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    WADA: “Quello di Sinner era un caso unico, un anno di stop sarebbe stato troppo”

    Jannik Sinner (foto Getty Images)

    Dopo l’annuncio dell’accordo tra WADA e Sinner per una sospensione di tre mesi, a chiusura del “Caso Clostebol”, il portavoce dell’Agenzia mondiale antidoping James Fitzgerald ha spiegato le motivazioni che hanno spinto la stessa WADA a non insistere per arrivare all’appello del CAS e chiedere una squalifica di almeno un anno, ma di proporre e/o accettare un “accordo tra le parti”, in base all’articolo 10.8.2 del Codice Antidoping, classificando come “caso unico” quello del n.1 del mondo. Fitzgerald ne ha parlato in un intervento a La Stampa, che riportiamo nelle parti salienti.
    “Una delle funzioni principali dell’articolo 10.8.2 è garantire che i casi unici che non rientrano esattamente nel quadro sanzionatorio possano essere giudicati in modo appropriato ed equo, a condizione che tutte le parti e la Wada siano d’accordo” afferma il portavoce di WADA. “L’articolo consente un’ulteriore riduzione del periodo di sospensione in base al livello di gravità della specifica violazione, nonché al fatto che l’atleta abbia ammesso la violazione. La disposizione è stata utilizzata decine di volte, nelle migliaia di casi giudicati dall’entrata in vigore del Codice 2021“.
    “Al fine di difendere l’importante principio secondo cui gli atleti sono effettivamente responsabili delle azioni del loro team, la WADA ha deciso di presentare ricorso al Tribunale Arbitrale dello Sport”. Nel settembre del 2024 l’Agenzia mondiale antidoping non aveva accettato la sentenza di un tribunale indipendente, sollecitato da ITIA, e di conseguenza presentato ricorso al TAS di Losanna poiché ha ritenuto che l’applicazione della “mancanza di colpa o negligenza” non fosse stata corretta, mancando l’elemento della “somministrazione della sostanza da parte del personale di supporto senza che venisse informato l’atleta”. Sinner, come accertato dall’indagine, non ha ricevuto la sostanza in forma diretta da un membro del suo staff ma solo per via indiretta dopo che questa era stata assunta dal suo fisioterapista Giacomo Naldi su consiglio del preparatore Umberto Ferrara, per curare una ferita procurata con un bisturi in una normale operazione del suo lavoro.
    Quello che non è piaciuto alla comunità tennistica internazionale, e che ha scatenato molte polemiche da parte di vari tennisti, a partire da Novak Djokovic, è che WADA fosse rimasta ferma sulla richiesta di “1 o 2 anni di squalifica”, mentre poi si è arrivati ad un accordo di 3 mesi. Questa la spiegazione di Fitzgerald: “La sanzione di un anno sarebbe stata troppo severa. I fatti di questo caso erano davvero unici e diversi da altri casi che riguardavano la somministrazione da parte del personale di supporto dell’atleta. In effetti, questo non era un caso di somministrazione diretta da parte dell’entourage dell’atleta, ma di assorbimento transdermico perché il massaggiatore dell’atleta (all’insaputa dell’atleta) aveva trattatoun taglio sul dito con un prodotto contenente Clostebol. Attraverso la propria approfondita revisione del caso, la WADA ha verificato e concordato che lo scenario dell’atleta era scientificamente plausibile e ben documentato sui fatti. In effetti, lo scenario dell’atleta era stato precedentemente accettato dall’International Tennis Integrity Agency e dal tribunale indipendente che aveva deciso il caso in primo grado. Tenendo conto, in particolare, del livello di gravità della violazione, dati i fatti specifici, la WADA ha ritenuto che una sanzione di 12 mesi sarebbe stata eccessivamente severa“.
    Per questo WADA si è mossa insieme al team legale di Sinner, arrivando ad un accordo di tre mesi di sospensione, come comunicato sabato scorso.
    Questo era il tassello che mancava: WADA spiega che, riesaminando il caso, si è convinta che la sanzione di 1 anno sarebbe stata sproporzionata e non appropriata vista la realtà accertata dai fatti processuali. Ha “puntato i piedi” per far valere il regolamento che, piaccia o no, prevede la responsabilità oggettiva, ma è venuta a patti sulla durata della pena. Sinner ha accettato il compromesso, per tirare una riga e ripartire, da non dopato e senza colpa o dolo. Da atleta pulito.
    La speranza è che adesso, con questa ulteriore spiegazione, si possa placare la faccenda e ripartire. Attendendo il ritorno di campo di Jannik ai primi di maggio.
    Marco Mazzoni  LEGGI TUTTO

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    Nardi da Doha: “Sto dalla parte di Sinner, a Roma sbaraglierà tutti. Sto cercando un coach, mi serve continuità”

    Luca Nardi nella foto

    Luca Nardi ha centrato la qualificazione al main draw dell’ATP 500 di Doha, nel quale esordirà contro il cinese Zhizhen Zhang (che pochi giorni fa si è ritirato a Marsiglia nel corso dei quarti di finale). Il pesarese è stato intervistato da La Stampa e si è soffermato su vari temi, affermando di essere impegnato nella scelta di un nuovo coach e di sostenere fermamente Jannik Sinner in questo momento difficile.
    “Jannik è un mio caro amico, un bravissimo ragazzo, sono sempre stato dalla sua parte” afferma Nardi. “Sono contento che abbia preso la decisione di accettare la proposta della WADA. L’anno scorso per lui deve essere stato un inferno, almeno potrà mettersi tutto alle spalle. Sono sicuro che tornerà a Roma e sbaraglierà tutti“.
    “L’anno scorso ho attraversato un momento un po’ confuso, diciamo così, e ho commesso qualche errore, forse non ho dato alle persone il tempo necessario per trovare il feeling con me” continua Luca, parlando della sua situazione. “Dopo aver lasciato l’Academy di Galimberti a Cattolica ho cambiato un po’ tanti coach, tornando anche al mio primo maestro, ma non ha funzionato. Ora sto cercando la persona giusta, perché per me la prima cosa che conta è il rapporto umano. Mollare tutto? No, assolutamente. Scelte sbagliate, sì. Ma voglia di smettere con il tennis, no”.
    Questo il principale obiettivo di Nardi, per l’immediato: maggior continuità di gioco, e quindi risultati. “Quello che mi manca è la continuità, ho troppi alti e bassi sia nel corso della stagione, il tecnico che sceglierò dovrà aiutarmi proprio in questo“.
    “La vittoria contro Djokovic l’anno scorso a Indian Wells per qualche settimana mi ha un po’ sbalestrato, è vero, ma è stata una bella cosa. Se Djokovic se l’è presa? No, è un tipo tranquillo, ci salutiamo quando ci incontriamo. Purtroppo non capita spesso che giochiamo gli stessi tornei…”
    L’esordio contro il tennis potente di Zhang non sarà facile, ma Luca è fiducioso: “Una volta l’ho battuto, quindi entrerò in campo con ottimismo”.
    Nardi nel 2025 ha centrato il main draw ad Auckland, quindi ha disputato la finale al Challenger di Koblenz (partendo dalle qualificazioni). Poca fortuna a Marsiglia, battuto subito da Altmaier. Adesso la nuova chance a Doha, con l’ingresso nel main draw. In caso di vittoria, quasi sicuramente Luca troverà Alcaraz (che esordisce contro Cilic).
    Mario Cecchi LEGGI TUTTO

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    Vavassori: “Chi si accanisce contro Sinner è ignorante. Al posto suo avrei fatto la stessa cosa”

    Andrea Vavassori

    Andrea Vavassori si schiera totalmente dalla parte di Jannik Sinner e stigmatizza i colleghi che con le loro parole, magari pur senza un attacco diretto, mettono in dubbio la lealtà del nostro campione, costretto ad uno stop di tre mesi dalle competizioni dopo l’accordo con la WADA a chiusura del “Caso Clostebol”. Il tennista azzurro, uno dei migliori specialisti del doppio al mondo e non solo, ha rilasciato alcune dichiarazioni alla Gazzetta dello Sport, nelle quali chiarisce la sua posizione Pro-Sinner dopo la bella storia Instagram pubblicata poco dopo l’annuncio della chiusura del caso. “Wave” sta con Sinner, senza se e senza ma.
    “Ho conosciuto Sinner come persona e sono sempre stato sicuro al 100% che non avesse fatto niente di sbagliato” afferma Vavassori. “Dispiace la mancanza di empatia da parte dei tennisti e di tante persone sui social. Non credo sia per colpa di rivalità, penso che ci sia molta ignoranza. Perché troppi danno giudizi senza essersi informati, senza sapere. Una volta che hai constatato che non è un caso di doping ma di negligenza da parte di un membro del team, perché continuare ad accanirsi?”
    Andrea conferma come i tennisti italiani siano dalla parte di Jannik: “Per noi italiani la conoscenza della questione è ormai completa. Ma all’estero sono pochi coloro che hanno avuto la volontà di informarsi, molti basano i loro giudizi su informazioni parziali o distorte“.
    Ricordano a Vavassori l’incredibile vicenda della ITIA, che appena prima degli Australian Open 2025 aveva organizzato un meeting per informare i giocatori sui recenti sviluppi e al quale si è presentato il solo Eubanks… “L’ignoranza è davvero fastidiosa. Si vede che molti tennisti, lo dico senza offesa, non hanno frequentato molto gli studi e quindi non sono in grado di capire cosa leggono“.
    Il torinese afferma che, nei panni di Sinner, avrebbe accettato la proposta di accordo di WADA per chiudere la vicenda. “Se fossi stato Sinner avrei fatto la stessa cosa: contro un colosso come l’Agenzia mondiale antidoping, che ha tanto potere, cosa avrebbe dovuto fare? Però questo caso sarà uno spartiacque e infatti dal 2027 molte norme ormai obsolete verranno cambiate”.
    “Non ho sentito Sinner, ho preferito lasciarlo in pace. In questi momenti penso che abbia bisogno di tranquillità. Lui a Melbourne dopo aver raggiunto la finale ha pensato a me e Simon. Ha pensato a noi. In un momento di successo personale, la dice lunga di che ragazzo sia. Tornerà e sarà ancora più forte, ne sono sicuro” conclude Vavassori.
    Mario Cecchi LEGGI TUTTO

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    Sinner potrà allenarsi nei prossimi due mesi? Facciamo chiarezza

    Jannik Sinner

    Molti appassionati si chiedono: Jannik Sinner potrà allenarsi, e come potrà farlo, nei prossimi due-tre mesi? Il n.1 del mondo dopo aver accettato lo scorso sabato la proposta di WADA di una sospensione di tre mesi per il caso Clostebol (si sottolinea accettazione di una proposta, una transazione, non un patteggiamento poiché Jannik non si dichiara colpevole di niente, solo responsabile per il suo team), non potrà allenarsi fino al 13 aprile 2025. Quindi niente tennis per quasi due mesi? No, le cose non stanno esattamente così. Facciamo chiarezza riprendendo il regolamento attualmente in vigore per questi casi.
    Intanto la sanzione completa: secondo quando riporta il Codice WADA, vista la sospensione di tre mesi, fino al prossimo 4 maggio 2025 a Sinner sarà impedito di prendere parte, in qualsiasi ruolo, in competizioni organizzate da organismi che rientrano nei dettami del codice della WADA o da club che ne fanno parte; a competizioni internazionali organizzate da leghe professionistiche o competizioni nazionali finanziate da un’agenzia governativa. Quindi a nessun evento di qualsiasi tipo di livello nazionale o internazionale organizzato da un ente affiliato ad una federazione nazionale, e non solo come giocatore. Non potrà prendere parte a questi eventi nemmeno come soggetto a supporto di un atleta in una competizione (per es., non può fare da coach o sparring) o delle organizzazioni degli eventi stessi (come uomo immagine, per es.). In pratica, cancello chiuso per lui dove ci sono eventi organizzati da soggetti affiliati e pertanto sottoposti al codice WADA.
    Diverso invece il discorso degli allenamenti. Sinner fino al prossimo 13 aprile 2025 non potrà prendere parte a training camp o allenamenti organizzati dalla Federazione Italiana Tennis, da un club affiliato alla federazione, da una struttura finanziata da un’agenzia governativa, nemmeno da una struttura estera affiliata alla propria federazione nazionale che abbia sottoscritto il codice WADA. Sempre fino al 13 aprile prossimo, a Jannik sarà vietato allenarsi con tennisti professionisti o comunque tesserati per le rispettive federazioni delle nazioni che hanno sottoscritto il codice WADA.
    Quindi Sinner per allenarsi dovrà optare per una struttura privata, non affiliata a una federazione nazionale, e scegliere come sparring dei soggetti che non siano tesserati per qualche federazione. Non potrà lavorare con il suo team (Vagnozzi, Panichi, ecc), anche il team di un atleta è soggetto alle regole. Potrà pertanto giocare liberamente sui campi di hotel, residenze private, resort che non figurino come affiliati a federazioni sportive aderenti al codice WADA, in Italia o all’estero, e farlo insieme a soggetti che non siano più tesserati (o che non sono mai stati). Potrebbe allenarsi con ex giocatori, poiché non più sottoposti a vincoli, purché non sia a loro volta coach di altri professionisti. Questo fino al 13 aprile, poi potrà tornare alle sue solite routine ed allenarsi di nuovo con chi vuole e dove vuole.
    Ovviamente Jannik Sinner, anche nel periodo di sospensione, resta sottoposto alle regole WADA dei controlli antidoping a sorpresa e pertanto dovrà attenersi ai criteri di reperibilità, segnalando come sempre i suoi spostamenti.
    Saranno due mesi davvero “strani” per Sinner, ma siamo certi che non se ne starà con le mani in mano, preparando il rientro al Masters 1000 di Roma dove certamente i nostri appassionati lo accoglieranno con grandissimo calore. E dove siamo certi si farà trovare molto competitivo.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Ruud sostiene Sinner: “È un bravo ragazzo, sono dalla sua parte”

    Casper Ruud e Jannik Sinner

    Sinner è stato facile preda di commenti negativi dopo la clamorosa svolta nel caso Clostebol e la accettazione dell’accordo con la WADA, che gli è costata uno stop di tre mesi pur essendo ritenuto anche dalla Agenzia antidoping non colpevole di dolo o assunzione di sostanze proibite per trarre vantaggio. Tuttavia arrivano anche molti attestati di stima a sua difesa. Tra questi Casper Ruud, che da Guadalajara dove è impegnato nella esibizione UTS ha risposto con fermezza a una domanda sul fatto del momento.
    “Conosco molto bene Jannik” ha spiegato il norvegese, “Sto dalla sua parte. Penso che sia un bravo ragazzo.”
    Ruud è certo di quel che accadrà al termine della sospensione dell’italiano, il 4 maggio. “Dopo tutto questo sarà ancora il miglior giocatore del mondo”.
    Anche Richard Gasquet ha sposato la difesa di Sinner sostenendo la sua innocenza e lealtà. “Jannik è un bravo ragazzo, ha una grande personalità ed è molto gentile in campo, tornerà presto, questa è la cosa più importante”.
    Mario Cecchi LEGGI TUTTO

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    Caso Sinner, ingiustizia è fatta (di Marco Mazzoni)

    Jannik Sinner (foto Getty Images)

    La matematica non è una opinione, è una delle poche certezze che abbiamo nella vita. Bene, andiamo per numeri e assiomi.
    1 – “La WADA accetta la spiegazione dell’atleta sulla causa della violazione come delineato nella decisione di primo grado. La WADA accetta che il signor Sinner non intendesse imbrogliare e che la sua esposizione al Clostebol non abbia fornito alcun beneficio in termini di miglioramento delle prestazioni e sia avvenuta a sua insaputa”. Così nello Statement della WADA che annuncia l’accordo con Sinner, facendo decadere l’appello al CAS. 
    2 – “Il sistema antidoping dovrebbe preoccuparsi di trovare i dopati. I dopati sono coloro che cercano di migliorare le proprie prestazioni tramite sostanze non consentite”. Questo ha scritto tre giorni fa il direttore esecutivo della PTPA, affermando il principio massimo che deve proteggere gli stessi giocatori da chi bara e deve animare l’attività dei controlli anti-doping. Principio affermato nel codice WADA stesso.
    Due frasi nette, incontrovertibili. Certe. Non c’è argomentazione che possa confutarle o metterle in alcun dubbio. 1 + 2  = 3. Matematica. Non c’è interpretazione. È una certezza. Per questo il fatto che Jannik Sinner sia stato fermato per tre mesi è una terribile ingiustizia. Punto. Quando viene condannato un innocente è un fatto grave, è necessario riflettere. Un fatto che doveva muovere gli attori in modo diverso, fino a sfociare nella piena assoluzione per Jannik Sinner.  
    Il commento alla clamorosa svolta nel “Caso Clostebol”, che ha portato Sinner a uno stop di 3 mesi senza esser giudicato dopato ma solo per la responsabilità oggettiva sul proprio team potrebbe fermarsi qua, non servirebbe aggiungere altro per rappresentare in modo freddo la situazione terribile che ha subito Jannik.
    Abbinare la parola giustizia a tutto questo marciume è un’offesa all’intelligenza, ma forse è “giusto” entrare un po’ più in profondità in una faccenda orribile, sbagliata, che ha toccato duramente e sporcato l’immagine di una persona ed atleta esempio di lealtà e correttezza, stimato da ogni essere vivente entrato in contatto con lui. Un qualcosa di totalmente sbagliato che ha colpito la persona più sbagliata possibile e per questo sommamente ingiusto. Sinner è dichiarato non dopato, ma squalificato. Un danno di immagine incalcolabile.
    Prima di addentrarmi nella vicenda con considerazioni varie, una piccola premessa. Nessuno sapeva che le cose stessero per prendere una piega del genere, e in modo così repentino. È persino singolare che lo stesso Jannik fosse a Doha, prontissimo a tornare in gara dopo la vittoria agli Australian Open, fermo dallo scorso 26 gennaio. Se ci fosse stata la avvisaglia che la risoluzione del caso era così prossima, forse Sinner non sarebbe nemmeno partito per il Qatar, in attesa. L’entourage di Sinner non ha lasciato trapelare (giustamente) niente, e la stessa WADA per via del suo portavoce un paio di giorni fa ha ribadito in un’intervista a La Stampa che la posizione dell’Agenzia era ferma: 1 o 2 anni di squalifica questa la richiesta. Nessuna alternativa contemplata. Eppure… le persone con le quali ho avuto modo di parlare già dallo scorso autunno erano a conoscenza della mia sensazione di fondo: niente appello, si arriverà ad un accordo, sarà uno stop di pochi mesi e consentirà a Jannik di non perdere Roland Garros; quindi qualche mese, come per Swiatek. Queste cose sono destinate a ripetersi, i meandri della politica sono un pattume assoluto, ma in fondo se vogliamo, prevedibili. Non si poteva scrivere, ma questo sentivo. Un boccone amarissimo da mangiare giù “per il bene di tutti”. Così purtroppo, è stato. Nessuna divinazione o veggenza, è la amara constatazione di quel passa il convento e la conoscenza di vicoli oscuri, quelli nei quali non ti vorresti mai inoltrare ma che conosci fin troppo bene…
    Da sottolineare un piccolo passaggio, cruciale: WADA ha proposto, Sinner ha valutato e accettato per chiudere la faccenda e passare oltre, finalmente con questo capitolo chiuso. Non è un patteggiamento, ma un accordo. Attenzione, le parole sono importanti. Sinner non si dichiara colpevole di nulla, ma accetta la responsabilità oggettiva per i membri del suo team che hanno commetto un errore mortale. C’è un enorme differenza tra le due situazioni.
    “Per il bene di tutti”. Binaghi, persona pragmatica e assai lungimirante se ce n’è una, ha tuonato con parole fortissime, esprimendo un concetto tanto ferale quando lucido: “È la prima volta che una vergognosa ingiustizia ci rende felici”. Già… ingiustizia, ma felicità. Perché? Beh, perché si tira un riga, finisce un incubo, si può pensare più serenamente al futuro, mettendosi alle spalle questa bruttissima vicenda che vede il nostro n.1 vittima di un errore mortale non suo, ma che l’ha costretto a mesi e mesi di stress terrificante. Perché lo spettro di 1 anno di stop, che oggettivamente gli avrebbe rovinato la carriera, è svanito. Perché Sinner ha scelto, consigliato dal suo team legale (e forse anche la famiglia) di mandar giù un calice di fiele oggi guardando gli orizzonti di una carriera che si spera sia lunga altri 15 anni, ricca di successi, così tanti e limpidi da far restare questa pagina un foglio sbiadito e non rilevante. Quando sei un campione così grande, devi aver la forza di reggere pressioni enormi e prendere anche decisioni difficili. Questa è stata forse la più difficile in assoluto, considerato la sua totale innocenza, condannato da innocente.
    Perché allora è stato condannato? Le cose evidentemente non funzionano. E infatti già si stanno muovendo per cambiare. Soglie, il residuo feudale della responsabilità oggettiva che oggi rende la vita di un atleta di vertice perennemente a rischio vista la impossibilità di controllare una complessità assoluta di fattori e persone… Sostanze, lo stesso concetto di contaminazione, protocolli, tutto sarà rivisto e rimodulato perché un altro caso come quello di Jannik non dovrà più esserci, tutti sono d’accordo su questo, a partire dalla stessa WADA.
    Molti parlano di una vittoria per Jannik. Ha accettato un male “minore”, uno stop breve in un momento dell’anno nel quale tutto sommato non ha moltissimo da perdere, assai meglio oggi che in piena estate. Se fosse andato in giudizio, o ancor più vicino alla udienza fissata per il 16-17 aprile e magari si fosse arrivati ad un accordo, avrebbe perso sia Parigi e Wimbledon. Meglio così allora.
    Una “vittoria” se così vogliamo chiamarla è stato leggere il comunicato della WADA che annuncia l’accordo. Non ci sono mezzi termini, incertezze o parole da interpretare. È scritto in modo secco e preciso che Sinner non si è dopato. Sinner non ha barato. Sinner non ha tratto alcun vantaggio competitivo. Sinner è fermato per un errore non suo: nel codice anti-doping c’è il passaggio della responsabilità oggettiva, solo e soltanto per questo Jannik paga un prezzo altissimo. Qualsiasi hater del web o antagonista non può puntare il dito contro Sinner e associare la parola “doping”, “barare” o simile al suo nome. Paga perché il codice anti-doping è fermo a logiche che oggi non funzionano. E tutto sarà cambiato. In questo Jannik esce forte. Esce pulito, come giusto che sia, perché è stato dimostrato senza ombra di dubbio che è uno sportivo onesto, pulito.
    Tuttavia stride, fa male al cuore e alla pancia che si sia arrivati a questo, allo stop seppur breve, ad un danno tangibile sofferto da uno sportivo che non ha fatto niente di male, che è amato e rispettato da tutti, colleghi inclusi. Ammetto che il mio punto di vista – assolutamente personale, quindi opinabile – sia alquanto intransigente, ma… da questa storia non c’è alcun vincitore. Ingiustizia è fatta perché un innocente è stato di fatto condannato, anche se in modo lieve. Un ragazzo perbene è stato fermato nel miglior momento della sua carriera per una colpa che non ha commesso. La Agenzia Anti Doping ne esce con le ossa frantumate perché la tanto sbandierata richiesta di 1 o 2 anni di squalifica è stata messa da parte, considerando “3 mesi una pena adeguata ad una responsabilità oggettiva”. Ma… si sapeva da mesi e mesi, dal processo col tribunale indipendente dell’ITIA, che così erano i fatti. Allora perché questo teatro degli orrori e degli errori orchestrato per mesi sulla testa e sulla pelle di Sinner, per poi accettare una transazione e accordo? E parlando poi apertamente di cambiamenti necessari perché un fatto così non si ripeta e quindi ammettendo che il sistema non va.  
    Ora che cosa succede? Cosa fare? In primis, continuare a sostenere Sinner, oggi più che mai. Non solo perché è un nostro campione, perché ci ha fatto sognare ad occhi aperti, ma perché mai come ora ha bisogno di amore e supporto. Ha bisogno di una informazione che deve rappresentare in modo fedele quel che è successo. Che non ha barato. Che non ci sono zone d’ombra. Che non è un dopato. Che la parola doping con lui non c’entra niente. Basta titoli di merda da Clickbait. Basta sciacalli che si credono giornalisti. Basta esperti o tuttologi che si sentono in dovere di dire la propria verità cercando di condizionare l’opinione pubblica per proprio tornaconto. Jannik va sostenuto e difeso, perché lui lo merita e lo meritano i tanti che in lui hanno creduto.
    Per questo da oggi la responsabilità della stampa sarà ancor più fondamentale. È necessario comunicare bene quel che è accaduto, senza incertezze, dando risalto ai fatti, a termini precisi e spiegazioni semplici che possano arrivare a tutti, anche a chi si è appassionato al tennis da poco e non ha voglia, tempo o capacità per capire in profondità quel che è accaduto, e che quindi potrebbe schierarsi dalla parte di chi semina odio e/o disinformazione. Purtroppo certa parte dell’editoria e il mondo del web in particolare vive di negatività, sulle disgrazie altrui, infischiandosene di correttezza e lealtà. Sarà importante che la buona stampa sia forte, sicura, coesa, e magari che gli organi di controllo possano anche muoversi per cancellare chi razzola male e senza scrupoli, cercando di speculare a proprio favore. Ci saranno milioni di haters nel mondo del web e non solo a cavalcare l’onda, cercando ancor più di screditare Sinner, e pure il tennis italiano intero, negando l’evidenza dei fatti. Terrapiattisti in salsa tennistica. Questo esercito del male deve essere contenuto e sconfitto condividendo la verità, la certezza dei fatti, seminando amore per lo sport e la verità. Sinner se lo merita. Tutti coloro che credono nei valori dello sport se lo meritano.
    Un commento amaro, è un calice di veleno da sorseggiare per tre lunghi mesi, il più simile alla fiele nella mia ormai discretamente lunga attività giornalistica. Ingiustizia è fatta. Non ci sono vincitori quando un innocente subisce un torto così grande.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Djokovic: “In partita provo un milione di emozioni, a volte il mio comportamento mi imbarazza”

    Djokovic nell’instervista a Vijesti (foto: Boris Pejović)

    Novak Djokovic confessa l’infinito amore per il tennis e la voglia di continuare la propria carriera nonostante l’età che avanza perché le tante emozioni che prova nel corso delle partite sono un’energia ineguagliabile e restano la strada per migliorarsi come persona. Tuttavia è consapevole che a volte tutto questo lo porta ad esagerare nelle sue reazioni in campo, provando un certo imbarazzo per alcuni suoi comportamenti. Il campionissimo ne ha parlato in una lunga intervista rilasciata al magazine montenegrino Vijesti, che si apre proprio con il suo rapporto col paese balcanico, quello dei suoi nonni.
    “Ho trascorso molto tempo in Montenegro negli ultimi quattro anni, soprattutto in estate o in primavera, quando sulla costa fa più caldo perché ho la possibilità di unire in qualche modo le vacanze e iniziare i preparativi per i tornei” racconta Djokovic. “Il tennis è uno sport che si gioca quasi tutto all’aperto, “inseguendo il sole”, come piace dire a noi tennisti, e quindi ho bisogno di queste condizioni. Sulla costa montenegrina mi trovo bene, sarò felice di ritornare quest’anno in quel periodo”.
    Il legame col Montenegro viene da lontano: “Le mie radici sono di qui, mio ​​nonno, il mio bisnonno, da Čevo sono scesi a Jasenovo Polje, Nikšić, e poi sono andati a Kosovska Mitrovica, e alla fine a Belgrado. Sono molto orgoglioso delle mie radici, cerco di mantenere i contatti con la famiglia allargata, ero anche ad un incontro a Jasenovo Polje qualche anno fa. Poi a un matrimonio a Sveti Stefan nel 2014: questi sono i ricordi più belli per me, non solo del Montenegro ma in generale della mia vita. Abbiamo chiamato i nostri due figli pensando anche al Montenegro: Stefan come Santo Stefano, Tara come il fiume Tara. Ci sono molte belle connessioni. Ho trascorso qui parte della mia infanzia, soprattutto perché abbiamo legami familiari ma anche perché il mare montenegrino è quello più vicino e più bello per tutti noi che veniamo dalla Serbia. Non sono venuto in Montenegro per un lungo periodo della mia carriera, quindi ho iniziato a tornarci di nuovo nel 2019 e ora non mi perdo nemmeno un’estate”.
    Novak afferma di aver recuperato dall’infortunio muscolare sofferto agli Australian Open: “Ho recuperato quasi al 100% dall’infortunio e sono pronto per nuove vittorie. Ho il via libera dall’équipe medica, posso allenarmi bene in visto del torneo di Doha. Ho avuto qualche infortunio in più ultimamente rispetto ai primi 15 anni della mia carriera. Probabilmente questo deriva dall’età, ma il mio corpo mi “ascolta” ancora, ho ancora una fiamma ardente dentro e la voglia di raggiungere altri risultati importanti“.
    Djokovic ricordiamo è a caccia del titolo n.100 in carriera. “Spero che il centesimo trofeo possa arrivare a Doha, in qualche modo lo inseguo da molto tempo. Grazie a Dio so che arriverà, vedremo quando e dove. Per quanto riguarda i tornei del Grande Slam, è una sfida più grande, un’impresa più difficile, ma credo di poter vincere ancora: se non credessi di poter competere a quel livello con i migliori tennisti del mondo, smetterei. Con la vittoria contro Alcaraz agli Australian Open penso di aver dimostrato di poter ancora competere per i trofei più importanti”.
    Djokovic ha spiegato in quale fase della sua carriera si trova attualmente, dal punto di vista mentale e psicologico. “In questo momento sono, come dire, a metà tra il desiderio e il bisogno di godermi i risultati raggiunti e mi avvicino alle partite e ai tornei un po’ più rilassato rispetto a quello a cui ero abituato; ma dall’altro lato non abbandono la mentalità di vincere e pensare che solo alzare il trofeo è un successo, il resto no. In qualche modo mi sono abituato a questo, il che forse è un bel “problema” da avere in questa fase della mia vita e carriera… Diciamo che sono rimasto un po’ sorpreso da quante persone hanno visto il mio piazzamento in semifinale agli Australian Open come un successo: forse suona un po’ stupido dirlo, ma per me quando qualcuno dice ‘hai fatto la semifinale…’ considerando quello che ho ottenuto nella mia carriera, non è quello che mi rende felice, non mi accontento. Queste sono tutte le emozioni e i pensieri che mi attraversano la testa, ma ho ancora la passione e l’amore per lo sport e la competizione e sono grato per il sostegno che ricevo. Quelle persone e quel supporto mi incoraggiano a continuare a viaggiare e a competere, mi danno la motivazione per nuove vittorie”.
    Novak così risponde alla domanda su dove trova la motivazione per andare avanti: “Per l’amore per il tennis e per lo sport. In secondo luogo, penso che attraverso il tennis cresco di più come persona, per quanto strano possa sembrare. Sul campo da tennis durante una partita provo un milione di emozioni, alcune delle più belle, altre terribili, e provo anche molti dubbi. È vortice di estasi, piacere, rabbia, tutto il resto… E in quelle occasioni, a volte mi imbarazzo anche per quello che sto passando e per come mi comporto… In ogni caso sono orgoglioso di poter affrontare tutto questo in modo umano e sportivo. Penso che questi siano i valori che lo sport trasmette e il motivo per cui le persone si identificano con gli atleti. Soprattutto negli sport individuali, dove devi prima battere te stesso per battere chi sta al di là della rete. Queste sono tutte le lezioni di vita che sto imparando e, in secondo luogo, sento davvero che con il mio gioco posso ispirare le generazioni più giovani a prendere in mano una racchetta, non solo nel nostro paese, ma anche nel mondo. Questo è ciò che mi motiva, mi dà davvero la forza”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Nassar (direttore esecutivo PTPA): “Sinner si trova in una situazione ingiusta, una disputa tra WADA e ITIA”

    Ahmad Nassar, direttore esecutivo di PTPA

    Ahmad Nassar, direttore esecutivo della PTPA (il nuovo sindacato dei tennisti promosso da Djokovic e altri giocatori), si schiera dalla parte di Jannik Sinner nella delicata questione del caso Clostebol e sul nuovo giudizio al TAS di Losanna previsto per il prossimo aprile, affermando che la posizione in cui si trova il n.1 del mondo è ingiusta, nel bel mezzo di una disputa tra WADA e ITIA, mentre lo scopo dell’attività antidoping deve essere solo quello di trovare chi bara per alterare le proprie prestazioni. Un sistema che definisce “terribile” per gli atleti, con Jannik bloccato da mesi e mesi in una posizione incerta.
    Nassar si è espresso su X attraverso un lungo e dettagliato post in risposta ad appassionati che chiedevano lumi sulla posizione della PTPA dopo varie dichiarazioni del recente passato, alcune non chiarissime.
    “Il post con cui ero d’accordo il 28 settembre 2024 affermava specificamente ‘non è colpa di Jannik’. Non ho idea di come ciò possa essere interpretato come ‘concordo con la WADA’. È falso. Ho ripetutamente affermato nelle interviste che l’intero sistema è ingiusto per TUTTI i giocatori. E ho ripetutamente incluso Jannik, per nome, in quella valutazione” afferma Nassar, che poi entra maggiormente nel dettaglio col lungo post che riportiamo.

    So, when I say the entire anti-doping system is unfair, here’s what I mean. Warning – this is a long list 🙂
    1. The anti-doping system should be concerned with catching dopers. Dopers are those who are trying to improve their performance via illegal substances.
    2. Players care…
    — Ahmad Nassar (@ahmad4athletes) February 11, 2025

    “Quando dico che l’intero sistema antidoping è ingiusto, ecco cosa intendo. Attenzione: questi punti formano una lista bella lunga 🙂
    1. Il sistema antidoping dovrebbe preoccuparsi di trovare i dopati. I dopati sono coloro che cercano di migliorare le proprie prestazioni tramite sostanze non consentite.
    2. I giocatori sono interessati più di chiunque altro nel trovare i dopati. I giocatori vogliono e hanno bisogno di uno sport pulito e devono essere sicuri che i loro avversari stiano giocando secondo le stesse regole.
    3. Le sostanze illegali e le soglie de test per chi risulta positiv0 dovrebbero essere progettate tenendo presente il punto 1.
    4. Il punto 3 è quello che non accade. È come un doppio fallo (scusatemi per il gioco di parole). Quantità irrisorie, cose che in realtà non migliorano le prestazioni, ecc. Questo è l’inizio dell’ingiustizia per tutti.
    5. A complicare le cose, il processo dei test antidoping è poco pratico e oneroso per gli atleti che viaggiano per il mondo. È irrazionalmente gravoso e, ancora una volta, apparentemente più preoccupato per gli atleti che commettono “falli di piede” che per catturare che effettivamente si dopa. Questo è ingiusto e lo è per tutti.
    6. Poi entriamo nel dettaglio di cosa succede se qualcuno risulta positivo al test. Il sistema di appello deve funzionare per tutti ed essere coerente e fornire a tutti gli atleti il ​​giusto processo e la possibilità di difendersi. NON si tratta di favorire i dopati, si tratta di un sistema che funzioni correttamente e sia legale.
    7. Per quanto riguarda il punto 6, dobbiamo notare che @ptpaplayers lavora per tutti i giocatori. Il nostro lavoro NON è esprimere opinioni sulla colpevolezza o innocenza di un caso o di un atleta specifico. Il nostro compito è assicurarci che il sistema sia equo e funzioni per tutti. Un sistema rigoroso con un processo regolare e risorse per la difesa accessibili rende il punto 1 più realizzabile. Evita anche situazioni più sfortunate in cui la reputazione e la carriera dei giocatori vengono rovinate (troppi esempi da citare).
    7. L’accesso alle risorse per organizzare una difesa adeguata è un problema da sempre. Parte di ciò è naturale e rispecchia i problemi della società  (ad esempio, le persone più ricche possono permettersi gli avvocati). Ma questo è anche ingiusto per tutti i giocatori: coloro che non possono permetterselo perdono l’opportunità di organizzare una difesa adeguata, mentre coloro che possono permetterselo devono spendere i propri soldi per farlo.
    8. I sistemi di appello ITIA e WADA sono costruiti su queste (e altre) premesse imperfette. Ogni giocatore coinvolto nel loro sistema, anche quelli con risorse, è colpito da questa ingiustizia. Soprattutto considerando i mesi/anni che spesso ci vogliono per risolvere questi casi.
    9. Nel caso specifico di Jannik, è stato messo in una situazione ingiusta. L’ITIA sostiene di aver seguito il suo processo e le sue regole. La WADA non è d’accordo e sente la necessità di respingere l’ITIA. Sfortunatamente, questo non è stato un risultato sorprendente per persone come@TaraMoore92 e me. Ciò non significa che siamo d’accordo con la sostanza dell’appello della WADA o con la decisione originale dell’ITIA (vedi il punto n. 7 sopra). Né l’ITIA né la WADA stanno realmente contestando i fatti sottostanti nel caso di Jannik. Ciò è importante, ma anche ingiusto. Lui è, di fatto, coinvolto in una disputa politica/legale tra l’ITIA e la WADA. E sta ancora aspettando quasi un anno dopo che il suo caso venga completamente risolto. Di nuovo, ciò è ingiusto.
    10. Come spero sia chiaro ora, questo intero sistema è terribile per gli atleti (come gruppo e come individui), per i tifosi e lo sport in generale. Deve cambiare”.

    Una spiegazione dettagliata che entra nel merito della questione. L’attività antidoping deve essere quella del punto 1, con l’importantissima specifica del punto 3. Se come scrive Nassar di PTPA (riporto nuovamente): “Né l’ITIA né la WADA stanno realmente contestando i fatti sottostanti nel caso di Jannik”, ossia sono concordi che non ci sia stata attività e intenzione di agire per alterare le prestazioni, allora… di cosa stiamo parlando? Questa è LA domanda, e questa la ingiustizia che sta subendo Jannik Sinner da mesi.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO