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    Cahill parla da Torino: “Il mio futuro è nelle mani di Jannik. Abbiamo fatto una scomessa e sono uomo di parola. Se vuole che resti, resterò”

    Darren Cahill

    A poche ore dall’avvio dell’edizione 2025 delle Nitto ATP Finals, arriva da Torino la notizia tutti gli appassionati di Sinner speravano: Darren Cahill ha dato la sua disponibilità a restare nel team del n.1 del mondo anche l’anno prossimo. Parlando al Media Day, questo il passaggio più significativo del coach australiano. “Sinner è un ragazzo incredibile con cui lavorare. Voglio che lui faccia quello che crede sia il meglio per lui. Potrebbe anche fargli bene sentire una voce nuova, ma se lui ritiene che la cosa migliore sia continuare con me, allora continueremo” afferma Cahill. “Prima di Wimbledon abbiamo fatto una scommessa, che se avesse vinto la finale del singolare, avrebbe potuto scegliere lui cosa avrei fatto nel 2026. Io sono un uomo di parola. Alla fine dell’anno parleremo, voglio che faccia ciò che è sente come il meglio per lui. Se ritiene che sia arrivato il tempo per cambiare, lo aiuterò a trovare la persona giusta per proseguire. Sarebbe giusto ruotare di tanto in tanto, ma se lui non è ancora pronto a farlo, non c’è problema”. Jannik nella recente intervista a Sky Sport ha affermato che il suo obiettivo e far restare Darren, quindi i due dovrebbero continuare insieme anche nella prossima stagione. “Il nostro ruolo come allenatori di Jannik è cercare di arrivare al punto in cui il giocatore è in grado di poter prendere decisioni da solo. Per questo motivo, molti allenatori nel tennis hanno un periodo di quattro o massimo sei anni con un giocatore: è il periodo in cui si ottiene il massimo reciproco” afferma l’allenatore australiano.
    Poi una nota su come Sinner è arrivato a Torino: “Siamo molto contenti di come Jannik sta giocando e si sta allenando ogni giorno. Arriva a questo torneo in ottima forma.. La corsa al numero 1 è affascinante, non pensavamo che questa fosse una possibilità fino a un paio di settimane fa, non ne parlavamo affatto. Lui e Carlos hanno fatto due ottime annate, ma indipendentemente da quello che accadrà siamo molto felici di com’è andata la stagione”.
    “Abbiamo lavorato per costruire un ambiente salutare con Jannik negli ultimi tre anni” continua Cahill. “Noi del team guardiamo il tutto verso il lungo periodo, non si lavora cercando di allenarlo solo focalizzandosi sul torneo della settimana, è necessario strutturare un piano pensando a quello che Jannik potrà essere come tennista tra due o tre anni. Parliamo tutti insieme su dove si può migliorare, come strutturare l’allenamento, quello che noi ci aspettiamo da lui. Sempre si cerca di fare del nostro meglio in campo. Tutti questi aspetti sono importanti per Jannik perché così sente che tutti noi siamo pienamente coinvolti nel portarlo ad essere un tennista sempre migliore e anche una persona più matura anche fuori dal campo. Credo che questa consapevolezza lo aiuti ad essere più rilassato perché è sente come il team lo stia accompagnando verso la giusta direzione”.
    L’ultimo passaggio Cahill lo dedica alla Davis, di cui tanto si è parlato in Italia. Darren lo spingeva a non giocare già lo scorso anno. “L’anno scorso avevo consigliato Jannik di non giocare la Davis, forse sarebbe stato meglio. Ma lui mi ha risposto seccamente di voler giocare, voleva difendere il titolo vinto l’anno precedente. Non sono decisioni facili, sono questioni complicate ma allo stesso tempo c’è un calcolo dietro. Il nostro è quello di portare Jannik ad essere un tennista ancora più forte quando arriverà intorno a 28 anni”.
    Mario Cecchi LEGGI TUTTO

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    Sinner: “Cahill? Mi piacerebbe che restasse, ma dobbiamo ancora parlarne”

    Darren Cahill insieme a Simone Vagnozzi

    Il fine stagione si avvicina e in “casa Sinner” oltre alle ATP Finals ormai alle porte e la corsa – più teorica che realistica – per finire da n.1 nel ranking, torna caldo il tema relativo alla permanenza di Darren Cahill come coach. Lo scorso gennaio nel corso dell’Australian Open a Jannik “scappò” una frase di troppo, sull’ultima stagione da allenatore per Cahill. Poi sono successe tante cose, inclusa la nota scommessa nel team, vinta da Sinner, che avrebbe dato mano libera per scegliere o meno la permanenza dell’australiano nel suo team. La situazione sembra ancora molto fluida, il n.2 del mondo ne ha parlato a Vienna dopo la vittoria su De Minaur in semifinale. L’obiettivo per il nostro campione è chiaro: convincere Darren a restare ancora con lui e continuare un percorso straordinario di cresciuta umana, sportiva e vittorie.
    “Mi piacerebbe che restasse, mi ha sicuramente dato molto” afferma Sinner parlando di Cahill. “Ormai non è solo un allenatore di tennis per me, ma qualcosa di più. Mi dà tanto anche a livello personale. Ora ha 60 anni ed è nel mondo del tennis da tanto tempo. Dobbiamo prima parlarne e poi vedere”.
    Interessante il seguente passaggio, nel quale Jannik afferma che all’interno del team non è ancora stato affrontato il tema di chi potrebbe essere un sostituto di Cahill, qualora confermasse la sua idea di terminare la propria carriera da allenatore. E, allo stesso tempo, Sinner conferma la necessità di un innesto se Darren a fine anno lascerà il team. “Simone Vagnozzi e io non abbiamo ancora discusso su chi potrebbe essere il prossimo allenatore, ma di certo ci serve un secondo coach” afferma Sinner. “Anche Simone ha bisogno di qualche settimana libera per stare con la sua famiglia. Per me è importante avere uno scambio anche su questo”.
    Parole che confermano come ancora niente sia stato deciso e, allo stesso tempo, di come all’interno della sua squadra ci sia un vero confronto per arrivare a una decisione che possa soddisfare tutti. Jannik giocherà la finale del 500 di Vienna contro Zverev, a caccia del quarto titolo stagionale e 22esimo in carriera. Seguirà un volo a Parigi, per l’ultimo Masters 1000 dell’anno nella nuovissima La Defence Arena. Quindi l’ultima tappa del suo 2025 in Italia, a Torino, per le ATP Finals. Darren Cahill seguirà Jannik in questi ultimi tornei della stagione. Vedremo se all’Inalpi Arena si concluderà il viaggio sportivo dell’australiano, o se Sinner vincerà anche questa sfida, convincendolo a restare.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Darren Cahill fa 60. Auguri al più grande ammiraglio del tennis moderno

    Darren Cahill

    Tanti, tantissimi auguri Darren Cahill! Il 2 ottobre 2025 l’australiano soffia 60 candeline sulla torta, lo farà attorniato dalla sua famiglia con un occhio a quel che succede a Shanghai, dove il suo pupillo Jannik Sinner è appena sbarcato per continuare la cavalcata vincente iniziata a Pechino in quest’autunno così impegnativo e ricco di sfide. Cahill è un personaggio unico e straordinario nel nostro piccolo mondo, dal 2022 felicemente entrato nel team del nostro Jannik Sinner a fianco di Simone Vagnozzi, ma guai a bollarlo come allenatore, o coach. Darren è qualcosa di diverso, è più un mentore, una guida sicura nella vita più che in campo perché in quel maledetto campo porti la tua vita con il sole e tutte le ombre, e solo sapendo affrontare i tuoi demoni, guardandoli in faccia e sfidandoli a testa alta puoi batterli e dare il tuo meglio in partita. Mi piace definirlo come il più grande Ammiraglio del tennis moderno, colui che dopo aver navigato tutti i mari della disciplina da giocatore e aver vissuto sulla propria pelle la gioia della vittoria e il dolore di sconfitte e infortuni, ha maturato un’esperienza così grande, un vissuto così profondo da riuscire a trasmetterlo ai suoi giocatori con un’empatia fuori dal comune. Chiunque ha conosciuto Cahill ne è uscito arricchito, diverso. Ogni tennista passato sotto la sua ala ha vinto, ha svoltato verso un futuro migliore.
    Migliorare è il “mantra” di Jannik, la parola più usata nel suo quotidiano, quella che pensa appena sveglio e anima la sua giornata; Darren ha elevato questo pensiero ad arte, donando sfumature diverse e più interessanti. Un esempio? Cahill è quello che spinge Jannik a provare tantissime attività extra tennistiche, perché correndo sul kart, andando in bici o solo passando tre ore alla sera montando pezzi di un kit Lego si ha una percezione diversa del mondo, di quel che si ha intorno, e anche di se stesso. Si stacca la spina dallo stress della disciplina, un tritacarne micidiale che ti spacca in quattro se non riesci a gestirlo con serena lucidità, e si riesce così a trovare un’armonia e sicurezza interiore che solo di racchette e impatti a tutta velocità non puoi trovare. Cahill alla fine non parla mica tanto, ma ascolta tantissimo e osserva. E trasmette. Parla quando è necessario farlo, e tocca i tasti più profondi di Sinner, riuscendo a dargli qualcosa di unico. È una benedizione che sia entrato nel team del nostro campione, è stato decisivo insieme a Vagnozzi a farlo maturare come uomo e concretizzare in partita i miglioramenti studiati e imparati in allenamento. È colui che ha preso di petto la terribile situazione del caso Clostebol ed è stato porto sicuro per Jannik e per tutti gli altri. Non è un caso che proprio Cahill è stato il primo a parlare alla tv negli Stati Uniti nell’agosto del 2024, appena prima di US Open, per far sentire la voce interna al team. Anche in quel momento sportivamente drammatico, la pacatezza, parole sicure e nette di Darren sono state fondamentali.
    Per raccontare qualcosa in più di Darren Cahill, riporto un passaggio a lui dedicato del libro “Jannik Sinner, Una Straordinaria Normalità”, pubblicato nel luglio 2024, dove riporto anche una piccola esperienza personale vissuta con Cahiil a Roland Garros. Pochi minuti, che mi hanno segnato in modo indelebile e custodisco gelosamente come una gemma scintillante.
    “Darren Cahill è molto più di un classico “super coach” per Jannik Sinner. È il collante di tutto il team per carisma e attitudine, persona attenta al dettaglio che conosce la vittoria e l’altissimo livello, vissuto sia da professionista che da coach. È una sorta di Re Mida, tutto quel che tocca diventa oro perché è bravo nello scegliere i cavalli giusti ed è perfetto nel fornire loro gli input necessari a tirar fuori il meglio e superarsi. L’australiano è stato un buonissimo professionista, ha raggiunto il numero 22 nella classifica in singolare con un tennis d’attacco figlio della scuola aussie, quella che predicava “chi arriva ultimo a rete paga da bere a tutti”. Il suo miglior risultato in uno Slam è stata la semifinale agli US Open del 1988, dove sconfisse Boris Becker e Aaron Krickstein prima di cedere al futuro campione Mats Wilander, quasi imbattibile in quel suo anno di gloria. A vederlo così pacato e riflessivo, con quello sguardo profondo e modi affabili, non penseresti mai che il suo storico soprannome sia “Killer”. Così lo racconta: «Quando avevo quindici o sedici anni, ero il ragazzo più piccolo della mia classe ma ero già un giocatore di tennis piuttosto bravo, e poiché battevo i ragazzi più alti e grandi di me mi fu affibbiato il soprannome di “Little Killer”. Quel nomignolo mi è rimasto addosso, poi senza “piccolo”, perché in un anno, quando ne avevo diciassette, sono cresciuto di circa venti centimetri, e tanto piccolo non ero più…». Classico humor in stile british, come i suoi modi garbati ed eleganti nell’esprimere concetti e opinioni.
    È il classico personaggio che lo guardi e ti attira, non ti lascia indifferente. È magnetico, trasmette energia e positività con calma e toni rassicuranti, ma trasuda anche carica oltre ad assoluta competenza. Ha guidato svariati campioni, gente con carattere forte, riuscendo a farsi ascoltare da ciascuno di loro e lasciando un segno indelebile. Tutti coloro che hanno avuto il privilegio di condividere con Darren il campo di allenamento e ascoltare le sue idee hanno migliorato il proprio tennis e la propria vita. È un vincente per natura, forte di una profonda conoscenza del gioco e dell’animo umano. Ha un carisma calmo, riesce con poche e mirate parole a toccare le corde dentro ai suoi assistiti, stimolarli nel profondo del proprio ego e aiutarli a vincere paure e incertezze. È una guida salda, una sorta di zio che ha girato il mondo e che riesce a trasmetterti non solo esperienze ma soprattutto nuove prospettive, facendoti vedere cose che non coglievi, aprendo il futuro a scenari differenti. Una persona posata ma tutt’altro che passiva, capace come pochi altri di leggere le situazioni di gioco e le dinamiche umane dell’atleta, analizzando con metodo e visione lo status quo e portando la sua sapienza al giocatore, affinché abbatta quelli che reputa essere i propri limiti. Cahill ha elevato grandi potenziali a campioni, e campioni a fuoriclasse.
    «Il nostro compito è continuare a spingerlo. È appena l’inizio della stagione, l’anno è ancora lungo ed è giusto ora godersi questo momento», afferma Darren subito dopo la vittoria agli Australian Open 2024, «ma quando torneremo su di un campo da tennis ci assicureremo di provare a fargli mantenere questo giusto atteggiamento, che è quel che serve per continuare a vincere». In queste poche parole è espresso alla perfezione il verbo dell’australiano: motivazione, autostima, positività e attitudine al miglioramento continuo. Le chiavi del successo, da raggiungere con un lavoro di squadra, serenità, programmazione e attitudine alla condivisione. «Affinché due allenatori lavorino bene insieme è necessario, prima di tutto, che siano disposti a collaborare, a inserire delle regole e a sostenersi a vicenda. E così è stato. Simone è la prima voce, il “main coach”, ed è per me un onore lavorare al suo fianco. Credo che tra venti o trent’anni ne parleremo come di uno dei migliori coach del circuito» racconta Cahill al «Corriere dello Sport». «Il 2022 è stato un anno di insegnamenti, seppur buono sotto il profilo dei risultati. Credo che Vagnozzi sia stata per Jannik manna dal cielo, perché tecnicamente è uno dei coach più preparati che abbia mai conosciuto. Il mio compito, avendo tanta esperienza nel circuito, è stato più quello di capire quale fosse la giusta direzione da intraprendere per il team ed essere sicuro che tutti la seguissero. Il mio ruolo riguarda più l’esperienza e come aiutarlo mentalmente in questi grandi momenti, e assicurarci che stiamo lavorando sulle cose giuste che alla fine lo porteranno dove vogliamo essere».
    Cahill ha vissuto la prima grande esperienza da coach prendendo un giovanissimo Lleyton Hewitt, esaltandone colpi difensivi e smussandone gli spigoli più acuti, portandolo al numero uno della classifica mondiale – allora il più giovane a riuscirci – e vincere due Slam. In seguito ha allenato Andre Agassi, portando logica e ordine al tennis spumeggiante ma spesso tatticamente poco flessibile dell’americano, che con lui visse anni straordinari e tornò in vetta alla classifica mondiale. Cahill entrò nell’Adidas Player Development Program dopo il ritiro di Agassi nel 2006, collaborando allo sviluppo di diversi talenti, tra cui Andy Murray, Ana Ivanovic, Fernando Verdasco, Daniela Hantuchova e Sorana Cirstea. Da questo programma è iniziata la sua collaborazione con Simona Halep, di cui è diventato coach principale alzando a dismisura il livello della rumena, portandola a vincere Roland Garros nel 2018 e in vetta al ranking WTA. Dopo qualche mese insieme all’americana Amanda Anisimova, nel giugno del 2022 ha affiancato Vagnozzi nel team Sinner. Riporto con piacere un aneddoto personale di Darren, che ho avuto il piacere di conoscere a Roland Garros 2010.

    È una giornata uggiosa al Bois de Boulogne, ma ricchissima di partite interessanti. Una di queste, cerchiata in rosso sul mio schedule cartaceo, è il secondo turno tra Fernando Gonzalez e Alexandr Dolgopolov. Due che più diversi non potrebbero essere, lontani in tutto, a creare un match potenzialmente esplosivo, visto il totale contrasto di stile tra la potenza bruta del cileno e i tocchi effimeri ed estemporanei dell’ucraino. In un campo 2 (purtroppo oggi abbattuto) strapieno, la partita la vince il “Dolgo” con una serie incredibile di tagli e tocchi, discese a rete in contro tempo e smorzate che fanno venire il mal di testa al cileno, tramortito in tre set. Per chi ama un tennis più pennellato che martellato è una goduria per gli occhi. La partita fila via rapida, c’è tempo prima del mio prossimo match, così mi soffermo sull’attiguo campo 3, dove la piccola tribuna dei giornalisti è di fatto la stessa riservata allo staff dei giocatori. Siamo nel corso del primo set tra Daniela Hantuchova e Yanina Wickmayer, altro match di discreto interesse, e non solo per l’avvenenza della slovacca. Resto sorpreso da come Daniela, tennista molto precisa ma non potente, riesce a colpire la palla con grande anticipo, spolverando letteralmente le righe col rovescio, sia cross che lungo linea. La belga ha due gambe fantastiche, si difende con vigore ma contro la progressione geometrica della rivale a tratti niente può. Dopo l’ennesima accelerazione vincente di Hantuchova, mi lascio scappare un «come le esce bene la palla dalle corde» in inglese. La persona seduta appena davanti a me si gira, mi guarda e mi dice: «È quello che le sto dicendo, continua a lasciar correre i colpi, sei perfetta quando colpisci». Con grande stupore, sotto quel cappellino da pescatore di color bruno non c’è uno spettatore qualsiasi o un collega di qualche testata accorsa a Parigi, ma Mr. Darren Cahill, che a Roland Garros segue anche Daniela. Approfitto della sua gentilezza estrema al cambio di campo per un paio di considerazioni su Hantuchova, le condizioni del campo e qualcos’altro ancora. Il gioco riprende, Cahill segue con attenzione il gioco e la sua assistita. Esco dal campo, ma qualche ora dopo, con Hantuchova uscita vittoriosa, ritrovo Cahill nella zona mista del Centrale, dove i giocatori arrivano per le interviste. Mi riconosce, ci salutiamo con altre due chiacchiere di grande cordialità sul tennis in generale. Se ne va insieme a lei, osservando Roger Federer che arriva troneggiando nel salone. Di questi pochi minuti condivisi con il coach custodisco gelosamente la sua viscerale passione per il gioco e anche la disponibilità a condividerla con un perfetto sconosciuto altrettanto innamorato del tennis come il sottoscritto”.
    Buoni 60, caro Darren! Che gli Dei del tennis custodiscano intatta la sua passione, visione e guida, per tantissime nuove avventure da vivere (e vincere) insieme.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Cahill: “Sinner a Cincinnati ha contratto un virus. Ieri sera stava meglio, oggi riposo”

    Jannik Sinner nella sfortunata finale di Cincinnati

    Arriva un aggiornamento flash dagli Stati Uniti sulle condizioni di Jannik Sinner. A parlare Darren Cahill, coach del n.1, in una breve dichiarazione rilasciata al network statunitense ESPN, del quale l’australiano è da tempo collaboratore. Cahill ha confermato che il malessere che ha afflitto Jannik a Cincinnati è stato “un virus”, abbastanza forte da mandarlo k.o. e costringerlo a gettare la spugna in finale contro Alcaraz dopo appena cinque game, peraltro disputati “camminando” in campo, senza energie.
    “Ho parlato brevemente con lui ieri sera. Stava un po’ meglio” afferma Cahiil. “Si prenderà anche oggi libero, questo è il piano, e spero che domani possa scendere in campo e iniziare a colpire qualche palla. Siamo fiduciosi che starà bene”.
    Poche parole ma utili a chiarire le cause del problema accusato da Sinner prima della finale del Masters 1000 dell’Ohio, e anche rasserenare gli animi in vista di US Open, al via domenica prossima a Flushing Meadows. Jannik è stato avvistato New York nel suo day off, appena sbarcato in città. Domani quindi dovrebbe svolgere il primo allenamento, a soli tre giorni dall’inizio del torneo.
    L’italiano è il campione in carica, ma visto che a US Open non c’è la consuetudine – come a Wimbledon – che la nuova edizione del torneo viene aperta dal vincitore dell’anno precedente, è possibile che Sinner chieda di debuttare il più tardi possibile per riprendere vigore dopo il contrattempo di salute sofferto a Cincinnati dopo la semifinale vinta contro Atmane, proprio nella serata del suo compleanno o la mattina successiva. Ricordiamo che quest’anno, per la prima volta, lo Slam della “grande mela” scatterà già alla domenica invece del consueto lunedì, come accade da anni a Roland Garros e da un paio di stagioni anche a Melbourne.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Cahill svela la crescita di Sinner: “Il servizio è stata la chiave”

    Darren Cahill nella foto – Foto Getty Images

    L’attesa è quasi finita. Alle 21:00 ora italiana gli appassionati vivranno un altro capitolo della rivalità più entusiasmante del tennis contemporaneo: Carlos Alcaraz e Jannik Sinner si sfideranno nella finale del Masters 1000 di Cincinnati. Un lunedì diverso dal solito, ma che promette scintille dal primo scambio: due campioni che si sono alternati nel rubarsi titoli negli ultimi mesi e che ora arrivano a Ohio con i conti ancora aperti. Non sappiamo chi solleverà il trofeo, ma una cosa è certa: ci sarà battaglia.
    Quando due “galli del pollaio” come loro incrociano le racchette, lo spettacolo è assicurato. A dare ulteriore spessore all’attesa è arrivata anche l’analisi di Darren Cahill, allenatore di Sinner insieme a Simone Vagnozzi dal 2022. L’australiano, tra i coach più rispettati del circuito, ha raccontato ad ATP Media i punti chiave della crescita del suo allievo, che da 14 mesi non molla più la vetta del ranking mondiale.
    “Il segreto? Non c’è alcun segreto. Solo lavoro quotidiano e la convinzione che ogni giorno ci sia sempre qualcosa da migliorare”, ha spiegato Cahill. “È questo il motivo per cui siamo così orgogliosi, perché tutto quello che costruiamo negli allenamenti si riflette poi nei grandi match, nei grandi tornei. Non è frutto di esperimenti di qualche giorno, ma di anni di impegno e di pressione costante affinché continuasse a fare le cose giuste”.
    Uno dei primi aspetti affrontati dall’australiano è stato il servizio. “Quando sono entrato nel team gli dissi subito: devi migliorare il servizio. Con il fisico che hai e i tuoi 1,91 metri, era fondamentale aumentare la velocità e la precisione della prima palla. Da lì si vincono partite con il servizio, ci si fa più solidi nei numeri e si diventa più efficaci, pur restando pronti a lottare negli scambi se l’avversario riesce a rispondere”, ha ricordato Cahill.
    Il coach ha poi sottolineato il carattere da combattente del suo allievo: “Jannik è un animale da competizione, gli piace fare domande, vuole sempre capire e crescere. Se guardi il suo corpo ora e lo confronti con quello di qualche anno fa, ti rendi conto del lavoro enorme che ha fatto in ogni aspetto”.
    Sinner arriverà dunque alla finale con la consapevolezza del percorso compiuto e del sostegno del suo staff, mentre Alcaraz proverà ancora una volta a fermare la corsa del numero uno del mondo. Sarà la prima finale tra i due a Cincinnati.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Sinner senza Cahill agli US Open: Brad Gilbert smentisce tutto, “Fake news”

    Brad Gilbert nella foto

    Nelle ultime ore ha fatto molto rumore l’indiscrezione, riportata da La Repubblica e poi ripresa da diversi media, secondo cui Darren Cahill non sarebbe stato presente agli US Open 2025 nel box di Jannik Sinner. La notizia aveva generato molte discussioni tra tifosi e addetti ai lavori, anche perché sarebbe stata una novità significativa nella stagione del numero uno del mondo.
    A spegnere ogni voce, però, è intervenuto direttamente Brad Gilbert. L’ex tennista, oggi popolare opinionista per ESPN, ha commentato la questione sui social definendo l’indiscrezione una “fake news” senza mezzi termini. Con la sua consueta franchezza, Gilbert ha invitato a non dar credito a ricostruzioni prive di fondamento e ha sottolineato come non ci siano elementi reali a supporto dell’assenza di Cahill a New York.

    for the record this is completely fake news 🗞️
    — Brad Gilbert (@bgtennisnation) July 25, 2025

    Una smentita secca, che contribuisce a riportare serenità attorno al team di Sinner. Per il momento, quindi, il “supercoach” australiano resta regolarmente al fianco del campione italiano, pronto ad accompagnarlo anche nella corsa allo US Open.
    Marco Rossi LEGGI TUTTO

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    Sinner senza Cahill allo US Open: Vagnozzi guiderà da solo il numero uno

    Jannik Sinner nella foto – Foto Getty Images

    Sarà uno Jannik Sinner inedito quello che si presenterà allo US Open 2025. Per la prima volta dall’inizio della collaborazione, il numero uno del mondo dovrà infatti fare a meno di uno dei suoi due pilastri tecnici: Darren Cahill ha scelto di prendersi una breve pausa e non accompagnerà il tennista azzurro a New York, come confermato da La Repubblica.
    Al fianco di Sinner ci sarà quindi soltanto Simone Vagnozzi, che si dice fiducioso e pronto alla sfida: “Senza Cahill sarà un Sinner ancora più forte e motivato, ancora più deciso dopo il trionfo a Wimbledon,” assicura il coach marchigiano secondo quanto riportato dal quotidiano italiano. L’assenza del “supercoach” australiano rappresenta una novità assoluta per il team del tennista altoatesino, ma per Vagnozzi è l’occasione di mettere alla prova la solidità e la maturità raggiunte da Sinner negli ultimi mesi.
    Dopo il successo storico sui prati londinesi e le settimane passate da leader indiscusso dell’ATP, il ventitreenne italiano arriva a Flushing Meadows con i favori del pronostico ma anche con una pressione enorme sulle spalle. Vagnozzi però non ha dubbi: “Jannik sta vivendo una fase di crescita incredibile e affronta ogni nuovo traguardo con lo stesso spirito competitivo. Anche senza Cahill, sono sicuro che si presenterà agli US Open con ancora più determinazione.”
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Dietro Sinner, la forza di un team unito: Vagnozzi e Cahill, ruoli diversi e un’unica direzione

    Simone Vagnozzi nella foto con Cahill e Sinner

    Jannik Sinner è ormai al centro della scena tennistica mondiale, ma dietro i suoi risultati brillanti si nasconde un lavoro di squadra fatto di equilibrio, dialogo e ruoli ben definiti. Simone Vagnozzi, allenatore dell’altoatesino, ha raccontato il segreto della collaborazione con Darren Cahill: “Sinner ascolta sempre una sola voce unita, questo è il nostro punto di forza”.
    Ruoli chiari e chimica immediataVagnozzi è approdato nel team di Sinner a febbraio 2022, mentre l’australiano Cahill lo ha raggiunto pochi mesi dopo, durante la stagione sull’erba. “Sono molto fortunato ad aver incontrato Darren, sia dal punto di vista professionale che umano. C’è stata subito sintonia, una chimica rara che ci ha permesso di mettere sempre al centro l’interesse di Jannik,” spiega il coach italiano.I ruoli sono complementari: “Io curo più gli aspetti tecnici e tattici, lui quelli mentali ed emotivi. Ma condividiamo tutto e l’importante è che Sinner riceva sempre indicazioni chiare e coerenti.”
    Onestà e ambizione, oltre l’amiciziaPer Vagnozzi, essere allenatore significa anche saper essere diretto e a volte scomodo: “Un grande atleta non cerca solo amici, vuole persone oneste che gli dicano la verità, anche quando è difficile da accettare. Solo così si raggiunge il massimo potenziale.”L’esperienza, sottolinea Vagnozzi, è fondamentale: “Crescere con diversi atleti, affrontare nuove situazioni… I migliori coach sono quelli capaci di ottenere risultati con giocatori diversi, adattando sempre il proprio metodo.”
    Pressione, equilibrio e… un Sinner “umano”La posizione di numero uno del mondo porta con sé pressioni enormi. “Essere arrivati a questo traguardo significa dover affrontare ogni torneo con la mentalità di chi vuole vincere tutto. Ma la nostra forza è lavorare sapendo di aver dato sempre il massimo nella preparazione.”Vagnozzi descrive Sinner come un ragazzo maturo ma anche divertente, curioso e pieno di vita: “Il suo segreto è la voglia continua di migliorare, la capacità di non accontentarsi mai. Senza quella fame, non avrebbe la motivazione per affrontare ogni giorno il duro lavoro del circuito.”
    La sfida Alcaraz e la chiave del futuroUn pensiero anche al rivale spagnolo: “Alcaraz è speciale, ti mette davanti a problemi che nessun altro ti propone. Bisogna allenarsi proprio per queste situazioni e farsi trovare pronti in partita.”La vera chiave, però, resta l’equilibrio: “Un campione deve saper rimanere con i piedi per terra nei momenti difficili e non esaltarsi troppo quando le cose vanno bene. È questa la qualità più importante per chi vuole stare a lungo al vertice.”
    Marco Rossi LEGGI TUTTO