Novak Djokovic ha iniziato il 2020 con un percorso netto, 18 vittorie e nessuna sconfitta. Il dato è ancor più impressionante se si guarda agli avversari sconfitti nei (pochi) tornei disputati: Nadal (n.1 in classifica nella settimana del loro match), Thiem (allora n.5), Federer (3), Medvedev (5), Tsitsipas (6), Monfils (n.9), Schwartzman (14), Shapovalov (15), Khachanov (17), oltre all’emergente cileno Garin ed un Raonic finalmente sano e ritornato a buonissimo livello. In pratica ha già affrontato e sconfitto tutti i migliori del mondo. Aggiungiamo un altro dato notevole: nelle 18 vittorie (inclusi i 7 match disputati 3 set su 5 Agli Australian Open) ha ceduto soltanto 6 set, e ha vinto tutti gli 8 tiebreak disputati. Numeri che evidenziano la classe e soprattutto la forza mentale di un campione capace di alzare il livello nei momenti decisivi e diventare praticamente imbattibile.
Numeri impressionanti, che ricordano assai da vicino la partenza sprint della sua miglior stagione, l’indimenticabile cavalcata record del 2011, quando vinse le prime 43 partite perdendo da Federer nella semifinale di Roland Garros (restò imbattuto da gennaio a giugno!). Purtroppo questo 2020 è devastato dall’emergenza del corona virus, con l’attività bloccata per diverse settimane e grandissima incertezza su quel che accadrà per tutta la primavera, e probabilmente anche per l’inizio dell’estate; quindi i prossimi numeri (e record stagionali di questo Super-Djokovic) saranno menomati dalla ridotta attività. Staremo a vedere.
A detta di Djokovic, i segreti del suo grande stato di forma sono la ritrovata salute atletica, dopo aver finalmente superato i problemi al gomito, e un eccellente equilibrio psicofisico tratto anche dal suo rinnovato regime alimentare. In passato Novak ha parlato varie volte dei benefici tratti da una dieta senza glutine, che ha deputato il suo corpo e aiutato a cancellare intolleranze che lo debilitavano. Ha scritto anche un fortunato libro, diventato best seller per gli appassionati della racchetta e non. Novak non si è fermato qua. Ha continuato a studiare e lavorare sul proprio corpo, con l’ausilio di dietisti e specialisti in materia, tanto da arrivare progressivamente ad una dieta e stile di vita “Plant-based”. Ne ha parlato diffusamente allo scorso Australian Open.
La dieta “Plant-based” spesso viene erroneamente confusa con quella vegana. Il veganismo propone la necessità di uno stile di vita lontano da ogni sfruttamento animale da parte dell’uomo, in ogni aspetto della vita, nel cibo ma anche nell’abbigliamento, cosmesi o persino arredamento. La dieta “Plant-based” invece si fonda sul consumo di alimenti grezzi, non raffinati, pronti così come sono in natura, rifiutando i cibi processati a livello industriale e quindi potenzialmente più dannosi per la salute. Un “Plant-based” consuma frutta, verdura, cereali integrali ed evita (o minimizza) l’assunzione di prodotti animali e alimenti trasformati, in un’ottica di maggior salute. “Sono molto fiero di essere un plant-based e giocare a questi livelli. Ci sono molte critiche al riguardo e poca informazione, tanto che la gente intorno a me non credeva che io potessi seguire questo regime e tenere un livello di efficienza fisica massimo… Non è stato un passaggio brusco, ci sono arrivato attraverso varie fasi graduali di adattamento, è un nuovo stile di vita che va oltre la pura dieta alimentare. Ci sono ragioni etiche dietro la mia scelta, l’essere consapevoli di quel che accade nel mondo animale, lo sfruttamento negli allevamenti ed i medicinali usati per mantenere al massimo la produzione. Tutto questo ha un impatto devastante sull’ambiente e sui cambiamenti climatici, aspetti a cui la gente magari non pensa ma che sono importanti. È una scelta consapevole che va oltre i benefici alla prestazione, è uno stile di vita, è un approccio al mondo di cui sono fiero e che spero si possa diffondere sempre più. Vorrei poter essere di esempio per altri atleti, è possibile conciliare un regime plant-based ad un fisico forte, sano e capace di recuperare dopo la fatica. Non sono un sollevatore di pesi, chiaramente, ma ho un ottimale bilanciamento tra forza e velocità, ed i miei risultati dimostrano che si può benissimo competere al massimo e avere una vita più sana”.
A completare questo quadro quasi perfetto, un dato statistico rilevato allo scorso Australian Open. Rispetto all’edizione 2019, quest’anno Djokovic ha vinto il suo ennesimo Slam “down under” con un incremento medio del 10% nella velocità della sua seconda di servizio. Un dato tutt’altro che marginale, visto che l’efficacia della sua seconda era forse l’ultimo e unico punto di relativa debolezza. Djokovic nonostante i prossimi 33 anni a maggio continua a lavorare sul proprio tennis, affinandolo e cancellando ogni debolezza. Il risultato è semplice: un Djokovic al 100% oggi sul cemento non si batte.
Marco Mazzoni