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    Caccia agli Slam 2021: cosa manca agli “inseguitori”? (di Marco Mazzoni)

    Stefanos Tsitsipas, semifinalista a Roland Garros 2020

    Il 2021 tennistico maschile scatta oggi tra Antalya e Delray Beach, tra le mille incertezze dovute alla pandemia, possibili nuovi spostamenti e cancellazioni. Ci apprestiamo a seguire una stagione che, come mai prima, saremo costretti a vivere giorno per giorno, sperando che le vaccinazioni di massa in corso in molti paesi possano rappresentare la fine del tunnel verso quella “normalità” perduta che oggi ci manca terribilmente.
    In questo scenario di totale incertezza, lanciarsi in previsioni sugli Slam 2021 sarebbe a dir poco ardito. La sensazione è che Novak Djokovic e Rafa Nadal saranno – tanto per cambiare – ancora gli uomini da battere. Nonostante i loro (prossimi) 34 e 35 anni, con mille battaglie nelle gambe e nella testa, la fortissima motivazione di segnare record storici (numero di Slam, settimane al n.1) li farà scattare in pole position, a meno di infortuni o situazioni imprevedibili.
    Altra certezza, la posizione di Dominic Thiem, ormai al pari dei due super campioni. L’austriaco è stato il primo nato nei ’90s a vincere un Major a New York, dopo aver perso finali a Parigi e Melbourne. Ormai Dominic è a tutti gli effetti il terzo incomodo, pronto a vincere a Melbourne, Parigi e New York. E gli altri?
    Nel primo approfondimento del 2021 parliamo degli inseguitori, quella pattuglia variopinta, interessante e ricca di talento quasi pronta a spiccare il volo verso la prima vittoria in uno Slam. Accadrà nel 2021? Non v’è certezza, ma è assai probabile che almeno uno di loro possa finalmente imporsi in uno dei quattro tornei principali della stagione. Ci sono molti segnali concordanti in tal senso. Il disgraziato 2020 ha mostrato per alcuni di loro importanti segnali di crescita, come la finale a US Open di Zverev, la vittoria alle ATP Finals di Medvedev spazzando via i primi tre al mondo, la semifinale di Tsitsipas a Roland Garros (dopo quella a Melbourne del 2019). Andiamo a vederli uno per uno, focalizzando l’attenzione su quel che (a fine 2020) mancava per compiere l’impresa e sedersi al banchetto dei veri Campioni. Per tutti loro sarà fondamentale elevare la “continuità di prestazione”, ossia la capacità di giocare il proprio miglior tennis più a lungo possibile, ma non solo.

    Daniil Medvedev (24 anni) – Continuità con la prima di servizio. È già andato molto vicino a vincere uno Slam, a New York 2019, quando solo l’enorme cuore e classe di Nadal hanno impedito al russo l’impresa, a coronare la sua estate magica. Medvedev ha il tennis più “rognoso” tra gli emergenti: tattico, di difficile lettura, molto personale. Ti porta a giocare male, con quella ragnatela di palle lente, “storte”, senza peso, e poi un improvviso strappo a spezzarti il ritmo e le gambe. Ti manda “in bestia”, ti toglie ritmo e fiducia. Quando Medvedev è davvero centrato, è un bruttissimo cliente per tutti. Però il suo tennis così complesso e personale richiede una perfetta condizione atletica, è assai dispendioso in energie fisiche e psicologiche, perché lui non spazza via il rivale, lo lavora ai fianchi, spesso in match lunghi e faticosi. Per questo il rendimento della prima di servizio diventa fondamentale: ricavare molti punti diretti per non spremersi in ogni scambio, ed allo stesso tempo elevare la frustrazione dell’avversario, è conditio sine qua non per vincere contro i big. Lo si è visto alle Finals, e praticamente in ogni suo grande successo. Ancora la prima di Daniil non è sempre al top. A volte stenta a prendere ritmo, oppure scompare per alcuni games. In uno Slam, con Rafa, Novak o Dominic al di là della rete, non te lo puoi permettere. Se nel 2021 Daniil troverà un servizio ancor più pungente e costante, potrà vincere il suo primo Slam.

    Stefanos Tsitsipas (22 anni) – Intensità e propensione offensiva. Il giovane “Dio greco” del tennis affascina per la sua eleganza nel gesto, completezza tecnica e versatilità. Dalla sua racchetta possono uscire traiettorie splendide da ogni posizione di campo, anche dal diritto, assai migliorato e reso più stabile nell’ultimo periodo. Tuttavia Stefanos ancora difetta in intensità. Nelle grandi e lunghe sfide, ha ancora la tendenza a prendersi delle pause in cui aspetta troppo l’avversario, si mette a scambiare come per rifiatare, ritrovare energie fisiche e mentali. Puntualmente in quei frangenti un rivale top ne approfitta, mette le marce alte e scappa via. Tsitsipas spesso riesce a rientrare, ma compie un grande sforzo che poi finisce per pagare nella fasi decisive (tiebreak, quarto e quinto set). È diventato un discreto lottatore, ma deve riuscire a concentrare gli sforzi in un rendimento medio più alto, cancellando quei momenti un po’ abulici in cui sembra tirare i remi in barca. Allo stesso tempo, deve trovare la fiducia per produrre un tennis più incisivo perché ha tutti i mezzi e colpi per riuscirci. Quando il greco tiene l’iniziativa, affonda i colpi, viene avanti giocando molto aggressivo, produce un tennis non solo bellissimo ma anche vincente ed efficace. Resterà sempre un creativo, soggetto a sbagliare e prendere decisioni tattiche pericolose, ma deve incanalare il suo gioco verso il rischio, con una posizione più avanzata e cercando di tenere in mano l’iniziativa il più possibile, visto che in modalità “creative” è assai più forte rispetto a quando è costretto a rincorrere. E magari usare maggiormente il rovescio slice per togliere ritmo ai molti picchiatori del tour e quindi entrare con i suoi colpi in anticipo.

    Alexander Zverev (23 anni) – Posizione di campo e attitudine. Sono passati diversi mesi, ma ancora resta incredibile la rimonta subita a NY da Thiem nella finale di US Open 2020. Sasha aveva dominato i primi due set, mostrando finalmente un tennis facile, sicuro, offensivo. Thiem fu forse fin troppo dimesso, e la sua scossa nel terzo finì per far ripiombare il tedesco nella propria palude, quella in cui si arrocca con un tennis consistente ma poco incisivo, tanto da annegare. Qua passa tutta la differenza tra un Campione ed un ottimo giocatore. Zverev in carriera ha vinto Masters 1000, le ATP Finals, ha battuto tutti i migliori perché possiede la qualità per farlo. Tuttavia continua non convincere perché riesce in queste imprese solo quando libera testa a braccio, producendo un gioco geometrico e veloce, aggressivo. In questi match, gioca con i piedi più vicini alla riga di fondo, con la prima apre il campo e quindi entra col rovescio poderoso, o lavora lo scambio col diritto cross, lungo e preciso. Quando tiene questa attitudine offensiva insieme ad una posizione avanzata, è un Top player, pronto a vincere uno Slam. Purtroppo ancora gli accade di rado, in modo completamente imprevedibile. È quindi una questione mentale, di fiducia, di presenza in campo. Nella sua giovane carriera, Alexander ha macinato tanti avversari quanti coach… vediamo se David Ferrer sarà quello “buono”. L’iberico fu un esempio di applicazione ed attitudine, proprio quella che manca al suo assistito.

