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    Becker si racconta: “Ho rischiato di morire in carcere. Potevo diventare coach di Sinner nel 2022, gli consigliai Cahill, per me il migliore. Darren non smetterà a fine anno”

    Boris con la moglie Lilian

    Nel mondo del tennis non ci sono molti personaggi così complessi e intriganti quanto Boris Becker. Dirompente in campo e nella vita, spesso scomodo per le sue parole e scelte, successi e cadute rovinose, Boris è da sempre un personaggio grande, ingombrante e divisivo. Il suo nuovo libro “Inside” è un bellissimo spaccato di vita e sport di un uomo ormai maturo che ha affrontato tante cose, anche terribili, ma sempre a testa alta. A Milano, dove risiede da due anni, ha rilasciato una lunga e bella intervista al Corriere, nella quale ripercorre passaggi importanti della sua vita e racconta alcuni aneddoti interessanti. Si parla anche di Agassi, di Sinner e Cahill. Per il tedesco, l’australiano continuerà ad allenare Jannik. Questi alcuni dei passaggi più significativi dell’intervista di Becker.
    “Io, il più giovane campione di Wimbledon di sempre, 40 anni dopo finisco in prigione? Sono sempre stato un bubble breaker (uno che rompe gli schemi, ndr) È la mia storia” racconta Boris quando fanno notare che la prigione dove è stato rinchiuso a Londra per i problemi col fisco inglese è davvero vicina a quel Centre Court dove ha scritto la storia. “Faccio cose che nessuno ha mai fatto prima. All’inizio mi criticano, poi le fanno anche gli altri. Forse, per via del mio carattere, non sono troppo amato tra i colleghi. Però dicono: Becker vede le cose in modo diverso”.
    Così Boris racconta il dramma del fallimento, il processo… “È complicato…. Il diritto fallimentare nel Regno Unito è molto diverso da quello tedesco o italiano: qui da voi avrei preso una multa. Dunque, c’è un prestito di una banca inglese nei miei confronti, e in cambio avevo dato in garanzia i miei diritti d’immagine. Quel prestito era inoltre garantito da una finca a Maiorca. Non c’era alcun bisogno che la banca si rivolgesse al tribunale, o mi spingesse verso la bancarotta. Due anni dopo la bancarotta, infatti, ho rimborsato la banca fino all’ultimo centesimo. Quel prestito prevedeva un tasso d’interesse del 25%. Il mio avvocato l’avrebbe dovuto notare — era scritto in grande —, io l’avrei dovuto notare, ma ci si affida agli avvocati per questo, no? Però non cerco scuse. Ho fatto errori. Il fallimento è arrivato come uno shock, mentre ero in macchina: eppure, avevo ancora dei redditi, altre proprietà in Germania, a Londra. Ma il danno ormai era fatto, il brand compromesso, le aziende in ritirata. C’è un altro mito da sfatare: i miei reali guadagni in carriera. Leggo 100 milioni: sbagliato. Leggo 50 milioni: sbagliato. La metà di quella cifra, forse. Erano altri tempi. Negli anni Ottanta a Wimbledon vincevi 300 mila sterline, ora tre milioni. E comunque, la metà del premio se ne va in tasse, poi si devono dedurre i costi. La gente sente queste cifre e si fa idee irrealistiche. Quanto a me, ho avuto due divorzi costosi, il mantenimento di quattro figli. Ho sempre vissuto con un certo tenore ma non ho mai sperperato il denaro in yacht o Ferrari“.
    In carcere Boris vedeva i compagni di sventura come avversari: “Esatto. La mia forza nel tennis — certo, ero potente — era che giocavo in modo strategico. Non ero il più veloce, non avevo un rovescio eccezionale ma più durava la partita, più entravo nella testa del mio avversario. E un’altra cosa: so leggere l’ambiente. So capire chi sono i duri, in cosa sono forti: metto a fuoco la persona in pochi secondi. E poi mi piacciono gli scacchi e il poker. Ci ho giocato da professionista, a fine carriera. Con queste doti sono nato”.
    Ha avuto per due volte paura di morire durante la detenzione: “La mia cella era in fondo a un corridoio. Torno dal refettorio, e c’è una persona nuova nella cella del mio vicino e amico, Ike, un gigante muscoloso che godeva di enorme influenza. Non si fa mai: la tua cella è una zona sicura. Così gli dico: hei cosa fai lì? Si gira, io ho il vassoio del cibo in mano e comincia a urlarmi, a venirmi addosso. Io rispondo a tono. Per fortuna, in 7 o 8 arrivano alle mie spalle, mi proteggono, non vi dico cosa gli fanno. E mi riportano in cella. Arriva anche Ike, lo conosceva da prima, si scusa per lui. Io sono scosso, me la sono vista brutta. Questo tizio a 18 anni aveva ucciso due persone. Tre giorni dopo, viene in lavanderia dove lavora Ike: cade in ginocchio davanti a me, mi chiede scusa, mi bacia la mano. Gli dico: non serve, qui è dura per tutti. Ho capito solo dopo che l’ha fatto per Ike. Io ero parte di un gruppo rispettato. E occorreva ripristinare il rispetto, o il ragazzo lì dentro non avrebbe avuto scampo. Il carcere è un posto duro, pericoloso, che ha regole proprie. Le prigioni sono gestite dai prigionieri, non dalle guardie. Nessuno ha idea di cosa succeda lì dentro…”.
    Questo il passaggio dell’intervista dedicato a Sinner e Cahill: “Non ne ho mai parlato, ma è vero, sono stato vicino ad allenare Sinner nel 2022. Perché non è successo? Da lì a due mesi, aspettavo la sentenza di Londra. Ho detto a Jannik: non so come finirà, non posso prendermi l’impegno. Ma non volevo lasciarlo a piedi, gli ho fatto un paio di nomi: uno era Darren Cahill. Per me, il migliore. Se torno in lizza qualora Cahill smettesse? Darren non smetterà. Quanto a me, ero convinto che Jannik potesse diventare il più forte. All’epoca doveva migliorare il servizio e il gioco di piedi ma era unico, di testa era già un portento. Oggi sono in un’altra fase della vita, la famiglia si allarga, ho un nuovo business. Non voglio stare così tanto on the road e forse il ruolo di coach comincia a starmi stretto”.
    “Quattro Slam a 24 anni: non credo che avrei potuto fare meglio di Cahill e Vagnozzi. Quando è stato scelto non era famoso, ma pochi capiscono il gioco come Simone. Il successo del team Sinner parla da solo. Ed è incredibile, se si pensa che Jannik gioca seriamente solo da quando aveva 13-14 anni”.
    Tennis e doping: così la pensa Boris: “Contano testa e personalità, e non conosco droghe che le migliorino. Ce ne sono che aumentano la resistenza e affrettano il recupero. Ma quando sei sulla palla break, sotto 5-4 nel quinto set, voi conoscete un farmaco che permetta di rimanere freddi come il ghiaccio e tirare un ace? Io no. Per tre persone metto la mano sul fuoco: Federer, Nadal, Djokovic. La contaminazione di Sinner? Sì, ci credo. Il doping è lontanissimo dal suo carattere. Mi fido meno di giocatori che magari hanno avuto una sola, straordinaria stagione sul rosso o sembrano fenomenali per due-tre tornei. Cose così puzzano un po’. Ma Jannik è tra i migliori da anni, i pesci grossi vengono testati. Una vita d’inferno: per 365 giorni all’anno devono dire dove dormono, dove mangiano. Metti che sto con una ragazza da Cipriani e arrivano per il test… Folle. L’antidoping oggi è un’enorme restrizione della libertà”.
    Il no alla Davis di Sinner: Becker condivide la scelta. “Ho letto che si è alzato un polverone in Italia. Capisco che Nicola Pietrangeli disapprovi. Io la Davis l’ho vinta due volte, nell’88 e nell’89: l’anno seguente non la giocai. Avevo bisogno di una settimana extra di riposo e ritenevo di essermi speso a sufficienza per il mio Paese. Esattamente come Jannik. Tendiamo a dimenticarci che il tennis è uno sport individuale. È maledettamente difficile restare al vertice. Se uno si fa male, la carriera è a rischio. Avete visto Rune: si è rotto il tendine d’Achille. In Italia tutti vogliono un pezzettino di Sinner. Lo invitano a Shanghai, a Riad, a Vienna. Da domenica prossima gli chiederanno di rivincere le Finals a Torino”.
    Agassi racconta di esser riuscito a rispondere al servizio di Becker perché guardava la lingua del tedesco al momento di servire… Così Boris liquida il racconto: “Sì, la conosco questa storia. Ma devo dirvi che non è vera. Io adoro Andre, davvero. Ma è nato e cresciuto a Las Vegas, e lì l’immagine è tutto. Ho letto Open, un libro magnifico, ma quel passaggio è, diciamo, in puro stile Vegas. Pensateci, logicamente: quanto è grande un campo da tennis? Come avrebbe potuto vedere la mia lingua a 30 metri di distanza? Ho la bocca grande, ma non vado certo in giro con la lingua di fuori! E poi, fino a un istante prima di colpire la palla, neppure io sapevo dove sarebbe andata. Quindi, spiacente: è una bella favola, simpatica, ma una favola»
    Così Becker spiega la decisione di vivere a Milano: “Ho giocato bene in questa città, ho vinto il torneo quattro volte; ho vestito sempre brand italiani. Mia moglie è nata a Roma. E avere un altro figlio a questa età mi dà l’opportunità di occuparmene più di quanto io abbia fatto in passato, se Lilian me lo permetterà”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Becker: “Sinner nella finale di US Open mi ha deluso, è stato prevedibile”

    Boris Becker

    Dopo aver parlato della situazione di Novak Djokovic, Boris Becker nel seguito podcast di Andrea Petkovic si è soffermato anche sul tema più caldo del momento, la finale di US Open dominata da Alcaraz su Sinner. Il tedesco è netto su Jannik: è stato deludente al servizio ma soprattutto per come non sia riuscito a cambiare qualcosa e subire la prepotenza del rivale.
    “Dal primo all’ultimo minuto di US Open, Alcaraz è stato chiaramente superiore a tutti gli altri giocatori, e persino a Sinner in finale, “afferma Boris. “La finale ha avuto un padrone assoluto. Carlos ha giocato un tennis di un altro pianeta e ha meritato di vincere il torneo. La grande differenza che ho notato in questo duello è stata al servizio: Sinner è stato nettamente più debole e a quel livello una differenza del genere non perdona. Se Jannik ha un vero punto debole, è proprio questo”.
    Becker continua la sua analisi tagliente sulla prestazione dell’italiano: “Sono uno che dice sempre la verità. Sono rimasto un po’ deluso: mi aspettavo di più da questa finale. Ma ovviamente non sono rimasto deluso da Alcaraz perché ha giocato meglio rispetto a un anno fa. Ha portato nel suo tennis più variazioni, ha cambiato i ritmi, ha usato il serve & volley, ha giocato anche lo slice di rovescio. Ha colpito con il diritto con tanta di quella potenza che la palla quasi spariva! Sinner, invece, per la prima volta è rimasto fermo con il suo gioco. Così è prevedibile: sai già esattamente cosa succederà. E non è tanto grave che io lo veda così, è molto peggio per lui che lo veda così anche Alcaraz”.
    “Per la prima volta ho avuto la sensazione che Alcaraz abbia fatto un passo avanti, mentre Sinner sia rimasto lo stesso. A tratti non sapeva come vincere i punti, se non quando Alcaraz sbagliava. È una novità in negativo per Jannik” conclude Becker.
    Un’analisi secca ma coerente anche a quanto dichiarato dallo stesso Sinner dopo la cocente sconfitta, affermando la necessità di lavorare per inserire delle novità al suo gioco, proprio per non essere così prevedibile.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Becker ipotizza un ritiro non lontano per Djokovic: “Le Olimpiadi 2028? Irrealistico. Le sue parole dopo US Open già sanno di addio”

    Novak Djokovic a US Open 2025

    Con la sua grinta leonina, “Nole” non ne vuol sapere di mollare, ma… per quanto ancora? La sconfitta in semifinale a US Open patita da Novak Djokovic contro Carlos Alcaraz ha dato nuova linfa al dibattito su quando il serbo scriverà la parola fine alla sua leggendaria carriera. A rafforzare le ipotesi su di un ritiro non così lontano le sue stesse parole nella conferenza post partita: mai aveva affermato a chiare lettere che contro il vigore di potenza atletica di Sinner e Alcaraz le sue armi sono ormai spuntate. Così la pensa che Boris Becker, che conosce benissimo il campione di Belgrado per averlo accompagnato come coach in alcune delle migliori stagioni. Intervenuto al podcast di Andrea Petkovic, Boris ha commentato le parole di Novak Djokovic sul proseguimento della carriera nei tornei dello Slam nel 2026, vedendovi un chiaro indizio di un possibile addio al tennis al termine degli US Open del prossimo anno.
    “Parto dalla prima semifinale tra Alcaraz e Djokovic,” afferma Becker. “È straordinario come Djokovic sia riuscito a tenere botta per due set. Nel secondo, forse, avrebbe addirittura potuto vincere. Ma ancora una volta Alcaraz si è dimostrato più forte fisicamente e, nel terzo set, anche tennisticamente. Non possiamo sorprenderci: Novak ha 38 anni. Ma il fatto che oggi sia ancora il terzo giocatore più forte del circuito è incredibile per lui… e allo stesso tempo poco confortante per tutti gli altri. Dopo la partita, però, ha ammesso per la prima volta che non è più sostenibile affrontare giocatori come Sinner e Alcaraz tre set su cinque. E ha lasciato intendere di non sapere ancora quanto durerà la sua avventura negli Slam.”
    Becker ha sottolineato come, per la prima volta, Djokovic abbia parlato apertamente della possibilità che il 2026 rappresenti la sua ultima stagione da protagonista nei tornei major: “Ha detto che può ancora competere con questi due, ed è vero. Ma perché gioca a tennis? Per vincere Roma o Montecarlo per la diciassettesima volta… oppure per conquistare un altro Slam e arrivare a 25 titoli? Credo sia la seconda opzione. E oggi ha ammesso che, vista l’età e la forza della nuova generazione, non è più realistico. Questo cosa significa? Significa che prima o poi smetterà, ed è normale che sia così. La domanda è quando. Ci sarà ancora un’altra stagione di Slam? Dall’altra parte sogna le Olimpiadi del 2028 per difendere l’oro della Serbia. Ma personalmente trovo irrealistico pensare che possa arrivare fin lì. Già agli US Open le sue parole hanno avuto il sapore di un addio.”
    Becker ha concluso il suo intervento su Djokovic rimarcando l’eredità sportiva del campione serbo: “Novak è arrivato alla fine dei suoi sogni. Finalmente è rispettato e amato da tutti gli appassionati, a New York, Parigi e Londra. Credo che abbiano capito quale carriera straordinaria abbia avuto Djokovic, e quanto sia importante come simbolo per le nuove generazioni. Quando ho sentito che questa era la sua semifinale numero 53 in un torneo dello Slam, ho pensato a un errore di stampa. Cinquantatré volte! Nessuno raggiungerà mai un traguardo simile. Per me, il cerchio si è chiuso.”
    Parole nette quelle di Becker, che partono da constatazioni importanti. In Australia il serbo riuscì ad imporre la sua classe e forza mentale su Alcaraz, ma da allora è passato quasi un anno. Carlos è migliorato moltissimo, in tutto; Sinner continua a macinare un successo dopo l’altro e nel 2025 ha battuto Djokovic in semifinale sia a Parigi che Wimbledon, molto nettamente e senza mai dare la sensazione che la partita gli potesse sfuggire di mano. Djokovic a New York nel secondo set contro Carlos ha compiuto il suo massimo sforzo, atletico e mentale, ma non è bastato. Cose che un campione come Novak sente, e valuta. Avrà ragione Becker affermando che il 2026 sarà l’ultimo anno di Djokovic?
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Becker critica Zverev: “Meglio non parlare dei problemi mentali dopo una sconfitta”

    Alexander Zverev nella foto – Foto Getty Images

    Boris Becker non ha mai nascosto la sua vicinanza ad Alexander Zverev, considerandolo quasi un “figlio adottivo” in ambito tennistico. Tuttavia, questa volta l’ex campione tedesco non ha risparmiato una critica pubblica nei confronti del numero tre del mondo, invitandolo alla prudenza dopo le dichiarazioni fatte a Wimbledon.
    Zverev, eliminato sorprendentemente al primo turno dell’ultimo Slam londinese, aveva confessato in conferenza stampa di attraversare un momento personale molto difficile e di sentirsi “svuotato”. Un’apertura che ha suscitato reazioni contrastanti e che non è piaciuta a Becker, presente a un evento in Germania e intervistato da Tennis365.
    “Se fossi stato il suo allenatore, gli avrei consigliato di non condividere quei pensieri sulla sua situazione mentale subito dopo una sconfitta al primo turno di uno Slam,” ha dichiarato Becker. “L’ideale sarebbe evitare di aprirsi al mondo in momenti così delicati.”
    Nonostante la critica, Becker ha ribadito la sua fiducia nelle qualità di Zverev: “Forse quella confessione era proprio ciò di cui aveva bisogno. Sono comunque convinto che Sascha vincerà un torneo del Grande Slam e che un giorno possa raggiungere la vetta del ranking. Arrivare al numero uno è difficile, ma rimanerci è ancora più complicato.”
    Marco Rossi LEGGI TUTTO

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    Djokovic e la caccia al 25° Slam: il dubbio di Becker e il peso della nuova generazione

    Novak Djokovic classe 1987, n.6 del mondo – Foto Getty Images

    Ogni Slam che passa sembra essere un ostacolo in più per Novak Djokovic nella rincorsa a quel leggendario trofeo numero 25 che continua a sfuggirgli. A Wimbledon 2025, il serbo è andato vicino all’impresa, ma ancora una volta è stato fermato da chi, oggi, sembra aver preso il suo posto al vertice: Jannik Sinner e Carlos Alcaraz. E proprio su questa nuova gerarchia, Boris Becker – ex allenatore di Djokovic – ha espresso la sua analisi lucida durante un podcast con Andrea Petkovic.
    “È la grande domanda che tutti si pongono adesso,” ammette Becker. “Il vero problema per Novak è che, se vuole tornare a vincere uno Slam, dovrà molto probabilmente battere sia Alcaraz che Sinner. È successo proprio a Wimbledon, il torneo in cui secondo me aveva la migliore opportunità per conquistare il tanto agognato 25° major. Un torneo che ha già vinto sette volte e dove è arrivato per 14 volte in semifinale: sono numeri assurdi, quasi inverosimili.”
    Becker ha sottolineato anche il peso dell’età e degli acciacchi: “Dobbiamo ricordare che durante l’ultimo game contro Cobolli nei quarti si è infortunato, e a 38 anni è molto più facile avere problemi fisici. Nei primi due set con Sinner, però, mi è sembrato comunque in buona forma. Naturalmente, Jannik ha dimostrato di essere il giocatore migliore: per me è un Djokovic 2.0, una versione di Novak di quindici anni più giovane. E credo che anche Novak ne sia consapevole”.
    La domanda da un milione di dollariMa allora: Djokovic può ancora vincere un altro Slam o ormai è troppo tardi? “Mi fa piacere vedere che Novak sia arrivato di nuovo in semifinale in uno Slam, ma è sufficiente per lui? Lui gioca ancora a tennis perché vuole diventare l’unico a quota 25, vuole quel record assoluto. Ma bisogna essere realistici: nei loro giorni migliori, oggi Sinner e Alcaraz sono più forti di Djokovic nei suoi giorni migliori. È la realtà e può essere frustrante per lui, ma è così.”
    Becker non esclude la sorpresa, ma invita a ragionare con realismo: “La vera domanda è: quanto è realistico pensare che Novak possa ancora avere l’occasione per vincere un altro Slam? Il tempo sta finendo.” E se lo dice uno che di grandi sfide se ne intende, forse è il momento di guardare davvero in faccia la nuova era del tennis.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Zverev-Becker, tra tensioni e speranze: “Alexander può diventare numero uno e vincere uno Slam”

    Alexander Zverev nella foto – Foto Getty Images

    La tensione tra Alexander Zverev e Boris Becker resta uno dei temi più caldi del tennis tedesco alla vigilia di Wimbledon, ma nelle ultime ore il discorso si è arricchito di nuove sfumature. Tutto era iniziato dopo la sconfitta nei quarti di finale al Roland Garros contro Novak Djokovic, quando Becker — nei suoi ruoli di opinionista e coach — aveva espresso pubblicamente dubbi sulla composizione del team di Zverev e suggerito l’opportunità di aggiungere nuove voci per aiutare il campione di Amburgo a compiere l’ultimo salto verso i grandi traguardi della carriera.
    In particolare, Becker e la collega Barbara Rittner, durante la trasmissione Matchball Becker su Eurosport, avevano suggerito a Zverev di valutare qualche nuovo stimolo, spiegando che il gruppo guidato dal padre e dal fratello Mischa potrebbe beneficiare di impulsi esterni. Zverev, da parte sua, aveva replicato in modo diretto a Stoccarda: “Quando le cose vanno bene, faccio tutto giusto, quando vanno male, improvvisamente tutti sanno cosa dovrei fare. Anche Boris purtroppo fa parte di questo gruppo”, aveva detto il tedesco, chiaramente infastidito dalle critiche pubbliche.
    Ma, durante il torneo WTA di Bad Homburg, Becker ha abbassato i toni in una live del suo podcast con Andrea Petkovic, spiegando le sue reali intenzioni: “Sono dalla sua parte, voglio che vinca”, ha ribadito, sottolineando che le sue erano solo “possibilità di miglioramento o suggerimenti”. Becker ha poi aggiunto: “Sono convinto che possa diventare numero uno del mondo, sono convinto che possa vincere uno Slam. È il miglior tedesco in assoluto, per questo dico queste cose. Vedo il potenziale, vedo le chance”.
    Il punto centrale delle critiche di Becker resta l’evoluzione del team di Zverev, e la necessità di una voce nuova, magari esterna, per trovare quella marcia in più che manca ancora per arrivare al vertice assoluto. “Sta a lui continuare a svilupparsi”, ha spiegato Becker, che però ha anche sottolineato come il dialogo con Zverev resti buono: “Credo che in una buona collaborazione non sia necessario essere sempre d’accordo su tutto”.
    Nel frattempo, la stagione sull’erba ha comunque portato discreti risultati per Zverev: finale a Stoccarda, battuto solo da Taylor Fritz, e semifinale ad Halle, dove si è arreso a Daniil Medvedev. Ora arriva Wimbledon, con Zverev testa di serie numero tre e tante aspettative su di lui. Tra “buone vibrazioni” e critiche costruttive, la Germania continua a sperare che sia davvero l’anno della svolta definitiva. LEGGI TUTTO

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    “Inside”: Boris Becker rivela la copertina e dettagli della sua autobiografia

    Boris Becker

    “Finalmente sono orgoglioso di rivelare la copertina della mia autobiografia: INSIDE. Winning, Losing, Starting again”. Così Boris Becker, uno dei più grandi e discussi talenti del tennis moderno, lancia via social il suo libro autobiografico, con uscita in libreria (anche in italiano) il prossimo settembre. “Questo è il contributo più personale che abbia mai scritto” continua Becker. “È una riflessione su una delle esperienze più difficili della mia vita, incluso il periodo trascorso in prigione, e su tutto ciò che è successo prima e dopo. Ho scritto dei trionfi, dei fallimenti e di cosa significhi davvero ricominciare da capo quando si è toccato il fondo. Oggi presento le prime edizioni in diverse lingue, e altre arriveranno presto”.

    I’m proud to finally reveal the cover of my book:
    INSIDE.Winning, Losing, Starting again.
    This is the most personal I’ve ever been. It’s a reflection on one of the toughest experiences of my life — including my time in prison — and everything that came before and after.… pic.twitter.com/BXLwyBmj7j
    — Boris Becker (@TheBorisBecker) June 16, 2025

    Becker stupì il mondo della racchetta nell’estate del 1985 quando a soli 17 anni distrusse a furia di servizi imprendibili, bordate mai viste prima e colpi di volo acrobatici tutti gli avversari a Wimbledon, diventando il campione più giovane nella storia di Championships, un record molto difficile da battere. Ne vincerà altre due di titoli a Londra, e altri tre Slam in carriera, insieme ad alcune edizioni delle Finals e della Davis Cup. Un personaggio unico, dotato di un carattere tanto potente quanto il suo tennis, con scelte di gioco e di vita che gli sono costate anche dure critiche e sconfitte pesanti. Lui in qualche modo ne è sempre uscito fiero di se stesso. La dura esperienza del carcere l’ha toccato nel profondo, come raccontato già alcune recenti interviste che abbiamo riportato. Attualmente è commentatore nei grandi eventi tennistici, anche se da tempo in Germania si vocifera di un suo possibile ingresso nel team di Sasha Zverev.
    Boris è stato un personaggio unico, divisivo, dirompente. Il suo avvento ha cambiato la direzione dello sport come pochi altri nella storia del tennis Open, e forte è stato il suo impatto anche come coach a fianco di Djokovic in alcune stagioni vincenti del serbo. Per questo è grande la curiosità per conoscere nuovi dettagli ed esperienze della sua vita in un’opera scritta in prima persona.
    Marco Mazzoni  LEGGI TUTTO

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    Roland Garros 2025: una finale indimenticabile che ci ha lasciato con la voglia di ancora. Boris Becker “Perdere una finale di uno Slam con match point a favore, servendo addirittura per il titolo, è una delle esperienze più dure che un tennista possa vivere”

    Boris Becker nella foto – foto getty images

    Per quanto la finale del Roland Garros 2025 sia durata 5 ore e 29 minuti, la sensazione che ha pervaso tifosi e appassionati è stata unanime: non ne avevamo abbastanza. Un incontro così intenso, combattuto e carico di emozioni ha lasciato un vuoto difficile da colmare. Le ore successive sono scivolate via in una sorta di trance collettiva, mentre il lunedì ha portato con sé quella malinconia dolceamara che solo il grande sport sa regalare.
    A cercare di dare voce a ciò che è accaduto in campo sono arrivati gli esperti, quelli che certi palcoscenici li conoscono bene, li hanno vissuti da protagonisti. Tra loro, Boris Becker, intervenuto ai microfoni di TNT Sports, ha offerto una riflessione profonda e sentita, soffermandosi in particolare sulla delusione di Jannik Sinner, grande protagonista e, al tempo stesso, grande sconfitto di questa finale epica.
    “Per Sinner questa partita è stata qualcosa di brutale,” ha detto il sei volte campione Slam. “Perdere una finale di uno Slam con match point a favore, servendo addirittura per il titolo, è una delle esperienze più dure che un tennista possa vivere. Non credo ci sia nulla di peggio, ma può essere fiero di quello che ha mostrato. Ha lottato come un vero campione e ha giocato il miglior tennis della sua carriera su terra battuta. Sono certo che un’occasione così tornerà, magari la prossima volta con un epilogo diverso.”
    Becker ha poi voluto sottolineare come una partita di questo livello possa nascere solo dall’eccellenza assoluta di entrambi i contendenti. “Dobbiamo dire grazie a tutti e due. È stato quasi un miracolo che Carlos sia riuscito a vincere, perché Jannik aveva il match nelle sue mani e stava giocando un tennis quasi perfetto. Credo sia stato il miglior incontro che abbia mai visto dal vivo. Il livello espresso è stato irreale, da manuale del tennis. È una lezione per tutti i bambini che lo hanno guardato: l’atteggiamento, la correttezza, l’assenza totale di scuse, la capacità di trovare soluzioni per oltre cinque ore. Hanno colpito la palla in modo incredibile, si sono spinti oltre ogni limite. Per la prima volta nella mia vita, ho desiderato che finisse in pareggio.”
    Parole importanti, che assumono ancora più valore se pensiamo alla carriera di Becker, uno dei grandi del tennis mondiale, pur mai vincitore di uno Slam sulla terra. Oggi, a 57 anni, il tedesco guarda con ammirazione a una nuova generazione che sta raccogliendo l’eredità dei giganti del passato. Con sei Slam all’attivo, Becker è il primo a riconoscere che sia Carlos Alcaraz che Jannik Sinner sono destinati a superarlo, sia per titoli che per settimane da numero 1 del mondo. Una consapevolezza che non lo rattrista, anzi, lo entusiasma.
    “Abbiamo già vissuto match così con Federer, Nadal e Djokovic, quei duelli epici che ci hanno accompagnato per più di quindici anni,” ha concluso Becker. “E domenica ho visto esattamente quel livello in Carlos e Jannik. È stato un incontro straordinario, e mi dispiace profondamente che uno dei due abbia dovuto perdere. Ma questo è il tipo di partite per cui ci si allena tutta la vita. Le partite che ti fanno innamorare di questo sport.”
    Una finale da leggenda, un racconto che andrà oltre il punteggio. Perché ci sono incontri che non si dimenticano. Si custodiscono, si rivivono e, soprattutto, ci fanno capire perché amiamo così tanto il tennis.
    Marco Rossi LEGGI TUTTO