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    Nicolas Mahut dice addio al tennis: “Orgoglioso di tutto ciò che ho vissuto”

    Nicolas Mahut nella foto – Foto getty images

    Questa volta sembra davvero la fine. Nicolas Mahut ha annunciato il suo ritiro definitivo dal tennis professionistico al termine del Rolex Paris Masters 2025, dove ha salutato il circuito in doppio al fianco di Grigor Dimitrov, perdendo contro la coppia formata da Nys e Vasselin per 6-4, 5-7, 10-4.Con lui se ne vanno 25 anni di carriera, cinque titoli del Grande Slam, una Coppa Davis e un’eredità fatta di passione, eleganza e amore per il gioco.
    Un addio dopo 25 anni di tennisProfessionista dal 2000, Mahut ha attraversato un’epoca intera del tennis mondiale. Dopo una carriera altalenante in singolare, trovò la sua vera dimensione nel doppio, dove costruì una carriera leggendaria, conquistando tutti e quattro i Major e diventando numero 1 del mondo nella specialità.“È una fonte di orgoglio guardare indietro e vedere tutti quei numeri”, ha dichiarato alla stampa ATP dopo il suo ultimo match. “Forse non sono stato abbastanza forte da lasciare un segno nel tennis con il mio palmarès in singolare, ma sono felice di essere per sempre associato a Wimbledon, per me il torneo più bello del mondo.”
    Mahut ha raccontato un aneddoto toccante:“Quest’anno ci sono tornato con mio figlio. Camminando nei corridoi ha trovato il mio nome inciso lì, il mio nome che è anche il suo. Mi sono sentito colmo d’orgoglio, non c’è niente di più bello per me.”
    Tra trionfi e battaglie interioriIl francese ha voluto sottolineare che i momenti difficili hanno avuto un ruolo fondamentale nella sua crescita personale:“Sollevare trofei del Grande Slam è uno dei miei ricordi più belli, ma più dei titoli mi porto dentro tutto quello che è successo per arrivarci. Anche i dubbi, gli errori, le sconfitte… sono quelle le cose che rendono una carriera ricca. E la mia, in quel senso, lo è stata tantissimo.”
    La Coppa Davis, il sogno di una vitaSe c’è un titolo che Mahut porterà per sempre nel cuore, è la Coppa Davis 2017, vinta con la Francia.“È il torneo che ha guidato tutta la mia carriera. Ho deciso di diventare tennista dopo aver visto la Davis del 1991. Sognavo di sollevare quella coppa, non sapevo quanto sarebbe stato difficile, ma non ho mai smesso di crederci. Alla fine ci sono riuscito, e quel momento ha ripagato tutti i sacrifici.”
    L’epopea di Wimbledon 2010: un pezzo di storiaMahut resterà per sempre legato al match più lungo della storia del tennis, quello contro John Isner a Wimbledon 2010: tre giorni di battaglia, un quinto set finito 70-68, e una pagina indelebile nella memoria del tennis mondiale.“Quel ricordo rimarrà per sempre, è parte della storia di una generazione. All’inizio fu doloroso, ero stanco di essere ricordato come il perdente di quella partita, ma oggi ne vado fiero. È stato un momento folle, che mi ha insegnato molto come giocatore e come uomo. Non mi importa essere associato a una sconfitta, perché dopo quella ho vinto tante cose importanti.”
    A 43 anni, Nicolas Mahut lascia il tennis con la stessa eleganza con cui lo ha sempre giocato: senza rimpianti, con il sorriso e con la consapevolezza di aver scritto una pagina autentica di questo sport.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Jim Courier critico con Alcaraz: “Gioca in modalità kamikaze, questa è l’esperienza Alcaraz”

