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    Lorenzi: “Finals? Non mi aspetto che Alcaraz sia ancora al livello di Sinner in condizioni indoor. Carlos sbaglia le scelte”

    Carlos Alcaraz a Parigi (Foto Patrick Boren)

    Mentre a Parigi è in corso un torneo rinnovato e interessante, che potrebbe riportare Jannik Sinner al n.1 del ranking in caso di vittoria nell’ultimo Masters 1000 in calendario, già si è proiettati al grandissimo appuntamento delle ATP Finals, al via domenica 9 novembre a Torino. Nel corso di Tennis Talk su SuperTennis, Paolo Lorenzi ha espresso un parere interessante sul vantaggio che oggi Jannik ha su Carlos quando si gioca in condizioni indoor. Secondo il direttore degli Internazionali d’Italia ed ex Pro di ottimo livello, Carlos a Torino non sarà ancora al livello di Jannik per le condizioni nel quale si gioca il “Master”. Lorenzi ha così spiegato il suo punto di vista e cosa ancora avvantaggia Sinner rispetto ad Alcaraz quando si gioca al coperto.
    “A Torino non mi aspetto che Alcaraz sia ancora al livello di Sinner”, afferma Lorenzi. “Oggettivamente Sinner in condizioni indoor ha dei tempi, una qualità quando colpisce, è sempre dietro alla palla, non sbaglia mai una scelta, è come se ci fosse nato… e per certi versi è così. Invece per Alcaraz alla fine nei momenti importanti arrivano sempre dei piccoli difetti nelle scelte, perché non fa la scelta che farebbe un giocatore forte indoor, magari sceglie di far saltare di più la palla, oppure si fa prendere dalla fretta”.

    A Paris SHOCKER 💥
    The moment @cam_norrie defeated Alcaraz from a set down for his first ever win over a World No.1! #RolexParisMasters pic.twitter.com/RES0TyjwNi
    — Tennis TV (@TennisTV) October 28, 2025

    “Alcaraz è come se fosse più in grado rispetto a tutti gli altri ad adattarsi durante il match, quindi più variabili ci sono meglio è per lui, ne può approfittare” continua Lorenzi. “Ma quando si gioca indoor le variabili sono minime: non c’è il sole, non c’è il vento, le condizioni di gioco sono sempre identiche di giorno, di sera… E questo un po’ lo frena nel far vedere questa sua caratteristica che è fenomenale”.
    “Ci metterà solo un po’ più di tempo, arriverà un momento in cui Carlos sarà competitivo sul cemento indoor. Il problema è che il suo avversario (Sinner, ndr) in quelle condizioni fa tutto perfetto!” conclude Lorenzi.
    Mario Cecchi LEGGI TUTTO

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    Tien: “Il 2025 è stato un grande anno per me. La cosa più importante? Non la classifica ma l’esperienza da vittorie e sconfitte”

    Learner Tien

    “Learner”, ossia lo studente, colui che impara. Nomen omen direbbero i latini, su Learner Tien, uno dei giovani più interessanti e migliorati nel corso del 2025. Il teenager statunitense ha iniziato la stagione da n.122 al mondo e dopo aver passato le qualificazioni ha brillato agli Australian Open, con una splendida vittoria di Medvedev e l’approdo negli ottavi, stoppato da Sonego. Poi i quarti anche al 500 di Acapulco, un apprendistato senza grandi risultati sulla terra battuta e sull’erba i quarti a Maiorca. Sul natio cemento in Nord America ha ripreso a macinare buoni risultati, esplodendo di nuovo in Asia dove ha centro i quarti a Hangzhou e soprattutto la finale a Pechino, dove solo Sinner ha fermato la sua corsa. Prima di Parigi indoor aveva un bilancio di 26 vittorie e 22 sconfitte, tanti i tornei disputati e grande il bagaglio di esperienza acquisito. Proprio l’esperienza è a suo dire l’aspetto più importante del suo anno, anche più del best ranking ragguardevole al n.36 (ora è appena dietro al n.39). Parlando a Parigi con Tennis Channel, Tien si è detto molto soddisfatto del suo primo importante anno da Pro.
    “Cerco solo di trarre il massimo dalle vittorie e dalle sconfitte”, afferma Learner,  “Ovviamente è più difficile trarre qualcosa dalle vittorie, quindi bisogna apprezzare un po’ le sconfitte, soprattutto le tante prime volte di questo 2025. C’è stato tanto in questo anno, in tutti i sensi”.
    “Giocare questi nuovi eventi, con giocatori che non conoscevo ancora, ti fa scoprire aspetti del tuo gioco che forse non sapevi esistessero. Prendi quel che hai vissuto in partita, quindi ci ripensi e cerchi di correggere i difetti. Penso che questo sia stato fondamentale per me per tutto l’anno.”
    Con una “vecchia volpe” come Michael Chang a suo fianco il tennis tattico e ragionato di Tien ha uno stimolo in più ad evolvere e diventare sempre più completo. “Il 2025 non è ancora finito! Voglio prendermi questa opportunità per fare ancora un po’ di strada e magari riuscire a salire anche in classifica” conclude Tien, che a Parigi dopo aver battuto Borges all’esordio affronterà di nuovo Rublev, loro terza volta nel 2025 (una vittoria a testa i precedenti tra Washington e Cincinnati). Non è un obiettivo facile, ma Tien non è lontano dall’assicurarsi un posto tra le teste di serie ai prossimi Australian Open. Obiettivo a breve, ma lui guarda lontano, consapevole di poter ambire anche a posizioni ben più importanti.
    Mario Cecchi  LEGGI TUTTO

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    Binaghi rivela: “Il no alla Davis 2025? Jannik lo disse l’anno scorso a Torino, davanti a me e al ministro Giorgetti. Per l’Italia è più importante che torni numero 1 di un’altra Davis”

    Angelo Binaghi, Presidente FITP

    Il Presidente della FITP Angelo Binaghi difende Jannik Sinner da tutte le accuse mosse per la sua indisponibilità a giocare la Final 8 di Davis Cup il prossimo mese a Bologna, e conferma che alle Finals ci sarà uno show spettacolare ad accompagnare gli incontri del torneo. Il livello del tennis in Italia è altissimo, non sarà facile crescere ancora ma c’è l’intenzione di rendere l’edizione 2025 del “Master” di Torino indimenticabile, una sorta di Super Bowl. Binaghi ha parlato a La Stampa, con alcune dichiarazioni che riportiamo nei passaggi più salienti.
    “Il livello che abbiamo raggiunto fa paura” afferma Binaghi, “siamo vicini al massimo e possiamo solo scendere. Più di così francamente è impossibile. A Torino e a Riyadh i nostri daranno il massimo in campo e noi faremo la nostra parte per rendere indimenticabile l’edizione 2025 delle Finals”.
    Il Presidente rivela quando ha saputo da Sinner del suo “no” alla Davis: “L’anno scorso. Jannik lo disse davanti a me e al ministro Giorgetti, a Torino. Ho sperato che il lungo e forzato riposo per la squalifica lo portasse a rivedere i suoi programmi. Dopo il ritiro di Shanghai, mi sono detto: magari ci ripensa. Invece niente. Abbiamo capito e anche condiviso la decisione. La storia ci insegna che ogni sua rinuncia ha prodotto conseguenze positive. Sarà così anche questa volta: per la FITP e per l’Italia è più importante che Jannik torni numero uno al mondo di un’altra Davis“.
    Secca la risposta di Binaghi in merito alla presunta poca riconoscenza sollevata da alcuni commentatori (perlopiù non tennistici ma di testate generaliste). “Conosco Jannik fin da quando era bambino, come la sua famiglia e il suo team. Erano stati chiari fin da subito, lo difenderò sempre e a prescindere. La riconoscenza nei confronti del tennis italiano si concretizzerà quando tornerà numero 1 al mondo. La Davis ha una differenza rispetto agli altri tornei, non dà punti per la classifica. Con un altro regolamento cambierebbe anche lo spirito dei giocatori. A fine stagione per chi l’ha già vinta vale come il Six Kings Slam, con meno soldi e molta più fatica. Prima di tacciarlo di disaffezione per la maglia azzurra aspettiamo 10 anni: se non la giocherà più ne riparleremo”.
    Oltretutto il Presidente è sicuro del grande valore della nostra nazionale, anche priva di Sinner. “Abbiamo uno squadrone” commenta Binaghi, “Con Jannik partiamo da un punto e mezzo a zero per noi, così sarà più equilibrata. Ce la giochiamo con la Spagna di Alcaraz, la Repubblica Ceca e la Francia. A Musetti ho sempre detto che ha un talento inarrivabile ma che rischiava di perderlo per le troppe proteste e per l’incostanza al servizio. Ora l’ha migliorato e parla molto meno, non ha più le cadute di prima e arrivare a Torino sarebbe il coronamento della sua crescita”.
    Proprio su Torino l’ultima considerazione di Binaghi, un evento che vuol portare al livello del Super Bowl della NFL americana per impatto: “Potremmo avere due italiani in campo alle FInals e la stagione 2025 da oro diventerebbe di platino. Organizzeremo uno spettacolo senza precedenti in Italia, uno show dentro lo show. L’ultimo nome è quello di Gianni Morandi: le Finals saranno il nostro Super Bowl. Portarcele via sarà più difficile. Abbiamo firmato il rinnovo del contratto e anche il governo ne conosce il testo da molto tempo. Non si può tornare indietro, sarebbe una grave perdita di credibilità per il Paese”.
    Interessante l’idea di Binaghi sulla Davis Cup: riportare punti per il ranking per i match disputati, potrebbe avere un impatto sulla volontà dei migliori giocatori di partecipare? Tra le molte ipotesi per rivedere e migliorare quest’evento storico, oltre alla collocazione nel calendario – il punto dolente – anche il discorso ranking potrebbe avere un impatto non indifferente.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Sinner: “Cahill? Mi piacerebbe che restasse, ma dobbiamo ancora parlarne”

    Darren Cahill insieme a Simone Vagnozzi

    Il fine stagione si avvicina e in “casa Sinner” oltre alle ATP Finals ormai alle porte e la corsa – più teorica che realistica – per finire da n.1 nel ranking, torna caldo il tema relativo alla permanenza di Darren Cahill come coach. Lo scorso gennaio nel corso dell’Australian Open a Jannik “scappò” una frase di troppo, sull’ultima stagione da allenatore per Cahill. Poi sono successe tante cose, inclusa la nota scommessa nel team, vinta da Sinner, che avrebbe dato mano libera per scegliere o meno la permanenza dell’australiano nel suo team. La situazione sembra ancora molto fluida, il n.2 del mondo ne ha parlato a Vienna dopo la vittoria su De Minaur in semifinale. L’obiettivo per il nostro campione è chiaro: convincere Darren a restare ancora con lui e continuare un percorso straordinario di cresciuta umana, sportiva e vittorie.
    “Mi piacerebbe che restasse, mi ha sicuramente dato molto” afferma Sinner parlando di Cahill. “Ormai non è solo un allenatore di tennis per me, ma qualcosa di più. Mi dà tanto anche a livello personale. Ora ha 60 anni ed è nel mondo del tennis da tanto tempo. Dobbiamo prima parlarne e poi vedere”.
    Interessante il seguente passaggio, nel quale Jannik afferma che all’interno del team non è ancora stato affrontato il tema di chi potrebbe essere un sostituto di Cahill, qualora confermasse la sua idea di terminare la propria carriera da allenatore. E, allo stesso tempo, Sinner conferma la necessità di un innesto se Darren a fine anno lascerà il team. “Simone Vagnozzi e io non abbiamo ancora discusso su chi potrebbe essere il prossimo allenatore, ma di certo ci serve un secondo coach” afferma Sinner. “Anche Simone ha bisogno di qualche settimana libera per stare con la sua famiglia. Per me è importante avere uno scambio anche su questo”.
    Parole che confermano come ancora niente sia stato deciso e, allo stesso tempo, di come all’interno della sua squadra ci sia un vero confronto per arrivare a una decisione che possa soddisfare tutti. Jannik giocherà la finale del 500 di Vienna contro Zverev, a caccia del quarto titolo stagionale e 22esimo in carriera. Seguirà un volo a Parigi, per l’ultimo Masters 1000 dell’anno nella nuovissima La Defence Arena. Quindi l’ultima tappa del suo 2025 in Italia, a Torino, per le ATP Finals. Darren Cahill seguirà Jannik in questi ultimi tornei della stagione. Vedremo se all’Inalpi Arena si concluderà il viaggio sportivo dell’australiano, o se Sinner vincerà anche questa sfida, convincendolo a restare.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    In ricordo di Federico Luzzi

    Federico Luzzi

    Il 25 ottobre 2008 scomparve Federico Luzzi, colpito da una leucemia fulminante. Uno shock per il mondo del tennis e non solo, che perse un ragazzo solare, con i classici spigoli del “buon toscano” ma estremamente generoso. Mamma Paola negli anni si è dedicata anima e cuore alla Fondazione FedeLux nata in suo ricordo, ottenendo risultati straordinari con tantissime iniziative concrete che ancora sostengono tante nobili cause. Nel mandare un abbraccio a lei, alla sua famiglia e a tutti coloro che gli volevano bene, ripubblichiamo il ricordo scritto da Marco Mazzoni, di una giornata a Todi ammirando il suo talento tecnico in campo. Perché Federico non sarà mai dimenticato.
    Quel giorno a Todi, in ricordo di Federico Luzzi (di Marco Mazzoni)
    Il calendario dice 16 settembre 2008. Ricordo perfettamente quel martedì. Cielo terso, leggero vento settembrino, temperatura perfetta. Una luce clamorosa rende il paesaggio ancor più spettacolare, da cartolina, tanto che scorrere dolcemente nel cuore della nostra Italia più bella (da Firenze a Todi, passando per Perugia) è un vero piacere. Ancor più se l’input al viaggio è l’amatissimo tennis. La giornata è una di quelle che aspetti tutto l’anno, così bella da maledire di non aver portato la macchina fotografica “buona” per accostare l’auto e scattare meraviglie, ricordi da custodire gelosamente. “Infatti…” annuisce il mio fido compagno di viaggio in tante esperienze sportive.
    Prima fermata a Corciano, nei pressi di Perugia, per i 50 anni di Ellesse, brand storico e icona del Made in Italy, quello buono. Cerimonia toccante, visita al museo dei cimeli sportivi, pranzo (ottimo) in mezzo a tanti personaggi del mondo della racchetta, incluso un irresistibile Ion Tiriac in grande spolvero con i suoi aneddoti unici. Però l’orologio segna già le 14.30, e nella vicina Todi c’è un altro evento che ci ha spinto in Umbria: il torneo Challenger. Oltre al buonissimo campo di partecipazione, con vari giovani da osservare (tra cui Matteo Trevisan), il programma è arricchito dal ritorno in campo di Federico Luzzi dopo un periodo di stop.
    Arriviamo al club insieme al mitico Rino, anche lui presente a Corciano. Chiediamo poche info agli addetti, un paio di programmi e via in campo. Ramirez Hidalgo mulina con totale sicurezza i suoi colpi, passiamo oltre. Saluto l’amico Claudio Grassi, vedo Di Mauro che parlotta fitto fitto con Rizzo, meglio non disturbare. Sul campo adiacente scorgo Luzzi che attende in risposta, siamo a metà del primo set. Al servizio lo spagnolo Menendez Maceiras, che prova da sinistra un kick vigoroso. Fede si avventa su quella palla spavaldo, avanzando oltre un metro in campo con il massimo dell’anticipo. Boom! Impatto secco, a tutta velocità, e palla che taglia il campo cross, quasi imprendibile. Questo è Luzzi. E’ velocità, adrenalina, rischio. Spettacolo. L’aretino sembra elettrico, carico come mai. Guarda dietro, verso di noi. L’intensità del suo sguardo vale più di mille parole. E’ l’immagine della voglia di giocare, di riprendersi tutto, di divertirsi e divertire. Il suo servizio non va ancora al meglio, qualche colpo scappa lungo, ma c’è un abisso di talento e di manualità tra i due. Prova di tutto Fede, e molto gli riesce.
    Le sue corde alternano frustate a tutta velocità a tocchi improvvisi che fanno sobbalzare i presenti, compiaciuti dai suoi ricami, dalla fantasia e facilità del suo tennis. Arriva una “smorza” delle sue, giocata con una velocità di esecuzione ed eleganza superiori. L’altro neanche ci prova ad andarci, sa che non ci riuscirebbe mai, ed è giusto così. La partita fila via bene, le sensazioni crescono, ed anche l’intensità del suo tennis. E’ evidente che la condizione non sia ancora al meglio, ma le sue doti tecniche non l’hanno affatto abbandonato, ed è pure abbastanza veloce, scattante, reattivo. Corre leggero, ringhia e diverte. Chiude lasciando solo cinque giochi all’iberico, ma lasciando in tutti i presenti la sensazione che questo “talentaccio” toscano abbia ancora qualcosa di importante da dire e da dare su di un campo da tennis. Esce dal campo con un sorrisone compiaciuto dopo la bella vittoria, felice di esser tornato in campo e di essersi divertito. Saluta tutti, stinge mani, non si nega a nessuno perché lui ama la compagnia. Ama assaporare la vita. Passa anche vicino a noi, un cenno di saluto e via in doccia. Riappare dopo poco, vestiti casual, occhiali da sole d’ordinanza e borsone in mano. Abbraccia la compagna e volano via insieme, a bordo della sua auto cabrio. E’ l’immagine della salute, di un giovane uomo di nuovo felice.
    Quel 16 settembre è stata l’ultima volta che l’ho visto. Assurdo quel che è capitato un mese dopo. Assurdo che ad un ragazzo così pieno di vita la vita sia stata strappata via, lasciando in tutti coloro che gli volevano bene un vuoto che non si può colmare, una ferita che non si potrà mai rimarginare. Sono passati 7 anni, ma il freddo della cattedrale di Arezzo strapiena per l’ultimo saluto mi provoca ancora i brividi. Il cielo piangeva, all’interno un silenzio assordante fatto di centinaia di grida soffocate dal dolore, dal non accettare quel film che stava andando in scena. Non dimenticherò il dolore scolpito nei volti di Flavia, Potito e tutti gli altri. Non posso dimenticare la lacrima che scorreva sul volto di un coach conosciuto da tutti come “sergente di ferro”. Non posso dimenticare i tanti ricordi personali di Luzzi in campo, tra vittorie e sconfitte, esplosioni di rabbia e lampi di genio. Uno come Luzzi non lo puoi dimenticare.
    Ciao Fede.
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    Sinner e Alcaraz giocheranno una esibizione a Seoul il prossimo 10 gennaio

    Sinner e Alcaraz a Wimbledon 2025

    Prima due indizi social “molto concordanti”, poi ecco la notizia, diffusa dalla stampa coreana. Jannik Sinner e Carlos Alcaraz giocheranno un’esibizione il prossimo 10 gennaio 2026 a Seoul, denominata “Hyundai Card Super Match”. Quest’incontro, che diventerà di fatto un avvicinamento – se così lo possiamo chiamare… – al prossimo Australian Open, è stato sancito da una nuova partnership commerciale siglata da entrambi i tennisti con il noto brand automobilistico coreano. Infatti stamattina sia l’italiano che lo spagnolo hanno diffuso ognuno sui propri canali social una foto con una loro firma e un inequivocabile “ci vediamo in Corea”. Qui gatta ci cova… e infatti ecco che il quotidiano “The Chosun” ha riportato la notizia, l’annuncio di questa partita di esibizione tra i due.

    La partita andrà in scena presso la Incheon Inspire Arena, e un portavoce dell’azienda coreana ha affermato al giornale che “presto verrano diffuse tutte le informazioni relative ai biglietti, orari e tutto il resto di quest’avvenimento”.
    L’Australian Open 2026 scatterà con il main draw domenica 18 gennaio, quindi i due leader del tennis mondiale avranno una settimana per arrivare a Melbourne e studiare le condizioni del primo Slam in stagione, del quale Sinner è campione in carica nelle ultime due edizioni.
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    Volandri: “La porta per Sinner è aperta ma non mi aspetto un cambiamento. Credo che la Davis non si debba per forza giocarla ogni anno. E soprattutto serve una collocazione migliore”

    Filippo Volandri, Capitano del team italiano in Davis Cup

    Filippo Volandri, pur con dispiacere, accetta la decisione di Jannik Sinner di non essere disponibile quest’anno a giocare la Final 8 di Bologna, in scena la settimana successiva alle ATP Finals. Il capitano azzurro ha raccontato alla Gazzetta dello Sport di aver parlato molto serenamente con il n.2 del mondo a Vienna, e ha spaziato su molti temi interessanti: la non convocazione di Darderi (ricordiamo che si possono cambiare entro il 17 novembre), le motivazioni di Berrettini e anche sui problemi che continuano ad attanagliare la competizione, su tutti la pessima collocazione a fine anno quando tutti i giocatori sono prosciugati dalla durezza della stagione. Anche per Volandri questo è il vero problema, aggiungendo che non debba per forza giocarla ogni anno. Questi i passaggi più significativi dell’intervista del capitano italiano.
    “Sono stati due anni pesantissimi per Sinner per le motivazioni che sappiamo e Jannik ha speso tanto anche a livello mentale, ancora più che in campo” commenta Volandri. “Sia lo scorso anno che questo ha finito la stagione spremendo tutto ciò che aveva. Alla Davis ha letteralmente raschiato l’ultima goccia di energia dal barile. E la sua grandezza è che non lo fa mai sembrare: appare sempre in controllo, ma vi assicuro che arriva alla fine della competizione svuotato. (…) Quella settimana serve per staccare, per ricaricarsi davvero e resettarsi per puntare al 2026 dove, comunque avremo ancora le Finals in casa. Quello con la Nazionale è un impegno importante per tutti, ma va gestito con equilibrio visto che arriva alla fine della stagione. Tecnicamente la possibilità di convocarlo c’è, ma quando un team di quel livello prende una decisione di questo genere sulla programmazione poi è difficile cambiare in corsa. Noi restiamo disponibili, la porta è aperta, ma non mi aspetto un cambiamento”.
    Il rapporto con Jannik è ottimo, nessuna frizione per questa scelta del 4 volte campione Slam e due in Davis: “A Vienna ci siamo visti e abbracciati. Abbiamo chiacchierato con il team, con la famiglia. Mi ha raccontato della cotoletta che hanno preparato. C’è grande serenità nei rapporti”.
    “La squadra rimane molto forte. È ovvio che ogni capitano vorrebbe avere la rosa al completo con il suo giocatore più forte a disposizione. Ma proprio perché sono il capitano della Davis e ho giocato, cerco di normalizzare la cosa” continua Filippo. “È una decisione che, come ha detto anche il presidente Binaghi, fa male, ma non è né la prima né l’ultima volta che succede. Capita a tutti i giocatori, anche ai grandissimi. Zverev non l’ha giocata per anni, Federer e Nadal lo stesso. Ci sono stagioni che ti portano ad arrivare in determinati momenti in condizioni fisiche e mentali diverse. Siamo pur sempre a fine stagione, e ogni anno è diverso. Per Jannik questa è stata una stagione particolare, e lo sappiamo tutti”,
    A questo punto il leader “morale” della squadra sarà Matteo Berrettini, campione lo scorso anno proprio insieme a Sinner, e complessivamente vincitore di tutte le sei partite disputate tra i gironi di Bologna e la finale di Malaga: “Matteo nell’indoor ha picchi altissimi. È un giocatore da superfici rapide, anche se gli è mancata un po’ di continuità. Spero che in queste settimane ritrovi ritmo. Non ho dubbi sulla sua qualità, né come giocatore né come uomo squadra, è molto importante e lo ha dimostrato”.
    Musetti spera nella qualificazione alle Finals e proprio in quei giorni, tra Torino e Bologna, potrebbe nasce il suo secondo figlio: “Lui ha dato la massima disponibilità e noi lo aiuteremo a gestire la situazione nel miglior modo possibile. Io sono padre, capisco perfettamente cosa prova. Fino al giorno prima dell’inizio dell’evento si possono ancora fare sostituzioni, quindi c’è margine per valutare”.
    Darderi nel ranking è quarto tennista italiano, dietro Sinner Musetti e Cobolli, ma non è stato convocato… Questa la motivazione di Volandri: “Luciano ha fatto una bellissima stagione, ma è nato e cresciuto sulla terra rossa. È migliorato anche sul cemento all’aperto, ma sull’indoor deve fare ancora un po’ di esperienza e ne è consapevole. È un grande lavoratore, sta crescendo e la sua chance arriverà“.
    Questa la considerazione del capitano sui problemi della finale di Davis Cup, con i giocatori che arrivano provati dall’intensa annata di tornei individuali: “Io credo che non si debba per forza giocarla ogni anno. E soprattutto serve una collocazione migliore: non può stare nell’ultima settimana della stagione, quando tutti sono scarichi. Se la consideriamo importante, dobbiamo darle il posto che merita. Il problema è che è un evento ITF in un calendario ATP che non lascia altri spazi”.
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    Zverev miglior tennista a non aver vinto uno Slam? Secondo Kafelnikov no

    Alexander Zverev

    È numero tre del mondo Alexander Zverev, una posizione che quasi tutti i colleghi tennisti sognano e invidiano, ma lui non è affatto felice della sua stagione come più volte esternato in varie interviste, e ora è uscito con le “ossa rotte” pure dal torneo di Shanghai, masticando amarissimo dopo l’ennesima delusione. Un torneo quello cinese che si era aperto in modo incredibile a tutti vista l’assenza del n.1 Alcaraz e il ritiro di Sinner in preda ai crampi per le difficilissime condizioni di caldo umido che opprime da giorni e giorni quest’area del paese asiatico. Invece Sasha ancora una volta non ha colto l’occasione, sconfitto al terzo turno da Rinderknech, stesso avversario che lo estromise addirittura all’esordio all’ultima edizione di Wimbledon. E pensare che lo scorso anno, durante le ATP Finals, Zverev era convintissimo di aver la prima agognata vittoria in uno Slam molto molto vicina. Lo diceva a chiare lettere durante ogni intervista, “So cosa devo fare e mi sto avvicinando”. A Torino, con la stagione ormai alla fine, se ne stava in campo più di tutti, addirittura un’ora abbondante dopo ogni singolo match disputato perché gennaio e l’Australia erano dietro l’angolo e c’era uno Slam da vincere.
    C’è andato molto vicino il tedesco a Melbourne, ad un passo… ma la prepotenza tennistica di Sinner l’ha stoppato ancora una volta, in quella che è stata la sua terza finale major persa (US Open 2020, Roland Garros 2024, Australian Open 2025). Quella sconfitta netta sulla Rod Laver Arena fu molto più di una normale partita persa. Per lui è stato un vero schiaffo in faccia, la dimostrazione di come ogni sforzo profuso, anche quelli di una off-season quasi spesa interamente a lavorare invece di riposarsi, non fosse sufficiente. Tanto che alla ripresa dell’attività dopo il ritorno dall’Australia ha inanellato una serie di risultati molto negativi. Il tutto aggravato da un’altra situazione per lui terribilmente scomoda: lo stop di tre mesi dell’allora n.1 Sinner gli aveva messo sul piatto d’argento la possibilità di diventare primo nel ranking ottenendo ottimi risultati tra fine inverno e inizio primavera, c’era la matematica a confermalo a suo favore. Il suo destino e nelle sue mani, ma…, ancora una volta, tra tensione e qualche acciacco, Zverev non ce l’ha fatta e anche questo grande obiettivo è svanito. Con Sinner così tosto e continuo e il “nuovo” Alcaraz non solo strepitosamente forte ma ora pure costante come rendimento, il trono del tennis si è allontanato forse definitivamente per Zverev, e lui ne è dannatamente consapevole.
    Ha tantissime qualità Sasha, ma anche problemi irrisolti. Con quel fisico imponente non ti puoi permettere di restare troppo lì dietro a costruire e remane. Non è un caso che forse il miglior torneo in carriera l’ha disputato nella prima edizione delle Finals di Torino dove, forte di un servizio mai così efficace ed di un’attitudine super aggressiva, a scambiare ci stava ben poco e sbaragliò tutta la concorrenza, anche un Djokovic ancora fortissimo e un Medvedev che da lì a poco sarebbe diventato n.1 del mondo. Quella settimana magica di Torno è rimasta una fiammata. Non mai stato nemmeno particolarmente fortunato il tedesco. A Parigi 2022 tutti ricordiamo il suo terribile infortunio sofferto in campo in semifinale vs. Nadal, una partita durissima che Zverev forse avrebbe vinto se non si fosse spezzato 7 legamenti della caviglia in una brutta caduta, col piede bloccato nella terra, perché lo spagnolo sembrava essere molto vicino al limite delle sue energie, mentre Sasha aveva in quel momento ben altra tenuta (e in finale c’era Ruud, non Djokovic…). Il rientro non fu facile ma alla fine ce l’ha fatta. Slam escluso, che resta ancora lì, come un miraggio. Magari un giorno il tedesco ce la farà, se mai Alcaraz e Sinner per una volta non saranno “cannibali” e perderanno qualcosa per strada, non si può mai sapere. Al momento per moltissimi commentatori Zverev è il tennista più forte nella storia moderna del gioco a non aver mai vinto uno Slam. A rafforzare questo “scomodo” primato i tanti tornei vinti in carriera (24) tra cui vari Masters 1000, le due edizioni delle Finals e la posizione di n.2 del mondo.
    Non tutti però indicano Zverev come il miglior tennista senza uno Slam in bacheca. Tra questi il russo Yevgeny Kafelnikov, due volte campione Slam ed ex n.1, che rispondendo ad un post sui social sulla questione, tuona “Non c’è un tennista nell’intero universo senza un titolo Slam migliore di Marcelo Rios!”. Il leggendario mancino cileno, famosissimo per il suo braccio fatato quanto il suo caratteraccio, in effetti vanta un altro primato assai particolare: è ad oggi l’unico n.1 ATP nella storia moderna del gioco a non aver vinto alcun titolo Slam. Per lui solo la finale agli Australian Open 1988, dove fu battuto da Petr Korda. Rios effettivamente è stato un tennista fuori dal comune: nonostante un fisico a dir poco “normale” aveva un senso geometrico del campo e una capacità di governare la palla senza pari, tra arrotate e cambi di ritmo pazzeschi. Faceva in campo quel che voleva, ma ha sempre difettato di di visione e costanza di rendimento, tanto aver vinto molto rispetto al proprio talento.
    Il “migliore senza vittorie Slam” è il classico tema che scatena un bel dibattito. Che dire allora di “Gattone” Mecir, uno con due finali Slam perse e uno stile di gioco unico? O David Ferrer, altro agonista feroce ma capitato in un’epoca quantomeno scomoda. Tomas Berdych è certamente un altro candidato forte in questa categoria, come l’americano Todd Martin (due finali Slam) o Jo Tsonga. Per non dimenticare anche Nikolay Davydenko e Robin Soderling (due finali a Roland Garros). Chissà se mai Zverev uscirà da questa categoria, vincendo finalmente uno Slam. Per farcela dovrà sicuramente compiere un grande salto di qualità a livello di consistenza, velocità nel battere gli avversari nei primi turni per non consumare troppe energie, e spogliarsi da quelle titubanze e attendismo che troppe volte lo rendono passivo e conservativo. Un titolo Slam devi andare a prendertelo di forza, non te lo regala nessuno…
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO