1 novembre 1998, Suzuka. Va in scena il GP del Giappone, ultimo atto della stagione. Ai blocchi di partenza, anche le due Tyrrell 026-Cosworth JD Zetec-R V10 del PIAA Tyrrell affidate a Ricardo Rosset e Toranosuke Takagi. Il giapponese riesce a qualificarsi col 17° tempo, il brasiliano, al contrario, non oltrepassa lo scoglio del 107%: è fuori dalla corsa. Il Gran Premio di Takagi, tuttavia, finisce al 30° giro, toccato dalla Minardi M198-Cosworth JD Zetec-R di Esteban Tuero mentre sta affrontando l’ultima chicane.
Si esaurisce con uno spettacolare incidente la storia della Tyrrell in Formula 1. Nel 1999, la scuderia fondata da Robert Kenneth “Ken” Tyrrell (3 maggio 1924 – 25 agosto 2001) è ormai al collasso; acquistata dalla British American Tobacco sin dal 1997, il marchio Tyrrell cessa di esistere all’indomani del già menzionato GP del Giappone 1998. Dalle ceneri della Tyrrell nascerà una nuova scuderia, la BAR (acronimo di British American Racing), dalle cui ceneri scaturiranno in sequenza l’Honda Racing F1 Team, il Brawn GP Formula 1 Team e, in ultimo, il pluri-iridato Mercedes GP/AMG Petronas F1 Team/Motorsport. Eredi, ormai annacquati, di una delle scuderie più significative della storia dell’automobilismo sportivo.
È il 1968 quando il team di Ken Tyrrell debutta in Formula 1. A quell’epoca è ancora una scuderia privata: si affida, infatti, ai telai Matra MS9 e MS10. A differenza delle MS11 ufficiali gestite dal Matra Sports ed equipaggiate coi superbi ma delicati V12 realizzati dalla Casa francese stessa, le Matra gestite dalla compagine di Tyrrell – il Matra International, già vincente in Formula 2, nel 1967, con Jackie Ickx e le Matra MS5 e MS7 spinte dal Ford FVA – sono azionate dal V8 Cosworth DFV. La mossa si rivela più che mai azzeccata: Jackie Stewart trionfa in Olanda, Germania e Stati Uniti, sfiorando il titolo mondiale. Nel 1969, il team ufficiale Matra, uscito con le ossa rotte dal confronto diretto con Tyrrell, si prende una pausa. A gestire le Matra MS10, MS80 e MS84 rimane il Matra International, il quale opta ancora per il fido Cosworth DFV. Stewart vince sei Gran Premi e si aggiudica il titolo Piloti; alla Matra-Cosworth il titolo Costruttori.
Nel 1970, interrotta non senza attriti la collaborazione con la Matra (Casa facente parte del gruppo Simca-Chrysler, il quale cerca di imporre al team di Tyrrell il V12 francese in luogo del Ford-Cosworth; frattanto, il team ufficiale Matra – l’Equipe Matra Elf – si riaffaccia in Formula 1 schierando la nuova MS120), Ken Tyrrell si affida alla March 701, sincera ma pesante vettura gestita dal team interno March Engineering e, al contempo, venduta alle scuderie private, quale è il Tyrrell Racing Organisation. I risultati sono soddisfacenti (Stewart porta al successo la March 701 a Jarama) ma, ormai, è pronta la prima vettura realizzata dalla scuderia di Ockham (Surrey, Inghilterra). La Tyrrell 001 – sviluppata in più configurazioni; caratteristica la versione dotata di ala anteriore alta, elemento che fa assomigliare la vettura ad uno squalo martello – disegnata da Derek Gardner esegue il primo shakedown il 17 agosto 1970 ed esordisce con la pole-position in occasione del GP del Canada del successivo 20 settembre (Mont-Tremblant) nelle mani del solito Stewart.
Le Tyrrell 001, 002 e 003 sono le protagoniste della stagione 1971. L’Elf Team Tyrrell affida la 002 a François Cévert (vittoria a Watkins Glen), la 003 al dilagante Stewart; lo scozzese si impone in ben sei gare. Il dominio Tyrrell è totale: su 11 GP in calendario, sette sono le vittorie firmate Tyrrell. Stewart si laurea campione del Mondo, la Tyrrell conquista a mani basse il titolo Costruttori. Tyrrell ancora in forma smagliante nel 1972 (i modelli portati in gara sono la 002, 003, 004, 005 e 006, ancora progettati da Gardner), ma è nel 1973 che la Tyrrell – grazie alla valida 006-Cosworth DFV, anch’essa sviluppata in diverse configurazioni – si aggiudica il secondo titolo Piloti in qualità di costruttore indipendente.
Jackie Stewart vince a Kyalami, Zolder, Monaco, Zandvoort e al Nürburgring. Non va a punti in sole tre gare su 15 in calendario. La morte di Cévert, in quel di Watkins Glen, macchia tragicamente una stagione altrimenti entusiasmante.
Alla cavalcata trionfale del 1973 seguiranno stagioni positive. La Tyrrell si conferma ai vertici della Formula 1, affidando le proprie monoposto a piloti di assoluto valore. Derek Gardner, in particolare, si rivela progettista attento, innovatore, inesauribile sperimentatore, lungimirante, geniale, mai banale, capace di realizzare vetture passate alla storia. Alla 007 – vettura portata in gara, oltre che dall’Elf Team Tyrrell, anche da alcune scuderie private – succede la rivoluzionaria Project 34, la celeberrima “6 ruote”. Questa particolare monoposto, protagonista del biennio 1976-1977 nelle mani di Jody Scheckter, Patrick Depailler e Ronnie Peterson, trionfa in occasione del GP di Svezia 1976 (Anderstorp) grazie al sudafricano futuro campione 1979 in Ferrari.
La P34 è anche l’ultima monoposto Tyrrell firmata da Derek Gardner. Nel 1978 subentra Maurice Philippe, la cui 008 si aggiudica, con Depailler al volante, il prestigioso GP di Monaco. La vettura presenta una caratteristica ala anteriore a freccia negativa. Arrivano Didier Pironi, Jean-Pierre Jarier, Geoff Lees, Derek Daly, Michele Alboreto, Eddie Cheever, Kevin Cogan, Mike Thackwell, Ricardo Zunino. Le 009, 0010 e 0011 (siamo negli anni che vanno dal 1979 al 1981) si dimostrano vetture sincere, in grado di andare ripetutamente a punti ma mai di riportare al successo la scuderia di Ken Tyrrell, a secco di vittorie dal 1978. Interrotta la partnership con Elf, arriva la Candy. Ma il sodalizio con la azienda italiana di elettrodomestici è di breve durata. Subentrano altre sponsorizzazioni, quindi Benetton. Sponsor e denari: ossigeno per le casse della Tyrrell.
È Michele Alboreto l’uomo che riporta la Tyrrell sul gradino più alto del podio. 25 settembre 1982. Il GP è quello di Las Vegas, disputato sul circuito del Caesars Palace. Nelle sapienti mani del pilota milanese, la Tyrrell 011/6-Cosworth DFV sembra volare. Sono ancora gli Stati Uniti d’America a far da cornice a quella che sarà l’ultima vittoria della Tyrrell in Formula 1. 5 giugno 1983, Detroit, GP degli Stati Uniti Est. Michele Alboreto riassapora il gusto della vittoria al volante della aggiornata e modificata Tyrrell 011-Cosworth DFV, iscritta sotto le insegne del Benetton Tyrrell Team. Intanto, nel 1983, debutta la nuova Tyrrell 012.
È la 012 che, nel 1984, si trova – suo malgrado – al centro di un tiro mancino ordito dalla FISA di Jean-Marie Balestre. Martin Brundle, Stefan Bellof ed il Tyrrell Racing Organisation si vedono revocati tutti i punti conquistati nel corso di una buona stagione. Al centro di queste ingiuste ed eccessive squalifiche, presunte irregolarità tecniche della 012, spinta dal Cosworth DFY aspirato curato da Mario Illien. Tra sedicenti irregolarità tecniche palesemente inventate ad arte dalla FISA e zone grigie realmente perseguite dalla Tyrrell, si compie un omicidio politico perfetto, che si concretizza nella esclusione dalle classifiche mondiali della Tyrrell e dei suoi piloti. Eppure, nel corso della stagione, Brundle e Bellof fanno miracoli: l’inglese è 5° in Brasile e ottimo 2° a Detroit, Bellof è 6° in Belgio, 5° ad Imola e 3° sotto la pioggia di Monaco.
La “piccola peste”, messa forzosamente alle corde nel 1984, mostra i muscoli anche nel 1985, a testimonianza che i risultati colti l’anno precedente non erano frutto di chissà quali illegali furbate. Bellof, ancora al volante della 012-Cosworth DFY, è 6° all’Estoril e 4° a Detroit. Nel 1985, intanto, debutta la nuova 014, spinta dal V6 Turbo Renault. Alla morte di Bellof – tragedia consumatasi nel corso della 1000 km di Spa-Francorchamps 1985 – subentra Ivan Capelli, il quale, in Australia (Adelaide), coglie uno strepitoso 4° posto.
Nel 1986, la Tyrrell schiera la 014 e la nuova 015 (fortemente ispirate ai concetti della 012), vettura quest’ultima che, nel 1987, lascerà il posto alla DG016, totalmente rinnovata. Chiusa la parentesi dei motori Turbo, la Tyrrell riabbraccia l’aspirato (nuovamente contemplato dai regolamenti dopo un 1986 aperto ai soli turbocompressi): ecco il Cosworth DFZ, V8 di 3500cc. Jonathan Palmer e Philippe Streiff portano in gara la sincera ed affidabile DG016 firmata Maurice Philippe-Brian Lisles (i migliori risultati sono i due quarti posti conquistati rispettivamente da Streiff ad Hockenheim e da Palmer ad Adelaide).
Dopo un 1988 di purgatorio (la vettura è la 017, capace, nelle mani di Palmer, di conquistare due quinti posti), il 1989 torna a riaccendere le speranze di podio e successo. Arrivano Harvey Postlethwaite e Jean-Claude Migeot. Dopo la 017B, vettura schierata nel solo GP del Brasile 1989, ecco la rinnovata 018 spinta dal Cosworth V8 DFR; Alboreto conquista un ottimo 3° posto al GP del Messico, Jean Alesi 4° al Le Castellet e a Jerez. La 018 è impiegata anche nelle battute iniziali della stagione 1990: è con questa monoposto che Jean Alesi, in occasione del GP degli USA a Phoenix, si esibisce in un duello all’arma bianca contro Ayrton Senna e la sua McLaren Mp4/5B-Honda. Il francese chiude la corsa al 2° posto dopo un duello entrato nella storia. La rivoluzionaria Tyrrell 019 apre, compiutamente, l’era delle monoposto a muso alto: è grazie alla 019 che Alesi ottiene un altro 2° posto, a Monaco.
Nel corso del biennio 1991-1992, Harvey Postlethwaite e George Ryton prima e Ryton-Mike Coughlan poi, disegnano monoposto strettamente imparentate alla 019 del 1990. Nel 1991, a spingere la Tyrrell 020 è il V10 Honda RA101E; Stefano Modena, alle prese con una monoposto “rognosa”, riesce comunque a conquistare un 4° posto a Phoenix ed uno splendido 2° posto in Canada (Montréal). Nel 1992 (il modello è la Tyrrell 020B), il motore nipponico è rimpiazzato da un altro V10, l’Ilmor LH10. Andrea De Cesaris, quale miglior risultato stagionale, raccoglie un 4° posto in occasione del GP del Giappone (Suzuka).
Distastrosa la stagione 1993. Le Tyrrell 020C e 021, entrambe spinte dal V10 Yamaha OX10A, si rivelano non competitive: Andrea De Cesaris e Ukyo Katayama non conseguono alcun punto mondiale. In netta ripresa si rivela la stagione 1994: la vettura è la convenzionale e affatto appariscente 022, curata dal terzetto Harvey Postlethwaite, Mike Gascoyne e Jean-Claude Migeot. Il motore è il rivisitato V10 Yamaha OX10B. Ritornano i punti iridati ed il sapore del podio grazie ad una monoposto nel complesso tanto semplice quanto efficace (sebbene ancora non del tutto affidabile): Mark Blundell chiude al 3° posto il GP di Spagna (Barcellona).
Con la Tyrrell 023 del 1995, il costruttore di Ockham si riappropria dello scettro di innovatore, dando vita ad una delle più caratteristiche e personali monoposto degli Anni ’90. Il merito è ancora dello staff tecnico al cui vertice vi sono Postlethwaite, Gascoyne e Migeot. La 023, infatti, oltre a caratterizzarsi per una aerodinamica accattivante e distintiva, semplice ma al contempo assai ricercata, presenta le sospensioni interconnesse Hydrolink, sistema realizzato in collaborazione con Fondmetal Technologies. L’intento, ovvio, è quello di ricreare – pur senza l’ausilio delle sospensioni attive a controllo elettronico, ormai vietate – le condizioni di assetto e aerodinamica che solo le sospensioni attive possono realizzare. Le tante aspettative, però, non sono ricambiate dagli esiti della pista. La 023 – iscritta sotto le insegne del Nokia Team Tyrrell e spinta dalla nuova versione del V10 Yamaha, lo OX10C – si rivela auto di difficile messa a punto e sviluppo. I migliori risultati sono i due quinti posti ottenuti da Mika Salo nei GP d’Italia (Monza) e Australia (Adelaide).
Decisamente più convenzionale è la 024 del 1996. Tallone d’Achille della vettura è il nuovo V10 Yamaha OX11A, ancora realizzato e sviluppato dalla Judd. Ci vuole ancora il veloce e mai domo Salo per portare a casa qualche punto mondiale. Nel 1997, ecco la bellissima 025, la cui più vistosa peculiarità tecnica risiede nell’attacco centrale a “chiglia” dell’ala anteriore. Nel corso della stagione, vengono introdotti anche le cosiddette “X-Wings” – profili alari supplementari a candelabro alloggiati al disopra delle fiancate e sorretti da appositi sostegni – e profili alari posti ai lati del musetto. La vettura, condotta da Mika Salo e Jos Verstappen, è spinta dal V8 Cosworth ED4 di 3000cc aspirato. La monoposto, benché tecnicamente interessante, si rivela scarsamente competitiva: gli unici punti iridati sono frutto del 5° posto acciuffato da Salo tra le strade del Principato di Monaco. Interessante la configurazione aerodinamica della 025 sfoggiata a Monaco: oltre ai già citati “candelabri” e profili ai lati del muso, spiccano ulteriori profili alari a monte dell’alettone posteriore (in corrispondenza delle ruote posteriori) – tipici di quegli anni –, quattro flip-ups (due per lato) a valle delle fiancate e in corrispondenza della rastremazione a “Coca Cola”, e piccoli deviatori di flusso ai lati delle fiancate, in prossimità delle prese d’aria di raffreddamento.
Elegante e accattivante, ma meno ardita della 025 dell’anno precedente, è anche l’ultima Tyrrell della storia, la 026 del 1998. Le già non eccelse prestazioni della vettura sono ulteriormente “falsate” (al ribasso) da una coppia di piloti non di primo livello, i già citati Rosset e Takagi. Il miglior piazzamento è l’8° posto colto da Rosset in Canada.
A 20 di distanza da quel fatidico 1998, una sola parola merita di essere evocata: autenticità. Probabilmente, il termine che meglio descrive ed identifica la storia e l’essenza della Tyrrell. Un marchio che o si ama o… si ama.
Scritto da: Paolo Pellegrini