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Il calcio può pagare quello che il basket non può permettersi?

Il calcio può pagare quello che il basket non può permettersi?

Dopo tante insistenze e pressioni, ma avendo a che fare con un esecutivo che a parte le chiacchiere di spazio ne ha sempre concesso poco alla riapertura incondizionata del Paese Italia in tempi di pandemia, il calcio è riuscito a organizzare una ripartenza.

Un work in progress che la pallacanestro italiana deve studiare bene. Un travaglio che si annuncia complicato fin dalle prime battute. I risultati dei primi controlli sanitari sui giocatori delle proprie rose ha regalato le prime pagine dei giornali a Fiorentina, Sampdoria e Torino dove si sono trovate diverse positività. Ci sarebbe un “giallo” al Milan, che smentisce; mentre l’Inter afferma la negatività di tutti i testati.

Il lettore comprenderà bene che dietro ogni singola cosa che riferiamo ci sono dei costi importanti per le società nel procurarsi tamponi, per il personale sanitario, per le misure di sicurezza. Costi che il calcio italiano può permettersi, mentre le società di pallacanestro – fatte salve le solite eccezioni – è bene che osservino, comprendano, e quantifichino per quando in estate ci sarà da mettere mano alla ripartenza dei campionati.

Si parla di sponsor in fuga o a scartamento ridotto per i loro problemi economici nell’affrontare la crisi; si parla di riduzione di budget nell’ordine del 30% per la composizione dei roster; si vogliono calmierare i compensi dei giocatori ma sempre nell’ottica di riqualificare il prodotto.

Ma ancora ufficialmente non si è sentita una voce che quantifichi il costo della gestione sanitaria 2020-21, che secondo il vecchio “conto della serva” (che ci va sempre vicino ed è efficace) potrebbe arrivare fino al 10% del budget minimo per la serie A. E se ci sono squadre che temono di non raggiungere un fatturato di 2,5 milioni di euro, e che perciò studiano l’eventualità di autoretrocedersi, l’incidenza pesante della spesa per la sicurezza è già stabilita. E condizionerà le scelte.

Poi ci chiediamo: quanti giocatori in ogni club potranno essere dichiarati positivi senza che qualcuno non invochi la disuguaglianza dei roster?

Da un punto di vista assistenziale/assicurativo: un giocatore contagiato può essere equiparato a un giocatore fermo per affaticamento muscolare? C’è una responsabilità penale per un dirigente di società che deve mettere in quarantena un giocatore dopo un test positivo?

Mai come stavolta il vecchio detto “Armiamoci e partite” è il più efficace a spiegare come è meglio che la pallacanestro italiana si muova in queste settimane. Il calcio farà la cavia per tutti – forse è brutto dirlo, ma è la realtà.

Fonte: http://feeds.pianetabasket.com/rss/


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