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    Airi Miyabe: da Osaka a Minneapolis… e ritorno, nel segno del volley

    Di Alessandro Garotta Tra Osaka, da dove proviene Airi Miyabe, e Minneapolis, sede della University of Minnesota, ci sono circa 9.900 chilometri di distanza in linea d’aria e, se esistesse un volo diretto a collegarle, il viaggio durerebbe più di 12 ore. Soprattutto, a separare la città giapponese da quella statunitense c’è un oceano enorme, il più grande al mondo. La giovane schiacciatrice, che recentemente ha terminato la sua esperienza in NCAA, lo sa, così come sa che l’oceano fra le due sponde del Pacifico non è solo geografico.  Infatti, non è facile adattarsi a un nuovo paese, a una cultura diversa. Cambiano tante cose. A volte, tutto. I suoni delle parole, gli odori della cucina, i piccoli gesti quotidiani, il modo in cui il sole avvolge le giornate o, magari, sembra scomparire del tutto. E poi ci sono le cose pratiche (a partire dalla lingua) e quelle legate alla pallavolo. Eppure Miyabe è riuscita a superare tutti gli ostacoli che le si sono presentati dinanzi e ora è finalmente pronta a tornare in Giappone per intraprendere il suo percorso da professionista – come ha raccontato in un’intervista esclusiva a Volley NEWS. Foto University of Minnesota Per iniziare, parlaci un po’ di te – le tue origini, la tua storia, i tuoi interessi. “Il mio nome è Airi Miyabe. Sono nata in Giappone da mamma nipponica e papà nigeriano; ho anche una sorella, che come me gioca a pallavolo. Da piccola amavo leggere e disegnare, mentre non mi piaceva giocare all’aria aperta. La mia famiglia non è il prototipo di ‘famiglia sportiva’, visto che i miei genitori lavorano nella moda, un settore che ha sempre attratto il mio interesse. Ora si capisce meglio perché da bambina preferivo stare in casa piuttosto che uscire a giocare. A livello scolastico ho seguito un percorso classico, in parallelo alla mia carriera sportiva. Tuttavia, dopo il diploma alla scuola superiore, ho coronato il sogno di andare a studiare e giocare negli Stati Uniti: prima ho frequentato un junior college in una piccola città dell’Idaho e poi mi sono trasferita alla University of Minnesota, dove mi laureerò tra poche settimane!“. Come è nata la tua passione per la pallavolo? “Ho iniziato a giocare quando avevo otto anni. Un’amica mi chiese di dare una mano alla sua squadra perché non c’era un numero di giocatrici sufficiente per la partita in programma quattro giorni dopo. Onestamente non volevo giocare a pallavolo, ma non potevo dirle di no. Così, accettai pensando di prendere parte giusto a un allenamento e a una partita. In realtà, poi per non mettere in difficoltà la squadra andai avanti a giocare… E ora eccomi qua: sto per intraprendere la mia carriera da professionista!“. Foto Instagram Airi Miyabe “Should I stay or should I go?“. Davanti al grande dilemma della tua carriera sportiva hai scelto di andare a giocare negli USA. Come mai? “Ho affrontato questo dilemma due volte. Nella prima occasione ero al penultimo anno di liceo e parlai con i miei allenatori dell’intenzione di andare negli Stati Uniti a giocare e diplomarmi. Nessuno era d’accordo, tranne i miei genitori. Anzi, mi risposero di non illudermi e che potevo aspirare a qualcosa di meglio. Così, piansi lacrime amare: non c’era altro che potessi fare… Affrontai di nuovo quel dilemma un paio di mesi dopo essermi diplomata ed andò diversamente, nonostante che ancora una volta l’allenatore e altre persone avessero cercato di convincermi a non andare via. Infatti, piansi di nuovo, ma a differenza della volta precedente decisi di lasciare il Giappone. Non ero del tutto felice, perché non avevo la garanzia che il mio percorso all’estero sarebbe stato un successo. Però, perché non provarci? Sarei andata in un posto dove nessuno mi conosceva o aveva aspettative smisurate su di me… Potevo essere semplicemente Airi. E soprattutto, volevo tornare a divertirmi quando giocavo a pallavolo“. In quali aspetti sei maggiormente migliorata nel tuo percorso al college? “Onestamente, sono migliorata più nella comunicazione che nel gioco: da straniera che non parlava la stessa lingua del resto della squadra, all’inizio era complicato comunicare in modo chiaro con le mie compagne, soprattutto in partita. Inoltre, ho imparato a gestire le mie emozioni al di fuori della mia comfort zone. Perciò, posso dire che, specialmente ad Idaho, sono cresciuta come persona e dal punto di vista mentale“. Foto Instagram Airi Miyabe Quanto sono state importanti per te le esperienze al Southern Idaho College e alla University of Minnesota? “Il Southern Idaho College è stato il luogo che mi ha ricordato quanto la pallavolo fosse divertente. E il primo posto degli Stati Uniti che ho potuto chiamare ‘casa’. Inoltre, l’incontro con Heidi e Jim mi ha davvero svoltato la carriera. Heidi era l’allenatrice nella mia prima stagione; purtroppo, poi è venuta a mancare ed è stata sostituita da Jim, suo marito e precedentemente vice-allenatore. Sono stati loro ad insegnarmi ad amare gli altri e a battersi per la propria gente. Per quanto riguarda la University of Minnesota, non posso che sottolineare quanto abbia apprezzato questa esperienza, che mi ha aiutato a diventare una persona e una giocatrice migliore. Devo ammettere che sono stati anni molto belli, ma anche difficili. Infatti, non mi era mai capitato di piangere in allenamento perché insoddisfatta: tutte le giocatrici qui sono davvero forti e talentuose, e qualche volta è capitato che l’autostima non fosse al massimo. Però, è stata proprio questa dinamica a farmi crescere e a rendermi migliore. E ovviamente sono stati importanti anche gli allenatori, che non hanno mai fatto mancare il loro sostegno. Perciò, nel complesso, darei un voto molto positivo ai miei cinque anni negli Stati Uniti: venire qui è stata la miglior decisione che abbia mai preso!“. Quali sono stati gli ostacoli più grandi che hai dovuto affrontare negli USA? “Come accennato prima, direi che la barriera linguistica è stata senza dubbio l’ostacolo più grande. Per superarla ho dovuto accettare di sbagliare ed essere ‘vulnerabile’. È stato davvero l’unico modo per poterne uscire. Un’altra difficoltà ha riguardato come comunicare agli altri il mio stato d’animo o le mie opinioni. Infatti, i giapponesi spesso sono troppo cordiali e tendono a non dire quello che pensano realmente perché non vogliono ferire i sentimenti altrui; ecco, negli Stati Uniti non funziona così. Perciò, ho lavorato molto su questo aspetto e ancora oggi sto cercando di migliorarlo“. Foto Instagram Airi Miyabe Nella stagione 2022-2023 inizierà un nuovo capitolo della tua carriera: quello da professionista. Quali sono le tue aspettative? “Onestamente, non so bene cosa aspettarmi. Sono eccitata per la nuova avventura ma allo stesso tempo nervosa: è una sensazione mista. Ho giocato negli Stati Uniti, dove la cultura sportiva è diversa, quindi sono un po’ spaventata per come sarò vista dalla gente. Inoltre, ho notato che negli ultimi cinque anni ci sono stati molti cambiamenti nel modo in cui interagisco e comunico in campo. Questo perché cinque anni è un intervallo di tempo lungo. Dunque, c’è un po’ di preoccupazione per lo shock culturale che affronterò tornando in Giappone… È anche vero, però, che sarò vicino alla mia famiglia e finalmente i miei cari avranno l’opportunità di vedermi giocare dal vivo: questo mi rende molto felice“. Come ti descriveresti come giocatrice? Hai un modello di riferimento in particolare? “Sono una giocatrice che porta energia positiva al proprio team. Magari, non sarò la più forte o quella di cui si parla di più, ma farei qualsiasi cosa per portare a casa il punto successivo o la partita. Posso giocare da opposto, da posto 4, come ricettrice, o essere una buona compagna di squadra. So bene che a volte non è facile gestire la competizione interna, ma darei qualsiasi cosa per trasmettere energia positiva e fare il massimo per la squadra, e non solo per me stessa. Non c’è una giocatrice che ammiro o considero come un modello soprattutto perché non mi interessa essere la copia di qualcuno, dentro o fuori dal campo“. Quali sono i tuoi sogni e obiettivi come giocatrice? “Non ho ancora individuato un obiettivo specifico, ma di sicuro mi piacerebbe andare a giocare all’estero! Al momento sono concentrata sulla mia tesi di laurea; poi, quest’estate, farò parte del roster della nazionale giapponese“. Una giovanissima Miyabe in campo contro l’Italia nel 2015 – Foto FIVB Il termine “hafu” – in italiano “metà” – si riferisce alle persone che hanno solo un genitore giapponese e in generale si usa per indicare la comunità multietnica in Giappone. Perché è così difficile essere “hafu”? Ti sono mai capitati episodi di discriminazione? “Ho parlato proprio di questo argomento nella mia prima tesi di laurea! Non è assolutamente facile essere ‘hafu’ e il termine stesso rivela che esiste una questione sociale. Quando viene usato ‘hafu’ in riferimento a noi della comunità birazziale, abbiamo la sensazione che vogliano ricordarci che non siamo completamente giapponesi, e quindi siamo gli ‘esclusi’. Qualcuno potrebbe ribattere dicendo che il significato reale del termine non è esattamente quello o quando è stato coniato non ci hanno pensato troppo, ma il problema del nostro paese è proprio questo! Le persone sono davvero poco consapevoli delle questioni etniche e religiose, e preferiscono non informarsi rifugiandosi nella formula ‘non sapevo che’. Personalmente, sono sempre stata presa in giro per il colore della mia pelle, i capelli e l’altezza. E sono certa che purtroppo questo tipo di razzismo, discriminazione e maltrattamento mi capiterà di nuovo quando tornerò in Giappone“. Eppure ci sono tante star dello sport nella comunità birazziale giapponese: dalla tennista Naomi Osaka al cestista dei Washington Wizards Rui Hachimura, dal pitcher dei Chicago Cubs Yu Darvish all’oro olimpico nel lancio del martello Koji Murofushi. Dunque, cosa può fare lo sport per superare le disuguaglianze sociali? “Prendere posizione, condividere la propria esperienza e cercare di sensibilizzare il Giappone alla tematica del razzismo: questo deve essere il primo passo. So cosa vuol dire sentirsi esclusi e avere difficoltà a sentirsi amati. Quindi, continuerò ad approfondire lo studio di questa tematica per averne una migliore comprensione, e un giorno spero di diventare un modello da ammirare per tutti gli atleti birazziali. Mi piacerebbe aiutarli a trovare un modo per amare se stessi perché è molto più difficile di quello che si possa pensare… Insomma, vorrei trasmettere loro una maggiore consapevolezza di quanto ognuno di noi è speciale!“. LEGGI TUTTO

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    Giappone F.: Annullata per covid la gara di ritorno di finale. Scudetto alle Hisamitsu Springs

    GIAPPONE – A causa del riscontro di alcune positività al Covid in entrambe le formazioni finaliste oggi la Federazione giapponese di pallavolo (JVA) ha deciso di annullare la gara di ritorno di finale (originariamente programmata per domani) e di assegnare lo scudetto alle Hisamitsu Springs che domenica si erano aggiudicate la gara di andata superando […] LEGGI TUTTO

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    Giappone: I Suntory di Muserskiy vincono il Golden Set e vanno in finale. Eliminati i Panasonic di Kubiak

    Semifinale: Gara unica (9 aprile)2° vs 3°: Suntory Sunbirds – Panasonic Panthers 2-3 (19-25, 25-19, 23-25, 25-21, 10-15); Golden Set: 25-21SUNTORY*: Muserskiy 45 (33+12), Yanagida 18 (18+0), Peng Shikun 17 (15+2), Ono 14 (9+5), K. Fujinaka 8 (6+2), Oya 2 (1+1), Tsuruda (L); De Armas Berrio 0, Shiota 0, Takeshi 0, H. Nishida 0, Kuwata […] LEGGI TUTTO

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    Giappone F.: Le Hisamitsu di Akinradewo vincono il Golden Set e vanno in finale. Eliminate le Toray di Kulan

    Semifinale: Gara unica (9 aprile)2° vs 3°: Toray Arrows – Hisamitsu Springs 1-3 (25-21, 18-25, 17-25, 19-25); Golden Set: 23-25TORAY*: Kulan 30 (22+8), Ishikawa 16 (13+3), Ogawa 12 (10+2), N. Inoue 10 (10+0), Seki 4 (3+1), Nishikawa 3 (2+1), Mizusugi (L); Nakata 2 (2+0), Noro 1 (0+1), Shirai 0, Sakamoto 0, T. Fukazawa 0, Nakashima […] LEGGI TUTTO

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    Fiat 500 elettrica: la piccola torinese arriva in Giappone

    E’ tempo di raggiungere vette più alte. La Fiat 500 elettrica che ha riscosso grande successo in Europa e da febbraio è una delle auto più vendute in Italia, è arrivata prima in Israele e poi in Brasile. Ma adesso è l’Oriente ad introdurla nel suo mercato, un nuovo e importante passo per la 500 elettrica, pensata come un prodotto globale in grado di essere apprezzata su mercati anche molto diversi da quello italiano ed europeo. Un’auto che adesso è pronta a sbarcare in Giappone.
    Elkann agli azionisti: “Il futuro è elettrico, lo chiedono i mercati”
    Il mercato giapponese accoglie 500 elettrica
    Patria di numerosi Marchi tra i più noti e importanti dell’automotive, il Giappone ospita anche molti appassionati di auto italiane. Che, ora, potranno acquistare direttamente dai dealer della Fiat la nuova 500 elettrica. La piccola torinese a zero emissioni è infatti stata appena presentata alla rete distributiva e alla stampa giapponese, dopo i recenti debutti in Israele e Brasile. Nella versione destinata al Paese del Sol Levante, la Fiat 500 elettrica è proposta con powertrain da 118 cavalli e batteria agli ioni di litio da 42 kWh. Due gli allestimenti (Entry, solo per la berlina, e il ricco Icon, disponibile anche sulla cabrio) e cinque le tinte tra cui scegliere.
    All’evento di presentazione in Giappone ha preso parte anche Olivier Francois, CEO di Fiat e CMO globale di Stellantis, in collegamento dalla Casa 500, lo spazio ricavato nello storico stabilimento del Lingotto dedicato al modello più iconico del brand torinese e alla sua storia. “Dopo i debutti in Israele e Brasile – ha spiegato Francois – ora tocca al Paese del Sol Levante accogliere la Nuova 500 nel suo cammino globale al di fuori dell’Europa. Nel Vecchio Continente la Nuova 500 è la city car elettrica più venduta, in Italia è l’elettrica più venduta in assoluto, mentre in Germania è l’elettrica più venduta dopo la Tesla”.
    “Adesso sono entusiasta di scoprire come sarà accolta in Giappone – ha proseguito Olivier Francois – Il mercato nipponico conta già oltre sessantamila, tra proprietari e appassionati, dell’iconica 500, anche nella versione Abarth. Una community in continua crescita che di certo apprezzerà l’evoluzione 100% elettrica e saprà valorizzarla anche nella casa dei colossi dell’ibrido”.
    Fiat e Jeep, in Francia dicono addio a Diesel e benzina LEGGI TUTTO

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    Giappone: le convocazioni di Philippe Blain. Ishikawa sarà ancora il capitano

    Di Redazione Philippe Blain, nuovo CT della nazionale maschile del Giappone, ha annunciato in una conferenza stampa la rosa di 35 giocatori che saranno utilizzati dalla nazionale nipponica nel corso della stagione estiva. Ci sono, ovviamente, i tre protagonisti dell’ultimo campionato italiano: Yuji Nishida, Ran Takahashi e Yuki Ishikawa, che continuerà a rivestire il ruolo di capitano. Parlando della conferma dello schiacciatore dell’Allianz Milano, Blain ha però specificato: “La forza della nostra squadra non dovrebbe dipendere da un giocatore in particolare. Dato il numero di partite consecutive che dovremo disputare, è difficile pensare che in campo vadano sempre gli stessi. Penso che dobbiamo trovare un sostituto per Ishikawa e avere altri leader in squadra che possano supportarlo“. L’allenatore francese ha parlato anche di aspetti più tecnici: “Difesa, ricezione e contrattacco restano le priorità, ma dobbiamo colmare il divario con le squadre più forti nell’attacco di palla alta e nel muro. È il momento di fare grandi passi avanti in questi fondamentali“. Ecco l’elenco dei convocati:Palleggiatori: Akihiro Fukatsu, Masaki Oya, Masahiro Sekita, Takahiro Shin, Motoki Eiro, Shunsuke Nakamura, Hiroki Ito.Opposti: Yuji Nishida, Issei Otake, Kento Miyaura, Kenta Koga.Centrali: Taishi Onodera, Akihiro Yamauchi, Kentaro Takahashi, Haku Lee, Shunichiro Sato, Go Murayama, Larry Ebade-Dan, Keitaro Nishikawa, Masato Kai, Kento Asano.Schiacciatori: Tatsunori Otsuka, Kenta Takanashi, Shoma Tomita, Ran Takahashi, Yuki Ishikawa, Akito Yamazaki, Kenyu Nakamoto, Yuki Higuchi, Yuga Tarumi, Hiroaki Maki.Liberi: Tomohiro Ogawa, Tomohiro Yamamoto, Kazuyuki Takahashi, Soshi Fujinaka. (fonte: Yahoo! Japan) LEGGI TUTTO