RAVENNA – Sul Resto del Carlino di Ravenna di oggi, nel giorno della presentazione della nuova Porto Robur Costa 2030, Lorenzo Priviato fa il bilancio della vecchia Porto Robur Costa, A1 maschile, messa in liquidazione lo scorso 24 febbraio.
Il bilancio chiuso il 30 giugno 2019, quando il passivo era attestato a 548mila euro, al 31 dicembre scorso era lievitato di altri 246mila euro. Un ulteriore disavanzo che ha fatto salire il debito a 795mila euro, quello comunicato ai soci al momento della messa in liquidazione. In quell’occasione la società aveva esposto lo stato patrimoniale attestato a giugno 2019, dal quale risultavano un attivo di 679mila euro e un passivo di 1,2 milioni, per una perdita d’esercizio di 548mila euro. Debiti fiscali e con i fornitori. Tra i primi figurano 86mila euro di mancati pagamenti Irpef dei lavoratori autonomi, vale a dire i giocatori, e 207mila di Iva per pagamenti e 77mila di Iva all’Erario. I debiti verso i fornitori – una quarantina – figurano sull’ordine dei 160mila euro. Tra chi deve ricevere soldi dal Porto Robur Costa troviamo, ad esempio, la cooperativa Cofari (25mila euro), che per ogni gara montava e smontava la superficie in taraflex (il basket gioca invece sul parquet); gli autotrasporti Gamberini (28mila euro) che metteva a disposizione i pullman per i giocatori; la Lega Pallavolo serie A (19mila euro); la cooperativa San Vitale (10mila euro), incaricata della gestione del PalaCosta per gli allenamenti; la Macron (17.700 euro) che riforniva abbigliamento e materiale tecnico alla squadra. Più tutta una serie di spese minori, compresi fotografi e pubblicità sui giornali.
Il conto economico – sempre relativo alla stagione 2018-2019 – evidenziava costi per 1,6 milioni a fronte di ricavi per un milione. Negli ultimi rientrano abbonamenti (57mila euro), biglietti (96mila euro), sponsor e pubblicità (618mila euro), ricavi per trasferimento atleti (74mila euro). Ma a prevalere era il capitolo spese, calcolate in 1,2 milioni, solo per la gestione della prima squadra di serie A. Il giocatore con lo stipendio più alto – stagione 2018/19 – era Poglajen (90mila euro), seguito in questa classifica da Saitta (61mila), Argenta (52mila), Verhees (48mila), Rychlicki (36mila).
Va precisato che tutti i giocatori dell’attuale stagione sono stati pagati, al 70% come previsto dall’accordo Covid, e hanno rilasciato la liberatoria che consente l’iscrizione al prossimo campionato. Un costo salato – e verso il quale da tempo gli ex soci avevano espresso più di una perplessità – è quello richiesto dal Comune per l’utilizzo del Pala De Andrè: 95mila euro all’anno, al netto delle spese di montaggio e smontaggio attrezzature che come detto sono a parte. Dicevamo dei soci. Questi erano più di cento fino a tre anni fa, all’approvazione dell’ultimo bilancio si erano ridotti a una trentina. Molti di loro stanchi di mettere soldi ed essere considerati il bancomat della pallavolo: da qui la fallita ricapitalizzazione di 740mila euro proposta nel novembre 2019, che avrebbe mantenuto in vita il vecchio PRC. Ad esempio, nel 2016 – emerge da una visura camerale – il capitale sociale era di 500mila euro, che si è gradatamente eroso fino ad arrivare ai 172mila euro al momento della messa in liquidazione. Quell’anno l’attuale amministratore unico, Venturini, era nel cda. L’inizio delle difficoltà economiche sembra coincidere con il disimpegno della Bunge di patron Vitiello. Ora spetterà alla Consar del presidente Rosetti mettere linfa vitale per dare un futuro al glorioso volley ravennate.