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Il rapporto fra l'Olimpia Milano e la Hall of Fame di Springfield

Il rapporto fra l'Olimpia Milano e la Hall of Fame di Springfield

Il sesto sarà Mike D’Antoni che ha compiuto 69 anni lo scorso venerdì ed essendo stato due volte allenatore dell’anno nella NBA non avrà problemi ad un certo punto ad essere ammesso alla Basketball Hall of Fame di Springfield. Il sesto perché l’Olimpia ha ben cinque rappresentanti ovvero cinque personalità che sono state ammesse sotto differenti vesti. Si tratta di Cesare Rubini, Sandro Gamba, Dino Meneghin, Bill Bradley e Bob McAdoo.

Bill Bradley – E’ stato il primo ammesso, nel 1983 (presentato da Jerry Lucas, suo compagno ai Knicks e olimpionico a Roma 1960), in qualità di giocatore. Bradley è stato l’unico assieme a Manu Ginobili a vincere Olimpiadi, Eurolega e titolo NBA. Quest’ultimo due volte, con i New York Knicks nel 1970 e nel 1973. Vinse le Olimpiadi nel 1964 e l’equivalente dell’Eurolega nel 1966 con il Simmenthal, con il quale giocò solo da straniero di coppa. Ebbe un record di 42 punti in una partita. Il suo numero 24 è stato ritirato dai Knicks. “Mio padre non era un tifoso di sport, faceva altro – ha detto nel suo discorso -, per cui quando al termine degli studi ho deciso di giocare a basket professionalmente quello che mi chiese è quando avrei cominciato a lavorare davvero. La mia carriera è cominciata a 13 anni, allenandomi, realizzando che se non mi fossi allenato io qualcun altro l’avrebbe fatto”.

Cesare Rubini – E’ stato ammesso nel 1994, undici anni dopo Bradley, che allenò al Simmenthal, primo italiano a ricevere l’onore sull’onda dei 10 scudetti e tre coppe internazionali conquistate. Più quello che ha vinto da dirigente, incluso l’argento olimpico del 1980 e l’oro europeo del 1983 con la Nazionale sostenendo il delfino Sandro Gamba, che fece il traduttore alla cerimonia di introduzione. “Il basket per me è stato uno stile di vita, di socializzazione per un ragazzo nato sul Porto di Trieste, che ha scoperto il basket a 20 anni grazie ai soldati americani”, disse. Rubini è anche membro della Hall of Fame del nuoto a Fort Lauderdale per il suo oro olimpico nella pallanuoto a Londra nel 1948.

Bob McAdoo – E’ stato ammesso nel 2000, presentato da Jack Ramsay, il suo primo allenatore nella NBA a Buffalo, quando fu capocannoniere NBA e vinse anche il titolo di MVP. McAdoo ha poi vinto due titoli NBA ai Lakers e due titoli europei a Milano. “Il mio viaggio è cominciato a Greensboro nel North Carolina con la disciplina instillata dai miei genitori, mia madre che giocò al college e mio padre che mi ha guidato nei miei primi passi – disse McAdoo aggiungendo – Dopo gli anni nella NBA, la mia carriera è proseguita per sei anni in Italia, i primi quattro a Milano e mi sono divertito esattamente come quando ero nella NBA”

Dino Meneghin – Nel 2002 è entrato nella Hall of Fame anche Dino Meneghin. La regola è che la presentazione deve essere effettuata da un membro della Hall. Meneghin si fece accompagnare da Dan Peterson con il quale scrisse il discorso e venne presentato da Bob McAdoo che raccontando delle sue vittorie ad una platea americana disse che “vincere il titolo europeo è difficile esattamente come vincere un titolo NBA e lui ne ha vinti sette”. “A chi non mi ha visto giocare, dico che sono sempre stato un giocatore di squadra, le statistiche non hanno mai significato nulla per me – disse durante la cerimonia -, l’unico numero che conosco è l’11, le operazioni cui mi sono sottoposto per infortuni vari. Ma non ero il più alto o il più atletico dei centri quindi dovevo allenarmi, giocare e competere più duramente per emergere”.

Sandro Gamba – E’ stato eletto nel 2006, sulla scia di quattro medaglie internazionali da allenatore dell’Italia, poi i successi in Italia ed Europa sia come coach di Varese che come assistente allenatore di Cesare Rubini a Milano. E inoltre ha vinto 10 scudetti da giocatore. Ad introdurlo fu il leggendario coach italo americano di St. John’s e dei Nets, Lou Carnesecca. “Il 25 aprile 1945 – raccontò -, avevo 12 anni. Era l’ultimo giorno di Guerra. Mi trovai in mezzo ad una sparatoria tra partigiani e nazisti. Due pallottole mi colpirono una mano. Volevano amputarmela. Mio fratello si oppose. I soldati americani mi insegnarono a rieducare la mano palleggiando. Diventai mancino. Un giorno Rubini mi vide su un playground, e mi disse che ero magro, ma avevo talento. Cominciai così”.

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