Il nostro viaggio sulle combine fa tappa in Cile, dove un tennista professionista ha rilasciato dichiarazioni di un certo peso, scrivendo all’ATP una lettera di denuncia.
Lettori e Amici di Livetennis.it, dopo aver presentato un quadro generale di quello che è il problema match fixing e aver approndito le vicende più salienti, quest’oggi andiamo a riportare un appello comprarso sulla rivista TenisChile nel gennaio 2016.
“Sono un giocatore professionista con dei punti in classifica ATP, ho partecipato a tornei Challenger e Futures e non voglio rivelare la mia identità, perché il tennis è la mia passione e la parte principale della mia vita. Non ho intenzione di lasciarmi trascinare in questa storia, soprattutto perché la mia famiglia ha fatto dei sacrifici importanti per le soddisfazioni ottenute in questi anni. Ma ci sono episodi che non possono passare inosservati: tempo fa, una persona mi ha avvicinato, offrendomi 1500 $ per perdere al primo turno di un Futures. Ho rifiutato e ho vinto quel match, arrivando al secondo turno e ottenendo 200 $ di premio qualificazione. Una somma inferiore a quella che mi era stata offerta, ma ho pensato di accettare la cifra. Una settimana dopo si è ripresentata la stessa situazione, ma con 2000 $ sul piatto: il nervosismo di quel periodo mi ha portato a perdere il match, ottenendo comunque la quota per la partecipazione all’evento, ma stavolta ho accettato la quota e l’ho usata per finanziarmi i trasferimenti di torneo in torneo. Sono riuscito a pagarmi cose che, con i soldi dei miei genitori e i miei risparmi, non avrei potuto permettermi. Quando si è in difficoltà economiche, la voglia di accettare è enorme. Il problema emerge quando cominci ad ascoltare la storia delle sanzioni, delle multe e delle squalifiche. Ero già intimorito, ma dopo che in Argentina vinsi 61 62 contro un giocatore che non aveva mai perso un set prima, capii che c’era qualcosa che non andava nel suo comportamento: mi resi subito conto di quello che aveva fatto, perché c’ero passato anch’io. Non voglio fare il mio nome sia perché sono coinvolto allo stesso modo, sia perché non biasimo quel ragazzo. Tra Challenger e Futures si contano più sacrifici che premi e soddisfazioni: i giocatori vanno incentivati a perseguire la propria passione, anche e soprattutto con premi adeguati, in modo da non cadere in facili trappole com’è successo a me e a centinaia di miei colleghi. Siamo nel torto, ma abbiamo una battaglia da portare avanti”.
La lettera, inviata al giornale in forma anonima, rappresenta fondamentalmente un’ammissione-denuncia per quelle che sono le difficili condizionì di una gran parte dei giocatori professionistici che non riescono a far quadrare i conti.
Sulla situazione del tennis “minore” abbiamo parlato con Stefano Berlincioni che ringraziamo calorosamente per il contributo.
L: Stefano, ti presentiamo al pubblico di Livetennis come collaboratore di Sportface e Spazio Tennis, nonchè uno degli spettatori “più impegnati” nel seguire tornei Challenger e ITF. Da quanto tempo sei appassionato e soprattutto quanto spazio dedichi al tennis?
S: Dunque il tennis è la mia passione da moltissimi anni, diciamo che negli ultimi cinque è il mio impegno da mattina a sera.
L: Il “match fixing” è un argomento del quale ti sei occupato molto. Quanto ancora c’è da fare per combatterlo? Quanto c’è di vero in questa cultura del sospetto che si è alimentata negli ultimi anni?
S: C’è da fare moltissimo per combatterlo visato che ad oggi la qualità e quantità del lavoro fatto è trascurabile rispetto alla grandezza del fenomeno. Riguardo alla cultura del sospetto purtroppo ci sono due categorie che parlano “a sproposito”: quella degli scommettitori occasionali che non accettano l’idea di aver sbagliato una valutazione o che il fatto che un favorito netto possa perdere e quindi lanciano accuse/insulti senza che ci sia il minimo collegamento tra la partita ed il match-fixing e poi c’è la categoria dei commentatori che sono innocentisti/giustizialisti senza avere la minima esperienza su come funzioni il mondo delle scommesse. Secondo me dell’argomento dovrebbe scrivere solo chi è un vero esperto sia di tennis che di scommesse. Questa regola vale in generale, io non avrei mai la presunzione di parlare di trattati internazionali o di oncologia.
L: Visto che hai la possibilità di seguire tornei direttamente sul posto, hai notato dei cambiamenti nei confronti di giocatori, per esempio una maggiore diffidenza verso gli sconosciuti? O per fortuna siamo ancora lontani da questa realtà?
S: Francamente non ho notato tutta questa diffidenza, alla fine tutti i giocatori sono formati dall’ITF e da ATP/WTA su come ci si debba comportare in caso si venga approcciati da sconosciuti dal fare sospetto, oltretutto i tennis club dove si tengono i tornei hanno l’opportunità di vietare l’accesso o espellere persone con comportamenti sospetti.
L: Cosa pensi invece del rapporto tra agenzie di scommesse e tennis giocato? Può essere un’accoppiata “pericolosa”?
S: Non sono sicuramente scandalizzato, il mondo del gioco d’azzardo ormai fa parte della nostra quotidianità basti pensare a quanti spazi pubblicitari vengono acquistati dai bookmaker in tv, non riesco a vedere quello che per la stragrande maggioranza delle persone è un passatempo come un qualcosa che possa minare l’integrità dello sport, a volte si scambia la causa con l’effetto.
L: Abbiamo oltre mille professionisti, ma solo un centinaio producono incassi e sono “appetibili” per sponsor e TV. Come si colma questo vuoto? La riforma ATP in tal senso ti convince o potremmo continuare a leggere lettere di tennisti che per auto-finanziarsi hanno venduto le loro partite?
S: Sicuramente c’è bisogno di un maggior drenaggio di soldi dall’alto verso il basso per permettere ad un numero più nutrito di giocatori di potersi realmente chiamare “professionisti” ma è lontana da me l’idea che si possa giustificare questo tipo di autofinanziamento: indagini veloci e pene severe sono l’unico deterrente contro il fenomeno. Personalmente ritengo che a livello di giustizia sportiva la combinazione di risultato sospetto e flussi di denaro tracciati dai bookmaker verso un certo tipo di risultato dovrebbero essere ritenuti sufficienti per sospendere un giocatore, con indagini condotte da reali esperti del settore e con l’aiuto di organizzazioni come Federbet: pochissimi giocatori, quella piccola percentuale che viene sospesa ogni anno, sono talmente stupidi da lasciare tracce di transazioni o conversazioni.
Giampaolo Di Leonardo