    Andrey Rublev (23 anni) – Piano B. Rublev è stato uno dei giocatori migliori nel 2020. 5 tornei vinti, una crescita importante che l’ha giustamente portato a vincere anche l’ATP Award (insieme al suo coach, Fernando Vicente). Tuttavia i numeri vanno saputi leggere, e questi parlano chiaro: contro i migliori e negli Slam, Rublev ancora fa fatica. Non ha ancora superato la barriera dei quarti in uno Slam, ha battuto pochi Top, tenendo invece un livello medio molto alto contro gli altri. Il motivo di quest’andamento è squisitamente tecnico: il tennis di Rublev è formidabile ma ancora mono dimensionale. Il suo pressing ad altissimo ritmo e grande rischio è il suo marchio di fabbrica, con cui macina moltissimi avversari; ma potrebbe diventare anche la sua maledizione se non riuscirà a costruirsi un piano B per le situazioni in cui non riesce a sfondare l’avversario. Con i piedi vicini alla riga di fondo, Andrey spinge come un forsennato, palla dopo palla, costringendo l’avversario ad accorciare e aprendosi uno spiraglio per l’affondo, o portandolo all’errore. Ma… se questo non avviene? Se l’avversario si appoggia e non sbaglia? O se l’avversario risponde con palle lavorate e lo manda fuori ritmo? Sconfitta, perché Rublev ancora non è riuscito a trovare una via di fuga, una soluzione. Questa potrebbe essere un’incursione a rete (ma la tecnica di volo e posizione sono ancora rivedibili), oppure lavorare per stringere gli angoli con meno velocità e più rotazione, visto che il vero cambio di ritmo non è nelle sue corde. Rublev sembra un tennista già piuttosto formato sul piano tecnico, e con precise qualità ma anche limiti. Magari potrebbe trovare due settimane in cui, sostenuto da una condizione fisica eccezionale e grande sicurezza, riuscirà a travolgere ogni avversario, ma per trovare uno Slam del genere sembrano molti i pianeti che dovrebbero allinearsi alla perfezione…

    Matteo Berrettini (24 anni) – Salute e forma fisica. Di fatto il 2020 dell’azzurro non è valutabile. Ha giocato pochissimo, forte del ranking protetto sui risultati 2019, e quando l’ha fatto non stava quasi mai bene. Lo si sapeva, fin dall’inizio. Nel 2019 il tennis fantastico di Matteo è stato sostenuto da un’annata fortunatamente senza grandi intoppi sul lato fisico. Quando ti porti dietro un corpo così importante, il problema è dietro l’angolo. Con questo dovrà convivere l’azzurro, per tutta la carriera, l’augurio e speranza è che grazie ad un eccellente lavoro si possa preservarne il più possibile la salute, in modo da esplodere in campo quella potenza e qualità che l’hanno portato alla SF a US Open e giocare il Masters di fine anno, chiudendo tra i primi 8 al mondo la stagione 2019. Matteo come tennis può crescere ancora in molte cose: più qualità in risposta, qualche accelerazione di rovescio improvvisa, qualche miglioria nella volée e nell’approccio, una seconda di servizio sempre più incisiva. Ma il miglior Berrettini, seppur incompleto, è già un tennista fortissimo, che se la gioca con i migliori, perché ha un tennis “moderno”, efficace su ogni superficie, a patto di stare bene. L’augurio è di ritrovarlo nel 2021 al 100% sul lato atletico, perché solo con la miglior condizione gioca libero di testa e con fiducia.

    Denis Shapovalov (anni 21) – Ordine e prima di servizio. “Showtime Shapo” ha infiammato il Foro Italico nel 2020, mostrando anche sul rosso quel tennis irresistibile, una macchina da tennis infernale, imprevedibile, bellissima. Capace di creare meraviglie tecniche che ti lasciano a bocca aperta, ma allo stesso tempo distruggere tutto con la stessa velocità. Tra i giocatori di cui ho parlato è il più giovane, in tutti sensi. Quando si è così creativi, quando il padreterno ti regala così tanto talento e possibilità, incastrare il tutto in un piano razionale ed efficace è sempre più complesso. Ancor più se hai una personalità spiccata, vuoi imporre il suo gioco senza compromessi. Per questo solo trovando ancor più ordine e logica, Denis potrà salire di livello trovando quella continuità di rendimento all’interno dello stesso torneo che ancora gli manca. Non ha superato lo scoglio dei quarti in uno Slam, segnale di come faccia ancora fatica a trovare stabilità. Per farlo, oltre ad un lavoro importante sul piano mentale e tattico – auguri Youzhny – sarà necessaria anche una crescita nel rendimento con la prima di servizio. È la storia del gioco che lo dice: tutti i tennisti altamente creativi e con un tennis molto rischioso hanno iniziato a vincere solo quando sono riusciti a ricavare molti punti diretti con la prima. Perché metti sotto pressione il rivale, perché prendi fiducia nel tuo gioco, perché rischiando tanto, qualcosa concedi. Uno Shapo che si gioca uno Slam sarebbe il miglior biglietto da visita per il nostro sport.

    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Un’azione legale contro la quarantena dei giocatori complica la situazione a Melbourne

    Il travagliato percorso di organizzazione dei prossimi Australian Open – al via l’8 febbraio, tre settimane dopo la data consueta – è ulteriormente complicato da un’azione legale. Lo riferisce il Sydney Morning Herald, facendo scattare un nuovo campanello d’allarme sul primo Slam stagionale, insieme ai nuovi casi positivi al Covid-19 riscontrati a Melbourne negli ultimi […] LEGGI TUTTO

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    Un tour di 36 eventi Challenger e Futures sarà lanciato in America Latina (di Marco Mazzoni)

    La città di Conception, in Cile, ospiterà il primo nuovo Challenger

    L’ATP sta seguendo una politica “prudenziale”, vista l’incertezza della pandemia ancora in corso, tanto che il calendario 2021 è stato rilasciato solo fino a tutto marzo, con possibili ulteriori spostamenti, cancellazioni e novità. Ancor più ristretta la lista dei Challenger, che si ferma a febbraio. Tuttavia qualcosa di importante si sta muovendo nel circuito minore, con una novità molto interessante in procinto di essere lanciata. Il collega argentino Sebastan Torok ne ha parlato sulle colonne de La Nacion: il 2021 vedrà la nascita di un circuito di 36 tornei in America latina (escluso il Venezuela, troppi problemi politici al momento per investire nel paese). È confermato il lancio di un nuovo torneo in Cile a Conception: nella bella località marina sarà organizzato un Challenger su terra battuta dal 15 febbraio. Questo sarà il primo evento di una serie di tornei nel continente, 12 Challenger, 12 ITF Futures (oggi chiamati M15) e 12 W15 (ITF femminili), con un Masters finale per i migliori del mini-tour.
    L’iniziativa è nata grazie all’idea dell’ex giocatore argentino Horacio De La Pena (vincitore di 4 tornei e best ranking al n.31 nel 1987), da anni attivo in Cile con un’accademia da lui fondata e diretta. I tennisti latino americani da tempo sono in difficoltà per la scarsità di tornei nel continente, soprattutto quelli di seconda fascia necessari ad accumulare esperienza e punti per la scalata al “piano di sopra”. Una situazione che li costringe a lunghissime trasferte tra nord America, Europa o Asia, con altissimi costi e difficoltà logistiche che spesso scoraggiano all’avventura, ritardando o addirittura bloccando la crescita dei talenti della regione. Da questa considerazione è arrivata la spinta che ha portato De La Pena ad impegnarsi per costruire questo tour, che sta per esser lanciato grazie al sostegno economico del gigante Unilever (multinazionale titolare di 400 marchi tra i più diffusi nel campo dell’alimentazione, bevande, prodotti per l’igiene e per la casa).
    Dopo una lunga serie di contatti in più paesi sud americani tra ex giocatori, club e associazioni, e visto che tutti concordavano sulla bontà dell’idea per rilanciare il movimento del continente, De La Pena ha presentato il suo progetto in Cile a un dirigente dell’azienda main sponsor dell’ATP 250 di Santiago, che aveva anche sponsorizzato – con enorme successo – l’esibizione di Roger Federer e Alexander Zverev nel novembre 2019. Pochi giorni dopo, De la Peña ha ricevuto la risposta che sperava: la divisione regionale di Unilever si farà carico del progetto e contribuirà con oltre un milione di dollari per finanziare il tour, che dovrebbe chiamarsi “Circuit Dove Men + Care South American Legion”.

    Trovata la copertura finanziaria, De la Peña ha iniziato a contattare i personaggi più influenti del settore in sud America per creare una sinergia e dirigere il tour, ottenendo un riscontro molto positivo all’ATP e presso l’ITF relativamente alle date.
    I tornei partiranno su terra battuta – classica superficie in America latina, ma è allo studio la possibilità di organizzarne anche su altre superfici. La firma del contratto con Unilever dovrebbe essere di due anni, con l’intenzione di prorogarlo nel tempo. Inoltre, verrà aggiunto un accordo con la COSAT (South American Tennis Confederation) per istruire i giocatori su di un protolocco che regola la sicurezza nei tornei, ma anche istruzioni in merito alle politiche antidoping, scommesse, rapporti con la stampa e con gli sponsor.
    L’intenzione è quella di creare un vero e proprio tour nei minimi dettagli, con una struttura che coordini gli eventi anche a livello di produzione e distribuzione dei contenuti, per dare più forza commerciale alla nuova realtà. Infatti pare sia stato creato un consiglio di amministrazione in cui, oltre a De la Pena, figurano il paraguaiano Camilo Pérez (presidente del COSAT), l’uruguaiano Rubén Marturet (vicepresidente), il brasiliano Guga Kuerten con la sua Fondazione, il capo dell’Associazione argentina di Tennis di Agustin Calleri e Mariano Zabaleta, Rafael Westrupp (presidente della Confederazione brasiliana del tennis), il colombiano Santiago Giraldo, l’ecuadoriano Nicolás Lapentti, il peruviano Luis Horna, il boliviano Hugo Dellien, l’uruguaiano Pablo Cuevas e l’argentina Mercedes Paz (capitano della squadra Billie Jean King Cup, ex Fed Cup), tra gli altri. Tutti personaggi ancora attivi e molto influenti, a conferire ulteriore credibilità al progetto.
    Ancora non si conoscono i dettagli a livello di calendario degli eventi. Le scelte verrano effettuate tenendo conto degli aspetti geografici, per minimizzare spostamenti (e costi). Una serie di tornei dovrebbe svolgersi ininterrottamente in Argentina, Uruguay e Cile; e poi tra Colombia, Ecuador e Perù, quindi in Brasile. Stesso schema per i Futures: almeno due nella stessa sede in settimane consecutive, per ottimizzare la gestione sanitaria e mantenere le stesse persone (giocatori, staff). Pare sicuro che i primi eventi andranno in scena senza pubblico, in attesa di vedere gli sviluppi dei contagi nei vari paesi, visto che la presenza o meno degli spettatori dipenderà dalle decisioni dei governi locali.
    Il progetto sembra quindi ben fondato, solido dal punto di vista economico e ben strutturato in tutta l’America latina. Esattamente quello di cui c’era bisogno per dare una spinta ai molti giovani promettenti del continente, ma in estrema difficoltà nel muovere i primi passi visti i costi elevati per sostenere lunghe trasferte.”I giovani tennisti argentini devono affrontare non solo la competizione globale, oggi durissima, ma anche la crisi economica nel paese, che ha messo in difficoltà tutti. Qualche anno fa era più facile trovare un club o uno sponsor locale che sosteneva la tua attività per qualche anno, e così riuscire a viaggiare con il tuo coach senza dover contare ogni spesa. E poi c’erano delle serie di tornei dove  poter competere a buon livello per crescere di esperienza e racimolare punti. Oggi è diventato tutto assai più complicato” aveva dichiarato qualche tempo fa Jose Acacuso. Infatti nel passato in Argentina si svolgeva la “Copa Ericson”, con sette tornei Chellenger all’anno tra 1997 e 2001, e poi la Copa Petrobras, attiva con uno schema simile dal 2004 al 2011.
    L’augurio è che il main sponsor creda nel progetto a lungo termine, per dare la continuità necessaria ai vari eventi per crescere e radicarsi nel tessuto sportivo dei vari paesi, ed allo stesso tempo permettere alle nuove generazioni di tennisti latini di giocare con continuità e crescere.
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    “L’obiettivo di Naomi Osaka nel 2021 sarà l’oro olimpico”

    Naomi Osaka, n.3 WTA

    “L’obiettivo di Naomi Osaka nel 2021 sarà l’oro olimpico”. Parole e musica di Yutaka Nakamura, trainer della n.3 del ranking WTA. Del resto la possibilità di potersi giocare la vittoria alle Olimpiadi nella capitale del proprio paese è un’occasione unica nella carriera di uno sportivo. “Ho parlato con lei in diverse occasioni del grandissimo sogno che sarebbe vincere l’oro olimpico a Tokyo 2021”, dichiara Nakamura alla stampa nazionale, “non ci sono molte opportunità in una carriera professionale per ottenere grandi successi olimpici, è consapevole che potrebbe avere tre chance nella migliore delle ipotesi, al massimo della forma, alle Olimpiadi. Quindi ci assicureremo che sia ben preparata, al massimo delle sue possibilità”.

    Alcuni osservatori criticano Osaka per il fatto di non giocare molti tornei, concedendosi delle pause. Proprio su questo tema, Nakamura approfondisce il suo punto di vista, spiegando come questi momenti “off” siano voluti e studiati: “Naomi ha capito di essere una persona che ha bisogno di prendersi delle pause, e di avere pazienza nell’attesa. Ci sono giocatori che hanno paura di rallentare la propria stagione razionalizzando gli sforzi temendo di perdere ritmo e fiducia, ma lei invece sa stare lontana dal tennis senza perdere di vista la sua condizione fisica e feeling con il gioco. Riesce a trovare l’equilibrio tra disconnessione mentale e mantenimento fisico. Questa è una qualità importante, non scontata, è qualcosa che di solito costa molto ai tennisti, quindi Naomi possiede un grande vantaggio. Così facendo potrà gestire al meglio gli sforzi fisici e mentali, e mantenere in equilibrio il suo corpo. Inoltre, è molto umile, sa ascoltare e vive la sua vita interessandosi a molti altri aspetti sociali oltre al tennis”.
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    Murray ci ripensa: non andrà a Delray Beach

    La prossima settimana l’ATP 250 di Delray Beach – insieme ad Antalya – inaugurerà il calendario del 2021. Il torneo della Florida vanta una discreta entry list, arricchita dalla wild card assegnata ad Andy Murray. Lo scozzese sta cercando di rientrare nel tennis che conta, ma il suo ranking ancora è troppo basso (n.122 a […] LEGGI TUTTO

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    Opelka: “Nell’ATP ci sono troppi conflitti di interesse”

    Reilly Opelka

    Rielly Opelka chiude il tormentato 2020 con “i botti”, sparando senza mezzi termini sull’ATP. Nel corso di una intervista concessa al podcast Behind the Racquet, il gigante statunitense accusa l’ATP di vivere con forti conflitti di interesse, e questo finisce per penalizzare oltremodo i giocatori, proprio quelli che a rigor di logica l’associazione dovrebbe sostenere. Per questo Reilly non si dice affatto sorpreso della nascita della PTPA e di condividerne i principi. Ecco alcuni estratti del suo pensiero.
    “Noi giocatori abbiamo bisogno di una associazione come la nuova PTPA. Se guardiamo bene, ci sono molti conflitti di interesse all’interno dell’ATP. Non è possibile per una persona essere presente alle riunioni dell’ATP, essere un direttore di torneo e quindi un agente di un giocatore. Non può succedere assolutamente una cosa del genere, ci sono molti conflitti di interesse e la PTPA è stata creata per sbarazzarsi di questo genere di situazioni”.

    Il riferimento è chiaro: Herwig Straka, che oltre a rappresentare gli interessi di Dominic Thiem è anche direttore di un torneo e membro del board ATP: “L’agente di Dominic Thiem è un esempio … Possiede un torneo in Austria. Come è possibile questo? È nel consiglio dell’ATP e ha un voto sulla distribuzione del denaro. Dubito che abuserà della sua posizione perché conosco Straka ed è un bravo ragazzo, ma il fatto che sia lì è un male. LA PTPA? Non è stata creata con una visione e una strategia a lungo termine. Questa organizzazione ha chiarito che non vuole combattere con i dirigenti ma sostenere gli interessi dei giocatori, ma non è del tutto chiaro come l’ATP medierà con l’associazione in futuro”.
    Al momento nessun membro “fondatore” della PTPA si è espresso sul rinnovo del Player Council ATP, o sul nuovo calendario diffuso fino a tutto marzo 2021.
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    Sam Querrey multato dall’ATP per la fuga da San Pietroburgo

    Sam Querrey, 33 anni n.53 ATP

    Ricordate la fuga di Sam Querrey da San Pietroburgo lo scorso ottobre? Il tennista statunitense, risultato positivo (insieme alla moglie) nei test precedenti all’inizio del torneo russo, fu posto in isolamento in un hotel della città. Quando le autorità sanitarie lo avvertirono di un prossimo test, con possibilità di un ricovero precauzionale in una struttura sanitaria cittadina, Sam pensò bene forzare la quarantena (violando quindi i protocolli di sicurezza sottoscritti con l’ATP per la ripresa dell’attività) scappando alle 5 del mattino grazie all’intervento del suo agente, che aveva preparato in fretta e furia un volo privato da San Pietroburgo verso una destinazione sconosciuta in Europa. Operazione questa facilitata dal fatto che Querrey era stato testimonial di una nota compagna di jet privati.
    Querrey divenne irreperibile per diversi giorni, scomparso nel nulla (probabilmente in una casa affittata in un paese scandinavo), per quella che sembrava una vera spy story con intrigo internazionale, visto il chiaro risentimento da parte delle autorità russe e della stessa ATP, a dire  poco imbarazzata dalla faccenda.

    Dopo oltre due mesi, proprio l’ATP ha comunicato di aver chiuso l’inchiesta a carico di Querrey. Per la chiara violazione del protocollo Covid-19 all’ATP 500 San Pietroburgo, Sam è stato multato di 20.000 dollari ma, a causa del suo comportamento esemplare all’interno del circuito in questi anni, la multa è stata sospesa, e Querrey è stato posto sotto osservazione nei prossimi tornei. Il giocatore ha cinque giorni per presentare ricorso contro la decisione, se lo desidera.
    Pur comprendendo il panico che la situazione provocò in Querrey – esser ricoverato in Russia con moglie e figlio, ignari del trattamento ricevuto, soprattutto in relazione al piccolo – la pena inflitta all’americano sembra fin troppo lieve. Infatti nei protocolli di sicurezza firmati dai tennisti si parla di sanzioni molto severe in caso di violazione, tra cui anche una lunga sospensione dalle competizioni o addirittura la radiazione. Questa faccenda potrebbe rappresentare un precedente tutt’altro che incoraggiante nel caso in cui dovessero verificarsi altre situazioni simili. Resta poi incomprensibile come mai Querrey abbia deciso di andare a San Pietroburgo con moglie e figlio molto piccolo, vista l’eccezionalità del momento e la pericolosità dei viaggi, quando la stessa ATP – oltre al buon senso…- scoraggia di portarsi al seguito accompagnatori.
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    Muguruza: “Sogno di vincere tutti e quattro gli Slam e giocare con Rafa il doppio misto alle Olimpiadi”

    Garbine Muguruza

    La spagnola Garbine Muguruza sta preparando la stagione 2021 insieme a Conchita Martinez. Il loro lavoro ha portato ottimi frutti (soprattutto agli Australian Open 2020, ma non solo), tanto che in un’intervista rilasciata al quotidiano iberico AS ha chiarito i suoi obiettivi per il prossimo futuro: vincere tutti gli Slam, una medaglia olimpica e… giocare il doppio misto con Nadal ai prossimi giochi di Tokyo. Ecco alcuni estratti dell’intervista
    “È stata una preseason positiva, abbiamo lavorato abbastanza bene. Ovviamente il posticipo degli Australian Open ha cambiato la nostra programmazione e le tabelle di lavoro, l’incertezza che si è generata è stata frustrante… Stavamo per volare in Australia quando è arrivata un’email a conferma del rinvio. Ormai era difficile giocare a Melbourne nelle date classiche, ma la comunicazione è arrivata all’ultimo”.
    Le chiedono se si sente maturata, più in grado di gestire la pressione rispetto al passato: “Adesso riesco ad affrontare i momenti di pressione con più serenità, con più calma. Forse nascondo meglio tutto. L’aver passato un brutto momento mi ha aiutato a calmarmi, continuo a combattere nei momenti delicati o quando devo superare una situazione avversa in un incontro invece di farmi sconfiggere dalla mia stessa tensione”.

    Una svolta nel suo approccio alla partita è arrivato certamente grazie alla collaborazione con Conchita Martinez, come conferma Garbine: “Quando hai un allenatore che ti rende partecipe delle decisioni che vengono prese, tutto è più facile. Con Conchita ho un approccio diverso al lavoro. Prima forse facevo un lavoro più severo, anche se per me ha funzionato, sono arrivata al top. Per fare il salto e diventare una top player, avevo bisogno di struttura e rigidità, in quel momento andava bene. Adesso ho bisogno di un lavoro più calmo e sui dettagli, ho più visione ed esperienza, so già come gestire le situazioni. A volte con Conchita non devo nemmeno parlare: è stata una grande giocatrice, quindi con un gesto o uno sguardo ci capiamo. Quando si ha questa intesa, l’unione diventa molto facile, litighiamo raramente”.
    La malattia dell’amica e collega Carla Suarez l’ha toccata profondamente: “È stato uno shock, non ti aspetti mai che succeda a qualcuno così vicino, soprattutto quando si tratta di un’atleta di successo. Ho parlato molto con lei, a Barcellona è venuta a vedermi allenare in diverse occasioni. L’ho trovata bene, con tanta voglia di vivere, e quella per me è stata una scarica di adrenalina, non mi aspettavo di vederla così vivace, è stato molto bello. Carla vuole tornare a giocare di nuovo, le ho detto che la aspetto e che ci sarò per qualsiasi cosa possa aver bisogno, si merita tutto il meglio e il sostegno possibile”.
    “Obiettivi per il futuro? Stare bene, giocare in modo competitivo e, a breve termine, mi piacerebbe giocare il doppio misto con Nadal ai Giochi Olimpici! Un sogno? Qualcosa di veramente speciale sarebbe vincere i quattro Grand Slam, e una medaglia olimpica. E’ un obiettivo ambizioso ma non impossibile, lavoro ogni giorno per questo. La cosa più importante è condividere i successi con le persone a cui voglio bene”.
    Lo scoglio più grande per la 27enne sembra US Open, dove in carriera ha raggiunto “solo” gli ottavi. Quest’anno ha perso la finale a Melbourne da Sofia Kenin, dopo un bellissimo torneo, dimostrando che il suo tennis potente e aggressivo può eccellere anche sul duro (ricordiamo che ha vinto sia Wimbledon che Roland Garros). Se riuscirà a restare in ottime condizioni fisiche e tenere alto il livello del suo gioco, nessun torneo le è precluso. In carriera infatti i suoi momenti “no” sono arrivati proprio per scadimenti di forma fisica e troppi alti e bassi nel corso dei tornei. Nei grandi eventi, soprattutto gli Slam, resta sempre una delle giocatrici da battere.

    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO