Si è svolta a Chicago nello scorso weekend la seconda edizione della Laver Cup, manifestazione che vuole essere più di un’esibizione e che ha potuto contare anche quest’anno sui più forti giocatori in attività. Una Laver Cup che ha fatto ovviamente meno rumore della prima volta ma che ha comunque seminato sensazioni positive: ancora spettacolo in campo, ancora tanto pubblico sugli spalti, ancora il piacere di vedere due miti del tennis come McEnroe e Borg nelle insolite vesti di allenatori e l’immutata voglia da parte degli organizzatori (Federer in primis) di renderla un appuntamento fisso della stagione.
Ha vinto l’Europa ma il resto del mondo ha venduto cara la pelle: Federer e Zverev hanno trascinato il team del Vecchio Continente con le loro vittorie in singolare mentre gli avversari hanno tenuto a galla le speranze di successo finale grazie ai punti del doppio (3 su 3 e bottino pieno). Djokovic al rientro post Us Open è parso sottotono ma lo spirito in parte goliardico della manifestazione ha giustificato il tennis poco incisivo del serbo. Il circuito e i tornei che mancano da qui alla fine dell’anno racconteranno sicuramente un’altra storia…
Cosa ci rimane però dopo questa seconda edizione della Laver Cup? È chiaro che l’investimento in termini economici è importante ma, a differenza di altri casi estremamente d’attualità, la Laver Cup non sembra voler fare tabula rasa ma semmai regalare una boccata d’aria fresca, rispettando il campo e schiacciando l’occhiolino ai miti del passato (Borg e McEnroe ma ovviamente anche Rod Laver).
La formula appare accattivante: ci si avvicina alla Ryder Cup di golf, ci si avvicina a match nel mondo del calcio che giocano con la stessa formula Europa versus resto del mondo, ma si punta in ogni caso a creare una propria, marcata identità.
Ma come? Si lamentano di un circuito massacrante e poi corrono a giocare la Laver Cup? Quante volte abbiamo sentito frasi come queste? Personalmente sono stanco di ascoltarle, sebbene anche per me nascondano un fondo di verità: il tennista è una professione come un’altra e in un mondo in cui tutto ruota attorno al denaro non mi stupisce che si cerchi un guadagno a tanti zeri ed extra. Se così va la vita meglio allora la Laver Cup di altri eventi dalle formule astratte, meglio una competizione breve e che dura un solo weekend ma che attrae comunque i migliori in attività. Questa Laver Cup potrebbe sorprenderci e catturare sempre più l’attenzione dei tifosi, attirati dall’euforia e dall’atteggiamento rilassato dei campioni sempre pronti a regalare colpi spettacolari e sorrisi in campo.
Alessandro Orecchio