La querelle tra miliardari come Inter e Milan con il comune di Milano a proposito delle speculazioni per i nuovi stadi e relative aree di valorizzazione urbanistica non può ovviamente interessare il piccolo mondo della pallacanestro, però può essere un punto di partenza interessante per fare qualche considerazione.
Storicamente è l’attività dei Comuni e degli Enti locali nel costruire palestre e palazzetti sempre più grandi a seconda delle ambizioni che crescevano nelle singole città è stata la spinta non solo a portare gli italiani allo sport ma anche a proseguire verso l’eccellenza man mano che le ambizioni delle squadre di pallacanestro piuttosto che di pallavolo spingevano verso le serie maggiori.
La realtà di oggi, che vede gli Enti pubblici possedere e gestire impianti sportivi di grande capienza di pubblico senza più possedere né le risorse né la cultura per svolgere questa attività, ci dice che la proprietà pubblica degli impianti stessi è superata.
Perché c’è una crisi che investe tutte le gestioni pubbliche, e dove il paradosso si consuma a Siena, città in cui l’impianto del PalaSclavo è privato. La Polisportiva Mens Sana sta cercando di regalarlo al Comune – che per inciso non lo vuole – perché gli oneri di adeguamento dell’impianto non è in grado di sostenerli con le sue forze e nel giro di un paio di anni uno dei più famosi palazzi italiani sarà destinato all’abbandono.
Come superare l’impasse collettiva e fermare il declino?
Innanzitutto sono arrivate delle buone leggi e dei finanziamenti per poter programmare un futuro. Ma è logico che sono le persone che interagiscono sul territorio che poi devono muoversi consapevolmente e con cognizione di causa. Occorre che l’Ente pubblico sia disposto alla cessione dell’immobile a un reale valore di mercato e all’eventuale variazione urbanistica per gestire gli aspetti di sviluppo di un progetto e consentire la nascita di una entità nuova che si potrebbe definire economico-sportiva capace di idee che possano generare l’autosostentamento del nuovo soggetto.
Quindi occorre che ogni società sportiva possa avvicinare investitori interessati non solo a mera speculazione edilizia ma ad un progetto complessivo di sostenibilità in qualunque forma si declini. Progetto che rimane valido a qualsiasi livello e categoria, se intelligentemente calibrato sulle reali necessità e possibilità di un territorio (un comune di 5.000 abitanti non può pensare a un palazzo da 10.000 posti per giocare la serie A…).