamente buoni, non ha vinto tornei e soprattutto in tutto il 2023 non è ancora riuscito a battere un top10 (ha perso 2 volte contro Alcaraz, poi da Medvedev, Fritz e Djokovic a Melbourne). Numeri che evidenziano la necessità di un cambio di passo, di un salto di qualità, visto che i migliori hanno capito come metterlo in crisi, e ci riescono. Serve una contromossa, Stef…
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    Shelton, ostacoli e tensioni

    Ben Shelton (foto Getty Images)

    Chi si aspettava che Bel Shelton, dopo lo splendido Australian Open disputato a gennaio, fosse il vero “crack” pronto ad esplodere e travolgere di fisicità e prepotenza i piani alti del tour non aveva fatto i conti con l’aspetto più duro della crescita tennistica: quello che potremo chiamare “effetto scala”. Eccetto rarissimi casi, e proprio per questo epocali, arrivare tra i grandi della disciplina con un decollo rapidissimo in linea retta, senza cadute o momenti di incertezza, è quasi impossibile. Ancor più nel tennis del 2023, nel quale la componente agonistica e mentale è estremizzata da una competizione mediamente feroce.
    Torniamo ai fatti. Ben Shelton da diversi mesi fa notizia non per quel sorriso travolgente o schemi offensivi a tratti brutali per forza e velocità, ma per le sconfitte. Il 20enne di Atlanta infatti dopo lo straordinario AO23, suo primo torneo disputato al di fuori degli amati States, non ha confermato la stessa qualità e forza in campo, incappando in molte sconfitte e poche vittorie importanti. Da febbraio, non ha più vinto a livello ATP due partite di fila, deludendo soprattutto su erba e sintetico, le superfici dove per caratteristiche tecniche dovrebbe eccellere. Il miglior “scalpo” ottenuto da febbraio è quello di J.J. Wolf al Queen’s, poi diverse sconfitte contro avversari di buon livello, ma che teoricamente sembravano battibili.
    L’aspetto più interessante che accomuna la maggior parte delle sue battute d’arresto – e che spiega a che punto della sua formazione sia – è l’incapacità di gestire la pressione del momento con una trama di gioco solida, non estemporanea o aggrappata a soluzioni a rischio troppo elevato, e quindi percentualmente perdente. L’esempio perfetto viene dalla sconfitta patita ieri al 500 di Washington, per mano del giovane cinese Jungchen Shang. Il giovanissimo asiatico trapiantato in Florida era in un’ottima giornata, sentiva bene la palla, serviva bene ed era piuttosto continuo; Shelton alternava fiammate micidiali e momenti di pausa. Terzo set, regge l’equilibrio, entrambi servono bene. Ben si ritrova a servire sul 4-3 per Shang. 30-15. Forza malamente un diritto, su di una seconda di servizio. 30 pari. Tensione massima. Shelton accelera la operazioni, troppo. Dopo aver tirato lunga di 30 cm buoni la prima di servizio, gioca subito la seconda, un gran kick, ma la palla non è in campo. Un doppio fallo mortale, che consegna al rivale la chance di andare a servire per il match. Ben torna al servizio, da sinistra, il suo angolo. Cerca una botta esterna, ma non entra di nuovo. La seconda stavolta è ben piazzata, può colpire da una posizione di vantaggio ma colpo successivo è largo, e non di poco. Un attacco tatticamente senza senso, che è sembrato più una fuga che un’aggressione a provocare un colpo difficile del rivale. Break, e addio partita. Non è la prima volta che Shelton lotta ma finisce per gestire male fasi del genere. E Sheng l’aveva affrontato la scorsa settimana ad Atlanta, quindi sapeva più o meno cosa aspettarsi.
    È questo un aspetto su cui il nuovo coach, papà Brian, dovrà lavorare tanto e bene. Soprattutto perché nel formidabile Australian Open giocato da Ben, primo Slam in carriera, e anche durante l’estate-autunno dell’anno scorso nei Challenger in America, Ben brillava proprio per la freddezza e sfrontatezza con la quale affrontava i momenti delicati. Proprio lì l’osservatore attento pensava “occhio, questo ragazzo ha qualcosa…”, perché giocarsi di petto, di forza, di cattiveria agonistica e aggressività ogni fase delicata è propria del campione, di quello che nella difficoltà moltiplica la forza fisica e mentale. Questo sembrava il vero “winner” di Shelton, non il servizio o altro. Da qualche tempo invece questa qualità straordinaria di affrontare i momenti clou sembra un po’ offuscata.
    Che succede quindi? Semplicemente Shelton sta affrontando e vivendo situazioni per lui nuove. Aspettative, degli altri e da se stesso. La necessità di vincere per salire ancora. Il dover affrontare avversari che ora ti conoscono e voglio battere uno dei possibile campioni del futuro. Una tensione diversa da quando giocava solo col sorriso e quella spacconeria giocosa che aveva fatto innamorare molti del suo gioco fisico, offensivo, a tratti spettacolare.
    Niente è perduto, anzi. È un passaggio obbligato. Solo pochi predestinati sono riusciti a saltare a piè pari queste situazioni, arrivando in un amen al banchetto dei migliori. Per gli altri giovani forti ma non così baciati dagli Dei, beh, sudore e lacrime dopo sconfitte che si potevano evitare.
    Nel frattempo, Shelton può apprendere dai suoi errori. Può accumulare dentro di sé momenti e situazioni che mille e più volte si ritroverà a gestire. Rivedere le partite, rivivere questi sentimenti, paure e tensioni, per incanalare nuove risorse in un gioco sì offensivo ma un filo meno spericolato. Meglio se abbinando varie migliorie tecniche, come il controllo col diritto in accelerazione, la risposta bloccata, uno slice di rovescio decisivo a portarlo verso rete. La crescita nel tennis è un processo a scale, e non tutti i gradini hanno la stessa altezza. Anche Ben avrà il suo bel da fare… ma la sensazione è che, mangiando polvere e riflettendo in modo positivo su correttivi e migliorie, arriverà.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Il Buenos Aires Lawn Tennis Club rinnova i diritti per l’ATP 250 per 10 anni e punta al 500 dal 2025

    L’impianto dell’ATP 250 di Buenos Aires (foto La Nacion)

    Arrivano interessanti notizie dall’argentina in merito ai tornei sudamericani e possibili sviluppi nel calendario ATP. Secondo quanto riporta il ben informato quotidiano della capitale La Nacion, il Buenos Aires Lawn Tennis Club, circolo più prestigioso del paese, e Tennium, società proprietaria dell’ATP 250 di Buenos Aires, hanno raggiunto un accordo per continuare insieme per 10 anni l’organizzazione del torneo nella capitale albiceleste, annunciando grandi investimenti nelle strutture che inizieranno già nei prossimi giorni, con l’obiettivo concreto di salire a categoria 500 già nel 2025.
    L’edizione 2023 del torneo è stata assai fortunata, con la presenza e vittoria del formidabile n.1 Carlos Alcaraz. Il giovane iberico ha confermato agli organizzatori la volontà di tornare a Baires per difendere il titolo nel 2024, felicissimo dell’esperienza vissuta e convinto della crescita della “leg” sudamericana.
    L’ATP per permettere il salto di categoria ha richiesto una serie di importanti migliorie all’impianto del club capitolino, fornendo così un importante assist a Tennium, società entrata nel torneo nel 2017 con l’idea di “modernizzare l’evento” e portarlo al massimo livello possibile. BALTC insieme a Tennium ha già approvato molti lavori all’impianto: gli spogliatoi saranno ridisegnati con accesso diretto al campo; verrà realizzata una nuova sala VIP, di circa 500 mq; verranno installati nuovi impianti di refrigerazione; saranno ristrutturate le zone relax e commerciali per il pubblico con nuovi servizi e aree ristorazione, come le pavimentazioni esterne dello stadio e le cabine di trasmissione per i media. Sarebbe importante anche ampliare la capienza del secondo campo, ma su questo al momento non sono state fornite comunicazioni.
    I lavori dovrebbero iniziare già lunedì prossimo e dureranno circa cinque mesi, quindi l’edizione 2024 del torneo, che scatterà il prossimo 12 febbraio 2o24, dovrebbe già presentare la struttura ridisegnata. Prima, sempre al BALTC come sede, è confermata la Coppa Davis tra Argentina e Lituania (16 e 17 settembre), ma i lavori in corso non dovrebbero essere un ostacolo. Invece il WTA 125 di Buenos Aires, anch’esso organizzato da Tennium, è in programma il prossimo novembre ma si giocherà al Tenis Club Argentino, nel quartiere Palermo della capitale.
    L’accordo a lungo termine tra il club e la società proprietaria della data ATP è decisivo per puntare alla crescita gerarchica: passare ad ATP 500. Non ci sono stati annunci in merito, ma se ne parla da moltissimo tempo e il via libera ai lavori di ampliamento lascia supporre che l’upgrade si possa realizzare già nel 2025, visto che l’ATP punta decisa ad avere in calendario due tornei di quella categoria in America Latina il prima possibile, per attirare i migliori giocatori in Sud America a febbraio e così ampliare visibilità e mercato in un’area considerata strategica per la disciplina. Un nuovo 500 in Argentina affiancherebbe quello di Rio di Janeiro.
    In realtà, molti in Argentina sognano un Masters 1000, un torneo che possa far tornare davvero in auge il tennis albiceleste a livello organizzativo e mediatico, ma la situazione è discretamente complessa ed arrivarci a breve sembra un’utopia. Infatti da un lato ci sono enormi pressioni dai paesi arabi per aver un evento di massima categoria, con impianti di fatto già pronti ad ospitarlo (Dubai o Doha potrebbero passare a 1000 senza alcun problema strutturale), a meno che i ricchissimi fondi sauditi non puntino direttamente ad organizzare le Finals quando scadrà l’accordo con Torino; dall’altro lato i problemi sono anche finanziari – i costi per organizzare un M1000 anche a livello di garanzie bancarie sono altissimi – e tecnici, poiché portare un “mille” sulla terra in America Latina vorrebbe dire “costringere” tutti i migliori a parteciparvi, con poche settimane dopo la doppietta Indian Wells – Miami sul sintetico, tornei che al momento sembrano impossibile da spostare in calendario. A meno di una vera e profonda rivoluzione, con il “sunshine double” spostato all’inizio dell’autunno, in barba ai tornei asiatici. Tutto molto, molto complicato.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Le 10 cose che resteranno di Wimbledon 2023

    Carlos Alcaraz (foto Getty Images)

    King Carlos, il nuovo Re
    A soli 20 anni Alcaraz aveva già siglato record storici, il più importante l’esser diventato il più giovane n.1 del ranking ATP (da quando è calcolato al computer) dopo la vittoria a US Open 2022, suo primo Slam. Ma la vittoria ai Championships di ieri segna un passo ancor più importante. Decisivo. Ha imparato i segreti “dell’erba dal 2002” in un batter d’occhio, ha vinto il torneo più importante battendo quello che è unanimemente considerato il più forte e vincente dell’epoca moderna. Ancor più, COME l’ha battuto. Si è preso in faccia un uppercut degno di Mike Tyson nel primo set, si è rimesso in piedi meglio di Rocky Balboa e ha alzato il livello. Rimontato nel quarto, è andato a prendersi tutti i punti più importanti nel quinto, vincendo tecnicamente, fisicamente, mentalmente contro quello che è il migliore per tecnica, resistenza fisica e soprattutto testa. Sconfiggere così il 7 volte campione del torneo, sbarcato a Londra in condizioni eccezionali, va oltre l’eccezionale. È la certificazione che il mondo della racchetta ha un nuovo Re. Non c’entra l’esser già n.1, no. Per tutti Djokovic era il vero n.1, il più forte. Ieri c’è stato il sorpasso. Alcaraz stellare, bellissimo da veder giocare, divertente come tennis e come persona. Che gli Dei del tennis lo conservino a lungo, perché nelle sue mani lo sport è in ottime mani.

    Una finale leggendariaNon sempre, purtroppo, la finale del torneo più importante è la partita più bella dell’anno. Sarà quasi impossibile scalzare la finale di ieri da match del 2023. Spettacolo, adrenalina, colpi mozzafiato, cambi di rotta, lotta, tiebreak, durata, psicodrammi… Ogni palato è stato accontentato, chi voleva la lotta, chi i colpi vincenti, chi l’incertezza. Djokovic ha fatto di tutto per non perderla, è partito forte, è andato sotto e si è ripreso. Alzi la mano chi, all’inizio del quinto, pensava che Carlos potesse girarla di nuovo. Fantastico come sia andato sopra a “Nole”, fisicamente e mentalmente, riuscendo di nuovo ad alzare l’asticella della competizione, il rischio dei suoi colpi, efficace e mani banale. Il match è storico, per mille motivi. Djokovic è tutt’altro che finito, a US ci sarà nuova grande sfida, ma è indubbio che questo successo segna un passaggio di consegne e una partita che ricorderemo, come la finale di Becker ’85, Agassi ’92, o il Federer-Sampras del 2001.

    Bentornato MatteoIn casa Italia la nota più bella, pari alla semifinale di Sinner, è il ritorno di Matteo Berrettini. Rivedere il nostro amatissimo campione così efficace, veloce e potente sull’amatissima erba di Church Road è stato inatteso e straordinario. Dopo le secche di mesi e mesi di vere e proprie torture, con ancora negli occhi la terrificante sconfitta di Stoccarda con l’amico Sonego, vederlo ripartire proprio battendo “Sonny” e poi martellare come nel 2021 contro avversari davvero forti è stato bellissimo. Di nuovo veloce nell’approcciare la palla, solido al servizio, sicuro col diritto in spinta e pure migliorato nel rovescio. Una bellezza. Adesso solo sperare che questo maledetto fisico lo lasci in pace. Bentornato Matteo, quanto sei mancato…

    La prima semifinale Slam di SinnerIl “capitolo Sinner” è sempre bello complesso in ogni torneo, tanta è l’attesa sul nostro top10. Che dire, ha giocato un buonissimo torneo, approdando alle semifinali da n.8, quindi missione compiuta. Fortunato nel sorteggio? Sì, ma gli altri non sono avanzati nel torneo per caso, quindi averli battuti tutti è un merito. Quante volte i vari Federer, Nadal e Djokovic hanno avuto vere autostrade sino ai match decisivi? Chi vince ha sempre ragione. Jannik è stato non sempre a tutta – difficile esserlo – ma ha confermato di aver preso la strada giusta. La semifinale con Djokovic ha mostrato quanto sia vicino all’eccellenza, ma allo stesso tempo quanto i suoi equilibri siano ancora instabili. C’è ancora parecchio da lavorare, tra fisico, tenuta della prestazione al massimo, servizio che deve diventare ancor più incisivo. La crescita di Sinner è continua, questa è solo la sua prima semifinale Slam. Avanti tutta.

    Jabeur, quanto conta la testaChe dolore veder perdere così Ons Jabuer in finale. Che colpo al cuore assistere impotenti al suo pianto a dirotto col “piattino” in mano. Ci credeva, eccome. Era l’occasione di una vita, l’è sfuggita di mano purtroppo per suoi demeriti. Non ce ne voglia l’ottima Vondrousova, non ha rubato niente la ceca, anzi è andata a riprendersi con gli interessi la sfortuna di qualche infortunio di troppo. Ma Ons ha gettato alle ortiche un bel vantaggio in ogni set, mostrando in campo un tecnica, varietà e qualità nettamente superiori, ma una fragilità mentale preoccupante, forse non rimediabile. Chissà se alla tunisina capiterà ancora un’occasione così….

    Eubanks, le favole ogni tanto…Chris Eubanks meriterebbe un capitolo a se stante. L’americano è un gran personaggio, una sorta di mosca bianca in un tour dove domina l’opposto delle sue qualità. Ha disputato uno Wimbledon quasi in trance, dopo aver vinto il primo torneo in carriera, sempre su erba. Che sapesse giocare a tennis lo sapevamo tutti, e l’avevamo anche scritto con gli ottimi approfondimenti sui giocatori emergenti scritti da Antonio Gallucci. Ma che arrivasse a disputare uno Slam chiudendo gli occhi, sorridendo e tirando tutto con questa giocosa sfrontatezza no, non se l’aspettava nessuno. Nemmeno lui. Ha terminato il suo torneo con 315 punti vincenti. Pazzesco. È la dimostrazione di quanto Wimbledon abbia qualcosa di magico e diverso, anche con quest’erba un po’ piatta dei nostri tempi. È la dimostrazione di quanto a livello Challenger ci sia tantissima qualità pronta ad esplodere. È la dimostrazione di come credere nelle proprie qualità, anche se sei un po diverso da tutti, sia la forza che può farti sognare ad occhi aperti. Bravo Chirs!

    Musetti2024No, il buon “Lori” non organizzerà un bel niente l’anno prossimo (o almeno non lo sappiamo!), ma la sensazione è che alla prossima edizione di Wimbledon il talento di Carrara potrebbe sorprendere ancor più. Quest’erba dei nostri tempi sembra fatta a pennello per le sue qualità, e il torneo l’ha dimostrato. Musetti ha imparato a correre sui prati, e per giocarci bene è “costretto” a cambiare atteggiamento e alcuni meccanismi al suo tennis. È spinto ad andare oltre a quelli che sono attualmente i suoi principali limiti: no attendismo tattico, entrare prima nella palla, servire e rispondere con massima attenzione, giocare ordinato. Questo torneo non solo gli ha regalato le prime vittorie in carriera ai Championships, ma aperto nuovi orizzonti. Ha dimostrato a se stesso di poter giocare bene su erba, che il suo tennis deve tendere a tempi di gioco più rapidi, ad un focus totale sui colpi d’inizio gioco.

    Shot Clock, così a che serve?27, 30, 35. Anche 37 secondi prima di servire. Più volte nella finale di Wimbledon il più forte di tutti, Novak Djokovic, ha servito prendendosi tutto il tempo del mondo, nonostante ci sia una regola piuttosto chiara, per chi gioca e soprattutto per chi è appollaiato sul seggiolone, vede il gioco meglio di tutti e dovrebbe tendenzialmente farla rispettare… Niente contro il serbo, campione epocale, ma questa situazione è intollerabile. Ancor più perché chi ruba tempo al servizio si prende tempo per rifiatare, per ossigenare i muscoli (e badate bene, studi accuratissimi dimostrano che anche pochi secondi fanno la differenza…), per concentrarsi. E far perdere ritmo l’altro, mandandolo in bestia. Connors e Lendl, per dirne due a caso, c’hanno costruito e condotto una carriera, ma i loro tempi la regola non c’era. Ora c’è, ma non viene applicata. Visto che ci governa il gioco ama la tecnologia, allora perché non mettere un bell’avviso acustico che scatta allo scoccare del tempo, e punto perso. E via. Nessuna discrezionalità su di una regola banale e che tutti dovrebbero rispettare…

    Anticipare orario d’inizio dei matchPiù volte il torneo è andato in difficoltà quest’anno. Stranissimo per la solitamente efficace organizzazione dei Championships. Qualche scelta poco comprensibile di apertura e chiusura del tetto, un’erba spesso umida che ha fatto scivolare più volte i giocatori e non la stessa decisione su come comportarsi tra un campo e l’altro. Una cosa tuttavia dovrebbe cambiare assolutamente, e già dal 2024: l’orario di inizio dei match. Novak è stato chiaro, e ha ragione: si deve iniziare prima, 1h, anche 2. Il torneo è tarato su una storia di match da erba, mediamente rapidi. Hanno deciso di rallentare così tanto il gioco che ormai si scambia, tanto e i match maschili di oltre 4 ore sono la normalità. Se vogliono tenere questi orari, beh, velocizzino di nuovo il gioco, sarebbe prendere i canonici due piccioni con una fava…

    Svitolina, mamma volanteUltima nota per l’avventura di Elina Svitolina ai Championships. Mamma nemmeno un anno fa, torna con una wild card ed è la tempesta del torneo. Lasciando perdere l’annosa problematica dei rapporti con le (tante) rivali russe-bielorusse, Elina si è completamente ritrovata. Grandi appoggi sull’erba, colpi fluidi e molto aggressiva, anche più di quanto era ai vertici del tour rosa, in campo a tratti volava. Si è presa la grande soddisfazione di mandare in bambola il tennis ancora un po’ anchilosato sui suoi schemi di Iga Swiatek, vera n.1 ma non certo sull’erba. Magari la sorpresa dell’anno prossimo sarà Caro Wozniacki, altra mamma in rampa di lancio per il rientro…

    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO