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    ATP Finals, Fritz a caccia della partita perfetta. Ma basterà a battere Sinner?

    Jannik Sinner (foto Getty Images)

    “Essere superstiziosi porta sfiga”. La monumentale massima del “vate” Rino Tommasi calza pennello per rintuzzare le paure degli appassionati di Sinner stamani sui social, spaventati dalla maledizione delle Finals, ossia la legge che vede lo sconfitto nel girone prendersi la rivincita più bella in finale su chi l’aveva battuto nella prima sfida del torneo. Taylor Fritz non si aggrapperà alla cabala, anche se la vendetta sportiva si è materializzata ben 12 volte nel torneo di fine anno su 20 “rivincite” in finale, ma piuttosto alla potenza dei suoi colpi, dal servizio al diritto, per cercare di invertire il pronostico e battere Jannik nell’ultimo match ATP della stagione. Sinner ben si ricorda com’è finita l’anno scorso: strepitosa vittoria su Djokovic nel round robin, sconfitta in finale per mano di un Novak terribilmente efficace. Da allora tuttavia è passato un anno, e tutto è cambiato, per questo Jannik giocherà la sua nona finale in stagione (sette vittorie, una sola sconfitta a Pechino vs. Alcaraz, al foto finish) con ben altre certezze.
    Infatti dalla finale di 12 mesi fa tutto è diverso. Non c’è Djokovic intanto al di là della rete, ma Fritz, tennista assai in crescita e temibile, ma oggettivamente meno rodato in contesti del genere e con un valore tecnico e agonistico assoluto nemmeno minimamente paragonabile a quello del serbo. Altra categoria: Novak è il più vincente dell’epoca moderna, Taylor un gran bel tennista, in crescita ma con limiti ancora evidenti in certi fasi di gioco. Fritz cercherà di riportare la coppa del “Maestro” negli USA dopo 25 anni: l’ultimo connazionale a riuscirci fu il leggendario Pete Sampras nel 1999. Fritz proverà a battere un n.1 del ranking dopo 10 battute d’arresto, riportando il tennis maschile a stelle e strisce all’atto conclusivo delle Finals dal 2006. Sinner al contrario proverà a vincere le Finals senza cedere un set, cosa che non accade dal lontano 1986, quando lo “Zar” Lendl tiranneggiava nel torneo di fine anno, dove inflisse una durissima lezione a Boris Becker, vendicando così la brutta sconfitta subita dal tedesco a Wimbledon. Jannik sbarca nella finale di Torino con una sola sconfitta negli ultimi 26 incontri disputati, ed è pure il più giovane a giocare due finali di fila al “Masters” dai tempi di Hewitt (2001-2002, e Lleyton era ancor più precoce).
    Lasciando da parte numeri e statistiche, e pure la cabala della famosa “maledizione”, può Fritz battere un Sinner così in forma, centrato, motivato e veloce? Per giunta di fronte al pubblico di casa? Non facile, anzi difficilissimo, ma non impossibile. Tuttavia deve giocare una partita perfetta o forse ancor di più, e magari sperare in una giornata meno scintillante del n.1 rispetto alla clamorosa prestazione fornita ieri in semifinale vs. Ruud, dove Jannik ha destato enorme impressione. La sensazione è che il Sinner ammirato ieri e anche nella vittoria convincente vs. Medvedev nella terza partita del girone sia nettamente favorito. “Non vi potete immaginare la velocità con cui gioca” ha detto Casper ieri in press conference, e questo è una delle chiavi d’oro del tennis di Sinner. Jannik non ti lascia respirare: fa tutto bene, sbaglia pochissimo e ti costringe a giocare con una rapidità che ti travolge. Non hai letteralmente il tempo di imbastire una contro mossa, comanda lui, ti sballotta da tutte le parti rubandoti il tempo di gioco e spazio sul campo, bravissimo ad affondare con un vincente o soverchiandosi di una pressione tale da portarti allo sfinimento, e quindi all’errore. Tiranno.
    C’è un solo punto in cui Fritz potrebbe entrare e fare “danni” nel tennis di Sinner: con la risposta. Infatti ieri e in generale in tutto il torneo  Jannik non sta servendo al top. Benino, ma non una differenza netta, non è affatto ingiocabile, lo dice il campo e lo confermano i numeri. È bravissimo a trovare l’aiuto del servizio quando gli serve, come sui 15-30 o situazioni potenzialmente pericolose, tipo il 40 pari; in quelle fasi decisive Jannik si prende tutti i 25 secondi, rifiata, si concentra al massimo, rilegge nella propria testa i canoni del suo movimento ideale, una visualizzazione gli porta stimoli positivi all’azione e che replica in modo eccezionale con il gesto migliore per colpire la palla con l’effetto desiderato e ricavare un aiuto fondamentale. Così è stato in tantissime sue vittorie dell’ultimo periodo. Tuttavia se Fritz riuscisse a rispondere con la massima potenza e qualità, con qualche colpo vincente e generando grande profondità, allora Sinner potrebbe sentire la pressione, irrigidirsi un po’ e quindi di conseguenza depauperare quella fluidità e sicurezza che sta sostenendo alla grande il suo tennis.
    Se Sinner gioca libero, sicuro, può spingere a braccio sciolto e riesce a governare i tempi di gioco, appare difficile che Fritz possa vincere. L’americano dovrà ovviamente servire bene, tirare fortissimo e sbagliare poco o niente, e dovrà anche correre come mai per difendere il lato del rovescio e ribaltare con rischi importanti le situazioni difensive in attacchi. Se Jannik comanda e lo sposta tanto, è difficilissimo per Taylor reggere e batterlo con i contrattacchi. Dovrà cercare di resistere sulla diagonale di rovescio, spostandosi appena possibile sul diritto a sinistra e invertire la rotta, o rischiando un inside out a tutta ancor più stretto e veloce, oppure provare una mazzata a tutta lungo linea. Ma… coefficiente di rischio massimo, perché Sinner porterà in campo una velocità, pressione ed anticipo che Taylor dovrà reggere. Non facile.
    Inoltre Sinner è fortissimo in risposta… e se la risposta dell’azzurro riuscirà a bloccare la battuta dell’americano, per Fritz la faccenda potrebbe diventare un calvario. Inoltre c’è un altro aspetto molto importante da sottolineare: Sinner con l’enorme fiducia e consapevolezza conquistata negli ultimi 12 mesi, è diventato fortissimo “under pressure”, quando il punto scotta, sia nei suoi game che in quelli in risposta. Oggi nessuno come lui, sottolineo nessuno, gioca meglio i punti importanti. L’esempio viene dalla scorsa finale di US Open, proprio contro Fritz. L’americano di fronte al suo pubblico ha giocato una bellissima partita, a tratti ha sovrastato Sinner di potenza, ma… nei game chiave l’azzurro ha trovato il modo per mettere pressione, cambiare passo e infilarlo. Giusto un paio di punti, quelli necessari a mettere enorme stress all’avversario e forzarne errori, o poche prime palle, decisioni affrettate e quindi perdenti. Sinner è il più duro, tosto e lucido, e in una finale importante come quella di stasera può essere un fattore decisivo.
    Concludendo per non allungare troppo l’analisi – che meriterebbe anche altri aspetti – Sinner è logicamente favorito, perché è semplicemente più forte come colpi, per intensità di gioco e tenuta mentale al massimo livello. Fritz ovviamente non parte battuto, ma per farcela dovrà produrre una prestazione leggendaria. Forse troppo…
    Da Torino, Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Medvedev vs. Tsitsipas, per sfidare il trono del “Djoker” (di Marco Mazzoni)

    Stefanos Tsitsipas, seconda semifinale agli Australian Open

    Non ce ne voglia il bravissimo e sorprendente Karatsev, nessuno credeva che oggi il 27enne russo potesse sconfiggere Djokovic. A Melbourne il n.1 del mondo ha vinto tutte le semifinali a cui aveva partecipato. La Rod Laver Arena è IL suo campo, adora la velocità della superficie, il rimbalzo, le palle, tutto. È sempre il più pronto tra i big a scattare dai blocchi ed iniziare una nuova stagione. Vincendo. Sarà la nona finale per il serbo, ed è molto probabile che possa suonare la propria Nona Sinfonia. Il suo tennis del resto è imponente quanto gli straordinari capolavori del Maestro Beethoven. Certi palati non gradiscono il suo incedere un po’ robotico, fluido sì ma irrimediabilmente costruito. Plasmato con duro lavoro, visione e precisione per dominare nel tennis dei nostri giorni.
    Sarà di tutt’altra pasta lo sfidante per il titolo 2021 degli Australian Open. A contendere l’ennesimo Brooke Norman Trophy a Nole, in campo ci sarà il tennis classicheggiante ma attualissimo di Stefanos Tsitsipas, o quello “storto”, tattico, cerebrale di Daniil Medvedev. Due giocatori emergenti, terribilmente diversi. In tutto.
    A livello tecnico, non li accomuna proprio niente. Stefanos è l’erede prediletto della scuola classica, e si potrebbe dire “beh, da uno nato ai piedi dell’Olimpo, cosa aspettarsi di diverso…”. Rovescio ad una mano estremamente elegante (più bello che forte a dire il vero), impatti puliti e veloci, a costruire un gioco a tutto campo fatto di accelerazioni e cambi di ritmo col diritto, servizi potenti e variazioni di tocco. Fin troppo poco a rete, con la sua mano e un tennis offensivo potrebbe e dovrebbe scendere più spesso in avanti. È fortissimo ma non del tutto evoluto a mio avviso, può crescere ancora in mille aspetti. La rimonta strepitosa di ieri su Nadal ha confermato che il ragazzo sta diventando uomo sul lato personale. Nel recente passato era un bello e impossibile, non amava “sporcarsi” troppo nella lotta, facendosi da parte quando il gioco si faceva troppo duro e non gli era consentito vincere di puro talento. Ha mangiato la polvere, ha riflettuto molto e capito che senza elevare a tutta il proprio spirito combattivo non sarebbe mai arrivato in cima, accettando anche di poter vincere giocando male o peggio del suo potenziale. Talvolta, vincere “ugly” può andare benissimo lo stesso… Un passo non scontato per un tipo col suo piglio, uno che non ama perdere e che mentalmente è da sempre “programmato” per essere il migliore. Questo Tsitsipas che lotta, che ringhia (ma non sbraita), ci piace assai.

    Di fronte il moscovita Medvedev, totalmente opposto a Tsitsipas. “Bello” il greco, un po’ “storto” il russo; tennis classico Stefanos, totalmente personale e antiestetico Daniil; istintivo e umorale TsiTsi, cerebrale, tattico e affascinante Medv. Troppo diversi per legare i due, tanto che nonostante la breve carriera già si son scontrati un paio di volte. La più clamorosa a Miami 2018, quando dalla bocca del greco uscì un infelice “bullshit russian” (beh, avete capito…), che fece esplodere di rabbia Daniil a fine match, spinto ad urlare verso l’arbitro “non è colpa mia se l’altro è un ragazzino viziato che non sa lottare in campo”. La risposta piccata di Tsitsipas arrivò qualche mese dopo sui social (dove è abilissimo ad alimentare il proprio personaggio…), con un’affermazione piccata contro il tennis del russo, definito “noioso, è capace solo di tirarti la palla di qua in qualche modo”.
    I due pare abbiano seppellito l’ascia di guerra, ma in campo domani mattina se ne vedranno delle belle, perché entrambi non possono lasciarsi sfuggire quest’occasione d’oro per andare a sfidare il n.1 al mondo, e provare non solo a detronizzarlo ma a far trionfare finalmente questa tanto promossa “NextGen” che continua a restare in scia ai super-campioni, ATP Finals a parte. Già, perché i due, tra l’altro, sono proprio gli ultimi vincitori del Masters a Londra, prima il greco nel 2019 e l’anno scorso Daniil, in un’edizione clamorosa in cui sconfisse tutti i migliori con un tennis inestricabile.

    Che partita vedremo? Intanto, si spera molto bella. Il contrasto di stile è totale. I precedenti dicono 5-1 Medvedev, ma sono tutti un po’ datati. L’ultimo, alle Finals 2019, l’ha vinto Stefanos. Negli Slam, l’unico match tra i due è di US Open 2018, vittoria del russo in quattro set. La sensazione, per il torneo disputato e non solo, è che Medvedev sia favorito e ancora un po’ più forte. Daniil ha esattamente il tennis per mandare fuori palla Stefanos, perché è un difensore fortissimo, che non ti dà ritmo e può ribaltare lo scambio all’improvviso con una bordata da destra o da sinistra che non leggi e ti lascia fermo. Inoltre, se prende ritmo alla battuta, nei suoi turni di servizio quasi non gioca. Scacco Matto? Possibile, Tsitsipas dovrà indovinare una prestazione di quantità paragonabile alla sua vittoria su Rafa, ma paradossalmente prendendosi ancora più rischi. Infatti nella bellissima rimonta vs. Nadal, Stefanos dal terzo set ha giocato molto bene e servito benissimo, ma ha approfittato di un calo fisico importante del rivale, che ha iniziato a sbagliare di più e soprattutto giocare meno intenso e più corto. Medvedev proporrà per 4 ore una ragnatela di palle diverse per angolo, rotazione e profondità, molto difficili da attaccare, e Tsitsipas non sembra possedere la potenza per sfondare il rivale. Come può vincere Tsitsipas? Se Medvedev giocherà al suo meglio, Stefanos dovrà essere molto aggressivo, rubare tempo a Daniil e costringerlo a prendersi rischi con passanti, colpi da fuori dal campo, chiamandolo a rete. Dovrà stanarlo dalla sua “tana” e portarlo a giocare dove non ama. 
    È una sfida affascinante, perché anche a livello mentale sarà bellissimo vedere chi sarà più pronto e tosto. TsiTsi avrà preso una fiducia enorme dopo cotanta vittoria, Daniil finora ha macinato il suo tennis col pilota automatico. A volte il russo cala nell’intensità, e quando la prima non gira tutto il suo tennis ne risente molto, perché in quel caso nei propri turni di servizio è costretto a prendere più iniziative del solito invece di contrattaccare, e questo scombina non poco i suoi piani.
    Ci sarebbe ancora moltissimo da dire per presentare questa sfida. Lasciamo che a parlare sia il campo, domattina. È una partita che potrebbe diventare un classico nelle fasi finali degli Slam. Gli ingredienti per un match splendido ci sono tutti, speriamo che Stefanos non si sia scaricato troppo mentalmente, e che entrambi giochino il miglior tennis. Chi sfiderà il trono del Djoker domenica?
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO