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    Rafael Nadal: “Abbiamo vissuto cose molto più importanti del tennis. I social? Troppa negatività”

    Rafa Nadal sarà uno dei grandi assenti al prossimo US Open, torneo che ha vinto lo scorso anno. Il campionissimo maiorchino si sta preparando al rientro sull’amata terra battuta il prossimo settembre, con l’obiettivo di alzare l’ennesima coppa dei Moschettieri e così impattare a 20 il record di Slam detenuto dal grande rivale Federer. Ma […] LEGGI TUTTO

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    Toni Nadal: “Siamo padroni delle nostre paure”

    Toni Nadal ha scritto sulla sezione tennis del media iberico “El Pais” un breve commento, in cui torna sulla decisione del nipote Rafa di non volare negli USA per US Open, e sulla ripresa dell’attività tennistica in generale. Ecco alcuni estratti significativi delle sue parole “Ognuno di noi è padrone delle proprie paure. La paura […] LEGGI TUTTO

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    Thiem “Nuovi campioni stanno per arrivare, il cambio della guardia è alle porte”

    Dominic Thiem nella foto

    In un’intervista rilasciata al magazine latino “El Tiempo”, Dominic Thiem ha parlato di quanto sia difficile affrontare i tre immensi campioni del tennis attuale, Djokovic, Nadal e Federer. Tuttavia è convinto che il tempo del ricambio generazionale sia arrivato. Nuovi campioni sono pronti a vincere.
    “Sarò onesto, nella mia prima finale a Roland Garros vs. Nadal, non avevo alcuna possibilità di vincere. Lui aveva un’intensità, qualità ed esperienza superiore alla mia in quel momento. Nella finale dell’anno scorso invece sono sceso in campo con altra attitudine, avendo accumulato molta più esperienza e con un tennis migliore. Sono molto felice di come ho giocato quella partita, anche se non fu sufficiente per vincere. Dobbiamo sempre tener presente che Nadal è il miglior giocatore di sempre su terra”, commenta Thiem.
    Ancora fresco il ricordo della sua terza finale Slam, persa stavolta contro Djokovic in Australia: “Contro Novak sono arrivato vicino a vincere, fu una partita epica. Quando sei in campo a sfidare il migliore del mondo, non puoi permetterti errori, incluso quelle piccole distrazioni o errori banali che alla fine fanno la differenza tra vittoria e sconfitta. In quella finale ho giocato un tennis importante, avrei potuto vincere, ma ce l’ha fatta lui proprio perché è stato più bravo a non concedere niente in alcuni momenti. Spero che avrò in futuro altre occasioni per disputare la finale di uno Slam e stavolta vincere il torneo. Negli ultimi due anni ho fatto grandi esperienze, sono pronto a giocarmi le mie chance”.

    Viene ricordato a Dominic di esser stato il tennista più continuo dopo i big3, quello con più chance di batterli, e con più successi contro di loro. “Sì, da qualche stagione mi batto contro di loro, e sono migliorato tanto, così da poter giocare ad armi pari e talvolta sconfiggerli. Ho disputato con Roger, Rafa e Novak alcune delle partite più spettacolari della mia vita, ne sono orgoglioso. La rivalità tra questi tre campioni è leggendaria, va oltre il tennis, hanno portato il gioco ad una dimensione superiore. E mi piace menzionare anche Andy Murray, che seppure abbia vinto meno di loro è un grandissimo campione ed è stato con loro per molti anni. Vincere un titolo dello Slam in questa epoca, con questi campioni in campo, ha un valore ancora superiore. Il segreto per farcela è credere che loro non siano invincibili, oltre a giocare il proprio miglior tennis, ovviamente”.

    Tanta ammirazione per i tre campioni, ma anche la sicurezza che il tennis di vertice è pronto al ricambio generazionale: “Roger Rafa e Novak sono ancora lì, ma la generazione più giovane ha dimostrato di essere molto pericolosa, lo dimostrano i risultati. Il cambio della guardia in vetta al tennis maschile sta per arrivare, sono sicuro che a breve avremo nuovi campioni negli Slam. Per questo vivremo un’epoca molto emozionante, soprattutto per noi giovani. Spero di poter vincere il primo titolo major molto presto, mi sento pronto. E credo che altri giovani lo siano altrettanto”.
    “Il tennista più difficile da affrontare? Non è una risposta facile, ma direi che battere Nadal sul centrale del Roland Garros è una impresa enorme, di fatto non c’è riuscito quasi nessuno… lui è davvero dominante sulla terra e soprattutto su quel campo”.
    La chiusura dell’intervista è dedicata all’attualità, a come il tennis sta per ripartire nonostante la pandemia
    “Il tennis non può far finta che non esista la pandemia, e l’Adria tour è stato un esempio di quel che può accadere. Per questo nell’esibizione di Kitzbuhel l’attenzione alla salute ed al rispetto delle norme più stringenti è stato massimo, e infatti non abbiamo avuto alcun problema. Con questa situazione nel mondo, non ci possiamo permettere leggerezze o commettere errori, abbiamo visto quali possono essere le conseguenze. Le prossime settimane saranno probabilmente le più difficili, è impossibile che nel 2020 il tennis possa tornare alla normalità, come se niente fosse accaduto. Cambiare il gioco per affrontare il Covid? No, questo no, credo non sia necessario. Le regole del tennis sono ideali continuare a giocare, è importante rispettare le norme sanitarie all’interno delle aree dei tornei”.

    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Riflessioni: Mauro Berruto, “E’ in arrivo un asteroide sullo sport… Non siate come i dinosauri…”

    MODENA – Mauro Berruto, da sempre attento al mondo sportivo nel suo insieme non manca di lanciare un allarme social.

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    di Mauro Berruto

    SETTEMBRE 2020: UN METEORITE CADRÀ SUL MONDO DELLO SPORT.POST LUNGO, MA SE CREDETE NEL VALORE DELLO SPORT VI CHIEDO 3 MINUTI. PER LEGGERE E POI AGIRE.

    Nel nostro Paese, per ragioni che non starò qui ad elencare, il mondo della scuola dal secondo dopoguerra ha abdicato al compito di diffusione della pratica sportiva, che a me piace chiamare cultura del movimento. Questa enorme missione è stata raccolta da una capillare rete di associazioni sportive che, Dio le benedica, hanno tenuto in piedi un modello appoggiato su tre colonne portanti:
    1. Il finanziamento, spesso in forma di mecenatismo, da parte della media/piccola (o piccolissima) impresa. Denaro privato, dunque.

    2. Le famiglie che, pagando quote associative, hanno investito sul futuro dei propri figli credendo nello sport come scuola di inclusione, salute, fatica, rispetto delle regole.
    3. L’utilizzo di impianti, nella stragrande maggioranza le palestre delle scuole, in un percorso clamorosamente a ostacoli fra dirigenti scolastici che talvolta gestiscono un bene pubblico come se fosse privato, custodi ostativi e impianti non all’altezza. Un modello feudale, diciamo così.
    Poi c’è una quarta, gigantesca, colonna portante. Quella del volontariato: un esercito di dirigenti, accompagnatori e addetti alla logistica, ma all’occorrenza anche un po’ arbitri, autisti, refertisti, tecnici, psicologi, massaggiatori, tifosi. Chi vive il mondo dello sport di base sa esattamente a cosa mi riferisco.
    Ho avuto la fortuna di crescere nello sport più di base che si possa immaginare, in Borgo San Paolo a Torino, e poi il privilegio di essere arrivato al sogno più grande che potessi sognare: allenare la squadra nazionale del mio Paese vincendo una medaglia olimpica, a Londra nel 2012.
    Proprio per questo sento il dovere di urlare che fra 6-8 settimane sul nostro sport sta per precipitare un meteorite. Succederà qualcosa di mai visto prima.
    Quelle tre colonne portanti stanno per implodere: la medio-piccola-piccolissima impresa dovrà occuparsi della propria esistenza in vita, le famiglie vedranno ridursi la propria disponibilità economica e, lo sappiamo tutti, saranno costrette a eliminare voci di spesa (ahimè, sappiamo anche questo, lo sport sarà la prima cosa a saltare) e, infine, si aprirà un gigantesco problema relativo all’utilizzo delle palestre.I dirigenti scolastici le utilizzeranno per altri scopi didattici? Quante ragazze e ragazzi potranno entrarci? Chi si occuperà dei processi di sanificazione? Insomma: saremo di fronte al più gigantesco sfratto della storia dello sport del Paese.
    Quando arriva un meteorite ci si può comportare in tre modi: non rendersene conto (come successe ai dinosauri, il finale lo conoscete), terrorizzarsi (e quando si ha paura, è umano, si cerca prima di tutto di mettere in salvo se stessi) oppure, me lo hanno insegnato le mie squadre, si possono mettere insieme creatività e intelligenza collettiva. Occorre unirsi, trovare soluzione comuni e mettere a sistema competenze. Nessuno si salva da solo: se non l’abbiamo imparato negli ultimi mesi… che cosa altro deve succedere?
    Le soluzioni passeranno necessariamente attraverso la capacità di quel meraviglioso e pacifico esercito di cittadini (non solo i praticanti, ma tutti quei volontari di cui ho scritto) di chiedere, insieme e a gran voce, a questo Paese di considerare la cultura del movimento come un bene pubblico! Sì, un bene pubblico! Per mille ragioni che chi ama lo sport conosce, ma soprattutto per una, molto concreta: la cultura del movimento è il più straordinario generatore di risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale. Mi sono stufato di partecipare a convegni o di mostrare migliaia di pagine di letteratura scientifica, che testimoniano che un euro investito in cultura del movimento ne fa risparmiare quattro, a distanza di cinque anni, alla pubblica amministrazione. Un euro investito, quattro risparmiati per esempio nella lotta a quelle pandemie, dallo storytelling meno affascinante, come le malattie cardiovascolari o il diabete. Un euro investito, quattro risparmiati, senza contare il valore aggiunto in termini di prevenzione, inclusione, minori ospedalizzazioni e assenza sul posto di lavoro, qualità della vita.Io non voglio più fare questi calcoli. Vorrei invece un Paese che metta la cultura del movimento al centro delle proprie politiche, pensandola come un diritto/dovere civico, nel modo più democratico e ampio, per bambini, adolescenti, adulti, anziani, donne, uomini e con un’attenzione particolare alla disabilità.Come fare, considerato che la parola sport non è scritta nella nostra Costituzione? Abbiamo visto arrivare dei bonus (vacanze, biciclette), ovvero assegni da spendere per rimettere in moto alcune micro-economie. Perché non pensare a un bonus, a settembre, da mettere a disposizione delle famiglie (quelle che ne hanno bisogno) da poter spendere per la pratica sportiva? Quell’assegno, mai come in questo caso, sarebbe un investimento capace di restituere alla pubblica amministrazione, dopo cinque anni, il suo valore moltiplicato per quattro. Non è un’opinione, è una certezza. Così come è una certezza la necessità di identificare incentivi fiscali per chiunque intenderà (o potrà) ancora mettere a disposizione liquidità per lo sport di base.
    Vorrei anche vivessimo in città capaci di mettere la cultura del movimento al centro delle proprie politiche, capaci di rispondere all’imminente emergenza impianti riscrivendo i modelli (feudali e anti-storici) dei bandi di concessione, dell’assegnazione delle palestre scolastiche del recupero e dell’affidamento di aree dismesse e, a maggior ragione in questo momento, cambiando il paradigma di utilizzo di quelle risorse (che per esempio Torino possiede, eccome) che sono i parchi, i giardini, i fiumi, la collina per far sì che diventino luoghi sicuri, attrezzati, presidiati e capaci di far migliorare la qualità della vita dei suoi cittadini e generare risparmio. Ci sono aree dismesse (e dunque oggi costose) della città che con interventi minimi potrebbero diventare luoghi della salute, di relazione, inclusione e qualità della vita, ci sono parchi e fiumi che hanno segnato la storia di Torino e, soprattutto, c’è un esercito pacifico e competente di persone che non vede l’ora di potersi prendere cura di un pezzo di città e renderla più bella. Un esempio concreto di economia circolare, insomma, e di rispetto, cura affetto per il paesaggio cittadino.Parlo di Torino perché quello è il pezzo di mondo in cui sono nato, ma spero che queste riflessioni possano allagarsi a tutte le città e i comuni del nostro meraviglioso e fragile Paese.
    Fra sei-otto settimane arriverà un asteroide: bisogna scegliere se essere dinosauri oppure costruttori del nostro futuro, pensando e agendo come una squadra. LEGGI TUTTO

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    Mikael Ymer all’ATP: “Non importa da dove vieni, ma l’impegno che ci metti”

    Mikael Ymer

    Il 21enne svedese Mikael Ymer ha rilasciato un’interessante intervista al sito ufficiale dell’ATP, in cui racconta il suo approccio al tennis e alla vita. Nonostante la giovane età, Mikael sembra un ragazzo assai maturo e con obiettivi che vanno ben oltre i successi sportivi.
    “Gioco per me stesso, ma anche per la mia famiglia, il mio paese e, perché no, anche per la prossima generazione di ragazzi. E’ qualcosa a cui penso molto spesso. Non mi riferisco solo ai prossimi giovani tennisti svedesi, sarei molto felice di diventare una ispirazione per tutti i giovani del mio paese, essere un esempio di come lottare e avere un sogno, dando tutto per raggiungerlo. Vorrei poter spingere a credere in se stessi e che non importa da dove vieni o quale sia il tuo background o le possibilità economiche. Devi prenderti un rischio e darci dentro per raggiungerlo”.
    La famiglia Ymer è originaria dell’Etiopia. Il padre Wondwosen ha un passato da calciatore e lavora in un’impresa di lattici, mentre la madre Kelem è dottoressa. Vivono a Stoccolma, ben integrati nella capitale svedese. Il padre aveva iniziato i due figli al calcio, ma ben presto il tennis prese il sopravvento, soprattutto grazie al fratello Elias, più grande di Mikael (best ranking a ridosso della top100 ATP un paio d’anni fa); incuriosito dallo sport della racchetta – in un’epoca di crisi nerissima per il tennis scandinavo dopo i fasti degli anni 70-00 – Mikel ha seguito le orme del fratello, scoprendo di aver un certo talento e iniziando il percorso verso il tennis Pro.

    “Credo che il tennista abbia una mentalità che lo spinge a pensare a se stesso, e non solo per il fatto che il tennis sia uno sport individuale. Ma la cosa più importante, e che non dimentico mai, è restare un bravo ragazzo. Per me è fondamentale comportarmi bene ed avere buoni rapporti con tutti” racconta Mikael.
    Per il 21enne, Stefan Edberg resta la principale fonte di ispirazione: “Il modo in cui ha condotto la sua carriera e l’umiltà con cui si è sempre presentato a tutti lo rendono ai miei occhi una vera leggenda ed esempio. Lui tratta tutti allo stesso modo, ed è sempre estremamente cordiale e gentile, non solo con me ma anche con tutta la mia famiglia. E’ una persona straordinaria”.
    Ymer è uno dei giovani maggiormente cresciuti nel 2019, entrando nei migliori 70 giocatori del ranking, ma crede di aver ancora moltissimo da imparare: “Ho solo 21 anni, non posso pensare di conoscere già tutto quel che serve, soprattutto come persona. Ci sono molte cose su cui sto lavorando quando non sono in campo e sto cercando di capire che tipo di persona voglio diventare. Sto vivendo molte esperienze, ma la mia speranza è quella di arrivare un giorno ad appendere la racchetta al chiodo ed essere ricordato non solo come un ragazzo che aveva talento per colpire una pallina gialla… Come arrivarci? Non sono ancora sicuro del percorso, ci vorrà del tempo, ma la cosa principale è arrivare ad essere una persona che possa esser presa ad esempio”.

    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Gasquet critica la gestione dell’emergenza e apprezza la velocità di Ultimate Tennis Showdown

    Gasquet in campo con Berrettini

    Il francese Richard Gasquet ha rilasciato al quotidiano l’Equipe un’intervista in cui critica senza mezzi termini la gestione complessiva dell’emergenza Covid-19 da parte del mondo del tennis. Ammette che il problema è assai più grande dello stesso sport, ma punta il dito sul modo in cui sono state prese le decisioni. Ecco alcune sue dichiarazioni, che includono anche una difesa a Djokovic, bersagliato da critiche durissime dopo l’Adria Cup e i contagi, e apre ad alcune delle novità introdotte all’Ultimate Tennis Showdown.
    “All’ATP sono stati una catastrofe, di fatto non dicono nulla ai giocatori. Sono semplicemente sopraffatti dalla situazione. Zoom e conferenze? Io non le frequento più. Alla fine saranno le autorità a decidere quel  che accadrà, né Bernard Giudicelli (il presidente della FFT) né il presidente della USTA. Le federazioni devono per forza adeguarsi, in questo momento sono come delle “marionette”. La ripresa? Solo se si accetta di seguire alla lettera il piano… Vai in hotel, rimani nella tua stanza, qualcuno ti porta un pasto, ok è il momento di uscire a giocare”
    Soprattutto per Gasquet restano troppi i punti interrogativi. “Ho pensato fin dall’inizio che il tennis sarebbe stato lo sport più colpito da questo tipo di pandemia. Purtroppo ora è confermato. Ok, abbiamo un calendario nuovo, ma…. mon si sa nulla delle possibili quarantene al ritorno dagli Stati Uniti. Nessuno ci ha informato di nulla. Aerei? Al momento non è possibile prenotare, non si sa nulla. Nessuno lo sa”.

    Per Gasquet dopo quel che è successo in Croazia è fin troppo facile incolpare solo il numero 1 del mondo Djokovic, e le esternazioni di Kyrgios sono esagerate: “Sappiamo cosa sta dicendo Kyrgios. Nessuno è esemplare, nessuno ha una lezione assoluta da insegnare. Non mi piacciono i ragazzi che hanno distrutto Djokovic, è stato troppo facile. Ok, lui era lì, ma ricordo che c’è un governo che stabilisce le regole. Djokovic, non è Presidente della Repubblica. Ci sono persone sopra di lui che hanno deciso, lui non è l’unico colpevole. La caccia alle streghe è sempre molto semplice. Ha semplicemente riconosciuto un errore, è l’ora di finirla con le critiche”.
    Gasquet ha parlato anche dell’Ultimate Tennis Showdown, esibizione disputata in Francia con regole rivoluzionarie. Secondo il transalpino, non tutto è da buttare di quest’esperienza, anzi, potrebbe aprire una strada ad altre novità. “UTS è stata una bella cosa, ho giocato con grandi avversari, è stato ben organizzato e soprattutto divertente da giocare. Tutto in campo andava molto veloce, tutti i punti contano. Per lo spettatore è qualcosa di diverso. Per noi? Permette di sentirti più libero durante il match,. Puoi parlare un po’ con l’allenatore, rompe i soliti schemi. E’ stato qualcosa fuori dall’ordinario, e credo che sia interessante provare cose nuove. Il mondo del tennis è un po’ “ingessato” ormai, alcune cose sarebbero da rivedere. Cosa? Durante un match ATP “non puoi fare nulla”, apri un po “la bocca”, dici merda, e ti arriva una multa di $ 3.000. L’allenatore sussurra qualcosa, arriva il warning. Personalmente trovo i match troppo lunghi, è faticoso guardare partire di quattro ore, a volte sono belle ma tanti match di Roland Garros non riesco a seguirli dall’inizio alla fine, nemmeno un Federer-Nadal. Siamo l’unico sport in cui giochi anche più di quattro ore. Ci deve essere più libertà, si dovrebbe intervenire per abbreviare il tempo di gioco”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Taranto: Di Pinto, atto terzo. “Amo la mia regione e il Meridione. Voglio lasciare traccia del mio passaggio”

    Vincenzo Di Pinto di Giovanni Saracino TARANTO – Si è messo in testa di scrivere un libro sulla sua carriera, ricca di aneddoti, molti dei quali inediti e curiosi – almeno così riferisce – ma aspetterà ancora un po’ perché vuole aggiungere un altro capitolo. Quello relativo alla sua storia d’amore con Taranto, arrivata al […] LEGGI TUTTO

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    Intervista: Carmen Turlea, “Ci son voluti quatto anni per decidere di smettere. Zero rimpianti ma vorrei rigiocare una gara importante”

    MODENA – Per alcune è stata la temibile avversaria da provare ad arginare, per altre una compagna di squadra affidabile, quella alla quale dare la palla valida per il match-point. Oggi, dopo aver deciso, e non è stato semplice, di appendere le ginocchiere al chiodo, Carmen Turlea è Team Manager della Pomì Casalmaggiore e coach […] LEGGI TUTTO