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    Lindsey Vonn applaude Sinner: “Mi ricorda Roger”

    Jannik insieme a Lindsay sulle nevi delle Dolomiti

    Quando condividi una grande passione è facile stringere una bella amicizia. E fra campioni ci s’intende molto, molto bene. Così è nato il curioso legame tra Jannik Sinner e la leggendaria sciatrice statunitense Lindsay Vonn. “Galeotta” fu la neve e gli splendidi panorami delle Dolomiti, le montagne che Jannik Sinner si porta sempre nel cuore e che ha lasciato con tanta nostalgia oltre 10 anni fa per inseguire il sogno di diventare un grande tennista spostandosi prima a Bordighera, poi a Monte Carlo. Ma appena la stagione glielo consente, Jannik corre nella sua Sesto Pusteria, a ritrovare panorami cari, la sua gente, quelle montagne innevate sulle quali ha mosso i primi passi come sciatore. Proprio sulle nevi di casa un paio d’anni fa Sinner ha avuto il piacere di sciare insieme a Vonn, mantenendo poi a distanza un bel rapporto con la campionessa olimpica e mondiale del Minnesota, ritiratasi dalle competizioni nel 2019 dopo aver vinto praticamene tutto quello che c’era da vincere.
    Dopo il grande successo di Sinner agli Australian Open, Lindsay ha parlato di Jannik, del loro rapporto e della grande stima che nutre per lui. Fin dalla loro conoscenza datata 2022, Vonn ha immediatamente capito che questo magro ragazzo italiano era speciale, aveva qualcosa di diverso che l’avrebbe sicuramente portato a diventare un campione. Intervistata dal sito ATP, Vonn così ha parlato di Jannik, ricordando i loro momenti insieme e spiegando cosa lo rende uno sportivo d’eccellenza, uno che le ricorda Roger Federer.
    “Ho sempre pensato che fosse un ragazzo davvero speciale e il fatto che fosse un ex sciatore ci ha portato ad avvicinarci ancor più” racconta Vonn. “È un ragazzo piuttosto timido, ma davvero umile e sempre gentilissimo. Penso che abbia una prospettiva corretta sullo sport e credo che, in una certa misura, parte di questa derivi anche dall’aver pratico lo sci. Ne abbiamo parlato parecchie volte”.
    “È semplicemente un grande atleta, molto intelligente e non mi sorprende che abbia vinto l’Australian Open. Pensavo che sarebbe riuscito a raggiungere un risultato del genere anche prima, ma è qualcuno che resterà in circolazione per molto tempo. E mi ricorda davvero Roger, a dire il vero“.
    Per l’americana quello in cui Sinner le ricorda Federer è il modo in cui affronta la pressione. “Se è sotto pressione e deve servire, ha un match point o qualcosa del genere, la prospettiva è che se sbaglia il punto, non succederà nulla. Non è come nello sci, dove se non prendi la curva a destra cadi e potresti farti molto male. Ma ha lo stesso tipo di coraggio con cui mette tutto in gioco, qualunque sia la situazione. E quella prospettiva penso sia davvero diversa da quella della maggior parte delle persone e degli atleti, lui la usa a suo vantaggio”.
    “Sulla neve se commetti un errore sei nei guai, il che è qualcosa che ho davvero amato. Amavo il rischio, amavo andare veloce, l’adrenalina e tutte quelle cose”, continua Vonn. “Ma è uno sport molto pericoloso e mi è costato caro. Ho subito più di 10 interventi chirurgici, ho sempre detto a Jannik: ‘Hai scelto lo sport giusto, pratichi uno sport molto più sicuro’. Sento che lui vive la stessa adrenalina”.
    La coppia ha sciato insieme una volta, e anche hanno anche giocato a tennis. “È stato davvero bello, anche se le mie capacità tennistiche non erano eccezionali, devo dire, a quel tempo…” commenta Lindsay

    Hosting Lindsey and skiing near my hometown is something that l’ll treasure for a long time. It’s hard to put into words how truly special it was for me to spend the day and ski with one of the greatest to ever do it ⛷️ pic.twitter.com/P9MVYwLPnp
    — Jannik Sinner (@janniksin) October 16, 2022

    Sappiamo che da ragazzino Jannik era più di un discreto sciatore, ha vinto anche delle gare giovanili. Vonn si è divertita a descriverlo sulle piste innevate, dicendo: “È davvero alto, quindi più sei alto, più è difficile sciare. Ma penso che in fondo sia simile al suo tennis. È molto fluido ed elegante ed è in grado di eseguire carvate e curve davvero belle, sembra davvero farlo senza sforzo. In realtà ero piuttosto nervosa prima di iniziare a sciare con lui perché non volevo essere la ragione di un eventuale suo incidente sulla neve! Ma dopo averlo visto, mi sono subito tranquillizzata perché è molto abile ed è uno sciatore davvero elegante”.
    Solo due anni di conoscenza diretta, ma a detta dell’americana Jannik in questo periodo è maturato moltissimo. “Nei pochi anni che lo conosco, ho sicuramente visto crescere il suo livello di fiducia. Ne ha parlato e sta diventando sempre più forte fisicamente. È un uomo davvero alto e magro, sta sicuramente cercando di diventare più forte. Ma sta semplicemente maturando, sta crescendo e solo potrà migliorare. Sono entusiasta di vederlo continuare ad avere successo nella sua carriera, è un ragazzo fantastico” conclude Lindsay.
    Molti paragonano Jannik Sinner ad Alberto Tomba per impatto e popolarità raggiunta. Chissà che una volta Jan e Albertone possano condividere qualche momento sulla neve. Nella press conference nella nuova sede della FITP Jannik ha affermato “mi piacerebbe una volta sciare con lui”.
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    La principessa saudita Reema risponde a Evert e Navratilova: “Osteggiano le WTA Finals da noi su stereotipi superati”

    Reema Bandar Al Saud (foto WEF24)