    Carlos Alcaraz nella foto – Foto Patrick Boren

    La clamorosa eliminazione di Carlos Alcaraz al secondo turno del Rolex Paris Masters 2025 continua a far discutere. Tra le voci più autorevoli a commentare la sconfitta dello spagnolo contro Cameron Norrie, c’è quella di Jim Courier, ex numero 1 del mondo e oggi analista per Tennis Channel.
    Courier, noto per la sua lucidità e schiettezza, non ha usato mezzi termini per descrivere l’atteggiamento di Alcaraz in campo, definendolo “un kamikaze del tennis”.“Se c’è qualcosa che ci affascina di Alcaraz è la sua imprevedibilità, il modo in cui si prende rischi enormi e gioca ogni punto come se fosse l’ultimo, spesso fuori da ogni logica. Di solito questo lo premia, ma quando non funziona… il risultato è devastante. Fare 54 errori non forzati in una partita fa parte di quella che io chiamo la ‘Alcaraz Experience’: gioca in modalità kamikaze.”
    Courier ha poi aggiunto che un approccio così aggressivo, quando non è sostenuto da lucidità, finisce per consegnare troppi punti all’avversario:“Concedere così tanto significa, in pratica, regalare due set al rivale. Mi ha ricordato quello che gli era già successo a Miami contro Goffin: un match dove la sua voglia di spingere a tutti i costi lo ha portato fuori controllo.”
    L’esperienza Alcaraz: genio e caosLe parole di Courier riassumono alla perfezione la doppia faccia del gioco di Alcaraz: esplosivo e spettacolare quando funziona, ma disordinato e caotico nei momenti di scarsa fiducia. Il murciano, che ha chiuso la partita con 54 errori non forzati a fronte di 33 vincenti, è apparso frustrato e privo di sensazioni positive in un match dove il suo tennis non ha mai trovato ritmo.
    Courier ha comunque sottolineato che questo fa parte del processo di crescita di un campione ancora giovane:“Carlos è un talento straordinario, ma deve imparare a gestire meglio le giornate in cui non tutto gira come vuole. L’equilibrio tra aggressività e controllo sarà ciò che determinerà quanto lontano potrà arrivare nella sua carriera.”Una riflessione lucida e diretta che mette in luce tanto il fascino quanto la fragilità del tennis di Alcaraz — un gioco spettacolare, ma ancora in cerca di maturità anche se ricordiamolo tutti è l’attuale n.1 del mondo.
    Marco Rossi LEGGI TUTTO

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    Scintille social tra Reilly Opelka e Zizou Bergs. Moutet attacca Bublik alla vigilia del match: “Non rappresenta i miei valori, voglio rispedirlo a casa”

    Zizou Bergs BEL, 1999.06.03 – Foto Getty Images

    Non solo tennis, ma anche polemica nel circuito ATP. A poche ore dal suo controverso “caso lucky loser”, Reilly Opelka è di nuovo al centro dell’attenzione — stavolta per una polemica sui social con il belga Zizou Bergs, protagonista di un botta e risposta che ha rapidamente fatto il giro del web.Tutto è iniziato quando Opelka, dopo essersi ritirato volontariamente dal suo match di qualificazione al Rolex Paris Masters 2025 (prevedendo che qualche forfait lo avrebbe ripescato come lucky loser), ha commentato su Instagram la curiosa esultanza di Bergs dopo la sua vittoria contro Michelsen, in cui il belga aveva imitato il celebre moonwalk di Michael Jackson.
    L’americano ha scritto ironicamente:“Preferirei perdere piuttosto che vincere e fare una cosa del genere.”Una frase che non è passata inosservata, e a cui Bergs ha risposto con una replica tanto tagliente quanto elegante:“Io, invece, preferirei giocare piuttosto che ritirarmi nelle qualificazioni.”
    Berg ha messo Opelka all’angolo, ricordandogli in modo pungente la controversa decisione di abbandonare la fase di qualificazione per poi entrare comunque nel tabellone principale come lucky loser.Il botta e risposta tra i due ha acceso i tifosi divisi tra chi condanna l’atteggiamento di Opelka e chi apprezza la brillante risposta del giovane belga, uno dei volti più in crescita del tennis europeo.Una cosa è certa: la prossima volta che Bergs e Opelka si incroceranno in campo, l’atmosfera sarà tutt’altro che distesa.
    Si preannuncia un match bollente al secondo turno del Rolex Paris Masters 2025, dove Corentin Moutet e Alexander Bublik si affronteranno in una delle sfide più attese — e potenzialmente più esplosive — del torneo. I due, tra i personaggi più controversi del circuito ATP, hanno già avuto scontri verbali in passato e non si sono mai risparmiati frecciate reciproche.
    Alla vigilia del match, Moutet ha alimentato ulteriormente la tensione con dichiarazioni tutt’altro che concilianti nei confronti del kazako:“Sappiamo tutti che è molto provocatore con gli altri giocatori, si diverte a prendere in giro i suoi avversari. Abbiamo avuto dei contrasti in passato perché non rappresenta i miei valori come sportivo. Io cercherò di restare concentrato sul mio tennis, ma sarò super motivato per rispedirlo a casa, con l’aiuto del pubblico.”
    Le parole del francese lasciano poco spazio all’immaginazione: quella tra Moutet e Bublik non sarà una semplice partita, ma una sfida di personalità e nervi.
    Un duello tra due “polemici di lusso”Entrambi i tennisti sono noti per i loro comportamenti sopra le righe. Moutet, spesso protagonista di scenate in campo e scontri verbali con avversari e arbitri, troverà nel pubblico di Parigi un alleato naturale. Dall’altra parte, Bublik è celebre per il suo atteggiamento provocatorio e il linguaggio del corpo dissacrante, che non sempre è ben accolto dai colleghi.Il kazako, reduce da un periodo di grande forma e da un netto successo su Alexei Popyrin, è apparso più concentrato del solito, ma resta uno dei giocatori più imprevedibili del circuito.
    Marco Rossi LEGGI TUTTO

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    Il Rolex Paris Masters cambia volto: addio Bercy, benvenuta La Défense Arena

    L’impianto di Parigi nei campi secondari – Foto Patrick Boren

    Dopo 39 anni, il Masters 1000 di Parigi lascia la storica Accor Arena per una sede ultramoderna. Più spazio, più comfort e un tennis più autentico. Alcaraz: “Campo più lento, finalmente si vede del vero tennis”. Alcune abitudini linguistiche saranno difficili da far sparire. Il Rolex Paris Masters (RPM) è iniziato lunedì, ma per la prima volta dal 1986 non si andrà più “a Bercy” per assistere all’ultimo Masters 1000 della stagione.Non serve lamentarsi: il torneo parigino non aveva altra scelta. Per sopravvivere mantenendo il proprio status, doveva lasciare la sua sede storica — il POPB, l’Accor Arena, o semplicemente Bercy. Chiamatelo come volete, ma non rispondeva più agli standard richiesti dall’ATP. Non tanto il campo centrale, ancora magnifico e rinnovato solo pochi anni fa, quanto la struttura nel suo complesso, in particolare i due campi secondari, troppo piccoli e angusti, che l’ATP non voleva più.
    Dalla nostalgia alla modernità. Dopo aver trascorso i suoi primi 39 anni di vita a Bercy, il Masters 1000 di Parigi si trasferisce quest’anno nella nuova Paris La Défense Arena, e non è mai facile abbandonare il tetto della propria infanzia. Cambiando quartiere, il torneo guadagna spazi, metri quadrati e funzionalità, ma lascia dietro di sé una casa piena di storia e di ricordi. La nuova era si è aperta in un’atmosfera elettrica sin dal primo giorno, nonostante i dibattiti sulla perdita dell’anima unica del vecchio Bercy. I giocatori hanno unanimemente elogiato l’immensità e il comfort del nuovo impianto. Il campo centrale, da 17.500 posti, è stato inaugurato da Arthur Cazaux, vincitore in due set su Luciano Darderi. Il francese ha descritto il sito come “immenso” e “impressionante”, sottolineando la distanza dal pubblico e l’impatto scenico del luogo: “C’è molto spazio e tanta gente, ma mi ero preparato. Il campo è incredibile, e il pubblico ha risposto presente. Mi sono divertito.”
    Uno stadio da rugby trasformato in arena di tennis. La Défense Arena è lo stadio coperto dove gioca il Racing 92, squadra di rugby parigina. Si tratta, a tutti gli effetti, di uno stadio di calcio indoor da 32.000 posti, adattato per il tennis. Lo spazio è stato diviso in due: da una parte il centrale, secondo per capienza solo a quello degli US Open, dall’altra quattro campi, tre di gara e uno di allenamento. Con 40 metri di altezza del tetto, vedere bene la pallina gialla dal terzo anello non è semplice — meglio munirsi di binocolo — ma dall’alto si può comunque apprezzare la maestosità del luogo. L’accessibilità è meno immediata rispetto a Bercy: servono circa 800 metri a piedi dal capolinea della metropolitana (linea 1), ma la breve passeggiata attraverso i grattacieli della Défense ha il suo fascino.
    All’interno colpisce il total black che esalta il verde del campo: un’atmosfera teatrale, con i campi illuminati e il pubblico nell’oscurità, pronto a godersi lo spettacolo. Più spazio, meno attese e… qualche rumore di troppo. Due campi in più permettono un programma più leggero sul centrale, orari migliori per i giocatori e addio ai match terminati a notte fonda. I biglietti danno accesso a tutti i campi e la circolazione del pubblico è migliorata. Ma non tutto è perfetto: il “mezzo flop” del nuovo impianto resta il rumore. Se a Bercy i campi secondari erano quasi in una cantina, rumorosi come quindici motori d’Airbus A380, almeno erano isolati. Alla Défense, invece, le tende divisorie sembrano avere orecchie.Nonostante 9.000 m² di tende fonoassorbenti, il direttore del torneo Cédric Pioline ha ammesso che l’isolamento non è ancora ottimale: “Abbiamo fatto dei test, ma i risultati non erano soddisfacenti. Abbiamo optato per tende oscuranti che assorbono parzialmente il suono. Il torneo si evolverà verso un’identità più simile a Roland-Garros, con più atmosfera, rumore e vita.” Un’argomentazione che sa di compromesso. È vero che i campi 2 e 3, separati solo da una piccola tribuna, ricordano l’atmosfera di Roland-Garros, ma la sovrapposizione dei suoni — la musica del centrale, gli incitamenti dei tifosi — a volte sfiora la mancanza di rispetto. Nuno Borges lo ha provato sulla propria pelle, sconfitto da Learner Tien sul campo n.2: “Sentivo la musica, forse a fine set. Sono cose a cui ci abituiamo, ma questa volta il centrale si sentiva parecchio. Resta comunque un posto incredibile.”
    Le nuove esigenze dell’ATP e il comfort dei giocatori. Il trasferimento non mirava tanto a ricreare l’atmosfera di Bercy, quanto a soddisfare le richieste dell’ATP e offrire migliori condizioni ai giocatori, in un contesto sempre più competitivo. Con l’Arabia Saudita pronta a ospitare un nuovo Masters 1000 dal 2028, Parigi doveva modernizzarsi per restare al passo. “C’è stato un salto di qualità rispetto agli anni scorsi — spiega Borges — gli spogliatoi sono più grandi, il ristorante è spazioso e siamo più vicini agli hotel.”
    Verso un tennis più moderno e coinvolgente. Cazaux conferma: “A un certo punto ho sentito rumore da un altro campo, forse la fine di un match, proprio mentre stavo servendo. Ma non mi ha disturbato. Si percepiva di più l’atmosfera generale, e mi sono divertito.”La nuova concezione si ispira a un tennis più “vivente”: un’evoluzione dai gesti bianchi a uno sport d’atmosfera, dove, nel rispetto dei giocatori, il pubblico può partecipare, incitare, vivere lo spettacolo. E dove si riducono le lunghe attese per accedere alle tribune, ancora oggi un’anomalia nel mondo dello sport.
    Una superficie più lenta e più tecnica. Ultimo ma non meno importante, la superficie è più lenta rispetto all’anno scorso. Una scelta voluta per avvicinare il torneo alle condizioni delle Finals di Torino (9-16 novembre). Ed è proprio il numero uno del mondo Carlos Alcaraz a promuovere la scelta: “È completamente diverso dall’anno scorso, più lento. E lo preferisco così”, spiega lo spagnolo, che qui non è mai andato oltre i quarti di finale (2022). “Quando il campo è più lento, si può vedere del vero tennis. Non è solo servizio e un colpo dietro: ci sono scambi, punti, tennis vero. È molto meglio.” Una scommessa vinta. Per il momento, il trasferimento da Bercy a La Défense sembra dunque una scommessa vinta: più comfort per i giocatori, una cornice spettacolare, e — come dice Alcaraz — un tennis più autentico, tecnico e godibile.
    Dal nostro inviato a Parigi, Enrico Milani LEGGI TUTTO

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    Alexander Bublik: “Sono maturato, ora voglio entrare tra i top 10. La sede è nuova, i campi sono un po’ più lenti rispetto agli altri anni e il nuovo tetto è molto più alto, cambia tutto”

    Alexander Bublik nella foto – Foto Getty Images

    Alexander Bublik non era mai stato così bene come adesso. Né per risultati, né per classifica, né per sensazioni in campo. Il kazako affronta questo Masters 1000 di Parigi-Bercy 2025 con un sogno preciso: sfondare per la prima volta il muro della top 10 mondiale.Reduce dalla vittoria al debutto contro Alexei Popyrin (6-4, 6-3), Bublik ha parlato a Tennis Channel della sua crescita personale e professionale, raccontando un percorso fatto di maturità, consapevolezza e nuove motivazioni.
    “Non mi sono sentito bene in campo, ma sono soddisfatto”“Sinceramente, non mi sono sentito affatto bene in campo,” ha raccontato Bublik dopo l’esordio. “La sede è nuova, i campi sono un po’ più lenti rispetto agli altri anni e il nuovo tetto è molto più alto, cambia tutto. Sono arrivato sabato e ho potuto allenarmi solo un’ora domenica, e non mi sono trovato a mio agio. Detto questo, sono soddisfatto del mio rendimento: ho servito bene e sfruttato le occasioni per chiudere il match senza problemi.”
    “La mentalità è tutto: non bisogna impazzire”Il kazako ha poi spiegato come la chiave della sua evoluzione sia stata la mentalità.“È importante non impazzire. Per me conta moltissimo l’approccio con cui entro in ogni torneo. Se arrivi sapendo che puoi raggiungere qualcosa di grande, come entrare nella top 10, tutto diventa più semplice. Se invece pensi solo che, se perdi al primo turno, puoi andare in vacanza, cambia tutto. Qui a Parigi sono vicino a un traguardo che non avrei mai immaginato, e darò tutto per raggiungerlo.”
    La promessa che ha cambiato la sua stagioneBublik ha rivelato un momento decisivo del suo 2025: una promessa fatta al suo allenatore dopo la vittoria contro Alex De Minaur al Roland Garros.“Ricordo che gli promisi che da quel momento in poi mi sarei dedicato completamente al tennis, senza distrazioni. Volevo capire se dentro di me c’era ancora qualcosa da tirare fuori. Da allora, i risultati hanno iniziato ad arrivare. Non ho più tempo per lamentarmi delle condizioni: ora voglio solo giocare e sfruttare ogni opportunità.”
    “Diventare padre mi ha cambiato”Il kazako ha sottolineato quanto la paternità abbia contribuito alla sua maturazione.“Sono maturato in modo naturale, e credo che le cose migliori arrivino proprio così, senza forzature. Diventare padre mi ha cambiato molto: non voglio che mio figlio veda certi comportamenti negativi che ho avuto in passato. Voglio che sia orgoglioso di me, dentro e fuori dal campo.”
    “Ora gestisco meglio i punti importanti”“Da tempo mi sono posto l’obiettivo di dare il 100% in ogni allenamento, di rendere ogni ora e mezza il più produttiva possibile. Questa nuova mentalità mi ha aiutato a giocare meglio i punti importanti, a prendere decisioni più lucide e a gestire meglio la pressione. Forse è anche l’età: mi avvicino ai 30 e si sente (ride).”
    “Niente pressione per il sogno top 10”“Non voglio mettermi troppa pressione addosso. È la fine della stagione, siamo tutti un po’ stanchi e ogni parte del corpo fa male. L’obiettivo è restare concentrato, non fare doppi falli nei momenti decisivi e prendere le decisioni giuste. Se ci riesco, allora sì, potranno arrivare grandi risultati.”
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Atmane si unisce al coro di critiche: “La stagione è troppo lunga, non si ferma mai. Ho iniziato la stagione il 25 dicembre dell’anno scorso e mi resta ancora un torneo da giocare”

    Terence Atmane nella foto – Foto getty images

    Anche Terence Atmane ha deciso di dire la sua sulla questione che sta agitando il circuito ATP: la durata eccessiva della stagione tennistica. Il giovane francese, protagonista di un’annata intensa, ha espresso apertamente il proprio malcontento per il calendario attuale, che lascia pochissimo spazio al recupero fisico e mentale dei giocatori.
    “Ho iniziato la stagione il 25 dicembre dell’anno scorso e mi resta ancora un torneo da giocare. È un ritmo che non si ferma mai,” ha dichiarato Atmane in un’intervista riportata da TennisActu. “Mi piace giocare ogni settimana, sono molto competitivo. Vedremo se l’anno prossimo sarà troppo o no.”Le parole del transalpino si aggiungono a quelle di diversi altri colleghi — da Alcaraz a Zverev, passando per Sinner — che negli ultimi mesi hanno chiesto con forza una riforma del calendario e una riduzione del numero di tornei per garantire maggiori periodi di riposo.
    Atmane, che nel 2025 ha disputato oltre 30 tornei in singolare, rappresenta il pensiero di una generazione di tennisti emergenti costretti a sostenere ritmi logoranti per restare competitivi. E le sue parole riaccendono il dibattito su un tema che la ATP dovrà inevitabilmente affrontare nel prossimo futuro.
    Marco Rossi LEGGI TUTTO

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    Darderi da Parigi: “Sto migliorando anche sull’indoor, ma serve tempo. Sogno la Davis, sarò pronto se mi chiamano”