    Mentre la WTA “nicchia”, con le Finals di fine 2024 ancora senza una sede ufficiale, non si placa la polemica relativa alla possibilità – per molti osservatori assai concreta – che l’evento possa svolgersi già quest’anno in Arabia Saudita. Molte giocatrici hanno detto seccamente di non voler giocare in Arabia, viste le condizioni delle donne nel paese, e due icone del tennis rosa come Chris Evert e Martina Navratilova si sono spese in prima persona per sensibilizzare il mondo del tennis contro questa ipotesi. L’hanno fatto poche settimane fa in modo congiunto con un accorato e importante articolo pubblicato sul Washington Post, nel quale hanno dettagliato i molti temi sociali che ostano a questa possibilità, ritenuta un contro senso assoluto per i diritti delle donne. Non si è fatta attendere una risposta ufficiale a questa dura posizione: si è scomodata addirittura la Principessa saudita Reema Bandar Al Saud, attualmente ambasciatrice del suo paese alle nazioni unte, parlando di concetti errati, basati solo su stereotipi superati.
    Il gigante del medio oriente è sbarcato con forza nello sport, e da tempo ha messo gli occhi anche sul tennis, organizzando lo scorso anno per la prima volta un torneo ufficiale, le NextGen ATP Finals. Nonostante le dichiarazioni di facciata, gli spalti del torneo sono stati discretamente vuoti e l’interesse per l’evento, per prima volta spostato da Milano, assai minore rispetto al passato. Forse le Finals U21 hanno perso un po’ di smalto e appeal dopo l’effetto novità, anche per via di una formula che ormai è già vista, ma anche il cambio di sede non ha certamente giovato. I ricchissimi fondi sauditi tuttavia puntano assai più in alto, desiderando le ATP Finals una volta che sarà terminato il contratto con Torino, quindi un Masters 1000 magari di inizio stagione come tappa di avvicinamento all’Australia, ma anche le Finals femminili, evento che necessita di un grande rilancio dopo annate davvero disastrose tra Cancun e Fort Worth.
    L’ipotesi del tennis femminile di vertice in un paese nel quale le donne stentano nel godere di libertà e diritti basilari è considerato da molti un contro senso, e questo ha innescato una forte campagna contraria. In risposta a queste polemiche, la principessa Reema ha rilasciato una dichiarazione in cui difende i piani sul tennis femminile nel suo paese, implorando Evert e Navratilova di “chiarire le proprie posizioni”. Riportiamo la dichiarazione di Reema dal media The National.
    “Come donna che ha dedicato la sua vita alla causa delle donne, mi ha addolorato profondamente leggere un articolo sul Washington Post che si opponeva al fatto che l’Arabia Saudita possa ospitare finali della Women’s Tennis Association, basandosi su argomenti che sono stereotipi obsoleti e visioni occidentali della nostra cultura” scrive Reema.

    To those who seek to deny our women the same opportunities of others, what I hear clearly is that there is no seat for us at their table. But we welcome you at ours.
    A response to:https://t.co/8Bbvm4LHUG pic.twitter.com/JuIqMTTNht
    — Reema Bandar Al-Saud (@rbalsaud) January 30, 2024

    “Non riconoscere i grandi progressi che le donne hanno fatto in Arabia Saudita denigra il nostro straordinario viaggio. Come molte donne in tutto il mondo, abbiamo guardato alle leggende del tennis come pioniere e modelli di comportamento… barlumi di speranza che le donne possano davvero raggiungere tutto ciò. Ma queste campionesse hanno voltato le spalle proprio alle stesse donne che hanno ispirato e questo è deludente.”
    Nell’articolo “incriminato” di Evert e Navratilova, si scrive che le donne in Arabia Saudita “non sono viste come uguali, è un paese in cui il panorama attuale include una legge sulla tutela maschile che essenzialmente rende le donne proprietà degli uomini“. Questa la risposta della principessa Reema: “Su questo, lasciatemi semplicemente dire: chiarite i fatti. Ciò che viene spesso definito “tutela” non descrive più lo status delle donne saudite oggi. Le donne non hanno bisogno dell’approvazione di un tutore per viaggiare, lavorare o essere capofamiglia. Oggi, le donne saudite possiedono più di 300.000 imprese e circa il 25% delle start-up di piccole e medie dimensioni, il che è circa la stessa percentuale degli Stati Uniti. Le donne in Arabia Saudita ora godono della parità di retribuzione, aprendo la strada verso qualcosa che dovrebbe essere universale. Anche se c’è ancora del lavoro da fare, i recenti progressi a favore delle donne, l’impegno delle donne sul posto di lavoro e le opportunità sociali e culturali create per le donne sono davvero profondi e non dovrebbero essere trascurati”.
    Rivolgendo la sua attenzione allo sport femminile in Arabia Saudita, la principessa Reema ha dettagliato l’enorme crescita: “Oggi non abbiamo solo leghe e federazioni sportive femminili, ma abbiamo anche più di 330.000 atlete iscritte, di cui 14.000 giocano attivamente a tennis. Abbiamo migliaia di allenatrici, mentori, arbitri e medici sportivi donne. Le donne partecipano a competizioni sportive locali, regionali e internazionali. E vincono. Eppure è in questo momento in cui sentiamo voci provenienti da oltreoceano – anche da coloro che onoriamo e con cui accoglieremmo volentieri – che ci considerano tutte vittime e senza voce, i cui desideri dovrebbero essere relegati ad argomenti politici di tendenza in favore dell’esclusione. Ciò non solo mina il progresso delle donne nello sport, ma purtroppo mina anche il progresso delle donne nel loro insieme.”
    “A coloro che cercano di negare alle nostre donne le stesse opportunità di cui godono gli altri, dico che quello che sento forte e chiaro è che non c’è posto per noi alla loro tavola. Ma accoglierò voi alla mia perché il mio tavolo non è limitato da opinioni politiche, confini, razza o geografia. E spero che accettino il mio invito a sedersi al mio tavolo e incontrare le donne che forse non avevano intenzione di ispirare. In qualità di presidente del Comitato femminile olimpico e paralimpico saudita e membro della Commissione di genere, uguaglianza e inclusione del Comitato olimpico internazionale, ho la responsabilità di condividere la nostra storia con il mondo, non per ottenere l’approvazione, ma per un dialogo produttivo, per combattere per la nostra causa comune, non solo in Arabia Saudita, ma in altri luoghi dove le donne non si accontentano più di sedersi in disparte.”
    Questo il secco messaggio che la principessa saudita rivolge non solo a Martina e Chris, ma tutto il mondo della racchetta e non solo.
    La questione resta molto aperta, discretamente spinosa. Nonostante le parole di apertura della principessa, c’è scetticismo su quanto tutto ciò sia solo una “facciata” per avvicinarsi al mondo occidentale, o al contrario racconti davvero quel che accade quotidianamente nella vita delle donne nel paese arabo, con importanti passi in avanti. L’unica via per superare queste barriere culturali è la conoscenza: viaggiare, conoscere, capire e così valutare veramente quale sia la condizione di una donna “normale” in Arabia Saudita. Se le parole della principessa rispecchiano la realtà, portare nel paese esempi virtuosi di donne forti e vincenti grazie allo sport, libere di viaggiare e vivere la propria vita, potrebbe rappresentare un ulteriore stimolo al progresso sociale.
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    Clement: “Oggi i primi 4 al mondo sono molto distanti dagli altri. La visione che abbiamo di Djokovic è messa in discussione”

    Jannik Sinner a Melbourne (foto Getty Images)

    Arnaud Clement è stato buon profeta. L’ex finalista (2001) degli Australian Open prima dell’avvio del torneo sulle colonne de L’Equipe aveva scommesso su Jannik Sinner come vincitore del primo Slam della stagione. Troppo dominante e intenso il tennis mostrato dall’azzurro nel finale del 2023, e la serie di top player battuti confermava quanto Jannik fosse pronto ad alzare la coppa di un Major. Così è stato, con una cavalcata spettacolare, una nuova vittoria contro Djokovic e una finale epica, rimontando due set a Medvedev.
    Il quotidiano sportivo parigino è tornato a parlare con Clement, per analizzare la vittoria di Sinner e la situazione del tennis maschile in questo momento. Per l’ex top10 francese, i primi quattro in classifica – Djokovic, Alcaraz, Medvedev e Sinner – hanno scavato un solco importante, profondo, con tutti gli avversari, tanto che a suo dire sarà quasi impossibile che uno dei giocatori appena dietro riesca a vincere un major quest’anno e in futuro chissà. Riportiamo alcuni passaggi dell’interessante pensiero di Clement.
    “Il successo di Jannik Sinner agli Australian Open non mi ha sorpreso. Mi sono detto che se c’era qualcuno capace di creare una piccola sorpresa quello era lui” afferma Arnaud. “Dato il suo livello nel 2023 e visti i suoi progressi, abbiamo constatato che non era più nella stessa categoria di prima, era arrivato al top. A fine anno è entrato chiaramente nel clan dei quattro top, con Novak Djokovic, Carlos Alcaraz e Daniil Medvedev. Quando ho visto i suoi risultati di fine stagione, il suo successo in Coppa Davis, le sue due vittorie su Djokovic, ho pensato: è “on fire!”, che livello!”.
    “C’è una top 4 ben definita ed è ben al di sopra rispetto al resto degli altri giocatori al mondo. Questo ha senso quando si vedono i progressi e il tennis praticato da loro, molto superiore a quello degli altri. Prenderò ad esempio quello di Andrey Rublev, che è 5° al mondo. Sappiamo quanto sia forte da fondo campo, ma il suo tennis non ha subito alcuna evoluzione. Ha ancora gli stessi difetti: il servizio, il fatto che non arriva quasi mai a rete, dove può essere goffo… Niente a che vedere con Sinner”.
    Questi per Clement i punti di forza di Sinner: “Come colpisce la palla da entrambi lati. Di fronte a lui non puoi scegliere se giocare di diritto o di rovescio. Ad una certa velocità vieni distrutto. Per battere i migliori devi essere completo, lui lo è molto più di prima. Un anno fa era evidente che poteva progredire anche sulla seconda di servizio, ce l’ha fatta. Ha modificato questo movimento, è più compatto. Poi il fisico, prima poteva pagare fisicamente nelle partite difficili. Oggi regge e con intensità. Abbiamo anche visto, soprattutto al Masters, che riesce a venire di più a rete. Non metto più Stefanos Tsitsipas, Alexander Zverev o Rublev nella sua stessa categoria. Questi ragazzi, non li vedo ancora in grado di sollevare un trofeo del Grande Slam”.
    Secondo il francese, il dominio totale di Djokovic è ormai a rischio vista l’ascesa di Alcaraz prima e di Sinner oggi: “Avere un Sinner così forte è un punto di svolta. Ci siamo sempre chiesti chi potesse battere Djokovic sul cemento e sull’erba. Ecco Sinner, un giocatore lo ha appena battuto tre volte sul cemento. La visione che abbiamo di Djokovic è un po’ messa in discussione. Per la prima volta, a Melbourne, ci siamo detti che dimostrava la sua età.  È chiaro che adesso ci sono due o tre ragazzi che possono sgambettarlo nei tornei del Grande Slam, perché sono capaci di tenergli testa nei momenti importanti. Ovviamente Djokovic è capace di rimettere le cose a posto. Ma se scattiamo una foto di fine 2023-inizio 2024, Sinner lo ha battuto in partite che contano davvero, sia in Coppa Davis che a Melbourne. Ora che lo ha battuto in un match da cinque set, sa di poterlo fare ancora”.
    Per Clement, Medvedev è più di un quarto incomodo… “Attenzione, non dobbiamo dimenticare Medvedev! Non ne parliamo oggi perché ha perso la finale, ma è ancora lì. Un anno fa abbiamo focalizzato solo la rivalità Djokovic-Alcaraz. Non è più così. La cosa bella è che c’è anche una rivalità Alcaraz-Sinner, e lo sarà per molto tempo! È fantastico, ci aspettano sfide spettacolari” conclude Arnaud.
    Sono considerazioni molto interessanti, che commentiamo volentieri. In effetti, se ci mettiamo nei panni di un rivale di Sinner, dell’ultimo Sinner, …dove lo attacchi? Sul rovescio è fortissimo, ma ormai anche sul diritto non perde più il controllo come in passato e può fulminarti con un’accelerazione cross ancor più stretta e veloce, o uno di quei cambi in lungo linea che hanno tramortito sia Djokovic che Medvedev (vedi l’indimenticabile match point a Melbourne in finale, solo citarne uno ormai iconico). Inoltre il fatto che che Sinner negli ultimi mesi ha battuto tutti i più forti, cedendo solo nella finale di Torino, è la conferma che nelle grandi occasioni l’azzurro è diventato un leader. Quello da battere. “Djokovic può rimettere le cose a posto”, afferma Clement, ed è quello che tutti si aspettano. Come “Nole” ha rilanciato con ancor più cattiveria agonistica la scorsa estate dopo la sconfitta a Wimbledon, tutto lascia pensare che già nel prossimo Sunshine Double il serbo arriverà con la voglia matta di riaffermare il suo ruolo di leader. La sensazione è che ne vedremo delle belle…
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    Thiem: “Vedo il 2024 come la mia ultima opportunità”

    Dominic Thiem

    Non è mai mancata lucidità e obiettività a Dominic Thiem. Pensava di poter arrivare tra i migliori da giovane, quando prima dell’alba correva nei boschi intorno a Vienna spinto dai metodi duri ma efficaci di Gunter Bresnik; sentiva di poter alzare uno Slam quando battagliava ad armi pari contro Nadal sul rosso di Parigi e non solo. Sentiva di aver toccato il cielo con un dito a New York, dopo aver rimontato in modo clamoroso due set di svantaggio a Zverev, uno sforzo massimo, fosse irripetibile. Sente oggi che il suo tennis non va come sperato e non crede che la situazione attuale possa durare ancora a lungo. Rilancio e ritorno in posizioni più consone in classifica, oppure è il segnale che il suo fisico e la sua testa di più non consentono e quindi è meglio farsi da parte piuttosto di trascinarsi. Un sentimento davvero opposto a quello espresso proprio ieri da Andy Murray, e che abbiamo riportato in un altro articolo.
    L’austriaco dopo aver vinto l’unico Slam a US Open 2020 ha affrontato seri problemi fisici, insieme a un crollo motivazionale e altri problemi mentali relativi alla sua prestazione che l’hanno spinto a lunghi periodi di pausa. È rientrato pienamente sul tour da diverso tempo, ma quel tennis potente e continuo che l’ha issato sino al n.3 nel ranking è uno sbiadito ricordo. Non gioca nemmeno così male Dominic, ma fa tutto un po’ peggio… la palla corre di meno, è meno profonda, gli errori più frequenti. Intensità fisica e mentale, forza bruta nella spinta, sono sempre stati il suo marchio di fabbrica. Oggi il suo tennis è meno dirompente, non fa più male come una volta. Lui ne è pienamente consapevole, e per questo sta riflettendo seriamente sul suo futuro. Ne ha parlato in una bella intervista rilasciata al magazine austriaco Der Standard, nel quale parla a cuore aperto sul suo presente, i suoi programmi (giocherà tre Challenger invece di Indian Wells e Miami, per provare a risalire la china), ma anche delle sue aspettative. Se non ritroverà la magia del suo gioco e si avvicinerà concretamente alla top50, il ritiro potrebbe arrivare già alla fine di questa stagione.
    “Nel mese di marzo ho in programma tre Challenger, non andrò a Indian Wells e Miami. Giocherò a Szekesfehervar, Zara e Napoli” dichiara Thiem. “Voglio tornare presto tra i primi 70 o 60, quindi potrò pianificare meglio i miei prossimi tornei perché con la mia classifica adesso è difficile. Ogni partita in un ATP 250 è complicata”.
    Dura ma realistica l’analisi del suo momento: “Vedo questa stagione come l’ultima opportunità, se andrà bene tutto potrebbe cambiare velocemente. Sono passati due anni da quando sono tornato dall’infortunio e ho chiuso il 2022 vicino ai primi 100, e l’anno scorso ho finito 98esimo, non un progresso. Se dovessi finire quest’anno nuovamente su queste posizioni, devo pensare se ne vale la pena“.
    “Per due anni sono rimasto stazionario in zone di classifica in cui non voglio stare. Certo, questo mi mette alla prova. Ci sono molte cose che mi accadono adesso a cui non pensavo da molti anni, come la preoccupazione di poter accedere ai migliori tornei del mondo. È una pressione diversa. Non la situazione in cui voglio stare”.
    Dominic ha scelto di interrompere la sua collaborazione con Benjamin Ebrahimzade, adesso non ha ancora un coach. “Mi sono separato da lui dopo gli Australian Open. Chi sceglierò? Non sarà una grande star. Voglio qualcuno che sappia com’è stata la mia vita, il mio cammino, come ho lavorato in passato e quel che mi ha portato ad avere un certo successo. Ma non sarà nemmeno Gunter Bresnik, sarà qualcuno che mi conosce da quando ero giovane. Vedo questa come l’ultima possibilità di fare il salto di cui ho bisogno.” Non ha tuttavia fatto nomi, ma nella sua testa sembra un profilo ben definito. Un ritorno al passato per cercare di ritrovarsi.
    Quel che lo motiva a provarci ancora è la passione. “Non ho mai giocato per soldi. Non sono una persona che dà troppo valore ai soldi. Quello che inseguo è ritrovare la sensazione di giocare di nuovo il mio miglior tennis in una partita, ai livelli a cui ero abituato e ai quali penso ancora di poter tornare. Questo è quello che mi aspetto da me stesso” conclude Thiem.
    Parole sincere, discretamente crude, che spiegano la realtà e mentalità di Dominic. Un ragazzo di talento che ha costruito una bella carriera con tanto lavoro e dedizione. La sensazione tuttavia, come abbiamo scritto più volte in passato, è che arrivare tra i migliori a giocarsela alla pari contro Nadal su terra, contro Djokovic e Federer sul veloce, gli sia costato uno sforzo sovrumano, che l’abbia naturalmente consumato. Un po’ come accade a tutti i grandi giocatori che basano la propria prestazione su forza fisica e intensità, Jim Courier per citarne uno. Appena si cala anche solo un filo nella forza e nella resistenza, percentualmente la qualità generale della prestazione crolla in modo esponenziale. Auguriamo a Dominic una fantastica risalita, ma il percorso per lui ormai 30enne sembra molto difficile.
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    Sinner, una vittoria “rotonda”, da Campione completo

    Sinner con tutto il team a Melbourne (foto Getty Images)

    “A volte le parole non bastano.E allora servono i colori.E le forme.E le note.E le emozioni.”
    Prendo volentieri in prestito le belle parole di Alessandro Baricco per descrivere lo stato d’animo attuale di chi ha raccontato su Livetennis la straordinaria cavalcata di Jannik Sinner agli Australian Open 2024. Sono passati più di due giorni dall’incredibile successo dell’azzurro in finale su Medvedev, ma l’emozione è ancora forte, palpabile, intensa. Non ci si stanca mai di rivedere il match point, quel gioioso crollo a terra, occhi chiusi, ad assaporare un momento sognato da una vita. E noi con lui, a inveire contro il mondo intero in quei due maledetti set iniziali, con la speranza che quel contro break alla fine del secondo non fosse solo un “brodino”, ma la scossa. Così è stato, la rimonta è arrivata per la gioia sua e di tutti noi, e non è stata un miracolo. Tutt’altro.
    Oltre 48 ore di vento, sole e freddo invernale non hanno affatto sopito l’emozione per la vittoria ma consentono di tornare con maggior lucidità e profondità sullo straordinario Australian Open giocato da Jannik, per un’analisi più dettagliata di quel che ci ha raccontato il torneo, le sue meravigliose sette vittorie che l’hanno trasformato in Campione Slam, il tennis che ha giocato e ha stroncato la resistenza dei migliori avversari. Senza la pretesa di essere esaustivi, e con l’intenzione di tornare presto sul tema per analizzare altri aspetti visto che di materiale da trattare ce n’è proprio tanto, …ed è bellissimo farlo!

    Una vittoria “rotonda” perché completa
    Uno Slam non lo si vince per caso. Mai. Possono esserci casi fortunati, nel senso di trovarsi al posto giusto nel momento giusto. In passato – qualche lustro addietro, a dire il vero – abbiamo raccontato di vincitori Slam bravi a giocare il miglior tennis della vita con un tabellone non impossibile, rivali fortissimi incappati in momenti no, qualche assenza. Dall’avvento dei Big Three, non è praticamente mai accaduto, visto che alla fine uno di loro in una finale Slam c’è praticamente sempre stato, salvo rarissime occasioni (es: US Open 2020, proprio per citare uno Slam “diverso” e tutto particolare). Jannik Sinner si è strameritato la vittoria a Melbourne perché ha giocato meglio di tutti e ha sconfitto avversari fortissimi. I migliori possiamo dire senza ombra di dubbio. Lasciamo perdere i primissimi match, ugualmente dominati in modo impressionante, ma dagli ottavi Jan ha trovato rivali veri. Verissimi. Khachanov è un tennista forte, con qualche limite, ma al quarto turno è uno che non vuoi proprio ritrovarti al di là dalla rete, perché lotta fino all’ultima palla e ha potenza ed esperienza nella battaglia, anche sulla lunga distanza. Sinner l’ha demolito ben bene. Nei quarti ha superato Rublev, n.5 del mondo, quindi per ranking il peggiore che potesse incontrare. Vero che il tennis del moscovita va quasi sempre a “sbattere” contro quello dell’azzurro, ma Andrey ha disputato una partita di grande spessore, e se mai avesse vinto quel tiebreak in cui era in netto vantaggio il match si sarebbe sicuramente incendiato ancor più e complicato. Jannik ha compiuto uno dei capolavori del torneo infilando un filotto di punti magistrali, che ha stroncato testa e gambe del rivale.
    La semifinale vs. Djokovic, beh, ca va sans dire… Sinner ha scalato l’Everest sportivo del momento, battere il più forte nel torneo dove il più forte non aveva mai perso in semifinale (o finale). E come l’ha fatto, stroncando la resistenza del n.1 a furia di pallate, di un’intensità di spinta brutale, con l’incredibile merito di aver retto l’impatto del primo set perso nel torneo con la grande occasione sprecata per chiuderla. Un momento cruciale, ha dimostrato la capacità di reazione, solidità mentale e forza tecnica di Jannik, pronto a cancellare con un clic la prima vera difficoltà del torneo, incurante di chi fosse l’avversario, pronto a ripartire ancor più forte e riprendersi il comando del match, vincendolo. La finale è stata un film da Oscar, troppe cose, troppe situazioni, una rimonta incredibile. Solo un certo Borg era riuscito a rimontare due set di svantaggio nella sua prima finale Slam e vincerla. Siamo al top del top. Sull’Olimpo dello sport.
    Questi descritti sono solo alcuni degli aspetti che, tirando le somme, portano alla conclusione che la vittoria di Sinner agli AO24 è stata totale. Completa. Sinner ha giocato meglio di tutti, e l’ha fatto per 7 partite, senza grandi sbavature. Sinner ha condotto il gioco, ha imposto il suo tennis ma è anche stato bravo a cambiare all’occorrenza. Sinner ha reagito nei momenti difficoltà, contro Djokovic in SF e nella F vs. Medvedev, superando una partenza difficile per la tensione all’atto conclusivo e una possibile rimonta del n.1 in semi. Jannik ha mostrato nel torneo una formidabile capacità tecnica, fisica, mentale. Non è mancato niente, ha messo in campo tutto quel che deve avere un grande Campione. Scacco Matto – > Slam.

    La sensazione di gestione, da Campione affermato
    Ripensandoci a freddo, la misura della straordinaria forza di Sinner, della sua qualità e livello di prestazione raggiunto, viene dal fatto che in tutto il torneo, inclusi i due match più duri contro Djokovic e Medvedev, mai ha dato la sensazione di essere al limite delle proprie possibilità, sull’orlo di spezzarsi, rompere l’incantesimo. Quando in finale è andato sotto di due set, Jannik non era praticamente entrato in moto… Lì ha pagato la tensione del momento, dell’evento. Era quasi scontato accadesse, anche se nel pre partita quasi tutti gli analisti affermavano che l’azzurro avrebbe vinto, addirittura tre set a zero… No, quello sarebbe stato quasi disumano, ma Jannik è tutto il contrario, è un fantastico esempio di normale umanità. È un bravissimo, straordinario, eccezionale atleta “normale”. Proprio la normalità è la sua straordinarietà. Ha dovuto lavorare tanto, in campo e su se stesso, per arrivare dove è adesso.
    Non ha avuto sconti. Ne ha masticata di polvere. Di delusioni. Ripensiamo al Match Point non sfruttato vs. Alcaraz a NY. Ripensiamo alle batoste contro Tsitsipas a Melbourne. Ripensiamo alla seconda sfida a Wimbledon vs. Djokovic, dove mai è stato davvero in corsa per vincere. Ripensiamo a quando si faceva male assai spesso e vincere più match 3 su 5 sembrava un traguardo impossibile. Non parliamo di lustri ma solo di mesi addietro. Sinner ha lavorato, bene e duramente. È cresciuto di fisico e di mentalità, trovando una sicurezza e consapevolezza che l’ha fatto esplodere al massimo livello lo scorso autunno. Lo Slam sembrava diventato possibile dopo le Finals e la Davis. Possibile, non scontato. Agli Australian Open è stato straordinario per come ha gestito tutto il torneo. Vincere di slancio tre match, durando pochissima fatica – al contrario di Medvedev, …vero Daniil? – è stato decisivo per farlo arrivare fresco e focalizzato alle partite decisive. Mentre molti, da Zverev a Djokovic, si sono “incasinati” in prestazioni così così, lasciando per strada energie fisiche e mentali, Sinner ha tarato i suoi forzi ma è riuscito a vincere agile, senza accumulare scorie nel braccio, nelle gambe e nella testa. Ha vinto, ha preso fiducia, si è sentito sempre più libero e sciolto. Lo si è visto nei quarti, e poi in semifinale, dove è partito con una veemenza e potenza strabiliante, tanto da annichilire il n.1 con un’intensità brutale. Irresistibile. Ma anche in quello sforzo contro Djokovic, pur conducendo, pur tirando a mille all’ora, mai ha dato la sensazione di essere sopra le sue capacità, al limite, ad un secondo dal crack. No. C’era la sensazione netta e palpabile di misura, di controllo, che tutto quello di magnifico che stava producendo punto dopo punto fosse assolutamente “normale”, in gestione, a grande velocità ma non oltre i suoi limiti.
    E in finale, i primi due set non era “fuori controllo”, proprio non c’era affatto. Teso, bloccato dall’emozione per la partita più importante della sua vita. C’ha messo un’ora e mezza a scuotersi, ma c’è riuscito e non per grazia divina, o per gentile concessione di un Medvedev fortissimo, deciso come mai a vincerlo ‘sto Slam dopo due finali perse. Sinner ha reagito dopo il secondo break nel secondo set. Lì, mentalmente ha sentito che peggio non poteva andare, e che non era il caso di rovinare un così grande torneo con una “derrota fatal”. No. Si è rifiutato di assecondare tristemente quel che era stato fino a quel momento, e di pura lucida rabbia agonistica ha finalmente tagliato le corde alle zavorre mentali che bloccavano braccio e gambe. Due pallate micidiali, contro break. Jannik Sinner s’è tolto la tuta ed è sceso davvero in campo. Da Jannik Sinner. Ha iniziato a muovere il rivale, ad esplodere il suo tennis, si è ripreso il tempo di gioco, il centro del campo, il comando delle operazioni. Rimonta, vittoria. L’ha fatto con classe, con misura, anche qua senza dare la sensazione di esser andato oltre i propri limiti. È stato straordinario a ritrovarsi dopo un’avvio difficile e quindi giocare un gran tennis, ma nemmeno il suo “migliore”. Non ha giocato sopra ritmo, al limite, l’ha solo ritrovato. Come hanno fatto alcuni grandi campioni in passato. Reazione – > vittoria. Anche per questo, la finale degli AO24 è stata un capolavoro, una sorta di Laurea, di Master, di quel che certifica uno status superiore, di Campione completo.

    Mentalità, quel che “assicura” future vittorie
    La parola “assicurare” per mille motivi entra malvolentieri nel mio vocabolario. E infatti non v’è alcuna certezza che questo Slam di Sinner “assicuri” altri prossimi successi nei Major o grandi tornei. Ma tirando le somme di tutto quello che ho descritto finora insieme alle sue frasi a caldo dopo la vittoria, abbiamo un quadro di eccellenza assoluta, che ci fa capire la mentalità vincente di questo ragazzo e che non corriamo affatto il rischio di aver già toccato l’apice, ma solo una base di partenza su cui costruire grattaceli verso l’infinito.
    “Ho chiuso gli occhi crollato a terra dopo il match point e non ho pensato al trofeo, alla vittoria, ma alla prestazione, che alla fine mi ero ripreso e ho giocato bene dopo una partenza difficile”. “Avere questo trofeo, è una sensazione incredibile. Mi sento grato di averlo qui. Ma so che devo lavorare ancora più duramente, perché gli avversari troveranno il modo di battermi e devo essere preparato. Vediamo cosa ci riserverà il futuro”. Consapevolezza sì, ma anche tanta voglia di crescere. Il primo pensiero non andato alla soddisfazione di avercela fatta, ma al suo tennis, all’aver toccato un gran livello e di poterlo ancora migliorare perché niente è scontato, gli avversari sono forti e d’ora in poi ancor più vogliosi di batterlo. Ha pensato al team che si è costruito, coeso, di qualità, pronto a sostenerlo in ogni momento della sua prestazione e allenamento. Un team decisivo al Sinner vincente di oggi, alla mentalità di chi ha lavorato tanto e bene per massimizzare un talento innato. Questa la Mentalità del Campione, colui che non si ferma mai, che non si accontenta, che vede le vittorie come opportunità di crescita personale per arrivare ancor più in alto. Parole che Jannik ripete da anni, anche quando non aveva raggiunto risultati straordinari. Team. Lavoro. Processo. Stare in una posizione per passare alla successiva. Queste sono parole che ripete da tempo, nelle quali crede, che animano la sua giornata. Sono le chiavi della mentalità vincente, dei Campioni che hanno segnato un’epoca nello sport.
    Jannik Sinner con questa vittoria a Melbourne ha scritto una pagina indelebile della storia del gioco e del tennis italiano. Ma c’è molto, molto di più. L’intero torneo e il suo successo in finale ha dimostrato che Sinner ha raggiunto una maturità fisica, tecnica, mentale da Campione completo.
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    Sette spunti dall’Australian Open 2024

    Jannik Sinner nel servizio fotografico dopo la vittoria a Melbourne (foto Getty Images)

    Un sorriso, una coppa storica, una meravigliosa città sullo sfondo. Impagabile la gioia di iniziare questa settimana, questo benedetto 29 gennaio 2024, con le splendide immagini di Jannik Sinner appena arrivare da Melbourne, i canonici scatti post vittoria che resteranno nel libro d’oro del torneo. Resteranno soprattutto nella memoria di chi ama il tennis, nel nostro cuore, un ricordo da custodire gelosamente dopo un’attesa di quasi 48 anni. Jannik Sinner ha vinto un torneo dello Slam, è entrato nel “club” più esclusivo della disciplina. L’ha fatto disputando un torneo eccezionale, estromettendo nel percorso il n.5 del mondo Rublev, il più forte dell’epoca moderna Mr. Record Novak Nole”Djoker” Djokovic, e poi in finale un irriducibile lottatore e campione come Daniil Medvedev. L’ha fatto rimontando due set di svantaggio, scacciando i propri demoni e la tensione di un avvio shock. L’ha fatto di lotta e di classe, di tecnica e di fisico, di testa e di colpi. Una vittoria rotonda, che più piena non si può. Ha scacciato via ogni singolo dubbio o timore su quel che ancora temevamo gli mancasse per arrivare ad alzare uno dei 4 trofei più importanti, …fisico, qualche colpo, esperienza. Jannik si è preso tutto,  l’ha fatto con classe cristallina e moderazione, con uno stile che sta diventando iconico che ci auguriamo faccia scuola. Potremo scrivere fiumi di parole per celebrare la sua vittoria a Melbourne, e continueremo ad analizzare quel che l’ha portato a vincere e cosa potrà succedere da qua in avanti. Ma intanto chiudiamo questa memorabile edizione degli Australian Open andando a puntualizzare quel che resterà di questo primo Slam 2024, oltre la vittoria di Sinner.

    Sinner oggi è il più forte al mondo
    Torneremo su questo punto con un articolo dedicato, ma sia il campo da gioco che i numeri parlano chiaro: in questo preciso momento Sinner è il miglior tennista del mondo. Non lo certifica il ranking, visto che il calcolo si basa su 12 mesi di prestazioni, ma dallo scorso autunno nessuno ha vinto quanto Jannik, sia in termini di risultati che di vittorie contro i migliori avversari. Lo afferma oggi anche lo ELO ranking di tennis abstract, che ha una base assai solida. Scrivere tutto questo è incredibile, sorprendente e bellissimo.

    Djokovic è pronto al rilancio
    Guai a pensare che il “Djoker” sia pronto per la pensione. Ovviamente l’aver perso 3 partite importantissime su 4 contro Sinner nell’arco di poche settimane è un discreto “schiaffo” per lui… ma non ci dimentichiamo cosa accadde dopo la sconfitta per lui durissima in finale a Wimbledon 2023 per mano di Alcaraz. Ha masticato amaro, si è preso qualche settimana ed è tornato nell’estate USA ancor più duro e vincente. Visto che ancora il fisico sembra sorreggerlo, tutto lascia pensare che quest’ennesima sconfitta patita da Jannik sarà un fiume di benzina ad accendere un fuoco ancor più vivo. A Jannik, e gli altri rivali, batterlo nei prossimi grandi appuntamenti. Siamo certi che Nole sarà lì pronto a tornare a vincere.

    Alcaraz, abbiamo un problema
    Carlos ha affrontato gli AO24 senza aver giocato un match ufficiale dalle ATP Finals 2023. Possiamo dire “si è visto”. Non ha mai davvero brillato il giovane spagnolo nel torneo, solo sprazzi di grandi tennis, anzi, momenti di impeto leonino conditi da grandissimi colpi. Ma… la sostanza e la continuità dove sono? Ruggine, forse, ma potrebbe anche esserci dell’altro. Ha colpito molto come abbia perso male contro Zverev, dominato e senza trovare davvero una reazione forte dal punto di vista tecnico e tattico, solo uno scatto d’orgoglio che non è bastato a rimetterlo in carreggiata. Ha colpito ancor di più il candore con il quale ha affermato dopo la sconfitta di non averci capito niente… di non trovare spiegazione alla sua modesta prestazione. Sembra aleggiare da qualche mese un po’ di confusione nella sua testa, e pure in qualche settore del suo gioco. Il diritto su tutto, sembra scricchiolare e non poco. Ha perso intensità Carlos, fisica e tecnica, e pure convinzione. Vederlo guardare smarrito il suo angolo è preoccupante. È ancora nei suoi 20 anni, questo torneo ha confermato che non ha imparato a vincere se non gioca a mille, a tutta. Gli avversari l’hanno capito, e hanno trovato il modo di metterlo in difficoltà. Sta lui ora riflettere e rilanciare. Lo aspettiamo, perché Alcaraz è spettacolo puro, è una benedizione per il nostro sport.

    La durezza di Daniil ha qualche limite, o forse ha sbagliato programma
    “Ripenseremo a quel che abbiamo fatto nelle scorse settimane”. Così Gilles Cervara ha commentato la sconfitta di Medvedev dopo la finale degli Australian Open. Una frase sibillina che lascia presagire un confronto schietto che porterà a sicuri cambiamenti nei programmi e forse gestione della partita. Il russo è arrivato vicinissimo a vincere il primo titolo a Melbourne, gli è mancato un solo set. Pochissimo. Non c’è riuscito per la reazione clamorosa, impetuosa, di un Sinner stellare. Ma la verità che è Medvedev è arrivato in finale stremato da un torneo nel quale ha perso troppe energie per strada. Per questo ha messo in campo in finale una tattica “fuori tutta”, per destabilizzare un Jannik mostruoso, ma anche perché aveva il bisogno di vincere “rapido”, sentiva chiaramente di non poter arrivare primo al traguardo dopo un’altra maratona. E così è stato. Bravo, bravissimo Daniil, incredibile come sia riuscito a reinventarsi ancora una volta in finale, mostrando un tennis agli antipodi rispetto a quello ammirato in tutto il torneo, passando da un difensore estremo ad attaccante sublime. Ripetiamo: c’è andato vicinissimo, e l’avrebbe anche meritata la coppa, per il torneo e la sua storia. Ha trovato uno più forte, e con classe estrema s’è inchinato, riconoscendo i meriti dell’azzurro. Ma forse una miglior gestione del torneo e delle settimane che l’hanno avvicinato ad esso, con nessun evento giocato in preparazione e quindi troppe energie spese per strada per trovare la miglior condizioni, gli sono probabilmente costate la sconfitta.

    Zverev, manca sempre qualcosa
    La faccia di Sasha dopo i due punti non sfruttati quando era esattamente a due punti dal battere Medvedev sono la foto migliore per spiegare quel che non va nel suo tennis e che ancora non gli permette di arrivare in fondo e vincerlo questo “benedetto-maledetto” Slam. Un pizzico di malasorte, ma anche la difficoltà di tirar fuori le giocate del campione nei momenti decisivi. Purtroppo per il tedesco, non è la prima volta che gli succede. Spesso approccia gli incontri male, con quelle scorie di attitudine passiva – difensiva che non consente di far esplodere la classe e potenza dei suoi colpi. Ha di fronte avversari incredibili, oggettivamente superiori. Ma capita non di rado che si complichi la vita da solo, perdendo il focus, energie e lucidità. Dopo il grave infortunio si è ritrovato, è davvero un tennista forte, ma qualcosa ancora manca, e il tempo passa… Rischia sempre più di ricevere la “tessera” di uno dei club meno graditi, quello dei più forti a non aver vinto uno Slam. Gli auguriamo di farcela, ma per compiere l’ultimo step necessita di una crescita personale che stenta terribilmente a fare.

    Cobolli, sarà l’”Arnaldi del 2024?”
    Flavio ha disputato un Australian Open eccellente. Si è preso una vittoria clamorosa contro Jarry, e come se l’è presa. Ancor più importante ha superato la prova del 9, ancor più difficile per uno come lui, con nessuna esperienza a questo livello. Ha mostrato in un torneo durissimo i progressi pazzeschi compiuti negli ultimi mesi. Forse nel 2022 era salito nel ranking troppo presto, senza aver rafforzato fisico e colpi. Ha lavorato tanto il romano, in silenzio con determinazione. Oggi il servizio è colpo molto migliorato, fisicamente è di un altro pianeta, e la palla oggi gli viaggia discretamente bene. Questo torneo deve dimostrargli che ha tutto quel serve per starci a questo livello, in questi tornei, contro gli avversari più attrezzati. Non deve temere niente e guardare d’ora in avanti ogni torneo come un’opportunità di fare esperienza e crescere. Arnaldi nel 2023 ha fatto un balzo magnifico; chissà che non sia la volta di Cobolli quest’anno…

    Match troppo lunghi. È necessario agire. Subito
    La differenza tra gli Slam e gli altri tornei della stagione sta nella storia, nell’epica, anche nelle battaglie sulla lunga durata. Ma forse agli AO24 si è passato il segno. 61 incontri nel tabellone maschile hanno superato le 3 ore, quasi 20 hanno superato le 4 ore, 35 partite sono terminate al quinto set (record nel torneo). Ok la lotta, che è uno degli aspetti intriganti del tennis, ma così forse si sta esagerando. Può essere anche una combinazione “sfortunata” di condizioni, come scontri tra avversari molto vicini tra loro, ma in generale si scambia troppo, c’è tantissimo agonismo e le partite tendono pericolosamente a diventare maratone che, piaccia o no, rischiano di diventare sempre meno fruibili per gli appassionati. Non si cambiano le regole di una disciplina per la tv, MAI. Ma per migliorare uno spettacolo si possono apportare correttivi. Quali? Semplice: il tennis è nato come sport di destrezza. Agire su palle, superfici e corde dei telai per premiare maggiormente la tecnica di gioco, il tennis offensivo e abbassare l’importanza del fattore atletico è una via praticabile e a basso costo/impatto. È possibile. È provato da test. Se non lo si vuole fare è solo una scelta politica. Chi afferma il contrario, che “non si può”, mente.
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    Sinner da record: alcuni primati segnati da Jannik

    Sinner saluta il pubblico dopo la vittoria su Djokovic (foto Getty Images)

    Jannik Sinner con la vittoria su Novak Djokovic nella prima semifinale degli Australian Open 2024 ha segnato nuovi record, alcuni storici per il tennis italiani. Riportiamo i più significativi.
    1 – È il primo tennista italiano a raggiungere la finale in singolare agli Australian Open. Il precedente primato apparteneva a Matteo Berrettini, fermato in semifinale nel 2022 da Rafael Nadal
    2 – Altro primato assoluto per Sinner: è il primo tennista italiano capace di battere il n.1 del mondo in un torneo dello Slam da quando il ranking ATP è calcolato al computer (1973). Prima di questo successo di Jannik, il record dei giocatori italiani contro il primo n.1 del ranking in un major era di 0 vittorie e 23 sconfitte. Barriera storica abbattuta da Sinner con questo straordinario successo.
    3 – Sinner succede proprio a Djokovic come finalista più giovane del torneo, con 22 anni e 163 giorni. Era dal 2008, quando il serbo disputò la sua prima finale a Melbourne (vinta vs. Tsonga), che non c’era un tennista così giovane in lizza per vincere il Norman Brookes Trophy.

    Scintillating Sinner 🇮🇹🔥
    He achieves the impossible defeating 10x #AusOpen champion Djokovic 6-1 6-2 6-7(6) 6-3.@janniksin • #AO2024 • @wwos • @espn • @eurosport • @wowowtennis@Kia_Worldwide • #Kia • #MakeYourMove pic.twitter.com/X6qFAtegq7
    — #AusOpen (@AustralianOpen) January 26, 2024
    4 – Sempre da quando il ranking è formulato al computer (1973), solo Rafael Nadal ha vinto più partite di Jannik Sinner nelle sue prime sei sfide contro il numero 1 del mondo: 5 per lo spagnolo, 4 per l’italiano. Questi i match dell’azzurro:Monte Carlo 2021: Djokovic b. SinnerMiami 2023: Sinner b. AlcarazATP Finals 2023: Sinner b. Djokovic nei roun robinATP Finals 2023: Djokovic b. Sinner in finaleDavis Cup 2023: Sinner b. DjokovicAustralian Open 2024: Sinner b. Djokovic
    5 – Sinner è n.4 del mondo nel Live Ranking ATP con ben 7610 punti. Mai un tennista italiano ne aveva accumulati così tanti, e in caso di vittoria del torneo domenica potrebbe arrivare a 8310. Molto vicino al n.3 di Medvedev (che avrà cambiali pesantissime in primavera…)
    6 – Sinner ha vinto 11 delle sue ultime 12 partite giocate contro avversari top 10. Mai un italiano era riuscito a compiere una striscia di successi così prestigiosi. Questa la successione degli incontri dallo scorso ottobre (dopo US Open 2023):W – n. 2 Alcaraz (ATP 500 Pechino 2023, SF)W – n. 3 Medvedev (ATP 500 Pechino 2023, F)W – n 5 Rublev (ATP 500 Vienna 2023, SF)W – n. 3 Medvedev (ATP 500 Vienna 2023, SF)W – n.6 Tsitsipas (ATP Finals 2023, RR)W – n.1 Djokovic (ATP Finals 2023, RR)W -n.8 Rune (ATP Finals 2023, RR)W – n. 3 Medvedev (ATP Finals 2023, SF)L – n.1 Djokovic (ATP Finals, F)W – n.1 Djokovic (Davis Cup 2023, SF)W – n.5 Rublev (Australian Open 2024, QF)W – n.1 Djokovic (Australian Open 2024, SF)
    Numeri eccezionali, che confermano la grandezza e lo status di Campione di Jannik Sinner. Se la salute lo sosterrà, è facile prevedere che Sinner riscriverà completamente la storia del tennis italiano al maschile. Bravissimo!
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    Alcaraz dopo la bruciante sconfitta: “Non so che è successo”. Le difficoltà di lettura e reazione dello spagnolo

    Carlos Alcaraz nella conferenza stampa dopo la sconfitta

    È stato a due punti da una delle peggiori sconfitte in carriera, poi è riuscito a tirare su un gran set, dominando un tiebreak con 7 punti di fila, uno più bello dell’altro. Momento tennisticamente splendido per Carlos Alcaraz ma assai effimero, poiché quel livello stellare è mancato fino al 5-3 del terzo set, e poi è riuscito a ritrovarlo solo a tratti nel quarto, fino al break di Zverev che l’ha condannato alla sconfitta. Sconfitta meritata vista la splendida partita giocata dall’inizio alla fine dal tedesco. Alcaraz è mancato in lucidità, consistenza, capacità di reazione. Una brutta battuta d’arresto che è diventata una sorta di K.O. anche nel dopo partita.
    Parlando alla stampa, infatti Carlos non riesce a spiegarsi cosa sia successo, il motivo di un ingresso nel match così scadente e del perché abbia stentato sino alla fine a rialzarsi e iniziare a giocare il suo miglior tennis. Forse ha parlato troppo a caldo, ma per una volta le parole dell’iberico mostrano tutta la sua giovinezza, incertezze e dubbi su di un futuro che sarà sicuramente radioso, ma un po’ più complicato di quel che forse lui stesso si aspettava dopo Wimbledon e i tanti successi già ottenuti a soli 20 anni.
    “Nel terzo set ho giocato di nuovo un ottimo tennis” commenta Alcaraz. “Ho trovato il modo di strappargli un contro break e di rientrare in partita, avevo le mie opzioni sul 3-4 nel quarto e non ne ho approfittato. Penso di aver giocato un buon tennis nel quarto set, anche se non al mio miglior livello. Ci sono stati molti alti e bassi nel mio gioco. Non ho trovato il miglior servizio per tutta la partita. È stato difficile giocare con quella pressione a cui Zverev mi costringeva ogni volta che servivo. Vedremo in futuro, ma è un peccato non aver potuto dimostrare il mio livello oggi. Devo imparare”.
    “Non so cosa dire. Non so cosa sia successo” commenta amaramente, e in modo assai candido. “Devo vedere cosa è successo e parlare con la mia squadra, perché in questo momento così a caldo non so che conclusioni trarre. Sicuramente mi diranno le cose come stanno e da lì miglioreremo. Sono sicuro che in futuro migliorerò, perché se voglio vincere altri Slam devo migliorare in questo tipo di cose. Quando succede questo, rimontare non è impossibile, ma contro questo tipo di giocatori è molto complicato rientrare in partita”.
    “Sasha ha giocato una grande partita. Ha iniziato come io avrei dovuto, e come pensavo sarebbe partito, molto aggressivo al servizio. Non so cosa sia successo. Mi piacerebbe dirlo, ma non ho avuto buone sensazioni dall’inizio. Ho commesso errori che non commettevo all’inizio delle altre partite. Il servizio è stato pessimo, né percentuali, né controllo… Contro giocatori di questo livello è difficile rimontare. Proverò a guardare la partita e a parlare con Samu e Juanki, che hanno visto cosa è successo”.
    “Ho cercato di rimanere forte e cercare di ritrovare sensazioni. Non dobbiamo togliere merito a Sasha, ha fatto una partita completa. Se mi avesse lasciato qualcosa sarei entrato prima in gioco, ma lui non mi ha concesso niente. Una delle cose che tengo a mente è che, in questo tipo di situazioni, devo cercare di essere tosto e provare buone sensazioni, anche se sto perdendo e il mio gioco non funziona. Alla fine del terzo set le ho ritrovate per miracolo e pian piano sono migliorato, ma non voglio togliergli meriti perché oggi è stato il migliore”.
    Chiedono a Carlos se sia preoccupato per gli alti e bassi, quei momenti di black out mentale mostrati oggi nel corso del match. Così risponde: “Nessuno è perfetto. Tutti hanno sempre qualcosa da migliorare. Non cercherò scuse per la mia età, ma ho 20 anni. È una cosa che devo migliorare e personalmente penso che sia normale che mi succeda. La cosa bella è che sappiamo che questo mi succede e dobbiamo lavorare affinché succeda meno o non accada affatto. Se andiamo più indietro, a me è capitato più spesso, ma adesso accede di meno. Non mi preoccupa. So che è qualcosa che cambierò e cambierò direzione. So ce la farò, vedrete un miglioramento”.
    Per Alcaraz il favorito resta Djokovic, ma… “I giocatori che sono in semifinale hanno il livello per batterlo. Vedremo. Non è facile batterlo in un torneo come questo, dove è quasi imbattibile. Sinner ha giocato un tennis incredibile, non ha ancora perso un set e ha la capacità di battere Novak. Guarderò la partita”.
    Leggendo tra le righe delle parole di Alcaraz, si legge una certa confusione. Esattamente quella con cui ha iniziato la partita e che non è riuscito a scacciare dalla sua testa finché non si è ritrovato spalle al muro, a due punti dalla sconfitta, e lì diventa facile lasciar correre il braccio e via, scatenando il talento ad occhi chiusi. Lucidità di analisi delle situazioni, capacità di reazione alle difficoltà e resistenza nei momenti “no” sono essenziali per vincere contro i migliori. Alcaraz ha 20 anni. Ha vinto due Slam, dominato gli avversari più forti. C’è riuscito imponendo il suo gioco, dando il massimo, dominando. I grandi campioni devono trovare la chiave per scardinare portoni chiusi, quelle giornate nelle quali non senti la palla, il servizio non va, l’avversario è al massimo. Al momento, Alcaraz non riesce a vincere contro i più forti quando non impone il suo tennis, questo è il responso dal campo, oggi e non solo.
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