    Luciano Darderi ITA, 2002.02.14 – Foto Patrick Boren

    Luciano Darderi esce a testa alta dal match tiratissimo perso contro Arthur Cazaux nella nuova Defense Arena di Parigi. L’azzurro ha avuto le sue chance, soprattutto nel secondo set, quando conduceva 5-2, ma il francese — spinto dal pubblico di casa — ha saputo rimontare e imporsi nei momenti chiave.“Sì, è stato un peccato” ammette Darderi. “Quest’anno ci sono pochi tornei indoor, quindi non è facile adattarsi. Cazaux è di casa, c’era tifo per lui e a tratti mentalmente sono andato un po’ giù. Nel secondo set ero avanti 5-2, poi lui è salito e ha servito sempre molto bene nei punti importanti, mettendomi sotto pressione. Però sono contento che su queste superfici sto migliorando, non sono il mio forte, però sono sicuro e fiducioso che prima o poi comincerò anche a vincere le partite qui.”
    Sul tema dell’adattamento alle superfici, Darderi riconosce che il cemento outdoor gli sta dando maggiori soddisfazioni: “Ci sono davvero pochissimi tornei indoor, solo quattro a fine stagione, e arriviamo tutti un po’ stanchi. Io vengo da una stagione lunga, dopo Umago ho avuto un infortunio al piede che mi ha tenuto fermo qualche settimana, ma poi ho fatto terzo turno agli US Open e a Shanghai, risultati che l’anno scorso non avevo raggiunto. Ho perso con top 10 come Alcaraz e Lorenzo, ma questo dimostra che sto crescendo. Sto lavorando tanto, sono ancora giovane e credo molto nel percorso che stiamo facendo. Prima o poi il lavoro pagherà.”
    Inevitabile anche una riflessione sui tanti infortuni che stanno condizionando il circuito: “Nel mio caso è stata una fascite plantare, causata dalle scarpe, non da un colpo o dal campo. Però è vero, oggi si gioca a grande velocità e con tante pressioni mentali. Ci sono molti tornei “mandatory”, il calendario è fitto e non tutti i giocatori riescono a gestirlo. Io amo giocare tanto, fortunatamente non mi faccio spesso male, ma capisco chi si ferma. Oggi il tennis comunque si gioca a una grande velocità, tutte le settimane partite difficili, solo vedendo ieri la partita di Fonseca e Fokina, pensare che arrivano qui dopo una settimana così e devono rigiocare domani, sicuramente non è una cosa facile, non dico che sia male o bene, però comunque uno finisce un sabato sera di giocare a Basilea lunedì o martedì, non è da tutti gli sport, perché non in tutti gli sport uno finisce di giocare la domenica, come è successo a me a Baastad quest’anno, uno finisce la domenica e il martedì o mercoledì già sta giocando un’altra partita È normale che a volte il fisico chieda una pausa.»
    Darderi guarda poi con entusiasmo alla Coppa Davis e non esclude nulla: “ Io finirò la stagione qui o ad Atene, quindi finirei il 5 o il 6, e sarò preparato per la convocazione in caso che mi chiamassero, quindi io sono pronto. Poi sicuramente è difficile perché le convocazioni sono già fatte, ovviamente si possono cambiare, ci sono tanti giocatori, quindi niente io sarò pronto alla convocazione se mi chiamassero, altrimenti prenderò le vacanze e preparerò il 2026. Ovviamente mi piacerebbe tanto giocare, anche essere nella squadra però quello che sia il meglio… la squadra quest’anno è che possiamo rivincere di nuovo, che è l’obiettivo.”Infine, un pensiero al fratello minore: “Ci sono tanti giocatori, ma è una cosa buona e se non è adesso, sono giovane, il mio momento arriverà prima o poi, quindi sono contento di poterci essere. Mio fratello, l’anno prossimo farà il secondo anno da juniores, spero che lui possa giocare gli Slam Sarà anche lui tra i primi 70-80, quando scalano i 2007, quindi spero di poter almeno giocare negli Slam anche con lui, sarebbe una cosa bella.”
    Dal nostro inviato a Parigi, Enrico Milani LEGGI TUTTO

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    Jannik Sinner supera la barrera dei 50 milioni di dollari in premi in carriera

    Jannik Sinner nella foto – Foto Getty Images

    Il trionfo di Jannik Sinner al ATP 500 di Vienna 2025 non ha solo confermato la straordinaria stagione dell’azzurro, ma gli ha anche permesso di raggiungere un traguardo economico storico: con questa vittoria, il campione altoatesino ha superato la soglia dei 50 milioni di dollari guadagnati in prize money, ovvero denaro conquistato esclusivamente grazie ai risultati ottenuti in campo.
    Professionista dal 2019, Sinner entra così in un club esclusivo: è il settimo giocatore della storia a superare questa cifra, un traguardo che finora avevano raggiunto soltanto i grandi nomi del tennis mondiale. Davanti a lui, infatti, restano solo i membri del leggendario Big Four – Novak Djokovic, Rafael Nadal, Roger Federer e Andy Murray – oltre a Alexander Zverev e Carlos Alcaraz.
    Il primato assoluto appartiene a Novak Djokovic, con oltre 190 milioni di dollari, seguito da Nadal (135 milioni) e Federer (130 milioni). Dietro di loro Murray con 64, Zverev con 55, Alcaraz con 53 e ora Sinner con poco più di 50 milioni.Il dato è ancora più impressionante se si considera che l’italiano ha appena 24 anni e che il suo debutto nel circuito maggiore risale a meno di sei stagioni fa. L’aumento costante dei montepremi nei tornei ATP, effetto diretto delle nuove strategie economiche del circuito, lascia pensare che Sinner possa raddoppiare questa cifra nei prossimi anni, consolidando ulteriormente la sua posizione tra i tennisti più vincenti e redditizi della storia.
    Un traguardo che conferma, ancora una volta, come l’Italia del tennis viva una delle sue ere più floride, con Sinner protagonista assoluto a livello mondiale.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO